L’ affermazione dell’ex capo economista del Fmi, Simon Johnson , è da brivido: «L’Italia potrebbe essere costretta a uscire dall’Eurozona ».
Siamo a un punto di non ritorno?
«Qualunque intervento di “bailout”, del Fmi o della Bce, rischia di non essere sufficiente, e l’uscita dall’euro è possibile non solo per l’Italia».
Sta profetizzando la disintegrazione dell’Eurozona?
«Allo stato attuale è finito anche il mito della Germania “paradiso sicuro”. Dall’inizio della crisi finanziaria, nel 2008, gli investitori si sono concentrati sul rischio creditizio e hanno puntato sui titoli tedeschi forti dei bassi rendimenti. Adesso però si stanno focalizzando sul rischio valuta».
I timori sono per la tenuta dell’euro?
«Sino al 2008 i debiti sovrani europei erano considerati al riparo da ogni rischio e lontani anni luce dal default. Le banche li compravano, finanziandosi a interessi più bassi grazie alla Bce e intascavano il differenziale. La contrazione del credito e della liquidità ha causato il rimbalzo dei rendimenti e l’aumento del rischio sovrano. Così è nato il fenomeno dei “Piigs” ed è stato l’inizio della fine».
Vale a dire che adesso non si può fare più nulla?
«Politici europei, funzionari internazionali e tecnogoverni, come quello di Mario Monti, ritengono che riducendo deficit e debito, avviando le riforme strutturali e ricapitalizzando le banche si può ridare fiducia ai mercati. Sbagliano. Nessuna manovra di questo genere può produrre effetti nel breve termine».
Nemmeno se fosse accompagnata da un intervento della Bce?
«Il massiccio acquisto di bond da parte di Francoforte ridurrebbe i rischi di credito ma farebbe svalutare l’euro rispetto al dollaro. Se prolungato innescherebbe spinte inflazionistiche, così anche il solido debito tedesco non sarebbe più tale perché ostaggio di una valuta sempre più volatile. Ciò significa una compressione degli asset in euro appetibili agli occhi degli investitori, e un veloce esodo di capitali dall’Europa».
Come si potrebbe evitare tutto questo?
«Una strada potrebbe essere la ristrutturazione del debito e la svalutazione, che nel caso italiano potrebbe aggirarsi attorno al 20%. Ma dinanzi a spinte inflazionistiche le ricadute sui cittadini sarebbero drammatiche. Inoltre se l’operazione non fosse gestita in maniera opportuna le conseguenze per famiglie e imprese sarebbero pericolosissime».
Ma uscire dall’euro non rischia di essere devastante?
«Non ci soluzioni indolori. L’Italia potrebbe essere costretta, anche per le spinte tedesche, ad abbandonare l’euro assieme ad alcuni paesi periferici della moneta unica. Questo significa la fine dell’Eurozona o un restringimento, non escludendo, in futuro, un nuovo allargamento, ma solo dopo aver completato un processo di organica integrazione politica economica e fiscale
http://www3.lastampa.it/economia/sezion ... tp/432228/ma alla fine della storia bisogna capire se i sacrifici a cui siamo chiamati a rispondere saranno sufficenti ad evitare un uscita dall'euro,o saranno inutili,quindi poi eventualmente ne occorrerebbero altri successivamente,o forse sarebbe cosa opportuna fare un sacrificio iniziale uscendo proprio dalla moneta unica,x poi riprendere la corsa.....
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