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Stellare
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MessaggioInviato: 19/04/2013, 12:22 
Ogni volta che c'è l'annuncio di pianeti che potrebbero anche lontanamente somigliare a qualcosa di abitabile o che semplicemente si trovano nella giusta posizione per esserlo potenzialmente, nei media si scatena la corsa alla ricerca dell'aggettivo più d'impatto per descrivere questi mondi. Si va dai modesti "Simili alla Terra" a "Gemelli o Sosia della Terra" o "Nuove Terre" o titolo ancor più folli come: "Vita su una Nuova Terra?". Ora, io per primo sono estremamente entusiasta di questa notizia riguardo alla scoperta di 2 nuovi pianeti, Kepler-62e e Kepler-62f, (ed un terzo che pochi considerano ma che è altrettanto importante: Kepler-69c) che hanno grandezze giuste e si trovano alla giusta distanza per poter pensare che, facendo milioni di altre premesse, siano ottimi posti dove cercare la vita! Ma da qui a chiamarli gemelli della Terra, è esagerato! Di questo passo immagino che tra poco possiamo iniziare a valutare come chiamare gli animali che li abitano! Ma perché non possiamo dire che sono gemelli della Terra? Cosa hanno di diverso?

Prima di tutto, consideriamo cosa sappiamo davvero di questi pianeti. Sappiamo più o meno quanto sono distanti dalla loro stella e più o meno quanto sono grandi come dimensione. E' importante sottolineare che si tratta di stime e non dati assolutamente certi. NON sappiamo nulla riguardo alla massa che hanno, alla densità, alla composizione chimica della loro atmosfera, alla presenza o meno di una geologia attiva, di un nucleo attivo, di un campo magnetico abbastanza forte, di placche tettoniche in movimento, o della composizione mineralogica della loro struttura interna. Non sappiamo se hanno lune o anelli che possano o meno destabilizzare la loro rotazione o oscurare parte della loro superficie dalla luce solare (come nel caso degli anelli). Gli scienziati suppongo per adesso che probabilmente si tratta di pianeti roccioso e non gassosi perché tutti gli altri che abbiamo scoperto, di dimensioni piccole così, non sono gassosi.

Gli elementi di cui abbiamo parlato sono fondamentali per dire con certezza se un pianeta è o non è abitabile. Nei comunicati degli scienziati stessi, viene sottolineato più e più volte come le loro valutazioni si basano su questi pochi dati e che si tratta di mondi nella giusta posizione per essere POTENZIALMENTE abitabili. NON SIGNIFICA che sono SOSIA della Terra!

Anche perché va considerato un'altro fattore: sono entrambi tipi di pianeti molto diversi dal nostro.
Si tratta di Super-Terre. Cioè sono pianeti rocciosi con dimensioni molto maggiori di quella della Terra. Uno è 40% più grande e uno è 60% più grande. Questo cambia moltissimo riguardo alla geologia di un pianeta ed è ancora tutt'altro che chiaro cosa può comportare per esempio sulla tettonica o sul clima, tanto per dire due delle cose più evidenti.

E riguardo al clima, gli scienziati hanno spiegato come si POTREBBE trattare, dalle analisi fatte fino ad ora, di mondi con abbondanti quantità di acqua, tanto da essere completamente ricoperti di oceani. Questo non è detto che aiuti a rendere in alcun modo "abitabile" un pianeta, così come lo intendiamo noi per lo meno, e di sicuro è tutt'altro che un GEMELLO DELLA TERRA.

Kepler-62e ha una grandezza di 60% maggiore rispetto alla Terra ed orbita in soli 122 giorni intorno alla sua stella. Non si sa se si tratta di un mondo ricoperto di acque o no, si suppone però che data la maggior vicinanza alla stella, il pianeta si ricoperto anche di nuvole oltre che di acque, se ci sono
Il punto della questione viene illustrato bene da Kepler-69c. Si tratta di un pianeta Super-Terrestre, grande 70% di più della Terra, che si trova a 2.700 anni luce da noi, nella Costellazione del Cigno. La stella intorno a cui orbita molto più simile al nostro Sole rispetto a Kepler-62, ma il problema qui è che il pianeta si troverebbe ad orbitare troppo vicino, in soli 242 giorni, più o meno come Venere nel Sistema Solare.
Ma supponiamo che sia troppo vicino per via del modo in cui cataloghiamo l'abitabilità!

