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Libia/ I ribelli annunciano di aver riconquistato BregaSabato, 26 Marzo 2011 - 17:19
I ribelli libici, che da giorni si battono con le forze lealiste in Libia, hanno annunciato di aver

http://affaritaliani.libero.it/ultimiss ... 0311171932


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Immigrati: Lombardo, l'avevo detto. Bisognava uscire col mitra.

Sabato, 26 Marzo 2011 - 18:11

"In un casotto di legno della mia campagna di Grammichele qualcuno ha dormito. Era prevedibile. Io l'avevo detto, che con l'arrivo degli immigrati bisognava uscire con il mitra". Lo ha detto il presidente della Regione Raffaele Lombardo, oggi pomeriggio a Catania. "I richiedenti asilo - ha osservato - sono liberi di uscire, vanno in giro, poi magari, disorientati, non riescono a tornare e cercano una casa dove dormire. Una ventina di loro non e' rientrata, infatti, ed era immaginabile".



http://affaritaliani.libero.it/ultimiss ... 0311181158


Ecco, se non erro, è all'opposizione ... Come le regioni "rosse" che non voglion o assolutamente clandestini ...! [;)]



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MessaggioInviato: 26/03/2011, 22:32 
Libia, Obama: la missione è un successo
I ribelli riconquistano Ajdabiya e Brega
La missione in Libia “sta avendo successo. Una catastrofe umanitaria è stata evitata”. All’indomani della “duello” tra Italia e Francia sulla necessità di far assumere il comando delle operazioni alla Nato, interviene il presidente americano per ribadire la bontà dell’operazione. Sul terreno militare Gheddafi non dà tregua ai ribelli ma gli insorti riescono a riconquistare due città.

Aiutati dai raid aerei internazionali, tra la scorsa notte e oggi pomeriggio i ribelli libici hanno annunciato la riconquista di Ajdabiya e, in maniera controversa, anche di Brega, due centri strategici nel quadrante est della Sirte. Sull'altro lato del golfo le forze del colonnello Muammar Gheddafi hanno continuato a cannoneggiare l'enclave ribelle di Misurata per fermarsi solo quando in cielo sono comparsi gli aerei della coalizione. E mentre a Bruxelles la Nato sta mettendo a punto piani e regole di ingaggio per il passaggio del comando della missione dalla coalizione all'Alleanza - proprio come auspicato dall'Italia nonostante le resistenze francesi - da Washington il presidente Barack Obama ha usato il consueto messaggio del sabato per rassicurare gli americani annunciando che la coalizione internazionale sta vincendo e ha sventato una "catastrofe umanitaria" e "un bagno di sangue".

Ad essere riconquistate dai ribelli è stata prima Ajdabiya, città a 160 km a sud di Bengasi, considerata la 'porta' verso due importanti centri petroliferi tra cui Brega, situata circa 80 km più a ovest e, almeno secondo alcune testimonianza, espugnata nel pomeriggio. Le due città erano state dapprima conquistate e poi perse dai ribelli tra il 13 marzo e una settimana fa. Questi hanno annunciato di aver inseguito per una trentina di km le truppe di Gheddafi in fuga verso ovest, dove si trova un altro importante centro petrolifero, Ras Lanuf, coprendo dunque circa 270 degli 800 km della litoranea del Golfo della Sirte. Ribelli e fonti ufficiali del regime (che denunciano una strage di civili) hanno attribuito un ruolo decisivo negli sviluppi sul terreno ai raid aerei della coalizione. Riferendosi solo a Ajdabiya, il viceministro degli Esteri libico Khaled Kaaim ha parlato comunque di mera "ritirata strategica" e di una prossima ulteriore riconquista della città. Il centro oggi si presentava come una città fantasma per la fuga di una rilevante parte dei suoi abitanti. Il bilancio di vittime degli scontri è incerto ma i ribelli segnalano nove morti e nove feriti ma altre fonti parlano di almeno 21 soldati di Gheddafi uccisi nei pressi della città dove sarebbe stato catturato anche un generale dell'esercito del rais. Intanto Misurata, città portuale circa 200 chilometri ad est di Tripoli controllata dai ribelli, è stata attaccata con carri armati e artiglieria fino a quando, in serata, sono comparsi aerei nel cielo della coalizione che hanno fatto fermare i bombardamenti. Il bilancio di una settimana di scontri sarebbe di almeno 115 morti, causati anche da cecchini del regime che - secondo testimonianze, - sparano sui civili.

La coalizione internazionale ha effettuato vari raid anche oggi: i jet francesi hanno distrutto proprio a Misurata cinque aerei e due elicotteri nemici. Tre missioni aeree sono state compiute tra ieri e oggi da caccia F-16 dell'Aereonautica militare italiana schierati a Trapani. "La missione in Libia sta avendo successo", ha detto Obama sotto assedio del Congresso che lo accusa di aver preso la missione alla leggera. "La missione in Libia della comunità internazionale "ha evitato una catastrofe umanitaria e le vite di civili, innocenti uomini, donne e bambini, sono state salvate". Il riferimento di Obama alla comunità internazionale è indirettamente anche alla Nato e quindi all'accordo politico per il passaggio sotto il comando dell'alleanza atlantica di tutte le operazioni militari in Libia. In base a tale intesa, il Comitato militare della Nato, presieduto dall'ammiraglio Giampaolo Di Paola, ha lavorato oggi per pianificare l'intervento.
http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/217903


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[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=ITChr4OWxMw[/BBvideo]

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MessaggioInviato: 27/03/2011, 12:21 
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http://affaritaliani.libero.it/politica ... 60311.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 27/03/2011, 17:21 
non so se sia gia' stato postato, pero' risulta essere un riassunto, a mio avviso, su cui riflettere:

Libia, Puzza di Complotto : Io sto con Gheddafi e con il Popolo Libico.


