"Piramidi: radiodelescopi dimenticati?" Parma - 28 febbraio 2003
Di Stefano Panizza e Cristian Vitali
Conferenza nel cuore della città per il centro culturale di ricerche esobiologiche GALILEO di Parma in collaborazione con la sede locale del C.U.N. (Centro Ufologico Nazionale).
Davanti ad una sala gremita di persone il vice presidente di Galileo, dott. Giorgio Pattera ha aperto i lavori presentando brevemente l’argomento della serata, basato su teorie non provate ma comunque stimolanti.
La parola è quindi passata a Marco La Rosa, socio di Galileo, che ha dato inizio alla sua relazione parlando della ricerca di forme di vita extraterrestri, che cominciò, grazie all’utilizzo di potenti radiotelescopi, nel 1959 con il progetto SETI. Promotori furono i fisici Giuseppe Cocconi e Philip Morrison. Il loro lavoro si basò soprattutto sullo scandaglio delle frequenze nella banda delle microonde.
Poi ci fu Frank Drake con il suo progetto OZMA, utilizzando un’antenna parabolica di 26 metri sintonizzata sulla lunghezza d’onda dei 21 cm, la banda neutra dell’idrogeno. A quanto sembra, però, non venne mai captato alcun segnale che potesse far pensare a forme di comunicazione da parte di altre civiltà.
Nonostante questo insuccesso iniziale il progetto SETI beneficiò di finanziamenti governativi per proseguire successivamente con stanziamenti privati. I risultati furono però deludenti.
Secondo La Rosa questo progetto potrebbe ancora essere portato avanti focalizzando l’attenzione su queste due possibilità:
-presenza di un’ipotetica civiltà extraterrestre tecnologicamente avanzata, simile alla nostra, ed in grado di sviluppare telecomunicazioni basate sull’elettromagnetismo; se si trovassero nel giro di 50-70 anni luce da noi, ora riceverebbero le nostre prime trasmissioni televisive.
-presenza di un’ipotetica civiltà extraterrestre più avanzata tecnologicamente di noi che ci invia costantemente dei segnali, ma che dovrebbe esserci sufficientemente vicina a causa della limitata velocità della luce o in grado di “ bypassare” questo limite trasmettendoci informazioni utilizzando onde che viaggiano a velocità superiori a quelle della luce medesima.
Il relatore ha qui aperto una parentesi sostenendo che un paradosso del SETI è la definizione che esso da di intelligenza extraterrestre, considerando soprattutto dei parametri di tipo biologico e comunque troppo simili alla nostra esperienza. La Vita infatti potrebbe essere di tipo non fisico o avere avuto uno sviluppo tecnologico difforme da quello che conosciamo.
E ci fu un fisico, Nikola Tesla (1856-1943), inventore americano di origine slava, che intuì perfettamente la validità di queste speculazioni, studiando, agli inizi del secolo scorso, una forma di comunicazione radio diversa da quella usata dalla nostra civiltà.
Le attuali forme di trasmissione si basano su onde trasversali, che hanno cioè una direzione di propagazione perpendicolare alla direzione di oscillazione delle particelle. Un esempio è costituito dal moto radiale, rispetto al punto in cui è avvenuta la perturbazione, delle onde causate da un sasso gettato nell’acqua; al contrario un oggetto posto sulla sua superficie oscilla, rispetto ad essa, in modo perpendicolare, andando ritmicamente “su e giù”. Tesla invece sperimentò onde longitudinali, quelle in cui lo spostamento del fronte d’onda è parallelo alla direzione di oscillazione delle particelle, cioè perpendicolare al fronte d’onda stesso, come nel caso delle onde acustiche. Presentano notevoli vantaggi di trasmissione perché possono “attraversare” la materia.
Analizzando questo tipo di onde captò, all’epoca, segnali di origine, apparentemente, non umana.
Questa esperienza lo segnò per tutta la vita, anche perché negli anni successivi il governo americano gli impedì di divulgare la scoperta.
Contemporaneo di Tesla fu Albert Einstein che, nella sua teoria generale della relatività, descrisse la forza di gravità come una distorsione geometrica nello spazio tempo. In talune condizioni, e cioè se un corpo materiale viene accelerato, esso emetterebbe, secondo lo scienziato, un’onda gravitazionale, allo stesso modo in cui una carica elettrica accelerata emette onde elettromagnetiche.
Uno dei primi studiosi che si occupò del fenomeno fu Thomas Townsend Brown che scoprì, tra le altre cose, che le rocce granitiche e basaltiche erano polarizzate elettricamente, cioè si comportavano come delle pile elettriche o batterie, e funzionavano, in pratica, secondo il relatore, come dei ricevitori AM naturali di onde gravitazionali.