Mi spiego meglio, se una civiltà aliena cercasse con queste tecniche di osservare il Sistema Solare, direbbero che ci sono 3 pianeti potenzialmente abitabili: Venere, Terra e Marte. Tutti e tre si trovano più o meno nella zona dove ci può essere acqua liquida sulla superficie, e abbiamo prove che dimostrano che probabilmente c'è stata acqua liquida sulla superficie di tutte e tre. Ma solo la Terra è abitabile. Eppure Venere ha la stessa grandezza, massa e composizione della Terra e un tempo aveva anche oceani liquidi! Ma non ha un nucleo attivo, non ha un campo magnetico forte, ed ha una storia geologica e climatica completamente diversa dalla nostra. Così Marte, anche se un tempo aveva oceani liquidi, è troppo diversa da noi per tanti aspetti, nonostante si trovi nella zona abitabile.

Kepler-69c si trova dove potrebbe essere abitabile data la grandezza e posizione. E' meno probabile rispetto alle precedenti perché la stella intorno a cui orbita è più calda della precedente, ma non è da escludere a prescindere perché semplicemente SAPPIAMO TROPPO POCO riguardo alle caratteristiche delle super-Terre e la storia individuale di questi mondi.


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Zona abitabile intorno al Sole ed intorno alla stella Kepler-62. Credit: NASA



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Paragone tra i pianeti del sistema Kepler-62 e quelli del Sistema Solare. Credit: NASA/Caltech

Nel grafico sopra si vede meglio come la posizione di un pianeta e la sua grandezza non significhino per forza abitabilità assicurata!
E quindi?
E quindi ora bisogna aspettare ulteriori analisi di questi mondi. Una raccolta di dati utilizzando altri metodi, come quello della velocità radiale (che misura come una stella si muove in risposta gravitazionale all'influenza gravitazionale di un pianeta) potrebbe svelarci massa e densità. Poi l'analisi con più potenti futuri telescopi ottici ed infrarossi potrebbe svelarci qualcosa dall'analisi spettroscopica della luce riflessa dalle atmosfere di questi mondi, che potrebbe dirci più o meno che composti chimici si trovano e se sono davvero coperti di acque o meno.

La ricerca nel campo degli esopianeti e la ricerca di un pianeta terrestre abitabile, è tra i campi di studio più eccitanti del momento e man mano che arriveranno più dati e più telescopi, sarà ancor più intrigante, ma le scoperte sono già molto affascinanti di loro così come sono. Non serve chiamare questi mondi GEMELLI DELLA TERRA per renderli intriganti da studiare.

http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?r ... 2013-142#7

http://www.link2universe.net/2013-04-19 ... lla-terra/


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MessaggioInviato: 19/04/2013, 17:57 
Ma chissene frega se non sono gemelli! Sono bellissimi! E' una notizia bellissima perché stiamo notando che i pianeti POTENZIALMENTE abitabili sono tantissimi e tra di loro sicuramente ci saranno anche pianeti abitati o abitabili, almeno per la legge dei grandi numeri.
Su questi si può ben sperare almeno per il pianeta Kepler-62f visto che è proprio al centro della zona abitabile della sua stella. Le dimensioni sì sono lievemente maggiori, ma chissà, io sono contentissimo ogni volta che ne scopriamo uno nuovo, figuratevi quando ne troviamo 3.


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MessaggioInviato: 19/04/2013, 19:03 
..chiaro, cmq raffinando sempre maggiormente l'indagine,si arrivera,nel + breve tempo possibile a capire quelli realmente abitati e quelli con possibilita'di abitabilita'.....[;)]


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MessaggioInviato: 20/04/2013, 13:00 
Potrebbe trattarsi della notizia più eccitante nel campo delle scoperte sugli esopianeti da anni a questa parte! Un team internazionale di scienziati, analizzando i dati della missione Kepler, della NASA, ha scoperto un sistema planetario con due pianeti piccoli, potenzialmente rocciosi, che si trovano all'interno della zona abitabile della loro stella. La stella, Kepler-62, è un po' più piccola ed un po' più fredda del nostro Sole ed è casa di un sistema di 5 pianeti. I due mondi, Kepler-62e e Kepler-62f sono i più piccoli esopianeti mai scoperti all'interno della zona abitabile e potrebbero entrambi essere coperti in vasti oceani liquidi o coperti di ghiacci, in base anche all'atmosfera che hanno.

"Immaginate di guardare attraverso un telescopio per vedere un altro mondo con forme di vita, a pochi km dal vostro. Oppure, avere la capacità di viaggiare tra questi mondi su base regolare. non riesco a pensare a motivazioni più grandi per diventare una società spaziale" spiega Dimitar Sasselov, astronomo della Harvard University, co-autore della pubblicazione che descrive la recente scoperta.

