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MessaggioInviato: 13/02/2013, 12:50 
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Il dibattito nel mondo accademico sulla vita al di fuori della Terra è sempre vivo e negli ultimi anni si è spostato sulla definizione della cosiddetta zona abitabile (habitable zone), quella parte di un sistema planetario in orbita attorno a una stella dove si verificano tutte le condizioni adatte alla vita. A cominciare dalla presenza di acqua allo stato liquido, perché dove c'è quella potrebbe, in linea teorica, esserci la vita.
I ricercatori del Dipartimento di Geoscienze della Penn State University, negli Stati Uniti, guidati da Ravi Kumar Kopparapu, hanno sviluppato un nuovo modello informatico per determinare se un esopianeta ricade nella zona abitabile, dove un pianeta potrebbe mantenere l'acqua allo stato liquido: più un pianeta è vicino alla sua stella madre, infatti, e prima l'acqua presente evapora; vale anche il processo contrario, quindi più un pianeta è lontano e più l'acqua si trasforma in ghiaccio.
Comparando i nuovi risultati con i modelli precedenti, i ricercatori hanno scoperto che la zona abitabile è più lontana dalle stelle rispetto a quanto ritenuto precedentemente. «Questo ha implicazioni sulle nostre ricerche di esopianeti abitabili», ha detto Kopparapu.
Kopparapu e i suoi studenti hanno utilizzato i dati aggiornati dei database sull'assorbimento dei gas serra (HITRAN e HITEMP). I database forniscono molte informazioni più precise sull'acqua e sull'anidride carbonica rispetto al passato e hanno permesso al team di ricerca di costruire nuove stime rispetto al modello precedente realizzato da James Kasting, anch'egli professore della Penn State, che offriva un calcolo più preciso del luogo in cui le zone abitabili possono trovarsi rispetto al loro sole.
Secondo le stime del nuovo modello, come si vede dall'immagine, la Terra si troverebbe quasi al confine estremo di questa zona: il modello non tiene conto però del contributo dalle nubi, che riflettono le radiazioni solari e stabilizzano il clima.
Utilizzando le tecnologie della Penn State e dell'Università di Washington, il team è stato in grado di ricostruire i confini dlle zone abitabili attorno ad altre stelle, oltre al Sole. Nel precedente modello, acqua e carbonio non venivano assorbiti in modo così rilevante, portando quindi a pensare che i pianeti dovessero essere più vicino alla stella per rientrare nella zona abitabile. Con il nuovo studio, pubblicato su Astrophysical Journal, molti esopianeti sono usciti dalla zona abitabile, e pianeti ritenuti inospitali ora rientrerebbero in questa zona.
Il nuovo modello potrebbe aiutare gli scienziati nelle ricerche già in corso sugli esopianeti. Ad esempio, il modello può essere utilizzato per vedere se i pianeti scoperti dalla missione Kepler della NASA sono all'interno di una zona abitabile, o per scegliere dove concentrarsi nelle future ricerche di esopianeti. La missione Kepler ha trovato già più di 2.000 potenziali sistemi planetari che potrebbero essere studiati.



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MessaggioInviato: 21/02/2013, 20:07 
Si chiama KEPLER-37B ed ha le stesse dimensioni del nostro satellite