(Sto con) Gheddafi tutta la vita. E’ del tutto evidente che siamo di fronte ad una guerra di tipo neocolonialista. “Lor signori” prima si sono fregati i soldi libici investiti in occidente, ora vogliono fregarsi il petrolio che sarà debitamente privatizzato.



I libici ahi loro impareranno le magnifiche virtù del cosiddetto “libero mercato” o come sarebbe meglio definirlo “capitalismo predatorio”. Gli utili da petrolio non saranno spartiti tra i libici ma finiranno alle sette sorelle petrolifere debitamente quotati alla bisca di wall street.



Nel giro di pochi anni il reddito e il tenore di vita dei libici si uniformerà a quello degli altri paesi africani (ora è quello più alto dell’africa…o appena dopo il sud africa).
In compenso i libici avranno il sacrosanto diritto umano alla lamentela: potranno criticare il governo (fantoccio) che li deruba, e ogni cinque anni avranno il diritto di scegliere un governante. I due candidati(generalmente uno di destra e uno di sinistra), faranno finta di litigare parlando di cose del tutto ininfluenti e secondarie. La sostanza non camberà entrambi saranno graditi all’impero e ai cosiddetti mercati (finanziari)…visto che nessuno si sognerà di nazionalizzare il petrolio.



Miserrima la situazione dell’Italia. Paese a sovranità limitata che deve rimangiarsi un trattato di pace e di amicizia con i libici (la dannazione di Badoglio)…dovrà rinunciare ad uno dei partner economici più important (saremo sostituiti da francesi, americani e inglesi)i. Vedrà gli investimenti fatti negli anni da Eni sfruttati da una delle sette sorelle. In compenso dovremmo fare fronte a migliaia di disperati in viaggio verso l’italia.

Passiamo per bombardatori (contro i ns interessi), traditori della parola data (trattati)…e invece siamo solo dei poveracci costretti a bombardare il nostro partner economico più importante al fine di consegnare questo partner nelle mani dei nostri “fedeli amici ee alleati”. Una tragedia.
Mio nonno direbbe “cornuti e mazziati”.

continua a questo link:

http://www.rischiocalcolato.it/2011/03/ ... lotto.html

son sempre stato contro le teorie complottistiche in generale.....ma stavolta puzza veramente troppo sta storia.......e incomincia a far paura...


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MessaggioInviato: 27/03/2011, 17:44 
Bèh, proprio con Gheddafi, no! E' un terrorista da sempre.( Ma nemmeno con i francesi, io ...)



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MessaggioInviato: 27/03/2011, 18:10 
LIBIA, ATTACCHI A MISURATA. I RIBELLI: "SIAMO PRONTI A ESPORTARE PETROLIO"

Domenica 27 Marzo 2011 - 16:56
Ultimo aggiornamento: 17:45


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TRIPOLI - Sono ripresi gli scontri nella città di Misurata, uno dei centri più caldi della rivolta in Libia. Le truppe di Gheddafi hanno ripreso gli attacchi nella città portuale, situata tra Tripoli e Sirte. I lealisti hanno così posto fine ad una breve pausa nei combattimenti seguita ad attacchi aerei alleati, ha riferito un residente. «Misurata è sotto attacco», ha detto riferendosi a «città e zona del porto dove ci sono migliaia di lavoratori. Non sappiamo se si tratti di artiglieria o di mortai». Un ribelle, sempre da Misurata, ha detto che Gheddafi sta spostando tutto il suo peso su Misurata allo scopo di poter controllare l'intera parte ovest del paese dopo aver perso quella est.

RIBELLI: «PRONTI A ESPORTARE IL PETROLIO» I ribelli libici si dicono pronti a esportare petrolio «in meno di una settimana» e in grado di produrre «dai 100.000 ai 130.000 barili al giorno». Lo ha annunciato un portavoce, dopo la conquista oggi degli impianti e dei terminal a sud di Bengasi. I campi petroliferi riconquistati nelle ultime 48 ore consentiranno ai ribelli di «produrre almeno 100.000, 130.000 barili al giorno, e possiamo facilmente arrivare ad un ritmo di 300.000», ha detto Ali Tarhoni, responsabile per gli affari economici dei ribelli. A Ras Lanuf, considerato il secondo sito strategico per il settore energetico libico, c'è una raffineria da 220.000 e numerosi depositi di petrolio e gas. L'altra città conquistata, Marsa el Brega, è invece sede di un importante terminal per l'export. Tobruk, altro centro petrolifero del Paese, è rimasto poi nelle mani dei ribelli sin dall'inizio della rivolta contro Gheddafi.

