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MessaggioInviato: 28/12/2012, 19:45 
Ottima constatazione ... Le ombre ed i rilievi possono giocare molti scherzi! Occhio.[:D]



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Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 28/12/2012, 19:54 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Ottima constatazione ... Le ombre ed i rilievi possono giocare molti scherzi! Occhio.[:D]


....e come gia' detto creare grandi illusioni.......................[;)]


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MessaggioInviato: 28/12/2012, 20:06 
Starman, non starli a sentire, a parlare è il parassita mentale. Illuminaci con studi disegnati a mano come solo tu sai fare. [:D]

Scherzi a parte, questa missione è davvero molto promettente, soprattutto sono ansioso di scoprire come sia possibile che ci sia ghiaccio su Mercurio.

Teneteci aggiornati. [;)]



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 02/03/2013, 18:39 
Due tipologie di roccia, quelle trovate dalla sonda della NASA Messenger, che però, secondo i ricercatori del MIT, potrebbero avere un'origine comune, l'oceano di magma rovente che avrebbe ricoperto la superficie del pianeta Mercurio 4,5 miliardi di anni


Il roccioso e arido Mercurio. Così appare oggi il pianeta più vicino al Sole del nostro sistema planetario. Sotto osservazione ora della sonda della NASA Messenger e, tra qualche anno, della sonda europea Bepi Colombo, il piccolo pianeta potrebbe ave avuto un passato decisamente meno arido, anche se sempre molto caldo.
Infatti, la sonda della NASA ha evidenziato due tipologie di rocce che compongono la crosta del pianeta e, almeno fino a questo momento, gli scienziati non sono stati in grado di spiegare.
Esperimenti di laboratorio e simulazioni condotti al Massachusets Institute of Technology (MIT) sembrano ora fornire una spiegazione, che risale a molti anni fa, quattro miliardi e mezzo di anni addietro, alla fase iniziale di formazione del nostro sistema solare. In quell'epoca probabilmente Mercurio è coperto da un oceano di magma rovente.
"Lo straordinario è che questo non è accaduto ieri", spiega Timothy Grove, professore di geologia al MIT. "La crosta risale a più di quattro miliardi di anni, quindi quest'oceano di magma è una caratteristica molto antica".
La sonda Messenger ha identificato i due tipi di roccia grazie al suo spettrometro a raggi X, che è stato in grado di distinguerne la composizione chimica.
Gli scienziati hanno riprodotto il più fedelmente possibile queste due tipologie di roccia in laboratorio, per poi sottoporle a temperature e pressioni che potrebbero aver caratterizzato Mercurio nella sua fase evolutiva.
Questo esperimento ha portato alla conclusione che vi sia una sola origine comune per i due tipi di roccia. L'oceano di magma avrebbe, infatti, creato due cristalli, solidificatesi e poi, una volta rifusi, distribuiti sulla superficie del pianeta Mercurio attraverso le eruzioni vulcaniche.
I ricercatori ammettono che vi sono ancora alcune lacune e che i successivi approfondimenti permetteranno di avere risultati più completi, ma che comunque siamo di fronte ad un quadro di riferimento su cui aggiungere nuovi dati, utile a mettere insieme una storia più completa per il più piccolo pianeta del sistema solare.
I risultati di questo lavoro sono stati descritti sul numero del primo febbraio della rivista Earth and Planetary Science Letters.

Fonte: MEDIA INAF

http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... rcurio.txt


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MessaggioInviato: 23/03/2013, 18:46 
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Sono due anni che la sonda Messenger scruta ogni angolo di Mercurio, il pianeta più recondito dell'Universo, e ha già inviato ai ricercatori circa 150mila immagini della superficie, che appare per lo più pieno di crateri e "ruvido". Ma non tutte le zone del pianeta sono così: dietro a quel lato così aspro il pianeta ne nasconde un altro "morbido" e liscio.
Le ultime immagini di Messenger, infatti, mostrano pareti e pianure lisce attorno a una depressione irregolare di Mercurio. Segno che quella formazione geologica non è un cratere da impatto, come quelli lunari e come molti dei crateri osservati sullo stesso Mercurio, ma il bordo di un camino vulcanico, che si trova a nord-est del bacino Rachmaninoff ed è largo circa 36 chilometri.
Il "cratere" è circondato da una distesa di materiale altamente riflettente, espulso durante un'eruzione vulcanica. Altri condotti vulcanici sono stati trovati su Mercurio, come quello a forma di cuore nel bacino Caloris. Il materiale in superficie e la forma frastagliata del cratere sono la prova tangibile di un'eruzione e del passaggio della lava.
La formazione di questi crateri vulcanici sembra risalire a circa 4 miliardi di anni fa, quando il pianeta era particolamente attivo da un punto di vista geologico e vulcanico.