La famiglia dei pianeti extrasolari conosciuti cresce in continuazione, soprattutto grazie al satellite della NASA Kepler. Ma quello descritto su Nature di questa settimana da Thomas Barcly e i suoi colleghi è di gran lunga il più piccolo della famiglia: più piccolo di Mercurio, anzi grande più o meno come la Luna, Kepler-37b dimostra soprattutto quanto si stia affinando la "vista" del satellite Kepler (o meglio, quella degli astronomi che diventano sempre più raffinati nell'analizzarne i dati): mai era stato possibile, usando il metodo del transito (ovvero lo studio di come un pianeta, passando davanti alla sua stella, ne modifica l'emissione luminosa) individuare un pianeta così piccolo. Finora, tutti i pianeti extrasolari studiati erano o di dimensioni simili a quelle della Terra o decisamente più grandi, nella classe dei giganti gassosi come Giove e Saturno.
Il pianetino in questione si trova in orbita attorno alla stella Kepler 37, che vorrebbe dire appunto la trentasettesima stella con attorno un sistema planetario scoperta dal satellite Kepler nel corso della sua survey. E' una stella abbastanza simile al Sole. Come la lettera "b" lascia intuire, quel pianeta non è da solo. I ricercatori (un team internazionale composto da decine di astronomi, guidati appunto da Barclay del NASA Ames Research Center) ne hanno individuati con certezza almeno tre, di pianeti che orbitano attorno a quella stella. Quelli designati "c" e "d" sono più prevedibili, nel senso che le loro dimensioni li pongono in linea con la grande maggioranza dei pianeti extrasolari scoperti sinora: rispettivamente 0,742 e 1,99 volte il raggio terrestre, quindi tutti e due della taglia del nostro pianeta. Ma "b" è davvero minuscolo, 0,3 raggi terrestri, che lo pone piuttosto nella classe a cui appartiene la Luna (che ha un raggio pari a un quarto di quello della Terra).
Quasi sicuramente, un pianeta così piccolo non ha né acqua né atmosfera, ed è solo un piccolo mondo roccioso e desolato proprio come Mercurio. Ma la cosa più interessante che ora i ricercatori si chiedono è quanto possano essere comuni pianetini come questo: secondo alcune teorie, più i pianeti sono piccoli più dovrebbero essere abbondanti nella galassia. Ma la verità è che pianeti più piccoli di Mercurio erano stati sì previsti, ma mai osservati prima, e gli astronomi non erano nemmeno sicuri di essere tecnicamente in grado di osservarli. Perché il passaggio di un un pianeta così piccolo davanti alla sua stella ne "oscuri" abbastanza la luce per essere rilevabile da Terra, occorre che si verifichino condizioni particolarmente fortunate in quanto a inclinazione dell'orbita, lunghezze d'onda della luce emessa e così via. In pratica, calcolano i ricercatori, se anche tutte le stella del catalogo di Kepler avessero attorno un pianeta di questo tipo, sarebbe possibile osservarlo solo nello 0,5 per cento dei casi.

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MessaggioInviato: 21/02/2013, 20:52 
In pratica nelle condizioni giuste siamo ormai in grado di vedere tutto. Siamo in grado di scoprire pianeti e rispettive lune. Ormai sono impaziente per il prossimo passo: fotografarli! Voglio le immagini dei mondi alieni!


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MessaggioInviato: 21/02/2013, 21:34 
...diciamo che manca la ciliegina sulla torta........[;)]


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MessaggioInviato: 22/02/2013, 00:29 
I passi da gigante fatti in questo ultimo decennio nella comprensione del cosmo, e in particolare con la attesa conferma della presenza di pianeti intorno alle altre stelle, sono davvero incoraggianti.


Ho però il dubbio che le tecniche indirette possano arrivare fino a un certo punto, come dimostrato in questo ultimo caso:
se pure tutte le stelle osservate avessero un pianeta simile al piccolo Mercurio, lo vedremmo in un caso su 200.

Credo che la costruzione di un array di telescopi spaziali sia il prossimo grande passo da fare per questa ricerca.
Abbiamo bisogno di poter fare la "lastra" ai pianeti di tipo terrestre, con un esame spettroscopico accurato che il semplice transito non fornisce.

Una volta che sapremo individuare nel dettaglio la composizione di un' atmosfera fino ai punti percentuali, individuando ossigeno, vapore acqueo, ozono etc, sapremo davvero se il pianeta è abitabile, e forse potremo dire pure se è già abitato.


I miei complimenti all' autore del topic e a tutti i contributori, state facendo un ottimo lavoro. [;)]
A questo punto volevo suggerire se, essendo de facto questo IL topic sugli esopianeti, se il titolo originale non sia diventato un pò stretto.
Al posto dell' autore, vorrei dargli un titolo più generale e chiaro.

Spero il suggerimento sia gradito. [:)]

Aztlan



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 04/03/2013, 00:56 
Un protopianeta in diretta

Potrebbe essere la prima osservazione diretta di un pianeta in formazione, ed è stata fatta grazie al Very Large Telescope dell'ESO. E' probabilmente un pianeta gassoso gigante nell'anello di polvere e gas che circonda la giovane stella HD 100546.


