20/03/2011, 12:41
20/03/2011, 12:56
20/03/2011, 12:57
Blissenobiarella ha scritto:
Libia, l'attacco di Sarkozy: ecco le vere ragioni del suo interventismo
Alla base della decisione del presidente francese ci sono motivi elettorali, economici e strategici
20/03/2011, 12:58
20/03/2011, 13:00
[color=blue]Sarkò conquista il Mediterraneo
La Libia è per la Francia il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione. Rimasta spiazzata dalle rivolte "morbide" in Egitto e Tunisia ora Parigi tenta di soppiantarci come partner energetico e commerciale
http://www.iltempo.it/interni_esteri/2011/03/20/1244843-sarko_conquista_mediterraneo.shtml
....Oggi l'Eliseo fa altri calcoli e si muove in maniera libera e spregiudicata, partendo dall'assunto che al colonialismo delle cannoniere e della baionette si è sostituito quello dei caccia Rafale, e che più che gli stati si conquistano i mercati e le aziende strategiche...
.... La Libia si presentava dunque a Sarkozy come il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione su tre fronti: la politica, l'economia e quindi i mercati, e l'energia. E di farlo a danno dell'Italia, il vicino debole, con il quale è in eterna concorrenza per le commesse militari (ultimo esempio, la vendita di fregate proprio al Raìs). Se avrà successo come guida della coalizione, Parigi non solo potrà ambire a rimpiazzarci come primo partner energetico e commerciale nel dopo-Gheddafi, ma anche a proporsi come riferimento per l'intera fascia maghrebina. Che dovrà essere innanzi tutto riarmata, dotata di infrastrutture e rifornita di tecnologie e prodotti di largo consumo. È una strategia di conquista diversa nelle modalità ma non negli obiettivi da quella di cui il nostro sistema economico sta facendo le spese direttamente qui in casa.
Lo stop posto da Giulio Tremonti alla scalata della Lactalis alla Parmalat, un'azienda ripulita dai debiti dopo un salvataggio che è costato miliardi a risparmiatori e contribuenti italiani, è solo l'ultimo argine ed il primo, forse tardivo, intervento del governo. «Mi sto documentando, stiamo facendo shopping giuridico» ha spiegato il ministro dell'Economia «ho trovato un'interessante legge anti-opa del Canada». Intanto però lo shopping lo fanno i francesi.
Pochi giorni fa si è arrivati ad un soffio dalla conquista di Edison da parte di EdF, mentre Bulgari è stata appena presa da Lvhm e Gucci è da tempo nelle mani di Pinault-Printemps-Redoute. Ma l'elenco è lunghissimo: si va dalle attenzioni di Groupama per la Premafin della famiglia Ligresti a quelle di Bolloré per le Generali. Senonché Groupama e Vincent Bolloré sono alleati ed entrambi a loro volta azionisti di Mediobanca, cioè del nocciolo radioattivo delle centrali finanziarie italiane.
La lista prosegue con l'alleanza tra EdF ed Enel nell'energia, nucleare e non, e con quella tra Areva e Ansaldo negli impianti; e tuttavia EdF come abbiamo visto non esita a tentare anche la conquista di Edison, mentre da tempo ha chiesto (e ottenuto) che l'Eni gli facesse spazio anche nel gasdotto South Stream. Nel campo energetico la strategia del colosso pubblico francese è dichiarata: coprire tutte le fonti, dal petrolio al nucleare al gas, e fare dell'Italia l' hub sul fronte sud, il proprio trampolino mediterraneo.
Ma anche Gaz de France-Suez, la concorrente di EdF, non molla per ora l'Acea nonostante gli impegni a farlo. Altrettanto esplicita l'attenzione per l'Alitalia da parte di Air France-Klm. La nostra azienda doveva diventare francese a titolo semigratuito nel 2008: come disse l'allora ministro Padoa-Schioppa «non c'è un minuto da perdere, è l'unico pronto soccorso che abbiamo trovato aperto».
Eppure nonostante l'intervento della cordata Colaninno voluta dal Cavaliere, Air France si è poi accomodata in corridoio con la sua quota del 25 per cento, ad attendere il paziente, possibilmente risanato sempre con denaro pubblico. È una partita entrata nella fase acuta da dieci anni, nella quale i francesi prevalgono grazie alle debolezze, alla litigiosità e spesso alle piccinerie del sistema finanziario italiano.
Ma è anche una partita truccata dalle leggi protezioniste attuate dai governi di Parigi, tra cui spicca il decreto Villepin del 2005 che individua una serie di aziende strategiche dove ogni eventuale acquisizione straniera è soggetta all'ok governativo.