Brown, inoltre, intuì che per evitare delle interferenze da radiazioni elettromagnetiche, questi ricevitori-trasmettitori dovevano essere rinchiusi in grosse cavità, come ad esempio le montagne. Le stesse piramidi sembravano adempiere perfettamente, a suo parere, a tale scopo: sono degli anfratti portentosi e contengono granito.
Nel 1985, poi, una missione archeologica francese, dal nome Progetto Cheope, scoprì all’interno della Grande Piramide, vicino alla camera della regina, diverse cavità ricolme di sabbia.
La sua peculiarità constava nella composizione, basata in maggioranza sul quarzo (elemento altamente piezoelettrico); questo tipo di rena viene chiamato “sabbia musicale” perché lo sfregamento dei granelli produce un suono.
La cosa strana è che questa sabbia è molto difficile da raffinare e che all’esterno della piana di Giza non è presente.
Secondo La Rosa, quindi, è ipotizzabile che le piramidi, non solo quelle egiziane ma anche quelle maya ritenute semplici luoghi di culto, tombe o osservatori astronomici, fossero dei giganteschi ricetrasmettitori di onde gravitazionali, lasciati da una civiltà venuta da chissà dove. Il quarzo si deforma momentaneamente quando è attraversato da tale tipo di onde.
Avremmo, quindi, secondo il relatore, sotto agli occhi dei potentissimi mezzi di comunicazione. A tempo debito, ha continuato, vi saranno persone istruite per comunicare, tramite onde gravitazionali da lui ritenute la base delle comunicazioni del futuro, con i “fratelli” dello spazio. Non subirebbero interferenze e quindi sarebbero il mezzo migliore per trasmettere informazioni.
Ha ricordato, come proprio in Italia, a Pisa, vi sia un programma di studio di tale onde tramite un’antenna chiamata Virgo.
A suo parere gli antichi conoscevano questa forma di energia, chiamata con nomi diversi, ed in base alla sua distribuzione costruivano i propri templi.
Per capire tutto questo, conclude La Rosa, dobbiamo concentrare la nostra attenzione nello studio della “petrovoltaica, scienza nella quale gli antichi eccellevano, mentre noi a malapena né intuiamo i potenziali”.
Dopo questa suggestiva relazione la parola è passata al dott. Pattera che ha proseguito nella strada tracciata dal suo collega, evidenziando come altri indizi portino, alla fine, alle medesime conclusioni; ci ha ricordato, ad esempio, come il quarzo sia una costante nella storia della nostra tecnologia, testimoniata da alcuni modelli di orologio.
Davanti ad un pubblico attento ha citato un ricercatore italiano (il nome è stato omesso) che ha brevettato un apparecchio utilizzato, a fini diagnostici, sugli esseri umani. Ha la forma di un “testimone”, come quello usato nelle gare di atletica, e lo si utilizza facendolo scorrere lungo il corpo di una persona. Questa sorta di “scannerizzazione” permette di individuare, attraverso un monitor, l’eventuale presenza di tumori nella persona stessa o comunque particolari malattie; sarebbe in grado di rilevare la presenza di sole quattro cellule oncogene.
Una scoperta, quindi, eccezionale, uno strumento formidabile nato quasi per caso.
Il ricercatore stava infatti studiando l’apparecchio per scopi militari allo scopo di poter individuare materiale di interesse bellico, come gli esplosivi, anche nei nascondigli meglio organizzati. I tentativi non andarono a buon fine, ma si accorse, in un classico caso di serendipità, che poteva essere utilizzato in altro modo, sicuramente più nobile.
L’apparecchio è stato testato dall’Alenia spazio e poi reso pubblico. Lo scienziato si è però presentato in televisione in modo assolutamente criptato, per non rendere nota la sua identità.
Un secondo modello, pare, sia stato testato, nella massima segretezza, anche sulla navetta spaziale.
Tutto questo per dire che questo eccellente scienziato (la cui credibilità e serietà è comprovata anche da questa scoperta) è stato presente a San Marino, alcuni anni fa, al “Simposio Mondiale sugli U.F.O.” in cui ha relazionato, guarda caso, proprio sulle piramidi, esponendo, in modo circostanziato, una sua originale teoria. A sottolineare l’importanza del personaggio si potrebbe ricordare che la casa in cui vive, una sorta di edificio blindato, è costantemente sorvegliata, giorno e notte, da personale militare.
Il Pattera, con particolare sensibilità mediatica, ha però avvertito i presenti che la suddetta teoria sarebbe stata rivelata solo alla fine della serata, per far vivere in quella suspense che non guasta mai.