MEDIA INAF

http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... vigato.txt

era considerato un pianeta privo di qualsiasi interesse,ma la sonda messenger,con tutte le sue novita',ne ha cambiato radicalmente il velo di anonimato,con scoperte veramente interessanti.....


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MessaggioInviato: 15/05/2013, 12:28 
Spiegato il nucleo di Mercurio?

Mercurio, il pianeta più vicino al nostro sole, ha un nucleo centrale molto grande e molto denso che si differenzia dagli altri pianeti terrestri del sistema solare, in cui il nucleo somiglia più al nocciolo di una pesca.


Se dovessimo paragonare Mercurio, il pianeta più interno del sistema solare, ad un frutto, dovremmo scegliere l'arancia: il suo enorme nucleo ricco di ferro sarebbe la polpa, mentre la sottile crosta e il mantello ricordano un po' la buccia di quel frutto. Questo ha lasciato perplessi gli astronomi per decenni: i modelli di formazione planetaria convenzionali non spiegano come possa crearsi un nucleo così grande. La Terra e gli altri pianeti terrestri, infatti, hanno nuclei più piccoli, che somigliano più che altro al nocciolo di una pesca.
Gli astronomi hanno ipotizzato che Mercurio potrebbe aver subito un impatto enorme che lo ha spogliato di un mantello di silicati che doveva avere in precedenza. Oppure, i suoi strati esterni sarebbero evaporati a causa dal calore del Sole. Ma negli ultimi anni, la sonda Messenger della NASA ha trovato elementi volatili come il potassio nella crosta del pianeta. In caso di impatto o di evaporazione, questi elementi avrebbero dovuto scomparire.
Nel frattempo, il mistero si è infittito. Recenti osservazioni di pianeti extrasolari suggeriscono che la struttura di Mercurio potrebbe non essere così rara: i due esopianeti più piccoli con densità minore e noti come Kepler-10b e Corot-7b, sono anche molto più densi del previsto, il che suggerisce che condividono la struttura "ad arancia" di Mercurio. E anche questi pianeti, come Mercurio, risiedono vicino al loro sole. Ora, una nuova teoria potrebbe spiegare il mistero.
Quando le molecole di gas si scontrano con un granello di polvere calda accumulano calore, rimbalzando via più velocemente rispetto a quando si avvicinavano. Gerard Wurm dell'Università di Duisburg-Essen in Germania e colleghi hanno calcolato come questo effetto inciderebbe sui granelli di polvere che turbinano intorno a una stella.
Poiché i granelli metallici conducono il calore, vengono riscaldati uniformemente. Come risultato, i granelli saranno spinti da tutti i lati e quindi non si allontaneranno dalla stella. Altri granelli isolati come i silicati meno densi, invece, hanno un lato caldo rivolto al sole, e le molecole di gas su quel lato forniscono maggiore spinta rispetto al lato freddo.
Secondo Wurm e colleghi, l'effetto nel tempo sarà quello di separare i granelli in un sistema solare nascente: i metalli rimangono vicino alla stella, mentre le particelle meno dense vengono spinte più lontano. Questo processo potrebbe spiegare perché pianeti interni come Mercurio, Kepler-10b e Corot-7b sono così densi.
E' l'effetto di fotoforesi, descritto in fisica già più di un secolo fa. Wurm spera ora di dimostrare la sua teoria con un esperimento a Terra, rilasciando una capsula sigillata contenente metalli e polvere da una torre alta 110 metri a Brema, in Germania, per simulare l'assenza di peso nello spazio. Gli scienziati monitoreranno la capsula durante la caduta con un laser a infrarossi, per verificare se la polvere e i metalli inizieranno a separarsi come previsto.