Usando il Very Large Telescope dell'ESO gli astronomi hanno scoperto quello che potrebbe essere un protopianeta ancora "incubato" in un disco di gas e polvere stellare.
Il team internazionale di ricercatori guidato da Sascha Quanz (ETH Zurich - Svizzera) ha studiato questo disco di gas che circonda la giovane stella HD 100546, a 335 anni luce dalla Terra. A sorprenderli è stato il fatto di scoprire che molto probabilmente si tratta di un pianeta in via di formazione: se così fosse sarebbe un pianeta gigante, vale a dire un pianeta gassoso come Giove. Il neo-pianeta orbita sei volte ad una distanza pari a circa sei volte quella della Terra dal Sole.
«Sarebbe la prima volta che gli scienziati possono studiare realmente la nascita di un pianeta dalla A alla Z», senza ricorrere a simulazioni al computer, ha detto Quanz.
Il candidato pianeta intorno a HD 100546 è stato rivelato come una piccola macchia nel disco circumstellare, grazie allo strumento NACO ad ottica adattiva montato sul VLT dell'ESO, in combinazione con tecniche pionieristiche di analisi dati. Le osservazioni sono state fatte con il coronografo di NACO, che opera nel vicino infrarosso e occulta la luce brillante proveniente dalla stella nella posizione del candidato protopianeta. Alcune strutture nel disco di polvere circumstellare, probabilmente causate dall'interazione tra il pianeta e il disco, sono state individuate nella zona del possibile protopianeta. Inoltre ci sono indicazioni che i dintorni del protopianeta possano essere riscaldati dal processo di formazione.
«La ricerca di nuovi esopianeti è una delle frontiere più interessanti dell'astronomia - ha detto Asam Amara, membro del team di ricercatori - ed è possibili ottenere immagini del genere solo grazie alle nuove strumentazioni e tecnologie sviluppate nella ricerca cosmologica».
Anche se il protopianeta è la spiegazione più probabile di questa osservazione, sono necessarie ulteriori osservazioni più approfondite per confermare l'esistenza del pianeta e scartare altri scenari plausibili. Tra le altre spiegazioni è possibile, anche se improbabile, che il segnale rivelato possa provenire da una sorgente di fondo. È anche possibile che il nuovo oggetto possa essere non un protopianeta ma un pianeta completamente formato che è stato espluso dalla sua orbita originale vicino alla stella. Se si confermerà che il nuovo oggetto intorno a HD 100546 è un pianeta in formazione avvolto nel disco di gas e polvere della stella madre, questo diventerà un laboratorio unico in cui studiare il processo di formazione di un nuovo sistema planetario.



http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... iretta.txt


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MessaggioInviato: 04/03/2013, 10:40 
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Questa immagine composita mostra una veduta del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA (a sinisitra) e del sistema NACO montato sul VLT (Very Large Telescope) dell'ESO (a destra) del gas e della polvere intorno alla giovane stella HD 100546. L'immagine di Hubble in luce visibile mostra il disco esterno di gas e polvere intorno alla stella. La nuova imamgine infrarossa del VLT di una piccola parte del disco mostra un candidato protopianeta. Entrambe le immagini sono state ottenute con uno speciale coronografo che oscura la luce della stella brillante. La posizione della stella è indicata da una croce rossa in entrambi i pannelli. Crediti: ESO/NASA/ESA/Ardila et al.


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Questa immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA mostra una veduta in luce visible della polvere intorno alla giovane stella HD 100546. La posizione del protopianeta appena scoperto è indicata da un punto arancione. La parte interna di questa immagine è dominata da artefatti causati dalla stella centrale brillante che è stata sottratta in modo digitale; le macchie nere non sono reali. Crediti: ESO/NASA/ESA/Ardila et al

da link2universe


Ultima modifica di ubatuba il 04/03/2013, 10:41, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 05/03/2013, 08:49 
Un team internazionale ha scoperto, grazie all'analisi dei dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler negli ultimi tre anni, un pianeta extrasolare delle dimensioni inferiori a Mercurio! Si tratta del più piccolo pianeta mai scoperto! Fa parte di uno dei tre pianeti che orbitano intorno alla stella Kepler-37, nella regione Cigno-Lira, nella Via Lattea.
Le scoperte sono state pubblicate nell'edizione del 20 Febbraio del giornale Nature. Gli autori principali sono Thomas Barclay del Ames Research Center della NASA e della Bay Area Environmental Research Institute e Jason Rowe dell'Ames e del SETI Institute.

Parte del team anche Steve Kawaler, dell'Iowa State University, professore di fisica e astronomia, che si è occupato dello studio delle oscillazioni di Kepler-37, che hanno permesso di determinare la dimensione del pianeta. "E' in pratica come ascoltare la stella misurando le onde sonore provenienti." ha spiegato Kawaler. "Più la stella è grande, più bassa sarà la frequenza della sua "canzone"".

Il team ha determinato che la massa della stella Kepler-37 è circa 80% quella del nostro Sole. Si tratta della stella con la massa più bassa su cui gli astronomi ci hanno mai fatto degli studi di oscillazioni.
Quelle misurazioni hanno permesso ai ricercatori di misurare con molta più precisione, inclusa il piccolo Kepler-37b.