TRIPOLI DESERTA Tripoli appare oggi «deserta» con molti negozi chiusi: gli unici assembramenti di persone si notano ai pochi distributori di benzina aperti, con lunghe file di auto in coda. Lo riferisce il corrispondente Cnn, precisando che la Tv di Stato libica non ha dato notizia della ritirata delle forze di Muammar Gheddafi dalle città a est a ridosso di Ajdabiya. «I funzionari sembrano scioccati dalle notizie sull'avanzata dei ribelli», scrive il corrispondente Cnn dalla capitale libica.

IL PIANO ITALO-TEDESCO «Abbiamo un piano e vedremo se si potrà tradurre in una proposta italo-tedesca. Magari da elaborare in un documento congiunto da presentare martedì», al vertice della coalizione che si terrà a Londra. Lo annuncia il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un'intervista alla Repubblica. «In questi giorni difficili - afferma il capo della diplomazia italiana - forse l'Europa ha perso dei pezzi, noi non vogliamo perdere la Germania e un'evoluzione verso il cessate il fuoco ne renderà più facile il rientro». Il ministro ricorda che «fino ad oggi sono esistiti tre comandi distinti delle operazioni: quello italiano e americano a Napoli, un secondo britannico e un terzo francese» ma da lunedì il comando passa alla Nato. Quanto allo stato di salute dei rapporti con la Francia, Frattini fa sapere che «restano immutati», ma aggiunge che «non abbiamo condiviso la scelta della coalizione dei volenterosi. Vi abbiamo partecipato in quanto misura urgente e temporanea». Ed esclude che ora esisterà una cabina di regia, «tanto meno a due». I passaggi del piano italo-tedesco prevederebbero, secondo il ministro, il cessate il fuoco che dovrà essere monitorato dalle Nazioni Unite, l'istituzione di un corridoio umanitario permanente e un «impegno forte dell'Unione africana e della Lega araba», oltre al coinvolgimento dei gruppi tribali «che lavoreranno ad una costituzione per la Libia». Quanto alla sorte del rais, Frattini esclude la sua permanenza al potere e dichiara: «altra cosa è pensare ad un esilio, l'Unione africana si è già fatta carico di trovare una soluzione» e anche nel regime libico c'è chi «sta lavorando per favorire dall'interno questa via d'uscita».

RIBELLI RICONQUISTANO CITTÀ, DECISIVI I RAID Aiutati dai raid aerei internazionali, i ribelli libici ieri hanno annunciato la riconquista di Ajdabiya e, in maniera controversa, anche di Brega, due centri strategici nel quadrante est della Sirte. Sull'altro lato del golfo le forze del colonnello Muammar Gheddafi hanno continuato a cannoneggiare l'enclave ribelle di Misurata per fermarsi solo quando in cielo sono comparsi gli aerei della coalizione. E mentre a Bruxelles la Nato sta mettendo a punto piani e regole di ingaggio per il passaggio del comando della missione all'Alleanza - proprio come auspicato dall'Italia nonostante le resistenze francesi - da Washington il presidente Barack Obama ha usato il consueto messaggio del sabato per rassicurare gli americani annunciando che la coalizione sta vincendo e ha sventato una «catastrofe umanitaria» e «un bagno di sangue». Ad essere riconquistate dai ribelli è stata prima Ajdabiya, citt… a 160 km a sud di Bengasi, considerata la 'portà verso due importanti centri petroliferi tra cui Brega, situata circa 80 km più a ovest e, almeno secondo alcune testimonianza, espugnata nel pomeriggio di ieri . Le due città erano state dapprima conquistate e poi perse dai ribelli tra il 13 marzo e una settimana fa. Questi hanno annunciato di aver inseguito per una trentina di km le truppe di Gheddafi in fuga verso ovest, dove si trova un altro importante centro petrolifero, Ras Lanuf, coprendo dunque circa 270 degli 800 km della litoranea del Golfo della Sirte. Per facilitare l'avanzata degli insorti verso ovest, in nottata la coalizione ha attaccato alcuni reparti di lealisti lungo la strada che collega Ajdabiya a Sirte, città natale di Gheddafi. E sempre nella tarda serata di ieri è stata colpita nuovamente Sabha, città della Libia centrale che rientra nella sfera di influenza della tribù del colonnello. Ribelli e fonti ufficiali (che denunciano una strage di civili) hanno attribuito un ruolo decisivo negli sviluppi sul terreno ai raid aerei della coalizione. Riferendosi solo a Ajdabiya, il viceministro degli Esteri libico Khaled Kaaim ha parlato comunque di mera «ritirata strategica» e di una prossima ulteriore riconquista della città. Il centro ieri si presentava come una città fantasma per la fuga di una rilevante parte dei suoi abitanti. Il bilancio di vittime degli scontri è incerto ma i ribelli segnalano nove morti e nove feriti, ma altre fonti parlano di almeno 21 soldati di Gheddafi uccisi nei pressi della città dove sarebbe stato catturato anche un generale dell'esercito del rais. Intanto a Misurata, città portuale circa 200 chilometri ad est di Tripoli controllata dai ribelli, è stata attaccata con carri armati e artiglieria fino a quando, in serata, sono comparsi aerei nel cielo della coalizione che hanno fatto fermare i bombardamenti. Il bilancio di una settimana di scontri sarebbe di almeno 115 morti, causati anche da cecchini del regime che - secondo testimonianze, - sparano sui civili. Oltre a quelli della tarda serata, la coalizione ha effettuato altri raid: i jet francesi hanno distrutto a terra, proprio a Misurata, cinque aerei e due elicotteri nemici. Tre missioni aeree sono state compiute tra venerdi e sabato oggi da caccia F-16 dell'Aereonautica militare italiana schierati a Trapani. «La missione in Libia sta avendo successo», ha detto Obama sotto assedio del Congresso che lo accusa di aver preso la missione alla leggera. «Quando uno come Gheddafi minaccia un bagno di sangue e la comunit… internazionale Š pronta ad agire insieme Š nel nostro interesse nazionale agire», ha argomentato il presidente sottolineando che la missione in Libia «ha evitato una catastrofe umanitaria e le vite di civili, innocenti uomini, donne e bambini, sono state salvate». Il segretario alla difesa Usa Robert Gates dal canto suo ha affermato che i governativi userebbero i cadaveri delle persone da loro stassi uccise facendoli passare per vittime civili dei raid aerei della coalizione . Il riferimento di Obama alla comunità internazionale è indirettamente anche alla Nato e quindi all'accordo politico per il passaggio sotto il comando dell'alleanza atlantica di tutte le operazioni militari in Libia. In base a tale intesa, il Comitato militare della Nato, presieduto dall'ammiraglio Giampaolo Di Paola, ha lavorato per pianificare l'intervento.