MEDIA INAF

http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... rcurio.txt


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MessaggioInviato: 11/07/2013, 14:58 
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Mercurio e il Bombardamento Pesante

Nuove analisi dei dati di MESSENGER fissano dei limiti di età per le rocce e la superficie del piccolo pianeta


Boulder, Colo. - La superficie di Mercurio è abbastanza diversa da quella ben nota della Luna e quella altrettanto nota di Marte. Le prime immagini dalla Mariner 10 svelarono un pianeta coperto da pianure lisce e pianure craterizzata, con origine non chiara. Un team guidato da Simone Marchi ha studiato la superficie del piccolo pianeta per comprendere al meglio se queste pianure si sono formate da flussi vulcanici oppure si sono create da materiale espulso dai grandi bacini da impatto.
Recenti immagini provenienti da MESSENGER hanno fornito le prove che almeno le pianure più giovani derivano da una vigorosa attività vulcanica. Non si conoscevano ancora, invece, i limiti temporali per l'attività vulcanica del pianeta oppure quanta parte di superficie si sia rigenerata.
Oggi, un team di scienziati ha concluso che i terreni più antichi tra quelli visibili su Mercurio hanno una età compresa tra 4 e 4,1 miliardi di anni e che i primi 500 milioni di anni del pianeta non sono invece registrati in alcun modo sulla superficie di Mercurio. Per giungere a questa conclusione, il team ha misurato la dimensione e il numero di crateri nelle zone più pesantemente craterizzate utilizzando immagini ottenute da MESSENGER durante il primo anno di orbite. I membri del team hanno poi estrapolato un modello inizialmente creato per comparare il pianeta ai crateri lunari e riadattato per la cronologia dei campioni di rocce durante le missioni Apollo.
Lo studio, "Global Resurfacing of Mercury 4.0-4.1 Billion Years Ago by Heavy Bombardment and Volcanism" a firma di Marchi, Chapman, Caleb I. Fassett, James W. Head, William F. Bottke e Robert G. Strom, si trova in Nature del 4 luglio.
Confrontando i crateri misurati con il numero e la distribuzione spaziale dei grandi bacini da impatto su Mercurio, è stato trovato che l'epoca di avvio del processo è la stessa il che porta a pensare che la superficie del pianeta sia stata resettata globalmente, il che probabilmente è dovuto a vulcanismo.
I risultati fissano il limite di età per i terreni più antichi su Mercurio pari ad un'era chiamata di Bombardamento Pesante, un periodo di intensi impatti asteroidali e cometari registrati nelle rocce lunari e degli asteroidi e da numerosi crateri sulla Luna, sulla Terra, su Marte e ora anche su Mercurio.
L'età delle regioni più giovani visibili è stata determinata in un periodo tra 3,6 e 3,8 miliardi di anni fa, proprio al termine del Bombardamento Pesante.
Infine, i risultati indicano che il tempo tra il Bombardamento Pesante e la ristrutturazione globale superficiale di Mercurio implica non solo un restyling dovuto a vulcanismo ma anche che l'impatto di grandi proiettili con la sottile crosta di Mercurio durante il Bombardamento può aver dato vita alla ristrutturazione che vediamo.

Southwest Research Institute

http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... esante.txt


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MessaggioInviato: 17/12/2013, 12:14 
MESSENGER è stata progettata per funzionare per 8 anni in seguito al suo lancio e reggere anche nelle condizioni durissime del sistema solare interno, con un riscaldamento solare 11 volte maggiore rispetto a quello che subiscono gli satelliti intorno alla Terra" ha spiegato McAdams. "La sonda non solo ha continuato a funzionare, ma si comportata in maniera eccellente, con pochissime perdite rispetto alle osservazioni pianificate, resistendo egregiamente per 9 anni e 4 mesi dal lancio."