Sono stati quindi proiettati diversi lucidi inerenti l’Egitto ed i suoi misteri, come quelli relativi al famoso “papiro Tulli” in cui è descritto l’avvistamento in cielo, fatto dagli antichi egiziani, di un cerchio di fuoco, da loro stimato della larghezza di 50 metri. Gli scribi si preoccuparono di avvertire immediatamente il faraone, ma questi si interessò seriamente al fenomeno solo nel momento in cui il fenomeno si ripresentò in forma più spettacolare. Apparvero, infatti, diverse fonti luminose contemporaneamente e stazionarono in cielo per moltissimo tempo. Accadimento mai visto “….dalla fondazione di questa terra”.
Il relatore ha poi mostrato diverse immagini di papiri nelle quali erano raffigurate, nel cielo e sopra delle imbarcazioni, tre disegni di presunti “soli”. Successivamente ha dissertato sulla funzione, a suo dire tutt’altro che chiara, delle piramidi.
Per l’archeologia ufficiale queste sono solo le tombe dei faraoni, e i loro corpi non sono mai stati ritrovati, salvo che in una circostanza, perché trafugati dai ladri di tombe. Ma Pattera ha obiettato che l’affermazione è molto meno attendibile di quanto ci hanno sempre insegnato. Che senso avrebbe, secondo lui, rubare le mummie, dallo scarso valore commerciale?
Perché, poi, secondo il referente, costruire edifici alti 147 metri, di granito e con blocchi di 200 tonnellate se lo scopo è di farne solo delle tombe? Le mastabe, quelle si che erano sicuramente luoghi di sepoltura perché in esse abbiamo trovato le spoglie del defunto.
Il tempo impiegato, inoltre, considerando il loro livello tecnologico, doveva essere stato tanto e, considerando che l’aspettativa di vita era mediamente di 33 anni, si sarebbe dovuto cominciarne la costruzione ancora prima della nascita del faraone, per poterle concludere alla sua morte.
E’ stato poi mostrato come per gli egiziani, questa, significasse un viaggio, un passaggio temporaneo verso un'altra dimensione; esso era rappresentato, in modo simbolico, dall’attraversamento del Nilo, dalla riva destra a quella sinistra, della mummia su imbarcazioni . Il defunto viene spesso mostrato, in questo ultimo momento della sua vita terrena, con volto umano e corpo di uccello.
Ed a proposito di uccello, il Pattera ha citato un esempio per dimostrare di come si debba sempre dubitare di quanto ci viene insegnato. Sono state considerate verità incontrovertibili cose solo perché raccontate da archeologi con tanto di pedigree accademico, ma senza nessuna verifica secondo i crismi della scienza. Esiste una raffigurazione in un papiro di un volatile da sempre considerato una rondine di specie indigena. In realtà rappresenta una allodola. Cosa apparentemente di poco valore, ma in realtà dalle implicazioni importanti.
Tornando alle piramidi si è, poi, posto il problema di come gli antichi egiziani potessero affrescare le pareti delle tombe senza l’utilizzo dell’illuminazione elettrica.
Innanzi tutto è stata scartata l’ipotesi del gioco di specchi in quanto, dopo diversi passaggi, l’apporto della luce si affievolisce in maniera drastica, considerando che essi non erano costituiti da vetro ma da lamine d’argento. Anche l’uso di torce non appare verosimile, in quanto sarebbero dovuto rimanere tracce di fumo nero sulle pareti. Secondo il relatore è ipotizzabile una conoscenza ante litteram dell’energia elettrica, come dimostrerebbe un rilievo in un antico tempio, raffigurante le famose “lampade di Dendera”. (n.d.r.: per una descrizione dettagliata vedere l’articolo “Enigmi dal passato” presente sul sito nella sezione RICERCHE). Rimanendo nel tema di oggetti impossibili, alcuni anni fa venne ritrovato uno strano arnese, simile al caduceo, che secondo lo studioso Mario Pincherle è una bussola, a suo dire, perfettamente funzionante.
Con il lucido successivo ha presentato la sezione della piramide con in dettaglio la camera del re.
Le sue pareti sono costituite da granito rosso levigato che, curiosamente, può generare elettricità.
Tornando poi alle piramidi, ed in particolare alla disposizione di quelle nella piana di Giza, appare a tutti evidente che sono “disassate”, cioè non sono poste tutte sulla stessa linea immaginaria, cosa alquanto strana vista la precisione del popolo egizio.
Una risposta potrebbe essere che queste costruzioni rappresentano fedelmente, sulla Terra, la cintura della costellazione di Orione, mantenendo, secondo il Pattera, il medesimo scarto angolare rilevato nel firmamento. E, secondo la sua opinione, questo è accaduto perché gli antichi egizi ritenevano di essere venuti da quelle stelle e di poterci, un giorno, ritornare, forse utilizzando le mummie come strumento di clonazione.