http://www.leggo.it/articolo.php?id=113752


Ultima modifica di Ufologo 555 il 27/03/2011, 18:13, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
Ufologo 555 ha scritto:


RIBELLI: «PRONTI A ESPORTARE IL PETROLIO»

Pronti ad esportare petrolio nella maggior quantità alle 7 sorelle.[B)]
Preparati a farti decurtare di più la pensione Ufologo.[:261]


Ultima modifica di bleffort il 27/03/2011, 18:28, modificato 1 volta in totale.

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Già; tutte le scuse infatti sono buone! Per fortuna vado sempre a piedi ...[;)]



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MessaggioInviato: 27/03/2011, 20:09 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

LIBIA, ATTACCHI A MISURATA. I RIBELLI: "SIAMO PRONTI A ESPORTARE PETROLIO"

Domenica 27 Marzo 2011 - 16:56
Ultimo aggiornamento: 17:45


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TRIPOLI - Sono ripresi gli scontri nella città di Misurata, uno dei centri più caldi della rivolta in Libia. Le truppe di Gheddafi hanno ripreso gli attacchi nella città portuale, situata tra Tripoli e Sirte. I lealisti hanno così posto fine ad una breve pausa nei combattimenti seguita ad attacchi aerei alleati, ha riferito un residente. «Misurata è sotto attacco», ha detto riferendosi a «città e zona del porto dove ci sono migliaia di lavoratori. Non sappiamo se si tratti di artiglieria o di mortai». Un ribelle, sempre da Misurata, ha detto che Gheddafi sta spostando tutto il suo peso su Misurata allo scopo di poter controllare l'intera parte ovest del paese dopo aver perso quella est.

RIBELLI: «PRONTI A ESPORTARE IL PETROLIO» I ribelli libici si dicono pronti a esportare petrolio «in meno di una settimana» e in grado di produrre «dai 100.000 ai 130.000 barili al giorno». Lo ha annunciato un portavoce, dopo la conquista oggi degli impianti e dei terminal a sud di Bengasi. I campi petroliferi riconquistati nelle ultime 48 ore consentiranno ai ribelli di «produrre almeno 100.000, 130.000 barili al giorno, e possiamo facilmente arrivare ad un ritmo di 300.000», ha detto Ali Tarhoni, responsabile per gli affari economici dei ribelli. A Ras Lanuf, considerato il secondo sito strategico per il settore energetico libico, c'è una raffineria da 220.000 e numerosi depositi di petrolio e gas. L'altra città conquistata, Marsa el Brega, è invece sede di un importante terminal per l'export. Tobruk, altro centro petrolifero del Paese, è rimasto poi nelle mani dei ribelli sin dall'inizio della rivolta contro Gheddafi.

TRIPOLI DESERTA Tripoli appare oggi «deserta» con molti negozi chiusi: gli unici assembramenti di persone si notano ai pochi distributori di benzina aperti, con lunghe file di auto in coda. Lo riferisce il corrispondente Cnn, precisando che la Tv di Stato libica non ha dato notizia della ritirata delle forze di Muammar Gheddafi dalle città a est a ridosso di Ajdabiya. «I funzionari sembrano scioccati dalle notizie sull'avanzata dei ribelli», scrive il corrispondente Cnn dalla capitale libica.