"Ad oggi, la sonda ha ottenuto 198.166 immagini dall'orbita di Mercurio, andando ben oltre i piani originari per la missione" ha spiegato Rob Gold, dell'APL. "Nel piano iniziale, avevamo in mente di usare metà della telemetria per le immagini ed il resto per gli altri strumenti, e speravamo di avere circa 1.000 immagini della superficie di Mercurio. Ci stiamo ora avvicinando a 200.000 immagini e questo è sicuramente il risultato dei grandissimi miglioramenti fatti durante il periodo di costruzione della sonda MESSENGER."

La missione di MESSENGER nell'orbita di Mercurio, che inizialmente doveva durare circa un anno terrestre, è adesso già nella fase estesa (da 9 mesi) che dovrebbe concludersi all'inizio del 2015. La sonda è stata fatta scendere nell'orbita, fino ad appena 325 km dalla superficie, per ottenere immagini ancor più nitide, e a metà Giugno del 2014 dovrebbe scendere ancor di più per alcuni primi piani molto ravvicinati e dettagliati delle regioni più interessanti.

http://messenger.jhuapl.edu/news_room/d ... php?id=248

x l'insieme delle immagini:
http://www.link2universe.net/2013-12-16 ... -mercurio/

una di quelle missioni che certamente non avranno la caratura dei viking galileo o cassino,ma ha fatto storia dando informazioni su mercurio,di grande importanza, riuscendone a fare capire tante sue peculiarita' [;)]


Ultima modifica di ubatuba il 17/12/2013, 12:15, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 21/03/2014, 10:19 
[Clicca e scopri il significato del termine: Sette chilometri di raggio in meno in quattro miliardi di anni: è il “dimagrimento” di Mercurio documentato in uno studio pubblicato su “Nature Geoscience”, una contrazione ben più drastica di quanto stimato finora. Paul Byrne e colleghi, autori dell'articolo, hanno ottenuto questa stima sulla base di una mappa dei rilievi e delle depressioni della superficie del pianeta realizzata con le immagini catturate dalla sonda MESSENGER della NASA. Secondo il modello attualmente più condiviso, le strutture geologiche evidenziate nella mappa si sono formate attraverso una serie di frane e fratturazioni della crosta in seguito a una contrazione del volume del pianeta. Inizialmente molto caldo, Mercurio ha subito infatti un processo di graduale raffreddamento, e di conseguenza anche una riduzione delle sue dimensioni. La contrazione della superficie di Mercurio, avvenuta nel corso di miliardi di anni, è un processo conosciuto da quando la missione Mariner 10 sorvolò il pianeta tra il 1974 e il 1975, raccogliendo immagini del 45 per cento della sua superficie. Oltre ai numerosissimi crateri da impatto e alle diffuse superfici lisce e uniformi, la sonda mise in luce la presenza di altre formazioni geologiche caratteristiche: pendii scoscesi, delimitati da bordi di forma arrotondata. Secondo le prime ipotesi, queste strutture si sarebbero formate in seguito alla collisione tra due faglie. In questo processo, uno dei due lati della faglia si sarebbe sollevato, salendo su quello adiacente, e riducendo così la superficie della crosta del pianeta. Alla contrazione superficiale sarebbe corrisposta una diminuzione del raggio di 1-2 chilometri. Mercurio, ecco come si contrae un pianeta Una suggestiva immagine di Mercurio, con una piccola porzione della sua superficie illuminata (Cortesia NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington) Questa cifra però è in contrasto con i modelli di evoluzione termica di Mercurio. Tutti i pianeti e i satelliti, compresa la Terra, col tempo si raffreddano, a meno che i loro “motori interni” non ricevano in qualche modo energia dall#65533;esterno: uno dei meccanismi ipotizzati è che l'interazione gravitazionale con altri oggetti celesti produca forze mareali in grado di riscaldare, per effetto dell'attrito, l'interno dei pianeti. Mercurio è un caso estremo, poiché ha un enorme nucleo di ferro che, stando alle misurazioni del campo magnetico del pianeta, dovrebbe essere in parte liquido e percorso da moti convettivi. Proprio questo nucleo di ferro fuso dovrebbe andare incontro col tempo a una solidifcazione progressiva: questa transizione di fase, secondo le previsioni ridurrà il volume complessivo in misura ancora maggiore, sommandosi alla contrazione termica. I ricercatori hanno ora calcolato l'entità complessiva della crosta che si è spostata con le dorsali e con le faglie, e hanno trovato che la riduzione totale della superficie di Mercurio è equivalente alla perdita di sette chilometri di raggio planetario. Una conseguenza interessante e curiosa della scoperta è che la deformazione della superficie del pianeta è in accordo con una teoria in voga nel XIX secolo secondo cui la Terra si troverebbe in una fase di contrazione per effetto del raffreddamento, un processo che avrebbe fatto sollevare le catene montuose. Questa teoria è stata superata dalla moderna tettonica, secondo cui la litosfera, cioè lo strato formato dalla crosta e dalla parte esterna del mantello, è suddivisa in placche in movimento. La litosfera di Mercurio, tuttavia, è formata da ununica placca e non può quindi disperdere calore con i processi tettonici. ] Sette chilometri di raggio in meno in quattro miliardi di anni: è il “dimagrimento” di Mercurio documentato in uno studio pubblicato su “Nature Geoscience”, una contrazione ben più drastica di quanto stimato finora. Paul Byrne e colleghi, autori dell'articolo, hanno ottenuto questa stima sulla base di una mappa dei rilievi e delle depressioni della superficie del pianeta realizzata con le immagini catturate dalla sonda MESSENGER della NASA.