Vista la sua dimensione estremamente piccola, simile a quella della nostra Luna, e vista la superficie altamente irradiata, Kepler-37b è molto probabilmente un pianeta roccioso senza atmosfera ne acqua, come Mercurio." scrivono gli astronomi delle loro scoperte. "Il rilevamento di un pianeta così piccolo per la prima volta dimostra che altri sistemi possono ospitare anche pianeti più piccoli del nostro Sistema Solare."

Kawaler ha spiegato che la scoperta è eccitante perché dimostra la grandissima capacità della missione Kepler, in quanto a scopritore di esopianeti. Il telescopio fu lanciato in orbita il 6 Marzo 2009. Da allora orbita intorno al Sole con un fotometro per misurare con estrema precisione ogni piccola variazione nella luminosità di centinaia di migliaia di stelle. Il suo obbiettivo è quello di trovare i segni dei transiti di pianeti terrestri che potrebbe essere in grado di sopportare la vita.




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Segnale dell'esopianeta Kepler 37b durante un passaggio davanti alla propria stella. Credit: NASA

L'indagine KAI (Kepler Asteroseismic Investigation), ha usa gli stessi dati per studiare non tanto eventuali pianeti, ma le stelle stesse. I dati estremamente precisi che il telescopio è in grado di ottenere riguardo a come cambia la luminosità delle stelle può dire molto sulle stelle stesse, sulla loro fisica, sulla loro evoluzione e su come funzionano. Migliorando la loro ricerca su questi studi, gli astrofisici stellari hanno però dato una mano a migliorare statisticamente anche i calcoli di quelli che cercano pianeti. Questo perché se si calcola la dimensione del pianeta in base a quanto si muove la stella come reazione alla gravità del pianeta, è ovvio che avere dei dati molto più precisi riguardo alla dimensione della stella, alla sua posizione e al suo movimento, può aiutare a capire molto più precisamente anche quanto i pianeti sono grandi.
"Anche se un campione di solo un pianeta è troppo poco per capire quanto siano frequenti i pianeti piccoli, di sicuro ha un grande peso per la nostra speranza di trovare sempre più pianeti piccoli nel futuro."

http://www.nature.com/nature/journal/v4 ... 11914.html

http://phys.org/news/2013-02-tiny-exopl ... rcury.html

da link2universe


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MessaggioInviato: 05/03/2013, 18:20 
l'ho letto proprio ieri sera: straordinario! È minuscolo! Siamo arrivati ormai ad una precisione incredibile, possiamo essere davvero ottimisti per la scoperta di futuri pianeti terrestri. Si sa niente sull'abitabilità di questo sistema Kepler 37? Ho visto che ha 3 pianeti finora.


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MessaggioInviato: 06/03/2013, 11:57 
avendo ora la capacita'd'individuazione di pianeti cosi'minimali,e'supponibile che in un prox futuro,la ns tecnologia possa dare pure indicazioni certe sull'abitabilita'di tali sistema.................[;)]


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MessaggioInviato: 06/03/2013, 14:10 
Io aspetto la nuova generazione di telescopi, come FINESSE, CHEOPS and ECHO. E spero li puntino sulle stelle vicine! Perché é bello sapere che a 521 anni luce c'é un gemello della terra, ma sarebbe stupendo scoprirlo a 11 anni luce.


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MessaggioInviato: 13/03/2013, 17:06 
Mondo che vai, sostanze che trovi

Emergono combinazioni chimiche sorprendenti dalla prima analisi spettroscopica di quattro pianeti a 128 anni luce da noi.