IL PIANO ITALO-TEDESCO «Abbiamo un piano e vedremo se si potrà tradurre in una proposta italo-tedesca. Magari da elaborare in un documento congiunto da presentare martedì», al vertice della coalizione che si terrà a Londra. Lo annuncia il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un'intervista alla Repubblica. «In questi giorni difficili - afferma il capo della diplomazia italiana - forse l'Europa ha perso dei pezzi, noi non vogliamo perdere la Germania e un'evoluzione verso il cessate il fuoco ne renderà più facile il rientro». Il ministro ricorda che «fino ad oggi sono esistiti tre comandi distinti delle operazioni: quello italiano e americano a Napoli, un secondo britannico e un terzo francese» ma da lunedì il comando passa alla Nato. Quanto allo stato di salute dei rapporti con la Francia, Frattini fa sapere che «restano immutati», ma aggiunge che «non abbiamo condiviso la scelta della coalizione dei volenterosi. Vi abbiamo partecipato in quanto misura urgente e temporanea». Ed esclude che ora esisterà una cabina di regia, «tanto meno a due». I passaggi del piano italo-tedesco prevederebbero, secondo il ministro, il cessate il fuoco che dovrà essere monitorato dalle Nazioni Unite, l'istituzione di un corridoio umanitario permanente e un «impegno forte dell'Unione africana e della Lega araba», oltre al coinvolgimento dei gruppi tribali «che lavoreranno ad una costituzione per la Libia». Quanto alla sorte del rais, Frattini esclude la sua permanenza al potere e dichiara: «altra cosa è pensare ad un esilio, l'Unione africana si è già fatta carico di trovare una soluzione» e anche nel regime libico c'è chi «sta lavorando per favorire dall'interno questa via d'uscita».

RIBELLI RICONQUISTANO CITTÀ, DECISIVI I RAID Aiutati dai raid aerei internazionali, i ribelli libici ieri hanno annunciato la riconquista di Ajdabiya e, in maniera controversa, anche di Brega, due centri strategici nel quadrante est della Sirte. Sull'altro lato del golfo le forze del colonnello Muammar Gheddafi hanno continuato a cannoneggiare l'enclave ribelle di Misurata per fermarsi solo quando in cielo sono comparsi gli aerei della coalizione. E mentre a Bruxelles la Nato sta mettendo a punto piani e regole di ingaggio per il passaggio del comando della missione all'Alleanza - proprio come auspicato dall'Italia nonostante le resistenze francesi - da Washington il presidente Barack Obama ha usato il consueto messaggio del sabato per rassicurare gli americani annunciando che la coalizione sta vincendo e ha sventato una «catastrofe umanitaria» e «un bagno di sangue». Ad essere riconquistate dai ribelli è stata prima Ajdabiya, citt… a 160 km a sud di Bengasi, considerata la 'portà verso due importanti centri petroliferi tra cui Brega, situata circa 80 km più a ovest e, almeno secondo alcune testimonianza, espugnata nel pomeriggio di ieri . Le due città erano state dapprima conquistate e poi perse dai ribelli tra il 13 marzo e una settimana fa. Questi hanno annunciato di aver inseguito per una trentina di km le truppe di Gheddafi in fuga verso ovest, dove si trova un altro importante centro petrolifero, Ras Lanuf, coprendo dunque circa 270 degli 800 km della litoranea del Golfo della Sirte. Per facilitare l'avanzata degli insorti verso ovest, in nottata la coalizione ha attaccato alcuni reparti di lealisti lungo la strada che collega Ajdabiya a Sirte, città natale di Gheddafi. E sempre nella tarda serata di ieri è stata colpita nuovamente Sabha, città della Libia centrale che rientra nella sfera di influenza della tribù del colonnello. Ribelli e fonti ufficiali (che denunciano una strage di civili) hanno attribuito un ruolo decisivo negli sviluppi sul terreno ai raid aerei della coalizione. Riferendosi solo a Ajdabiya, il viceministro degli Esteri libico Khaled Kaaim ha parlato comunque di mera «ritirata strategica» e di una prossima ulteriore riconquista della città. Il centro ieri si presentava come una città fantasma per la fuga di una rilevante parte dei suoi abitanti. Il bilancio di vittime degli scontri è incerto ma i ribelli segnalano nove morti e nove feriti, ma altre fonti parlano di almeno 21 soldati di Gheddafi uccisi nei pressi della città dove sarebbe stato catturato anche un generale dell'esercito del rais. Intanto a Misurata, città portuale circa 200 chilometri ad est di Tripoli controllata dai ribelli, è stata attaccata con carri armati e artiglieria fino a quando, in serata, sono comparsi aerei nel cielo della coalizione che hanno fatto fermare i bombardamenti. Il bilancio di una settimana di scontri sarebbe di almeno 115 morti, causati anche da cecchini del regime che - secondo testimonianze, - sparano sui civili. Oltre a quelli della tarda serata, la coalizione ha effettuato altri raid: i jet francesi hanno distrutto a terra, proprio a Misurata, cinque aerei e due elicotteri nemici. Tre missioni aeree sono state compiute tra venerdi e sabato oggi da caccia F-16 dell'Aereonautica militare italiana schierati a Trapani. «La missione in Libia sta avendo successo», ha detto Obama sotto assedio del Congresso che lo accusa di aver preso la missione alla leggera. «Quando uno come Gheddafi minaccia un bagno di sangue e la comunit… internazionale Š pronta ad agire insieme Š nel nostro interesse nazionale agire», ha argomentato il presidente sottolineando che la missione in Libia «ha evitato una catastrofe umanitaria e le vite di civili, innocenti uomini, donne e bambini, sono state salvate». Il segretario alla difesa Usa Robert Gates dal canto suo ha affermato che i governativi userebbero i cadaveri delle persone da loro stassi uccise facendoli passare per vittime civili dei raid aerei della coalizione . Il riferimento di Obama alla comunità internazionale è indirettamente anche alla Nato e quindi all'accordo politico per il passaggio sotto il comando dell'alleanza atlantica di tutte le operazioni militari in Libia. In base a tale intesa, il Comitato militare della Nato, presieduto dall'ammiraglio Giampaolo Di Paola, ha lavorato per pianificare l'intervento.

http://www.leggo.it/articolo.php?id=113752


"pronti ad esportare petrolio.."

si ma chi intasca i soldi?
chi dirige?
c avete capito qualcosa?
boh..
a me pare la ciurma del pirata barbanera
all`assalto del bottino..
secondo me adesso si mettono a litigare
tra di loro..

faccio notare che loro non combattono,
entrano nelle citta`
dopo i bombardamenti a tappeto,
senza sparare un colpo..

per capire come stanno le cose
prendete le dichiarazioni di codesti insorti..
l`opposto..


