Cita:
Blissenobiarella ha scritto:
Gli agricoltori:
Quali sono le vostre idee e le vostre rivendicazioni? In poche parole, quali sono le prime 2-3 misure concrete ed immediate che volete che si mettano in piedi, che si realizzino?
Potremmo parlare di defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica, potremmo parlare di blocco delle procedure esecutive della Serit-Equitalia, potremmo parlare di Piano di Sviluppo Rurale siciliano, potremmo parlare dell’intervento della Giustizia affinché si penalizzi e si lotti il taroccaggio dei prodotti (prodotti provenienti dall’estero che vengono venduti come prodotti siciliani), potremmo parlare di necessità di maggiori controlli e di tracciabilità dei prodotti, ma innanzitutto la politica deve dirci se ha intenzione di portare avanti seriamente le nostre rivendicazioni e soprattutto se ne ha le capacità.
La mafia quindi non esiste, soprattutto nel settore agricolo... quello non è un problema... per quello non chiedono interventi allo Stato.
Immagino che in Sicilia non ci siano problemi di concorrenza e competitività.
"Piano di Sviluppo Rurale siciliano" ? E che Sarebbe?
Sussidi statali? Da dare a chi? All'agricoltore?
Tanto per ricordare di che cosa si parla e di chi affama la Sicilia
http://palermo.blogsicilia.it/mafia-il- ... ola/41520/3 maggio 2011 - L’agricoltura è ancora terreno di caccia di mafia, camorra e ‘ndrangheta ed è per le organizzazioni criminali uno strumento di controllo del territorio. Come e più del Dopoguerra. Lo ha spiegato il direttore della direzione investigativa Antimafia, Antonio Girone, durante l’audizione in commissione Agricoltura.
Una criminalità organizzata che, direttamente o indirettamente, ha messo piede nei grandi mercati ortofrutticoli, utilizzando i trasporti da e per questi mercati al fine di veicolare droga e armi da guerra. Oppure, ed è il caso in cui la criminalità entra direttamente nel comparto, imponendo il pizzo alle società estranee all’organizzazione.
Un quadro inquietante quello descritto dal generale dei carabinieri: “Mafia, camorra e ‘ndrangheta sono arrivate al punto di stringere accordi per il controllo del comparto su tutto il territorio nazionale”.
E’ quanto accaduto a Fondi, cittadina in provincia di Latina oggetto dell’operazione Sud Pontino: “I Casalesi – spiega il generale Girone – avevano imposto la loro presenza su questo mercato che è un vero polo strategico della distribuzione. A questo hanno aggiunto un controllo anche sulle regioni di provenienza delle merci”. In che modo? “Con la costruzione di un cartello mafia-’ndrangheta-camorra”.
Cartello che ha portato effetti paradossali: “Ad esempio, capita che pomodori pachino prodotti a Ragusa siano portati a Fondi, qui confezionati e rispediti a Ragusa per essere venduti”. Se si tiene conto che in questo mercato i Casalesi “imponevano il pizzo su ogni merce”, l’effetto sui prezzi è facilmente intuibile.
“Ci troviamo di fronte a ricarichi che variano dal 70 per cento della filiera cortissima, dal produttore al consumatore, al 103 per cento con un solo intermediario, al 300 per cento con la filiera lunga. Il
paradosso è che chi guadagna meno in questo sistema sono stati proprio i produttori”.Che la criminalità organizzata sia interessata a mantenere la sua presenza all’interno di questo comparto è comprensibie. Basta guardare ai fatturati per capire che si tratta di un business immenso: “Su un totale di
47,5 miliardi di fatturato l’anno, 7 miliardi appartengono all’illecito”.
Non è un caso se “a Palermo e a Trapani si è accertata la responsabilità di appartenenti alla famiglia di
Salvatore Riina in alcune società che operavano illecitamente nel settore” e se il super latitante Matteo Massina Denaro “ha interessi diretti “sulla distribuzione anche attraverso il controllo di grandi supermercati”.
Di là dal dato economico, c’è poi quello del controllo del territorio: “La criminalità impone la manodopera, il pizzo, controlla i trasporti. Si tratta di un sistema che garantisce alla mafia il controllo del territorio”.