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Non solo li hanno visti: ne hanno pure catturato la firma chimica. Ed è una firma che lascia sbalorditi. Oggetto di quest'impresa notevole, i cui risultati sono usciti sull'ultimo numero di The Astrophysical Journal, è il sistema planetario in orbita attorno a HR 8799, una stella a 128 anni luce dalla Terra. Di pianeti extrasolari e di sistemi planetari se ne conoscono a centinaia, ma nella maggior parte dei casi ciò che di essi è possibile osservare è solo un'ombra, un effetto indiretto: come l'occultazione della stella ospite, o le perturbazioni gravitazionali che essa subisce. A maggior ragione, dunque, quest'osservazione ha una portata storica: per la prima volta non solo sono stati osservati direttamente quattro pianeti, ma si sono pure ottenuti i loro spettri. Tutto in un colpo solo.
Per ottenerli, gli astronomi hanno fatto ricorso a una suite di strumenti e software, battezzata Project 1640, installata sul telescopio Hale, in California, al Palomar Observatory. Una suite composta, anzitutto, da un sistema di ottica adattiva avanzatissimo, capace di correggere milioni di volte al secondo le aberrazioni introdotte dalla turbolenza dell'atmosfera terrestre. Poi un coronografo, in grado di rimuovere con precisione l'accecante luce della stella madre, da 1 a 10 milioni di volte più intensa di quella dei pianeti. Ancora, uno spettrografo che sforna immagini al ritmo di 30 al secondo. E, infine, un sensore di fronte d'onda.
Ma cosa ci dicono, gli spettri così ottenuti? In breve, che là fuori la natura mostra una varietà inaspettata: un apparente squilibrio chimico tale da rimettere in discussione cos'è normale e cosa no. Ammoniaca e metano, per esempio: ci si attendeva che le due molecole, in mondi dalle temperature non troppo estreme, tendessero a convivere, seppure in proporzioni variabili. E invece è saltato fuori che nei quattro pianeti attorno a HR 8799 può esserci anche solo l'una o solo l'altro. Questo nonostante la temperatura media sia, almeno secondo gli standard astronomici, relativamente tiepida: di poco superiore ai 700 gradi. C'è poi dell'anidride carbonica, e fin qui nulla d'anomalo, ma anche dell'acetilene: una molecola mai osservata prima in un pianeta extrasolare.
«Sono risultati molto strani», conferma il primo autore dell'articolo, Ben Oppenheimer, dell'American Museum of Natural History. «Questi pianeti caldi e "rossi" sono diversi da qualsiasi altro oggetto dell'universo conosciuto. Tutti e quattro hanno spettri diversi fra loro, e tutti e quattro mostrano peculiarità. Insomma, i teorici avranno parecchio da lavorare».
Provando a riassumerlo schematicamente, ecco l'insolito quartetto che s'è parato innanzi a Oppenheimer e colleghi: assegnando ai quattro pianeti le lettere da 'b' a 'e', come fanno gli astronomi, risulta che 'b' sembra aver tutto fuorché il metano, a 'c' mancano sia il metano sia l'anidride carbonica, a 'd' difetta invece l'ammoniaca mentre ad 'e' mancano ammoniaca e metano. In compenso, sembra che su tutti ci sia un cielo almeno parzialmente nuvoloso, come si deduce dall'abbondanza della componente "rossa" negli spettri. E per fortuna, verrebbe da dire, visto che la stella ospite, HR 8799, oltre a esibire un comportamento quanto mai ballerino (la sua luminosità varia dell'8% in appena due giorni), emette raggi ultravioletti in quantità mille volte superiore al Sole.
Una buona crema protettiva, in ogni caso, non basterebbe, spiega Ian Parry, della Cambridge University, fra i coautori dell'articolo: «Dagli spettri si deduce chiaramente che questi quattro mondi sono troppo tossici e troppo caldi per ospitare la vita come noi la conosciamo. Ma la cosa veramente interessante sono le prospettive delle tecniche che abbiamo sviluppato: tecniche che un giorno saranno in grado di offrirci la prima prova certa dell'esistenza della vita su un pianeta al di fuori del sistema solare».

MEDIA INAF

da skylive

veramente solo un decennio fa una situazione del genere era impensabile,i passi tecnologici sono veramene formidabili [;)]


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MessaggioInviato: 16/03/2013, 16:48 
Spazio: nel pianeta extrasolare HR 8799c ci sono tracce di acqua

Gli scienziati hanno compiuto un’osservazione, mai prima d’ora cosi’ dettagliata, del pianeta HR 8799c, che si trova a 130 anni luce dalla Terra. Grazie al telescopio Keck II, i ricercatori del Dunlap Institute for Astronomy & Astrophysics della University of Toronto, hanno scoperto l’impronta chimica di specifiche molecole nell’atmosfera nuvolosa del pianeta, rivelando la presenza di monossido di carbonio e vapore acqueo. “A questo livello di dettaglio, possiamo confrontare la quantita’ di carbonio a quella di ossigeno presente in atmosfera, e questa miscela chimica puo’ darci indicazioni su come si e’ formato l’intero sistema planetario”, ha spiegato Travis Barman, che ha condotto lo studio pubblicato su Science. “Si tratta dello spettro piu’ minuzioso mai ottenuto per un pianeta extrasolare – ha aggiunto il coautore Bruce Macintosh – e mostra che il rapporto fra ossigeno e carbonio e’ consistente con lo scenario di formazione delineato dal modello di accrescimento dal nucleo” che e’ poi il modello che spiega la formazione del Sistema Solare.