Ultima modifica di mik.300 il 27/03/2011, 20:11, modificato 1 volta in totale.


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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 27/03/2011, 20:54 
Una cosa è certa: in tutto il mondo è un gran casino! E ognuno pensa per sé!



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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 27/03/2011, 23:18 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Una cosa è certa: in tutto il mondo è un gran casino! E ognuno pensa per sé!

Solo i Babbei non pensano per loro stessi!.
Capisci cosa voglio dire Ufò.......[:o)]


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MessaggioInviato: 27/03/2011, 23:27 
Libia, il petrolio nelle mani degli insorti
Alla Nato il comando delle operazioni
Il nono giorno dall'inizio della missione 'Odissey Dawn' è contrassegnato dall'avanzata degli antigovernativi che hanno conquistato gli impianti petroliferi del Paese e dalla battaglia ancora in corso a Misurata. In serata è stato raggiunto l'accordo sul comando Nato: le operazioni saranno volte a proteggere i civili dagli attacchi del regime.

Le forze di Muammar Gheddafi in ritirata dall'est del Paese, con gli impianti petroliferi strategici tornati nelle mani dei ribelli che si dicono pronti a esportare l'oro nero all'estero, e che ora puntano su Sirte, preparandosi all'offensiva contro la città natale di Gheddafi, simbolo del regime e della Rivoluzione. E' la Libia oggi, nel nono giorno dall'inizio della missione "Odissey Dawn", contrassegnato dall'avanzata degli antigovernativi e dalla dura battaglia in corso a Misurata, unica città dell'ovest nelle mani degli anti-Gheddafi.

'UNIFIED PROTECTOR' Ma è anche il giorno in cui a Bruxelles il comitato militare della Nato ha trovato l'intesa sul comando delle operazioni, affidate al generale canadese Charles Bouchard, che saranno tese a "proteggere i civili e le aree popolate da civili sotto minaccia di attacco da parte del regime". La missione, denominata "Unified protector", prevede una no fly zone rafforzata (no fly zone plus), ovvero raid su bersagli di terra. All'Alleanza occorreranno circa 48 ore per assumere il pieno controllo delle operazioni.

PRESSING DIPLOMATICO Intanto, procede anche il pressing diplomatico su Tripoli: Washington annuncia possibili colpi di scena, se è vero, come detto oggi dal ministro della Difesa Usa Robert Gates e dal segretario di Stato Hillary Clinton, che ci sarebbero "defezioni importanti" tra le fila del governo libico. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini dal canto suo ribadisce: l'esilio di Gheddafi " una delle opzioni che la comunità internazionale sta valutando", dicendosi convinto che anche a Bengasi la soluzione verrebbe accettata.

L'OFFENSIVA Mentre a Bruxelles si discuteva, l'offensiva dei ribelli supportata dai raid aerei su Sirte e Ajdabiya, ripresi in serata anche su Tripoli, ha visto cadere una dietro l'altra le principali città tra Bengasi e Sirte: i ribelli festeggiano ad Ajdabiya, dove ieri hanno ammainato le bandiere verdi del regime, e soprattutto a Ras Lanuf, considerato il secondo sito strategico per il settore energetico libico - c'è una raffineria da 220.000 barili al giorno e numerosi depositi di petrolio e gas -, e Marsa el Brega, sede di un importante terminal per l'export. I campi petroliferi riconquistati nelle ultime 48 ore consentiranno ai ribelli di "produrre almeno 100.000, 130.000 barili al giorno" con una potenzialità di "300.000", ha detto Ali Tarhoni, responsabile per gli affari economici degli antigovernativi, che affermano di aver già siglato un contratto con il Qatar per l'export. Il flusso di greggio riprenderà "in meno di una settimana". L'avanzata militare è rapida, forse anche troppo: sul loro cammino i ribelli "non vedono soldati di Gheddafi", confermando indirettamente quanto annunciato ieri dal governo, ovvero una "ritirata tattica" dei militari dall'est. Tanto che una avanguardia dei ribelli sarebbe entrata in serata Nawfaliya, circa 100 km a est di Sirte, ultima città di rilievo prima della roccaforte di Gheddafi. Ora gli armati attendono che i raid della coalizione puliscano il campo dai corazzati nemici, che stazionerebbero a circa 50 km di distanza. I fatti sembrano dar loro ragione: i raid aerei sono tornati a colpire in serata proprio Sirte, provocando almeno due forti esplosioni. La tensione è alle stelle, tanto che nella roccaforte del rais nel pomeriggio testimoni hanno visto un convoglio di 20 mezzi militari, tra cui mezzi antiaerei mobili, e dozzine di auto cariche di civili in fuga verso Tripoli. A Misurata invece, unica città dell'ovest nelle mani dei ribelli, si combatte ancora. La propaganda di entrambi i fronti ha assicurato che la città è sotto il controllo dell'una o dell'altra parte, ma i residenti che sono riusciti a far sentire la propria voce parlano di intensi bombardamenti di artiglieria, cannoneggiamenti dei carri armati, scontri a fuoco in Tripoli street, principale arteria della città, con i cecchini del governo piazzati sui tetti che sparano a tutto ciò che si muove. Anche il leader potrebbe trovarsi lì, a guidare i suoi soldati: "Sta conducendo la battaglia. Sta guidando la nazione dappertutto nel paese", ha detto il portavoce del governo Ibrahim Mussa, evocando una delle immagini più care alla propaganda del regime, Gheddafi alla testa dei suoi carri armati che dà battaglia all'Occidente invasore.