Secondo il modello attualmente più condiviso, le strutture geologiche evidenziate nella mappa si sono formate attraverso una serie di frane e fratturazioni della crosta in seguito a una contrazione del volume del pianeta. Inizialmente molto caldo, Mercurio ha subito infatti un processo di graduale raffreddamento, e di conseguenza anche una riduzione delle sue dimensioni.

La contrazione della superficie di Mercurio, avvenuta nel corso di miliardi di anni, è un processo conosciuto da quando la missione Mariner 10 sorvolò il pianeta tra il 1974 e il 1975, raccogliendo immagini del 45 per cento della sua superficie. Oltre ai numerosissimi crateri da impatto e alle diffuse superfici lisce e uniformi, la sonda mise in luce la presenza di altre formazioni geologiche caratteristiche: pendii scoscesi, delimitati da bordi di forma arrotondata.

Secondo le prime ipotesi, queste strutture si sarebbero formate in seguito alla collisione tra due faglie. In questo processo, uno dei due lati della faglia si sarebbe sollevato, salendo su quello adiacente, e riducendo così la superficie della crosta del pianeta. Alla contrazione superficiale sarebbe corrisposta una diminuzione del raggio di 1-2 chilometri.

Mercurio, ecco come si contrae un pianeta Una suggestiva immagine di Mercurio, con una piccola porzione della sua superficie illuminata (Cortesia NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington)
Questa cifra però è in contrasto con i modelli di evoluzione termica di Mercurio. Tutti i pianeti e i satelliti, compresa la Terra, col tempo si raffreddano, a meno che i loro “motori interni” non ricevano in qualche modo energia dall'esterno: uno dei meccanismi ipotizzati è che l'interazione gravitazionale con altri oggetti celesti produca forze mareali in grado di riscaldare, per effetto dell'attrito, l'interno dei pianeti.

Mercurio è un caso estremo, poiché ha un enorme nucleo di ferro che, stando alle misurazioni del campo magnetico del pianeta, dovrebbe essere in parte liquido e percorso da moti convettivi. Proprio questo nucleo di ferro fuso dovrebbe andare incontro col tempo a una solidifcazione progressiva: questa transizione di fase, secondo le previsioni ridurrà il volume complessivo in misura ancora maggiore, sommandosi alla contrazione termica.

I ricercatori hanno ora calcolato l'entità complessiva della crosta che si è spostata con le dorsali e con le faglie, e hanno trovato che la riduzione totale della superficie di Mercurio è equivalente alla perdita di sette chilometri di raggio planetario.

Una conseguenza interessante e curiosa della scoperta è che la deformazione della superficie del pianeta è in accordo con una teoria in voga nel XIX secolo secondo cui la Terra si troverebbe in una fase di contrazione per effetto del raffreddamento, un processo che avrebbe fatto sollevare le catene montuose.

