[color=blue]Stagisti a 5 Stelle
L’episodio più famoso è quello della capogruppo alla Camera, Roberta Lombardi, nell’intervista a Radio Radicale sul nuovo presidente della Repubblica: fu la giornalista, Giovanna Reanda, a ricordarle il requisito costituzionale dei 50 anni di età per essere eletti. Ma l’interpretazione delle parole della cittadina presidente lasciava una minima via d’uscita (“Volevo dire che non è scritto da nessuna parte che il capo dello Stato debba avere 70 o 80 anni”) e i grillini furono rapidissimi a sfruttarla: “La casta dei giornalisti, seconda solo a quella dei politici, si accanisce contro di noi perché diamo fastidio”.
Un po’ meno rimediabile, due settimane dopo, fu la gaffe del capogruppo al Senato, Vito Crimi, che tentò di far riscrivere la risoluzione di fiducia al Governo Letta: la Costituzione prevede che sia una fiducia motivata, ribadì preoccupato in Aula, mentre la prassi consente una fiducia quasi al buio. E ci andò giù pesante: vulnus costituzionali, mancato rispetto delle regole, perduta centralità del Parlamento. Fino a quando il presidente Grasso non gli ricordò un inciso della risoluzione (“udite le dichiarazioni del Governo”) in cui la maggioranza motivava la propria fiducia con l’adesione al programma che Enrico Letta, poco prima, aveva consegnato per iscritto e ulteriormente illustrato nella replica. La risoluzione, insomma, era valida; i sospetti del MoVimento 5 Stelle no.
Questa settimana è toccato al vicepresidente della Commissione Bilancio, Giorgio Sorial, che ha cercato di modificare all’impronta il regolamento della Camera. Per farla breve, i deputati grillini hanno tentato di cambiare un emendamento durante l’esame in assemblea, ossia dopo la scadenza dei termini, quando le uniche possibilità di riformulazione restano quelle proposte dal Governo e dal relatore (quest’ultimo, tra l’altro, solo dopo aver riunito il Comitato dei nove): avevano pensato a un nuovo fondo per le microimprese finanziato dalla Cassa depositi e prestiti, poi hanno cambiato idea e hanno deciso di finanziarlo con la rinuncia volontaria dei rimborsi da parte di partiti e parlamentari. In più, stando alle ricostruzioni degli altri colleghi della Commissione Bilancio, hanno confuso un emendamento con un ordine del giorno.
Un po’ con tenerezza (Giachetti, Pd: “Un errore capita a tutte le persone, specie su temi complessi”), un po’ con ironia (Baldelli, Pdl: “Approfittiamo di questo momento didattico per tutti”), le altre forze politiche li hanno impallinati. E i grillini si sono difesi, come al solito, attaccando: mentre sui social network partiva la denuncia immediata contro l’ennesima macchinazione per escludere gli emendamenti sgraditi, in Aula si attingeva al repertorio classico dell’anticasta. Così, per esempio, il deputato Tofalo, tra gli applausi dei suoi: “Non dico a chi è qui da anni di vergognarsi, ma almeno di avere il buonsenso di tacere, perché il risultato che ci avete lasciato è l’Italia in macerie. Quindi ben venga che ci siano persone nuove qui dentro”.
Vista da fuori, può sembrare una difesa legittima: sono nuovi, hanno bisogno di tempo. Come se fossero dei tirocinanti con un contratto di apprendistato e sgravi fiscali per l’impresa che li assume, ai quali nessun capo darebbe compiti di responsabilità o farebbe firmare carte importanti. E invece sono deputati e senatori della Repubblica, e ognuno di loro rappresenta l’intera Nazione, e il loro voto in Parlamento vale quanto quello di un padre della Patria, e la loro busta paga a fine mese è uguale a quella di qualunque altro parlamentare, come è naturale che sia. È giusto, allora, essere indulgenti? È giusto rassegnarsi a un esercito di stagisti a Cinquestelle, perché si è persa così tanta fiducia nella politica che la competenza ormai non conta più?
Intendiamoci, non è semplice imparare il lavoro in Parlamento: anche chi può contare su ottime basi accademiche deve passare per un tempo di rodaggio. Per questo, ad esempio, i partiti storici usavano far intervenire i deputati di prima legislatura solo dopo un periodo piuttosto lungo, talvolta addirittura di tre anni: nel frattempo, con umiltà, i neoeletti cercavano di assorbire dai colleghi di partito con più esperienza, sia in Aula che nelle Commissioni. Per una forza politica nuova, in cui si parte da zero e non ci sono riferimenti, è tutto più difficile. Se poi manca l’umiltà di imparare, perché si sa già tutto e si vede in ogni consiglio un complotto, diventa addirittura impossibile.[/color]