E questo in barba alle norme comunitarie sulla concorrenza: d'altra parte è sempre derogando alle regole sugli aiuti pubblici che lo Stato francese ha aumentato fino a 660 miliardi la presenza in aziende quotate e non, ha approfittato della crisi finanziaria per ricapitalizzare le banche con il debito pubblico, ha sbarrato la strada non solo alle imprese italiane, ma anche tedesche (Siemens) e americane (Pepsi Cola).
Nel frattempo da noi si assiste ad un interessante scambio di accuse tra Diego Della Valle e Cesare Geronzi sul tema se la nostra industria debba o meno fare sistema. Il nostro più diretto concorrente il sistema lo fa da sempre; e non discute: agisce. Come in Libia.
[/color]
20/03/2011, 13:06
Lawliet ha scritto:
Resta il fatto che imporsi come "difensori dei diritti umanitari", implica intromettersi in tanti altri affari loschi che vanno avanti in tutto il mondo, mica solo in Libia..
20/03/2011, 13:09
Lawliet ha scritto:
Che colpa ha l'Italia? E' stata una decisione internazionale, e di certo non abbiamo lo spessore politico/economico per elevarci contro una decisione così ampiamente concordata (d'altra parte essendo i più vicini alla Libia sarebbe stato scandaloso non concedere le nostre basi all'ONU). Questa volta il governo non c'entra proprio nulla. D'altra parte la situazione libica è talmente ambigua che anche io non saprei dove metter mano e che posizione prendere.
Resta il fatto che imporsi come "difensori dei diritti umanitari", implica intromettersi in tanti altri affari loschi che vanno avanti in tutto il mondo, mica solo in Libia..
20/03/2011, 13:10
mik.300 ha scritto:greenwarrior ha scritto:
L'analisi/ Il Rais le tenterà tutte ma ormai il suo destino è segnato
Venerdí 18.03.2011 18:19
Come sempre avviene alla vigilia di una guerra, tanto più se nel cortile di casa nostra, tutti si pongono mille domande. Ma non è il momento delle risposte. E’ l’ora in cui si affinano le strategie militari e i caccia iniziano a spostarsi sulle piste in posizione di rullaggio. Il regime di Gheddafi - dopo la storica risoluzione 1973 sulla Libia finalmente adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha sancito il principio della protezione internazionale delle popolazione civile – è decisamente estromesso dalla storia. I continui bluff , come la dichiarazione di “ cessate il fuoco”, che prevengono da Tripoli non spostano di una virgola i termini, ben più ampi, della questione.
La minaccia sul terreno non è cambiata, anzi rischia di peggiorare nelle prossime ore. Certo, il Rais le tenterà tutte ma ormai il suo destino è segnato. Il dispositivo militare della Nato si è messo in movimento, forte di una votazione nella quale, pure l’astensione di Russia, Cina, Germania, hanno un fortissimo significato. Perché l’astensione significa non partecipazione diretta, non disapprovazione della risoluzione d’intervento. Anche il nostro Paese, alla fine, ha rotto gli indugi, garantendo l’uso delle basi “ e non solo” alla “ coalizione di volenterosi” – come ha detto il ministro della Difesa La Russa che si preparano a intervenire. L’intelligence, sia quella strategica che quella politica, nelle ultime due settimane hanno lavorato fianco a fianco, anche direttamente sul terreno, come nel caso di francesi e inglesi, per raccogliere il maggior numero di informazioni possibili per mettere i decisori politici in grado di agire.
Certo, ci sono stati ritardi e troppe indifferenze, come ha detto il Presidente Napolitano, ma alla fine è scattato il momento delle decisioni difficili. In termini strettamente operativi, francesi e inglesi, dispongono di mezzi aerei in grado di raggiungere la Libia nel volgere di poche ore. In teoria potrebbero decollare subito. Ma prima di effettuare raid di questo tipo è necessaria un’attenta ricognizione dell’area, dove peraltro proseguono i combattimenti e gli schieramenti sono molto ravvicinati. E’ assolutamente necessaria una strategia comune, partendo dall’individuazione dei bersagli: dislocazione delle aree che ospitano aerei ed elicotteri, centrali di telecomunicazioni, basi militari, posizionamento dei mezzi terrestri pesanti, batterie antiaeree, eventuali sistemi missilistici, e tutto ciò che è considerato strategico per la macchina militare di Gheddafi. Ed è esattamente a questo tipo di pianificazione che si sta lavorando a ritmi serrati in queste ore.