http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/218162


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Democrazia a cannonate

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Fonte:
http://www.informarmy.com/2011/03/democ ... onate.html

lunedì 28 marzo 2011
di Gaetano Colonna

All'Occidente non è bastata la Somalia, non è bastato l'Iraq, non basta nemmeno l'Afghanistan.

Gli avvenimenti di questi ultimi giorni in Libia e nel Medio Oriente, capaci di distrarre il mondo persino dalla catastrofe giapponese, nonostante essa suoni come un monito impressionante per le cosiddette "società della complessità", dimostrano la limitatezza degli strumenti con cui l'egemonia occidentale pretende di continuare a governare la realtà contemporanea. Le grandi potenze occidentali, infatti, replicano per l'ennesima volta il frusto canovaccio del democracy building con la stessa politica delle cannoniere con la quale imposero il colonialismo al cosiddetto Terzo Mondo, nel XIX e nel XX secolo.

Nessuna credibilità ha più presentare Gheddafi come un dittatore oppressore del suo popolo, quando con questo personaggio l'Occidente, per quasi mezzo secolo, ha alternato lauti affari con operazioni di polizia internazionale (i bombardamenti del 1981 e del 1986; le sanzioni e poi gli accordi per l'attentato di Lockerbie), per tacere della relativamente misteriosa vicenda dell'estate 1980, l'abbattimento del nostro aereo civile Itavia sui cieli di Ustica, in uno scenario di guerra non dichiarata, obiettivo del quale era, con ogni probabilità, di nuovo Gheddafi, e protagonisti ancora Francia e Usa.

Risulta chiaro a chiunque che la posta in gioco sono le fonti energetiche mediorientali, il controllo dell'Africa centrale (soprattutto da parte francese) e il condizionamento politico del mondo arabo. Quanto siano perciò distanti i sommovimenti in atto nel mondo arabo da una libera spinta al mutamento, abbiamo già avuto modo di documentarlo su questo sito (http://www.clarissa.it/editoriale_int.p ... vulgazione ), ed i fatti non ci hanno smentito: mentre rimproveriamo al colonnello libico l'esercizio spietato del suo potere nell'ambito dei propri confini, chiudiamo gli occhi sulla durissima repressione in Bahrein e persino sull'intervento militare diretto dell'Arabia Saudita in quello stesso paese, così come non si è deciso di agire contro il regime filo-occidentale del presidente Ali Abdullah Saleh che governa lo Yemen facendo sparare da cecchini su manifestanti inermi, facendo una cinquantina di vittime.
L'intervento militare saudita, è bene sottolinearlo, è avvenuto poche ore dopo la visita in Arabia Saudita e Bahrein del ministro della difesa Usa Gates e pochi giorni dopo quella dell'amm. Mullen, che presiede il comitato dei capi di stato maggiore, mentre gli Stati Uniti hanno svolto un'esercitazione militare congiunta con i sauditi, Friendship Two, che, nei primi giorni di marzo, ha coinvolto oltre 4000 uomini delle forze armate dei due Paesi, con il dichiarato scopo, di "andare oltre la tradizionale focalizzazione sui conflitti convenzionali, prendendo in considerazione i conflitti non-tradizionali (irregular warfare) e le minacce regionali emergenti", come recita un documento ufficiale dello US Central Command, il comando militare Usa responsabile per quest'area di operazioni.

Risulta quindi evidente che, dietro il pretesto della diffusione della democrazia in una regione in cui il passato imporrebbe obiettivi, metodi e tempi assai diversi, l'Occidente gioca spregiudicatamente la carta della destabilizzazione del Medio Oriente allargato, nella convinzione che solo la sua "libanizzazione" possa garantire il pieno controllo delle riserve energetiche che forniscono al modello economico-finanziario occidentale, in crisi da ogni punto di vista, l'ossigeno per sopravvivere il tempo necessario a riorganizzare il proprio sistema produttivo, in una epocale lotta contro il tempo e contro l'emergere della nuova potenza cinese.
Lo dimostra il fatto che nel Golfo Persico, agendo militarmente contro le popolazioni civili, non solo si violano le stesse regole che si vorrebbero far rispettare a Gheddafi, ma si approfondisce deliberatamente il contrasto tra mondo sunnita e shiita, polarizzazione che sempre più viene utilizzata come strumentale divide et impera in funzione anti-iraniana e come sola via per tenere in vita e consolidare il ruolo di un regime indifendibile sul piano della democrazia com'è quello dell'Arabia Saudita, per di più caratterizzato da un orientamento religioso, come quello wahabbita, esplicitamente anti-occidentale ed integralista.
In tal modo, si va delineando un accordo strategico di fondo che allinea le potenze anglo-sassoni, Israele e, nuova aggiunta, la Francia, che spera di potere recuperare un ruolo mediterraneo ed africano che negli ultimi decenni gli Stati Uniti avevano attaccato duramente, fino a quando non è apparso sulla scena politica d'Oltralpe il presidente Sarkozy, evidentemente l'uomo giusto per il compromesso con gli Stati Uniti e con Israele.

