[Clicca e scopri il significato del termine: Sette chilometri di raggio in meno in quattro miliardi di anni: è il “dimagrimento” di Mercurio documentato in uno studio pubblicato su “Nature Geoscience”, una contrazione ben più drastica di quanto stimato finora. Paul Byrne e colleghi, autori dell'articolo, hanno ottenuto questa stima sulla base di una mappa dei rilievi e delle depressioni della superficie del pianeta realizzata con le immagini catturate dalla sonda MESSENGER della NASA. Secondo il modello attualmente più condiviso, le strutture geologiche evidenziate nella mappa si sono formate attraverso una serie di frane e fratturazioni della crosta in seguito a una contrazione del volume del pianeta. Inizialmente molto caldo, Mercurio ha subito infatti un processo di graduale raffreddamento, e di conseguenza anche una riduzione delle sue dimensioni. La contrazione della superficie di Mercurio, avvenuta nel corso di miliardi di anni, è un processo conosciuto da quando la missione Mariner 10 sorvolò il pianeta tra il 1974 e il 1975, raccogliendo immagini del 45 per cento della sua superficie. Oltre ai numerosissimi crateri da impatto e alle diffuse superfici lisce e uniformi, la sonda mise in luce la presenza di altre formazioni geologiche caratteristiche: pendii scoscesi, delimitati da bordi di forma arrotondata. Secondo le prime ipotesi, queste strutture si sarebbero formate in seguito alla collisione tra due faglie. In questo processo, uno dei due lati della faglia si sarebbe sollevato, salendo su quello adiacente, e riducendo così la superficie della crosta del pianeta. Alla contrazione superficiale sarebbe corrisposta una diminuzione del raggio di 1-2 chilometri. Mercurio, ecco come si contrae un pianeta Una suggestiva immagine di Mercurio, con una piccola porzione della sua superficie illuminata (Cortesia NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington) Questa cifra però è in contrasto con i modelli di evoluzione termica di Mercurio. Tutti i pianeti e i satelliti, compresa la Terra, col tempo si raffreddano, a meno che i loro “motori interni” non ricevano in qualche modo energia dall#65533;esterno: uno dei meccanismi ipotizzati è che l'interazione gravitazionale con altri oggetti celesti produca forze mareali in grado di riscaldare, per effetto dell'attrito, l'interno dei pianeti. Mercurio è un caso estremo, poiché ha un enorme nucleo di ferro che, stando alle misurazioni del campo magnetico del pianeta, dovrebbe essere in parte liquido e percorso da moti convettivi. Proprio questo nucleo di ferro fuso dovrebbe andare incontro col tempo a una solidifcazione progressiva: questa transizione di fase, secondo le previsioni ridurrà il volume complessivo in misura ancora maggiore, sommandosi alla contrazione termica. I ricercatori hanno ora calcolato l'entità complessiva della crosta che si è spostata con le dorsali e con le faglie, e hanno trovato che la riduzione totale della superficie di Mercurio è equivalente alla perdita di sette chilometri di raggio planetario. Una conseguenza interessante e curiosa della scoperta è che la deformazione della superficie del pianeta è in accordo con una teoria in voga nel XIX secolo secondo cui la Terra si troverebbe in una fase di contrazione per effetto del raffreddamento, un processo che avrebbe fatto sollevare le catene montuose. Questa teoria è stata superata dalla moderna tettonica, secondo cui la litosfera, cioè lo strato formato dalla crosta e dalla parte esterna del mantello, è suddivisa in placche in movimento. La litosfera di Mercurio, tuttavia, è formata da ununica placca e non può quindi disperdere calore con i processi tettonici. ] Sette chilometri di raggio in meno in quattro miliardi di anni: è il “dimagrimento” di Mercurio documentato in uno studio pubblicato su “Nature Geoscience”, una contrazione ben più drastica di quanto stimato finora. Paul Byrne e colleghi, autori dell'articolo, hanno ottenuto questa stima sulla base di una mappa dei rilievi e delle depressioni della superficie del pianeta realizzata con le immagini catturate dalla sonda MESSENGER della NASA.
Secondo il modello attualmente più condiviso, le strutture geologiche evidenziate nella mappa si sono formate attraverso una serie di frane e fratturazioni della crosta in seguito a una contrazione del volume del pianeta. Inizialmente molto caldo, Mercurio ha subito infatti un processo di graduale raffreddamento, e di conseguenza anche una riduzione delle sue dimensioni.
La contrazione della superficie di Mercurio, avvenuta nel corso di miliardi di anni, è un processo conosciuto da quando la missione Mariner 10 sorvolò il pianeta tra il 1974 e il 1975, raccogliendo immagini del 45 per cento della sua superficie. Oltre ai numerosissimi crateri da impatto e alle diffuse superfici lisce e uniformi, la sonda mise in luce la presenza di altre formazioni geologiche caratteristiche: pendii scoscesi, delimitati da bordi di forma arrotondata.
Secondo le prime ipotesi, queste strutture si sarebbero formate in seguito alla collisione tra due faglie. In questo processo, uno dei due lati della faglia si sarebbe sollevato, salendo su quello adiacente, e riducendo così la superficie della crosta del pianeta. Alla contrazione superficiale sarebbe corrisposta una diminuzione del raggio di 1-2 chilometri.
Mercurio, ecco come si contrae un pianeta Una suggestiva immagine di Mercurio, con una piccola porzione della sua superficie illuminata (Cortesia NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington)
Questa cifra però è in contrasto con i modelli di evoluzione termica di Mercurio. Tutti i pianeti e i satelliti, compresa la Terra, col tempo si raffreddano, a meno che i loro “motori interni” non ricevano in qualche modo energia dall'esterno: uno dei meccanismi ipotizzati è che l'interazione gravitazionale con altri oggetti celesti produca forze mareali in grado di riscaldare, per effetto dell'attrito, l'interno dei pianeti.
Mercurio è un caso estremo, poiché ha un enorme nucleo di ferro che, stando alle misurazioni del campo magnetico del pianeta, dovrebbe essere in parte liquido e percorso da moti convettivi. Proprio questo nucleo di ferro fuso dovrebbe andare incontro col tempo a una solidifcazione progressiva: questa transizione di fase, secondo le previsioni ridurrà il volume complessivo in misura ancora maggiore, sommandosi alla contrazione termica.
I ricercatori hanno ora calcolato l'entità complessiva della crosta che si è spostata con le dorsali e con le faglie, e hanno trovato che la riduzione totale della superficie di Mercurio è equivalente alla perdita di sette chilometri di raggio planetario.
Una conseguenza interessante e curiosa della scoperta è che la deformazione della superficie del pianeta è in accordo con una teoria in voga nel XIX secolo secondo cui la Terra si troverebbe in una fase di contrazione per effetto del raffreddamento, un processo che avrebbe fatto sollevare le catene montuose.
Questa teoria è stata superata dalla moderna tettonica, secondo cui la litosfera, cioè lo strato formato dalla crosta e dalla parte esterna del mantello, è suddivisa in placche in movimento. La litosfera di Mercurio, tuttavia, è formata da un'unica placca e non può quindi disperdere calore con i processi tettonici.
http://www.lescienze.it/news/2014/03/17 ... 21-03-2014