al di Susa: Tav si, Tav no martedì 05 luglio 2011
di ANDREA SPINELLI BARRILE
Per parlare di quello che sta accadendo oggi in Val di Susa è necessaria la presenza sul posto. Non si può parlare di un movimento, di scontri e violenze, di "eversione" se non si è sul posto, addirittura se non ci si è mai stati. La disinformazione che impera ovunque in questi giorni, che vuole una Valle intera messa a ferro e fuoco da non meglio precisati "terroristi" che hanno come unico obiettivo quello di bloccare i cantieri, non regge più.
Al contempo è impossibile negare le violenze, civili e di Stato, uniche informazioni snocciolate dai media nazionalpopolari.
I giorni di luglio di Genova, di Vicenza, di Napoli, i giorni di Roma e de L'Aquila non sono così lontani da queste giornate nella Val di Susa: chi c'era, chi ricorda, rammenta vividamente di aver assistito a scene poco dissimili di violenza che, a posteriori, è stata definita, e condannata, come violenza di Stato. Quanto accade in Piemonte sarà ennesimo materiale per la magistratura: raccontarla ora, senza vivere i fatti, è una distorsione del diritto/dovere di cronaca.
Quello che non viene spiegato, neppure sussurrato, sono le ragioni, ed i torti, di questa grande opera tanto contestata: si sa, la disinformazione premia sempre. Va spiegato cominciando a chiarire la terminologia, nel senso che Tav è il termine sbagliato, quello corretto è Tac: Treno ad Alta Capacità.
La Tav esiste già: Torino-Modane. Se la Tav prevede linee ferroviarie per il trasporto di persone, la Tac è pensata, studiata e finanziata principalmente per il trasporto di merci: collegare Torino a Kiev e Lisbona (via Lione) per favorire i “pendolari” è una motivazione fasulla (e stupida) a questa grande opera.
Riflettere sul termine Tac è un buon motivo (per il movimento) per valutare l'opera come “fortemente dannosa”: la caduta dei movimenti di merci e di persone sulla tratta tanto contestata (cosa che avviene anche al Frejus, linea ampliata nel 2002, utilizzata oggi per un quarto di capacità, o al Monte Bianco, dove da 10 anni si registra un calo dei movimenti di oltre il 30%) sarebbe la dimostrazione dell'inutilità dell'opera.
A fronte di questo, denuncia il movimento No-Tav, che senso ha una spesa calcolabile in oltre 17 miliardi (sorprese permettendo), più 65milioni l'anno, preventivati, per la manutenzione? Le motivazioni che vengono adottate dai sostenitori dell'opera, a confutazione di tali osservazioni, sono che il sistema trasporti piemontese è saturo e che quest'opera avrà l'effetto di spostare le merci dal trasporto su gomma a quello su rotaia, avvicinando il Piemonte all'Europa.
Tuttavia, non si considera che non è il sistema trasporti ad essere saturo, ma il mercato: questo è il motivo reale per cui il traffico delle merci è in fisiologico calo (e le previsioni, dati Università di Torino, non sono di una ripresa). Motivazioni che hanno spinto l'Austria ad una moratoria di cinque anni sul progetto ferroviario del Brennero. Inoltre, il Piemonte più che all'Europa andrebbe avvicinato all'Italia: il tratto A4 Milano-Torino è considerato la Salerno-Reggio del nord.
La sostenibilità ambientale del progetto, inoltre, è fortemente contestata dal movimento: se la rotaia è certamente più “ecologica” della benzina, uno studio dell'Università di Siena, sottolinea quanto il trasporto ferroviario ad alta velocità (o capacità) sia, relativamente alle emissioni di CO2, particolato ed SOx, più impattante rispetto al trasporto stradale (270%): “il TAV mostra valori sistematicamente peggiori del trasporto ferroviario classico” a causa dell'”eccessiva infrastrutturazione e dell'eccessiva potenza dei treni”.
Il problema del rischio idrogeologico, e dell'impatto ambientale in se di questa grande opera, non sono da sottovalutare in Val di Susa, dove è già presente la linea del Frejus, il tunnel autostradale e l'autostrada del Frejus. Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) ha proposto un modello su cui si basano le previsioni ufficiali per l'opera (d'impatto ambientale, economico, merceologico e di interscambio): i valligiani tuttavia contestano le valutazioni Ltf, società responsabile della tratta comune italo-francese dell'opera e, per questo motivo, in conflitto d'interesse. Sbb (che amministra le ferrovie svizzere) ha svolto calcoli paralleli a quelli di Ltf, con risultati differenti: Ltf ha chiesto ad Sbb di cambiare modalità di calcolo.
Ovviamente lo Stato, prima di avviare un'opera tanto imponente, ha ascoltato esperti, valutato perizie ed eseguito valutazioni di varia natura (ambientale, economica, etc): nel 1998 il Ministero dei Trasporti, e nel 2003 il Governo francese, commissionarono due perizie proprio sulla tratta Torino-Lione al Conseil Général des Ponts et Chaussées: “conviene intervenire sulle linee esistenti” il risultato delle perizie di una delle più longeve ed attendibili istituzioni francesi.
ll movimento No-Tav va sottolineato non essere un movimento improvvisato di montanari ma un discorso ventennale reso attendibile, o quantomeno degno d'udienza, grazie ai numerosi esperti della società civile che ne fanno parte. C'è in tal senso, verso il movimento in quanto tale, un problema di incomunicabilità di fondo: il progetto non è stato valutato con i valligiani, non è stato loro proposto, ma semplicemente imposto dall'alto; questo non è illecito, ma è quantomeno discutibile nei modi e nei tempi.
La Tav in Val di Susa non è un problema del governo Berlusconi, ma bipartisan perchè è un progetto che affonda le radici lontano nel tempo (difeso a spada tratta anche dall'ex Ministro delle infrastrutture Di Pietro). Il problema di questo governo, tuttavia, è la gestione delle contestazioni e della resistenza dei valligiani, che per chi ha memoria storica sembra fatta su modello “Genova 2001”.
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