Quando scatterà l’ora “X” ogni squadriglia aerea alleata dal momento in cui si leverà in volo saprà perfettamente dove dirigersi e cosa colpire. Il mandato Nato è chiarissimo nell’applicazione della “no-fly zone” ma anche sulla necessità di far cessare ogni atto di ostilità nei confronti dei civili e degli oppositori che si battono a Bengasi. Il che, pur escludendo “uomini a terra” ( inteso come massiccio sbarco di soldati sul territorio libico) lascia spazio di manovra per eventuali azioni mirate di commando e di forze speciali, del resto alcuni team di “ specialisti” e di “ consiglieri” si trovano già a Bengasi e dintorni, anche per guidare le prossime azioni aeree. I leader della “rivoluzione dei ragazzi” che sta infiammando tutto il Nord Africa, il Medio Oriente, e parte della penisola araba, hanno accolto l’annuncio dell’intervento dell’Onu e della Nato con urla di giubilo, il che di per sé stesso è un grande avvenimento, perché mai prima di oggi si era visto tanto entusiasmo nei confronti dell’Occidente e degli Stati Uniti. Siamo solo agli inizi di un cambiamento realmente epocale nell’intera area, crollano equilibri che finora avevano garantito lo status quo. La stessa partecipazione alla no-fly zone del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti, scelta sicuramente dettata da motivi di politica interna, visto che entrambi questi Paesi hanno problemi di stabilità e devono fare i conti con le richieste e le proteste dei loro ragazzi, fino all’altro ieri sarebbe stata impensabile. E’ assolutamente prematuro e azzardato ipotizzare adesso cosa accadrà “dopo”. Di certo, americani, ma soprattutto francesi e inglesi, stanno lanciando pesanti opzioni per il futuro controllo delle risorse energetiche libiche, e non solo. Ma di questo non mancherà occasione di parlare. Adesso è l’ora delle decisioni che pesano.
di Guglielmo Sasinini
green ..
tu quoque..
in altro topic avevo detto
che se cade gheddafi
500.000 clandestini in italia..
ecco..
fino ad adesso si e` trattenuto..
da ora in poi aprira` le gabbie..
tutti quegli africani detenuti in libia
e scoraggiati a fare la traversata..
da domani potrebbe dire:
"andate dove vi pare,
siete liberi..
imbarcatevi (ve le do` io le navi)
e partite.."
non esistono solo le bombe..
e bossi/calderoli lo sanno..
io lo farei..
20/03/2011, 13:12
rmnd ha scritto:
Il nostro vero 'nemico' non è la Libia ma la Francia [}:)][color=blue]Sarkò conquista il Mediterraneo
La Libia è per la Francia il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione. Rimasta spiazzata dalle rivolte "morbide" in Egitto e Tunisia ora Parigi tenta di soppiantarci come partner energetico e commerciale
http://www.iltempo.it/interni_esteri/2011/03/20/1244843-sarko_conquista_mediterraneo.shtml
....Oggi l'Eliseo fa altri calcoli e si muove in maniera libera e spregiudicata, partendo dall'assunto che al colonialismo delle cannoniere e della baionette si è sostituito quello dei caccia Rafale, e che più che gli stati si conquistano i mercati e le aziende strategiche...
.... La Libia si presentava dunque a Sarkozy come il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione su tre fronti: la politica, l'economia e quindi i mercati, e l'energia. E di farlo a danno dell'Italia, il vicino debole, con il quale è in eterna concorrenza per le commesse militari (ultimo esempio, la vendita di fregate proprio al Raìs). Se avrà successo come guida della coalizione, Parigi non solo potrà ambire a rimpiazzarci come primo partner energetico e commerciale nel dopo-Gheddafi, ma anche a proporsi come riferimento per l'intera fascia maghrebina. Che dovrà essere innanzi tutto riarmata, dotata di infrastrutture e rifornita di tecnologie e prodotti di largo consumo. È una strategia di conquista diversa nelle modalità ma non negli obiettivi da quella di cui il nostro sistema economico sta facendo le spese direttamente qui in casa.
Lo stop posto da Giulio Tremonti alla scalata della Lactalis alla Parmalat, un'azienda ripulita dai debiti dopo un salvataggio che è costato miliardi a risparmiatori e contribuenti italiani, è solo l'ultimo argine ed il primo, forse tardivo, intervento del governo. «Mi sto documentando, stiamo facendo shopping giuridico» ha spiegato il ministro dell'Economia «ho trovato un'interessante legge anti-opa del Canada». Intanto però lo shopping lo fanno i francesi.