http://www.meteoweb.eu/2013/03/spazio-n ... ua/192103/


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MessaggioInviato: 22/03/2013, 12:15 
Un team internazionale di scienziati ha fatto una grande scoperta esaminando in dettaglio l'atmosfera di un'esopianeta lontano, delle dimensioni di Giove! I nuovi dati permettono ai ricercatori di avere indizi importanti riguardo a come questi pianeti si vengono a formare. "Si tratta dello spettro più nitido mai ottenuto della luce proveniente da un pianeta fuori dal Sistema Solare!" ha spiegato Bruce Macintosh, astronomo presso il Lawrence Livermore National Laboratory e co-autore della pubblicazione. "Questo mostra la potenza dell'ottenere immagini dirette dei sistemi planetari lontani. La straordinaria risoluzione che abbiamo ottenuto ci ha permesso di iniziare davvero a sondare temi come la formazione di questi pianeti."

Secondo Quinn Konopacky, autore principale della ricerca e astronomo presso l'Istituto Dunlap per l'Astronomia e Astrofisica, dell'Università di Toronto: "Siamo riusciti ad osservare in dettaglio senza precedenti questo esopianeta per via della nuova avanzatissima strumentazione montata sul Keck Observatory e grazie alle nuove tecniche di analisi ed elaborazione dei dati. A questo però va aggiungo che siamo stati fortunati anche per la struttura interna del sistema planetario in causa" La ricerca è stata pubblicata online il 14 Marzo, su Science Express ed il 21 Marzo sul giornale Science.

Lo strumento di cui parla Quinn è OSIRIS ed è stato montato sul telescopio Keck II,che si trova in cima al vulcano Mauna Kea, alle Hawaii. Questo strumento ha trovato nella luce del pianeta tracce di specifiche molecole che hanno svelato la presenza di un'atmosfera nuvolosa, ricca di vapore acqueo e monossido di carbonio. "Con questo livello di dettaglio possiamo comparare la quantità di carbonio con la quantità di ossigeno presente nell'atmosfera e questo mix può fornirci indizi su come si è venuto a formare questo sistema planetario." ha spiegato Travis Barman, astronomo del Lowell Observatory.



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Una delle immagini del sistema, ottenute dal telescopio Keck II, che mostra i pianeti e la luce proveniente da essi. Credit: NRC/HIA. C. Marois e Keck Observatory

Negli ultimi anni c'è stata molta incertezza riguardo a come i pianeti si formano in altri sistemi planetari, dato che abbiamo due modelli principali ognuno con i suoi pregi e difetti, e non sappiamo qual'è più probabile. Il primo si chiama "Core Accretion", cioè accrescimento nucleare; il secondo si chiamata "Gravitational Instability", cioè instabilità gravitazionale.
Quando le stelle si formano, sono circondate da vasti dischi di polvere e gas, dove si vengono a formare i pianeti. Nel primo scenario, i pianeti si formano gradualmente come nuclei solidi e poi crescono lentamente fino a diventare abbastanza grandi da assorbire gas dal disco. Nel secondo modello, i pianeti si formano quasi istantaneamente come parti del disco che collassa su se stesso per la sua forza di gravità, formando gigantesche palle di gas. Le proprietà planetarie, come la composizione atmosferica, sono indizi importanti per capire se un sistema si è formato secondo un modello o l'altro.

Anche se l'atmosfera del pianeta mostra chiari segni di vapore acqueo, l'impronta rilevata è molto più debole di quello che ci si aspettava se il pianeta avesse condiviso la composizione chimica con la propria stella. Invece, il pianeta ha un livello molto alto di carbonio rispetto all'ossigeno e questo è un segno che la sua formazione all'interno del disco di gas è durata decine di milioni di anni. Man mano che il gas si è raffreddato, granelli di ghiaccio si sono formati, isolando il gas di ossigeno che rimaneva. La formazione planetaria è iniziata quando il ghiaccio ed i solidi raccolti nei nuclei planetari hanno iniziato poi ad interagire, in maniera simile a come pensiamo sia successo nel nostro Sistema Solare.

"Una volta che i nuclei solidi sono cresciuti abbastanza, la loro gravità ha rapidamente attratto il gas circostante fino a diventare i pianeti massicci che vediamo oggi" ha spiegato Konopacky. "Dato che il gas aveva perso parte dell'ossigeno, il pianeta è finito con l'avere molto meno ossigeno e meno acqua rispetto a quello che avrebbe avuto attraverso un processo di crescita per instabilità gravitazionale."