Questa teoria è stata superata dalla moderna tettonica, secondo cui la litosfera, cioè lo strato formato dalla crosta e dalla parte esterna del mantello, è suddivisa in placche in movimento. La litosfera di Mercurio, tuttavia, è formata da un'unica placca e non può quindi disperdere calore con i processi tettonici.


http://www.lescienze.it/news/2014/03/17 ... 21-03-2014


Ultima modifica di ubatuba il 21/03/2014, 10:21, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 17/04/2014, 18:01 
mercury-terror-rupesFino a poco tempo fa gli scienziati credevano che su Mercurio non fosse mai esistita alcuna attività vulcanica esplosiva. Sulla Terra le eruzioni vulcaniche di tipo pliniano possono causare danni catastrofici. Diversi gli esempi della storia geologica del nostro pianeta. Il vulcanismo esplosivo si verifica perchè l’interno della Terra è ricco di sostanze volatili, come acqua, anidride carbonica e altri composti che evaporano a temperature relativamente basse. Non appena la roccia fusa sale dalle profondità verso la superficie terrestre, i gas volatili disciolti in essa vaporizzano e si espandono, aumentando la pressione a tal punto che la crosta soprastante può scoppiare come un palloncino. Per lungo tempo gli scienziati planetari hanno ipotizzato che Mercurio fosse privo di tali sostanze. Nel 2008, tuttavia, dopo la messa in orbita della sonda MESSENGER della NASA, i ricercatori hanno rilevato materiale riflettente insolitamente brillante sulla superficie. Dopo accurate analisi, tale materiale è risultato essere cenere piroclastica, indice di esplosioni vulcaniche passate. Il gran numero di questi depositi ha suggerito che l’interno di Mercurio non è sempre stato privo di sostanze volatili, come gli scienziati avevano da tempo assunto. Non è chiaro a quanto tempo fa risalgano, ma sembra che tale attività sia durata per miliardi di anni. Gli investigatori hanno analizzato 51 siti piroclastici su tutta la superficie di Mercurio, utilizzando i dati di MESSENGER raccolti dopo che la navicella è entrata in orbita attorno al pianeta più interno del sistema solare. Queste letture orbitali hanno fornito una visione molto più dettagliata dei depositi e le aperture che li hanno generati. I dati hanno mostrato che alcune bocche eruttive erano molto più erose rispetto ad altre. Ciò rivela che non tutte le esplosioni sono avvenute allo stesso tempo. I ricercatori hanno notato che circa il 90 per cento di questi depositi di cenere si trovano all’interno di crateri formati da impatti di meteoriti. Mercury1.previewQuesti depositi devono essersi accumulati dopo la formazione di ogni singolo cratere; se un deposito si fosse formato successivamente, infatti, sarebbe stato distrutto dallo stesso impatto. Ciò che i ricercatori sono in grado di fare, è stimare l’età di un cratere da impatto grazie all’erosione osservata. Grazie a tali analisi, è emerso che alcuni depositi piroclastici hanno un’età compresa tra 1 e 4 miliardi di anni. L’attività esplosiva non era quindi limitata ad un breve periodo dopo la formazione di Mercurio avvenuta 4,5 miliardi di anni fa, ma è proseguita nel tempo. La maggior parte dei modelli precedenti a questa scoperta, davano per scontato che i materiali volatili non fossero sopravvissuti al processo di formazione del pianeta. Ad esempio, dal momento che Mercurio ha un nucleo di ferro insolitamente grande, i modelli del passato ipotizzavano che un tempo il pianeta fosse stato molto più grande, e i cui materiali volatili fossero stati strappati via da un enorme impatto spaziale. Con questi nuovi risultati questo scenario appare ormai improbabile. La ricerca futura avrà lo scopo di identificare sempre più informazioni circa i depositi piroclastici e le loro bocche di origine. Gli studi potranno chiarire alcuni aspetti dell’attività piroclastica della storia di Mercurio. Gli scienziati hanno dettagliato i loro risultati online il 28 marzo sul Journal of Geophysical Research.