Pochi giorni fa si è arrivati ad un soffio dalla conquista di Edison da parte di EdF, mentre Bulgari è stata appena presa da Lvhm e Gucci è da tempo nelle mani di Pinault-Printemps-Redoute. Ma l'elenco è lunghissimo: si va dalle attenzioni di Groupama per la Premafin della famiglia Ligresti a quelle di Bolloré per le Generali. Senonché Groupama e Vincent Bolloré sono alleati ed entrambi a loro volta azionisti di Mediobanca, cioè del nocciolo radioattivo delle centrali finanziarie italiane.
La lista prosegue con l'alleanza tra EdF ed Enel nell'energia, nucleare e non, e con quella tra Areva e Ansaldo negli impianti; e tuttavia EdF come abbiamo visto non esita a tentare anche la conquista di Edison, mentre da tempo ha chiesto (e ottenuto) che l'Eni gli facesse spazio anche nel gasdotto South Stream. Nel campo energetico la strategia del colosso pubblico francese è dichiarata: coprire tutte le fonti, dal petrolio al nucleare al gas, e fare dell'Italia l' hub sul fronte sud, il proprio trampolino mediterraneo.
Ma anche Gaz de France-Suez, la concorrente di EdF, non molla per ora l'Acea nonostante gli impegni a farlo. Altrettanto esplicita l'attenzione per l'Alitalia da parte di Air France-Klm. La nostra azienda doveva diventare francese a titolo semigratuito nel 2008: come disse l'allora ministro Padoa-Schioppa «non c'è un minuto da perdere, è l'unico pronto soccorso che abbiamo trovato aperto».
Eppure nonostante l'intervento della cordata Colaninno voluta dal Cavaliere, Air France si è poi accomodata in corridoio con la sua quota del 25 per cento, ad attendere il paziente, possibilmente risanato sempre con denaro pubblico. È una partita entrata nella fase acuta da dieci anni, nella quale i francesi prevalgono grazie alle debolezze, alla litigiosità e spesso alle piccinerie del sistema finanziario italiano.
Ma è anche una partita truccata dalle leggi protezioniste attuate dai governi di Parigi, tra cui spicca il decreto Villepin del 2005 che individua una serie di aziende strategiche dove ogni eventuale acquisizione straniera è soggetta all'ok governativo.
E questo in barba alle norme comunitarie sulla concorrenza: d'altra parte è sempre derogando alle regole sugli aiuti pubblici che lo Stato francese ha aumentato fino a 660 miliardi la presenza in aziende quotate e non, ha approfittato della crisi finanziaria per ricapitalizzare le banche con il debito pubblico, ha sbarrato la strada non solo alle imprese italiane, ma anche tedesche (Siemens) e americane (Pepsi Cola).
Nel frattempo da noi si assiste ad un interessante scambio di accuse tra Diego Della Valle e Cesare Geronzi sul tema se la nostra industria debba o meno fare sistema. Il nostro più diretto concorrente il sistema lo fa da sempre; e non discute: agisce. Come in Libia.
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20/03/2011, 13:15
20/03/2011, 13:18
Blissenobiarella ha scritto:
Infatti l'Italia non c'entra proprio nulla, non abbiamo avuto voce in capitolo e la Russa che rivendica ruoli di primo piano per questo Paese in questa guerra mentre di fatto le chiavi di casa le abbiamo già consegnate, fa quasi tenerezza
20/03/2011, 13:20
rmnd ha scritto:
Un altro partner commerciale strategico, è l'Iran. Potrei sbagliarmi ma l'Italia è il primo partner commerciale europeo con l'Iran. Bombardiamo anche l'Iran tanto che ci siamo per favorire gli interessi dei Francesi (ma ci rendiamo conto , dei Francesi?), mentre l'unione europea che fa? Dorme?
Se perdiamo il rifornimento di gas libico, sarà giocoforza ricorrere al nucleare.
Tanto più ora che ora la psicosi nucleare si esaurirà rapidamente dopo la quasi messa in sicurezza dei reattori in Giappone (e in Giappone si affronterà la vera tragedia, le migliaia di morti causati dallo tsunami)
bravi
20/03/2011, 13:21
20/03/2011, 13:23
Ufologo 555 ha scritto:Blissenobiarella ha scritto:
Infatti l'Italia non c'entra proprio nulla, non abbiamo avuto voce in capitolo e la Russa che rivendica ruoli di primo piano per questo Paese in questa guerra mentre di fatto le chiavi di casa le abbiamo già consegnate, fa quasi tenerezza
Ma se apparteniamo alla NATO ... per forza! o dovremmo fare la solita figura dei "crocerossini" ...
20/03/2011, 13:25
rmnd ha scritto:
Giusto per i vari esaltati..ricordarsi cosa sia una guerra...le vittime, che siano buone o cattive dipende solo dai propri punti di vista.