Inquieta in questa logica l'ipotesi che il nuovo interventismo della Francia, che aveva per altro da decenni un conto aperto con Gheddafi per la questione del Ciad, possa rappresentare un ulteriore consolidamento del ruolo di Israele come potenza egemone nel Medio Oriente in senso stretto, ad est cioè del Canale di Suez, del quale l'azione francese costituirebbe il supporto complementare a occidente, una linea di protezione che si integra perfettamente con la pianificazione strategica americana che ha costituito a tale scopo lo Africom, struttura di comando USA per l'Africa, operativa dall'ottobre 2008, cui sono state assegnate unità prima destinate al teatro europeo.

Non dobbiamo dimenticare infatti il fattore che nelle ultime settimane ha rallentato i tempi di reazione occidentali: gli Stati Uniti non dispongono più delle forze terrestri necessarie a gestire altri conflitti nell'emisfero occidentale, oltre Iraq e Afghanistan, come ha ricordato senza mezzi termini qualche mese fa il ministro della difesa Robert Gates in un discorso a West Point: "Qualsiasi futuro segretario alla difesa che consigliasse il presidente di inviare in Asia, Medio Oriente o Africa un grande esercito di terra statunitense dovrebbe farsi visitare da uno psichiatra". Per questa ragione, gli Usa non possono fare a meno dell'Europa, non solo in termini di supporto logistico, ma anche per conservare quella superiorità tecnologica, di uomini e di mezzi che sola può assicurare il successo delle operazioni di polizia internazionale.

In questo contesto, la posizione assunta dall'Italia, giudicata come un partner strategico essenziale dagli Stati Uniti, come dimostra la collocazione in Italia dei comandi dello stesso Africom, dimostra l'incapacità della nostra classe dirigente di interpretare autonomamente il proprio ruolo mediterraneo. Una volta di più, il nostro Paese dimostra di non possedere una capacità effettiva di proiettarsi nel contesto geo-politico nel quale è storicamente collocata da almeno 150 anni: siamo oggi in guerra con un regime il cui capo politico è stato da noi ricevuto con tutti gli onori solo pochi mesi fa; non siamo stati in grado di influire minimamente sull'evoluzione interna della Libia; né di esercitare su questo Paese una pressione riequilibratrice, che evitasse cioè il ricorso alle armi, pressione che avrebbe potuto trovare fra l'altro nella Germania e nella Russia un decisivo supporto.

Di conseguenza, ci troviamo oggi a subire servilmente una campagna militare che avrà effetti devastanti per il nostro ruolo in Libia e per la stabilità del Mediterraneo centrale probabilmente per anni, dato che, come si è visto in Medio Oriente, facile è disarcionare i dittatori arabi, assai più difficile costruire poi dei sistemi politici in grado di conciliare le componenti etniche tribali religiose con l'esercizio dei diritti individuali cui siamo adusi in Occidente, da un lato, e con le esigenze di conservare rapporti economici essenziali per garantire a noi la sopravvivenza energetica, dall'altro.

In una prospettiva storica seria, quella cioè dei tanto sbandierati 150 anni di Unità nazionale, dobbiamo constatare che l'Italia dopo la fine della Guerra Fredda ha visto definitivamente scalzata la propria sia pur residuale influenza in quelle aree ex-coloniali nelle quali abbiamo storicamente operato, valga per il Corno d'Africa, vale anche per la Libia: consapevoli che, dopo la nostra definitiva fuoriuscita da queste aree, la Somalia non esiste più come entità politico-statale e ci sono valide ragioni per temere che anche la Libia del dopo-Gheddafi si vada avviando verso un'analoga polverizzazione politica.

Se significativo è notare che nessuna delle entità che costituiscono l'attuale classe dirigente ha avuto il coraggio di porre in questi termini la questione, giacché il mugugno leghista contro l'intervento rispecchia le pressioni di certi ambienti cattolici e le fobie xenofobe tipiche di quel partito e nulla più, molto istruttivo sul nostro passato è vedere un presidente ex-comunista invocare l'intervento militare contro un Paese terzomondista, in barba all'internazionalismo proletario di un tempo, cosa del resto che non può sorprenderci particolarmente, dato che fu un premier comunista ad attivare il primo intervento militare post-bellico italiano, nei Balcani.
Sono questi gli uomini che hanno propiziato nel mondo l'ipocrita illusione che il presidente americano Obama, insignito ovviamente a tale scopo persino di un premio Nobel, fosse l'iniziatore di un'epoca di rinnovamento, di giustizia e di pace - lo stesso Obama che, dopo avere riavviato in sordina i processi senza garanzie ai detenuti di Guantanamo, bombarda ora Tripoli, per garantire le élite dell'alta finanza internazionale in merito al futuro controllo delle materie prime che sostengono l'Occidente.



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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