Kepler-62 si trova nella direzione della Costellazione della Lira a circa 1.200 anni luce da noi. Kepler-62e è grande 1.61 volte la Terra, ed orbita la propria stella in 122.4 giorni. Kepler-62f invece è grande 1.4 volte la Terra, ed orbita la propria stella in 267.3 giorni. Precedentemente, il pianeta piccolo conosciuto nella zona abitabile, Kepler-22b, aveva un raggio di 2.4 volte quello del pianeta Terra.




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Masse e densità di alcuni esopianeti scoperti fino ad ora. le curve mostrano la relazione massa-raggio (densità media) per diversi tipi di pianeti: La linea blu indica i pianeti fatti possibilmente solo di acqua (75%) la linea nera invece è di pianeti come la Terra che consistono quasi esclusivamente in rocce (rappresentata qui dal minerale Enstatite (MgSiO3, un membro della famiglia di silicati perossidi che compongono il mantello terrestre) e così via. Il raggio misurato di Kepler-62e e Kepler-62f, più una stima della loro possibile massa, le piazza in una regione intorno alla linea blu, rendendole piuttosto abitabili con superfici forse solide ma coperte da acqua. Kepler-11f d'altra parte, è un mini-Nettuno, che ha chiaramente una massa più bassa e non necessariamente è da considerarsi potenzialmente solido sulla superficie. Credt: L. Kaltenggeer (MPIA)

Nella pubblicazione è stata annunciata la scoperta anche di un terzo pianeta in un diverso sistema: Kepler-69c, che è solo 70% più grande della Terra ed orbita all'interno della zona abitabile di una stella che è simile al nostro Sole. I ricercatori sono però insicuri riguardo alla composizione di Kepler-69c, ma secondo l'astronomo Thomas Barclay, dell'Istituto BAER, si trova in un orbita di soli 242 giorni intorno ad una stella come il Sole, quindi è più probabile che sia un super-Venere che una super-Terra.

Il team ha poi spiegato che se da una parte si conoscono le dimensioni di Kepler-62e e Kepler-62f, le loro masse e densità sono ancora sconosciute. Tuttavia, ogni pianeta scoperto fino adesso, con grandezze simili alle loro, era roccioso, come la Terra.

"Questi pianeti sono molto diversi da qualsiasi cosa si trovi nel nostro Sistema Solare. Hanno oceani senza fine!" spiega l'autrice principale della ricerca, Lisa Kaltenegger del Max Planck Institute for Astronomy e del Centro per l'Astrofisica della Harvard Smithsonian. "Potrebbe esserci vita, ma basata sulla tecnologia come la nostra? Mondi come questi sarebbero ambientati sott'acqua con scarso accesso a metalli, elettricità o fuoco per la metallurgia. Nonostante queste, questi mondi potrebbero comunque essere bellissime perle blu intorno ad una stella arancione, e forse l'inventiva della vita ha trovato modi per arrivare allo stato tecnologico che ci sorprenderanno."

Il più caldo dei mondi, Kepler-62e, sarebbe leggermente più pieno di nuvole rispetto alla Terra, secondo i modelli computerizzati creati fino ad ora. Il più distante Kepler-62f avrebbe bisogno di un forte effetto sera per restare abbastanza caldo da permettere l'esistenza di oceani. Altrimenti sarebbe una palla di ghiaccio e neve.

"Kepler-62e è probabilmente un pianeta pieno di nuvole, caldo e con un'umidità alta dall'equatore alle regioni polari. Kepler-62f invece sarebbe più fredda, ma ancora potenzialmente abitabile. " ha spiegato Dimitar Sasselov. "La buona notizia è che i due pianeti mostrano colori molto distinti tra di loro e questo rende la nostra ricerca di segni di vita più pianeti su simili pianeti in futuro."

"Tutti gli altri pianeti interessanti presenti nella zona abitabile di una stella, sono stati scoperti da quello che è conosciuto come metodo della velocità radiale" ha spiegato Kaltenegger. "Questo metodo può darti un limite basso a quella che è la massa potenziale del pianeta, ma nessun'informazione riguardo al suo raggio. Questo rende difficile capire se è o no un pianeta roccioso come la Terra. Un raggio piccolo, cioè sotto 2 volte quello terrestre, d'altra parte, è un forte indicatore che un pianeta è roccioso, a meno che non stiamo parlando magari di un pianeta molto giovane in torno ad una stella in formazione."

Kepler trova i pianeti cercando segni del loro transito davanti alle proprie stelle, captando leggere diminuzioni periodiche nella luminosità stellare. Invece il metodo della velocità radiale misura come la stella si muove, e determina se c'è un movimento gravitazionale in risposta alla gravità di un pianeta che le orbita intorno.