Ha poi proseguito parlando dei pozzi di ventilazione, cunicoli che attraversano la piramide e che permettono di traguardare il cielo. All’epoca della presunta costruzione delle piramidi di Giza (2800 a.C.) puntavano verso la stella Thuban, la stella principale della costellazione del Dragone che allora fungeva, per il fenomeno della precessione degli equinozi, da stella polare. Il Pattera, però, si è detto convinto che il periodo della loro edificazione vada retrodatato, addirittura, al 14000 a.C.!
Diversi esperimenti, poi, sono stati compiuti all’interno della Grande Piramide per testare gli effetti che, secondo alcuni, produrrebbe su svariate cose. Posizionandole, per diverso tempo, all’altezza della camera del re, avrebbero beneficiato di tutta una serie di effetti positivi. Per esempio la pila si sarebbe caricata nell’ordine dei millivolt, la frutta si sarebbe disidratata al suo interno e, al contrario, sarebbe marcita all’esterno; la lametta, usurata all’inizio dell’esperimento, avrebbe mostrato segni di “rigenerazione”, non cioè di una semplice riaffilatura, ma ricostituendo la lamina presente inizialmente.
In generale, secondo il relatore, tutte le cose biologiche, come il latte e le uova, si conservano meglio se poste all’interno di una qualunque forma piramidale, l’importante che essa riproduca le dimensione reciproche della Grande Piramide e che gli oggetti siano ad un’altezza corrispondente, in proporzione, a quella della camera del re.
Questa scoperta fu anche brevettata, pur dopo 10 anni da quando la richiesta venne depositata perché gli ispettori dell’Ufficio Brevetti non riuscirono a capacitarsi di come potesse avvenire il fenomeno. Esempio illuminante, secondo Pattera, di come la Scienza rifiuti ciò che non riesce a comprendere.
All’interno di questa imponente costruzione è presente, secondo il misterioso ricercatore italiano citato in precedenza da Pattera, una struttura in granito, il cosiddetto ZED, che, a suo parere (del ricercatore), ha strane influenze sulla materia.
Durante uno degli ultimi simposi di San Marino questo scienziato ha mostrato lo spaccato di un piccolo ricetrasmettitore al cui interno è presente un dispositivo analogo allo ZED. Si tratta di un vecchio strumento della II° Guerra Mondiale usato dagli Alleati.
Il ricercatore ha quindi ricostruito, in scala ridotta e con i materiali dell’epoca antica, cioè con il quarzo, quella strana struttura ed ha verificato che funziona perfettamente come:
-accumulatore,
-condensatore,
-trasmettitore.
Quello della Grande Piramide sarebbe alto 100 metri, protetto al suo interno, fatto di granito e di quarzo che è altamente piezoelettrico e stabilizza le frequenze e le oscillazioni di onde.
Ma da dove questo oggetto prenderebbe l’energia necessaria al suo funzionamento?
La risposta è dal cosmo, cioè da tutti gli elementi naturali come il Sole, il vento e la terra. Potrebbe essere la cosiddetta “energia orgonica” scoperta dallo scienziato W. Reich.
Lo ZED sarebbe quindi un dispositivo ricetrasmittente di onde gravitazionali lasciato da una civiltà ancestrale (aliena?) poi scomparsa.
Gli egiziani, dunque, sarebbero, gli eredi involontari, ma forse consapevoli, di queste imponenti costruzioni.
Le domande del pubblico hanno permesso ai due relatori di meglio puntualizzare alcuni concetti. La mancanza di ulteriori evidenze tecnologiche, oltre, ma non solo, alle sopra citate “lampade”, si potrebbe giustificare considerando che esse erano probabilmente un segreto custodito gelosamente dalla potente casta sacerdotale. Inoltre, la mancanza di prove, non costituisce comunque una prova della loro mancanza. E’ stato anche sottolineato come qualunque teoria relativa alle tecniche di costruzione delle tre piramidi di Giza sia ampiamente insoddisfacente e, stranamente, gli antichi egizi non ci abbiano lasciato alcuna iconografia al riguardo. Tra l’altro, in una nota università italiana, gli studenti di un particolare corso di laurea sono riusciti a dimostrare la fallibilità di tutti i sistemi proposti.
Il Pattera ha quindi concluso il suo intervento auspicando che queste che oggi appaiono solo come teorie, in un futuro, neanche troppo lontano, possano essere comprovate. Un po’ come è accaduto a Giulio Verne, che, nei sui scritti di fantascienza, è stato un precursore di innumerevoli scoperte ed invenzioni.
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