Il pianeta è uno dei quattro giganti gassosi scoperti in orbita intorno ad una stella chiamata HR 8799, distante 130 anni luce da noi. Gli autori ed i loro collaboratori hanno precedentemente lavorato alla scoperta di questo pianeta in particolare, chiamato con la sigla HR 8799c, ma anche alle compagne scoperte tra il 2008 ed il 2010. Diversamente dalla maggior parte degli altri sistemi planetari, la cui presenza è inferita grazie agli effetti che generano sulla propria stella, i pianeti di HR8799 possono essere visti individualmente.



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Immagine della stella HR 8799, ottenuta dal telescopio spaziale ad infrarossi,Spitzer. Credit: NASA

"Possiamo ottenere immagini dirette dei pianeti intorno ad HR 8799 perché sono molto grandi, molto giovani e molto distanti dalla propria stella. Questo rende questo sistema un laboratorio eccellente per studiare le atmosfere esoplanetarie" ha spiegato Christian Marois, co-autore della ricerca ed astronomo del Consiglio Nazionale di Ricerca, del Canada. "Dalla sua scoperta, il sistema continua a sorprenderci."

Non vi immaginate però che ci possa essere vita su questo mondo. Anche se ci sono tracce di vapore acqueo, è molto più simile a Giove che alla Terra. Non ha alcuna superficie solida ed ha una temperatura di migliaia di gradi celsius, dato che brilla ancora intensamente dopo la sua iniziale formazione. Tuttavia, questa scoperta fornisce anche qualche utile indizio riguardo a come trovare pianeti simili alla Terra in altri sistemi. "Il fatto che i pianeti giganti del sistema HR 8799 potrebbero essersi format allo stesso modo in cui si sono formati i nostri pianeti giganti, è un ottimo segno, dato che grazie allo stesso processo, più vicino al Sole si trovano quindi i pianeti più piccoli e rocciosi." ha spiegato Macintosh.



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Il grafico mostra lo spettro di tutti e quattro i pianeti che orbitano intorno alla stella HR 8799. Sull'asse Y vedete la luminosità dei vari oggetti vs la luce misurata. I picchi e cali nel segnale sono dovuti alla presenza o assenza di certe molecole (indicate in alto). Credit: Project 1640

La ricerca è stata finanziata dal Laboratorio di Livermore che sta lavorando alla costruzione di un nuovo strumento all'avanguardia che sarà montato sul Gemini South Telescope, e servirà per ottenere immagini dettagliate degli esopianeti. Lo strumento, conosciuto come Gemini Planet Imager (GPI), è progettato per ottenere analisi spettroscopiche dirette della luce di esopianeti lontani, e fa parte di una generazione di nuovi strumenti simili che sono stati montati sia sui grandi telescopi dell'ESO e di Palomar. Questi insieme potranno presto aprire una nuova era nello studio degli esopianeti, in cui avremmo foto individuali di questi mondi e potremmo iniziare a raccontare la loro storia e la loro natura. "GPI è davvero il prossimo grande passo in questo campo" ha spiegato Macintosh, investigatore principale per il progetto. "Sarà almeno un ordine di magnitudo più sensibile di qualsiasi strumento a disposizione ora."



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Immagine diretta dei pianeti del sistema HR 8799. Credit: Keck II

Le simulazioni prevedono che indagini su larga scala con il GPI potrebbero portare alla scoperta di dozzine di nuovi esopianeti. Studiandoli a diverse fasi della loro evoluzione, il team di scienziati dietro il progetto spera di riuscire a capire qualcosa in più su come i pianeti si vengono a formare e come si evolvono verso una così grande diversità. Attualmente il GPI è in fase di test presso l'Università di Santa Cruz, e sarà spedito in Cile per essere montato sul telescopio alla fine di quest'anno.

https://www.llnl.gov/news/newsreleases/ ... 03-04.html

http://www.link2universe.net/2013-03-21 ... ormazione/


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MessaggioInviato: 09/04/2013, 13:27 
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Auckland ha proposto un nuovo metodo per dare la caccia ai pianeti simili alla Terra ed hanno anticipato che il numero a cui sperano di arrivare è intorno ai 100 miliardi. La loro strategia usa una tecnica chiamata microlensing gravitazionale. Attualmente viene usata dalla collaborazione tra il Giappone e la Nuova Zeelanda, chiamata MOA (Microlensing Observations in Astrophysics) presso l'Osservatorio di Mt. John, in Nuova Zeelanda. Il loro lavoro sarà pubblicato la prossima settimana nel giornale scientifico Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. L'autore principale, il Dr. Phil Yock, del Dipartimento di Fisica dell'Università di Auckland, spiega che il lavoro richiederà una combinazione di dati provenienti dalle osservazioni fatte con microlensing ed i dati del telescopio spaziale Kepler, della NASA.