http://www.meteoweb.eu/2014/04/identifi ... ta/277118/

in pochi anni il ns modo di vedere il sistema solare e' radicalmente cambiato,e di certo cambiera' ancora ...............................[;)]


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La NASA fotografa pezzi di ghiaccio su Mercurio
venerdì 17 ottobre 2014, 11:13 di Eleonora Ferroni


mercury-messenger-kandinsky-geologyC’è ghiaccio su Mercurio. Ebbene sì, nonostante sia il pianeta più interno del Sistama solare e quindi quello più vicino alla nostra stella, il piccolo pianeta mostra, ai poli, i segni di una recente formazione di acqua ghiacciata. Le foto che ci sono arrivate sulla Terra sono state scattate dalla sonda della NASA MESSENGER (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging) con la Wide Angle Camera appare. I primi segnali risalgono a ben 20 anni fa, quando un radar sulla Terra avvistò dell’acqua ghiacciata ai poli di Mercurio: sicuramente fu una sorpresa perché le temperature su questo pianeta non sono di certo fresche, anzi raggiungono anche 427° C.

A fine 2012, la sonda MESSENGER, lanciata dalla Nasa nel 2004 e che orbita dall’inizio del 2011 attorno a Mercurio, ha confermato queste osservazioni scoprendo dei crateri che, essendo sempre all’ombra e sempre sottozero, in grado perciò di mantenere l’acqua allo stato solido. Mercurio quindi ha conservato dei giacimenti di ghiaccio al polo Nord, si parla di migliaia di tonnellate di materiale. Solo pochi giorni fa, però, gli scienziati hanno ottenuto le prime immagini, approfittando di una flebile luce solare che ha attraversato quei crateri.
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Da qui in poi c’è solo da studiare: la consistenza del ghiaccio in fondo al cratere Prokofiev, largo 113 chilometri, suggerisce che il materiale si sia formato in tempi relativamente recenti, piuttosto che miliardi di anni fa (sarebbe stato portato da comete e asteroidi). Altre immagini scattate in passato confermerebbero questa ipotesi, visto che sarebbero state trovate incrostazioni scure, materiale organico congelato (idrocarburi e altre molecole organiche più complesse) che copre il ghiaccio in alcune aree, con confini netti tra i due diversi tipi di materiale. “Questo risultato è sorprendente, perché i confini indicano che i depositi ai poli di Mercurio sono geologicamente giovani”, ha detto Nancy Chabot, ricercatrice nel team di MESSENGER.

Anche i crateri della Luna custodiscono depositi di acqua ghiacciata ma il tipo di materiale e i depositi sono diversi da quelli trovati su Mercurio.

http://www.meteoweb.eu/2014/10/nasa-fot ... io/337846/


l'articolo parla di acqua ghiacciata,e sarebbe una cosa fantastica,che cozza con tutti le ns ipotesi,e x l'ennesima volta dimostra che tutto il ns sistema solare e' alquanto dinamico e vivo.....................[;)]


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Ghiaccio su Mercurio... incredibile.

Quando leggevo da piccolo l' Atlante, non lo avrei mai potuto immaginare.



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Aztlan ha scritto:

Ghiaccio su Mercurio... incredibile.

Quando leggevo da piccolo l' Atlante, non lo avrei mai potuto immaginare.


In effetti è sorprendente con i suoi oltre 400°C! [:0]
Magari sto per dire una stronzata tuttavia mi domando come è possibile che questi oltre 400°C non si trasmettano per convezione nelle zone diciamo "fresche"?
Voglio dire, è sufficiente la mancata irradiazione solare per costituire una barriera ai 427°C di Mercurio?
Qui non si sta parlando dell'escursione termica terrestre che va dai +60°C ai -60°C circa, si parla di un'escursione non indifferente. [8]



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cmq se confermato si troverebbe ai poli,pure se cio'stravolge completamente le ns piccole conoscenze [;)]


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ubatuba ha scritto:

cmq se confermato si troverebbe ai poli,pure se cio'stravolge completamente le ns piccole conoscenze [;)]


Certamente Uba! [;)]
Solo mi piacerebbe sapere, qual è il fattore che determina questa conservazione del freddo nel bel mezzo dell'inferno? [8]



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