"Kepler scopre pianeti terrestri che si trovano in zone abbastanza vicine alle loro stelle e la stima è che ci sono circa 17 miliardi simili pianeti nella Via Lattea. Questi pianeti sono generalmente molto più caldi della Terra, anche se alcuni potrebbero avere temperature simili ed essere anche abitabili, se orbitano per esempio una stella più fredda come una nana rossa. La nostra proposta è quella di misurare il numero di pianeti di massa terrestre che orbitano intorno alle stelle a distanze tipicamente il doppio della distanza Sole-Terra. I nostri pianeti saranno quindi più freddi rispetto alla Terra. Interpolando poi tra i risultato MOA e Kepler, dovremmo riuscire ad avere una buona stima statistica dei pianeti di tipo terrestre, abitabili, presenti nella nostra Galassia. Anticipiamo che il numero si aggira da qualche parte intorno ai 100 miliardi."

"Ovviamente, servirà molto tempo da quando avremmo misurato statisticamente questo numero fino a quando riusciremmo ad identificare concretamente uno di questi pianeti abitabili, ma saremmo un passo più vicini a quell'obbiettivo."

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Il grafico mostra il numero di pianeti candidati in orbita intorno a nane rosse, e la fascia verde indica la zona abitabile. Credit: NASA/C. Dressing/CfA

Il primo pianeta scoperto in orbita intorno ad una stella di tipo Solare è arrivata soltanto nel 1995, nonostante continui e lunghi lavori portati avanti per anni da svariati astronomi ed osservatori. Il Dr. Yock fa notare che questo riflette la difficoltà molto grande che c'è nel rilevare da lontano un oggetto piccolissimo, non-luminoso, come la Terra, in orbita ad un gigantesco oggetto brillante come il Sole. Il pianeta è solo un pallido puntino davanti alla stella, quindi servono spesso metodi di rilevamento indiretti per capire la sua presenza.

Kepler per esempio misura la diminuzione periodica nella luce della Stella durante il transito dei pianeti. La misurazione del microlensing invece si concentra sulla deviazione della luce da una distante stella mentre attraversa un sistema planetario, sulla strada verso la Terra. Questo effetto fu predetto da Einstein nel 1936


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Questo grafico mostra come funziona la tecnica del microlensing gravitazionale nella caccia agli esopianeti. Credit: Wikimedia

Negli ultimi anni, questa particolare tecnica è stata usata per svelare la presenza di diversi pianeti di grandi dimensioni come quelle di Nettuno e Giove. Il Dr. Yock ed i suoi colleghi hanno proposto però una nuova strategia che permetterà di rilevare la piccola deviazione causata da un pianeta di tipo Terrestre. Le simulazioni portate avanti dagli scienziati ed alcuni studenti dell'Università di Auckland e dalla Francia, hanno mostrato che davvero sarà possibile svelare anche pianeti con massa terrestre, in maniera molto più facile, specialmente se sarà creata una rete di telescopi robotici sparsi per il pianeta, di dimensioni moderate, che possano monitorizzare continuamente il cielo.

Per pura coincidenza una simile rete è davvero in costruzione! Si tratta di una rete di telescopi di 1m e di 2m, che sarà costruita dal consorzio LCOGT (Las Cumbres Observatory Global Telescope Network), in collaborazione con la SUPA (Scottish Universities Physics Alliance). Saranno costruiti 3 telescopi in Cile, 3 in Sud-Africa, 3 in Australia, 1 alle Hawaii ed uno in Texas. Questa rete servirà per fare studi di eventi di microlensing in congiunzione con il Liverpool Telescope delle Isole Canarie.
Si preanuncia che i dati provenienti da questi telescopi saranno completati da ulteriori telescopi MOA presso il Mt. John, dal telescopio costruito dalla Polonia in Cile, grande 1.3 metri, e dal nuovo telescopio da 1.3 metri appena inaugurato in Tasmania.

http://www.ras.org.uk/news-and-press/22 ... ke-planets

http://www.link2universe.net/2013-04-09 ... abitabili/

la quantita' x la ricerca e'smisurata,ora e' necessario direzionarsi sul punto giusto x non disperdere il tempo................[;)]


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