"Quello che rende Kepler-62e e Kepler-62f così eccitante non è una cosa ma una combinazione di due fattori: Conosciamo i loro raggi, e questo indica che sono pianeti rocciosi, e conosciamo che orbitano la loro stella nella zona abitabile dove può esserci acqua allo stato liquido sulla superficie. Questo li rende i due migliori candidati per essere mondi abitabili, tra tutti quelli che abbiamo mai scoperto." spiega Kaltengger.


La ricerca di Kaltengger e Sasselov sarà pubblicata presto sul giornale scientifico "The Astrophysical Journal".

http://www.cfa.harvard.edu/news/2013/pr201311.html

http://www.link2universe.net/2013-04-19 ... di-oceani/


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MessaggioInviato: 25/04/2013, 23:14 
Cita:
Aztlan ha scritto:


Abbiamo bisogno di poter fare la "lastra" ai pianeti di tipo terrestre,
con un esame spettroscopico accurato che il semplice transito non fornisce.

Una volta che sapremo individuare nel dettaglio la composizione di un' atmosfera fino ai punti percentuali,
individuando ossigeno, vapore acqueo, ozono etc,
sapremo davvero se il pianeta è abitabile, e forse potremo dire pure se è già abitato.


Cita:
ubatuba ha scritto:


Emergono combinazioni chimiche sorprendenti dalla prima analisi spettroscopica di quattro pianeti a 128 anni luce da noi.

Non solo li hanno visti: ne hanno pure catturato la firma chimica.
Ed è una firma che lascia sbalorditi.

Oggetto di quest'impresa notevole, i cui risultati sono usciti sull'ultimo numero di The Astrophysical Journal,
è il sistema planetario in orbita attorno a HR 8799, una stella a 128 anni luce dalla Terra.

Di pianeti extrasolari e di sistemi planetari se ne conoscono a centinaia,
ma nella maggior parte dei casi ciò che di essi è possibile osservare è solo un'ombra, un effetto indiretto:
come l'occultazione della stella ospite, o le perturbazioni gravitazionali che essa subisce.

A maggior ragione, dunque, quest'osservazione ha una portata storica:
per la prima volta non solo sono stati osservati direttamente quattro pianeti,
ma si sono pure ottenuti i loro spettri. Tutto in un colpo solo.

Spiega Ian Parry, della Cambridge University, fra i coautori dell'articolo:

«La cosa veramente interessante sono le prospettive delle tecniche che abbiamo sviluppato:
tecniche che un giorno saranno in grado di offrirci la prima prova certa dell'esistenza della vita su un pianeta al di fuori del sistema solare».


UPDATE:

Cita:
ubatuba ha scritto:

Sul pianeta extrasolare HR 8799c ci sono tracce di acqua

Il pianeta è uno dei quattro giganti gassosi scoperti in orbita intorno ad una stella chiamata HR 8799

Gli scienziati hanno scoperto l’impronta chimica di specifiche molecole nell’atmosfera nuvolosa del pianeta,
rivelando la presenza di monossido di carbonio e vapore acqueo.

Anche se ci sono tracce di vapore acqueo, è molto più simile a Giove che alla Terra.
Tuttavia, questa scoperta fornisce anche qualche utile indizio riguardo a come trovare pianeti simili alla Terra in altri sistemi.

Lo strumento conosciuto come Gemini Planet Imager (GPI) è progettato per ottenere analisi spettroscopiche dirette della luce di esopianeti lontani.
Una nuova era nello studio degli esopianeti, in cui avremmo foto individuali di questi mondi e potremmo iniziare a raccontare la loro storia e la loro natura.
"GPI è davvero il prossimo grande passo in questo campo" ha spiegato Macintosh, investigatore principale per il progetto.


E' davvero bello quando ad avverarsi è una previsione positiva, una volta tanto. [:)]


Ultima modifica di Aztlan il 25/04/2013, 23:16, modificato 1 volta in totale.


_________________
Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 02/05/2013, 12:49 
Un team internazionale di astronomi è riuscito ad identificare e caratterizzare due nuovi esopianeti, grazie alla potenza combinata delle osservazioni fatte da Kepler, SOPHIE e HARPS-N, tre degli telescopi/spettrografi più potenti al mondo. I nuovi pianeti, chiamati KOI-200b e KOI-889b, sono tra i primi ad essere stati rilevati con il nuovo spettrografo dalla straordinaria precisione, che è un po' l'equivalente per l'emisfero nord, del HARPS usato dall'ESO, in Cile, per l'emisfero sud. Alexandre Santerne, del CAUP, ha invece commentato l'uso dello spettrografo SOPHIE, dicendo che sta già giocando un grande ruolo nel riuscire a capire le proprietà dei pianeti trovati da Kepler e svelare i tantissimi candidati identificati dal telescopio spaziale, misurando la loro massa.

I nuovi pianeti hanno più o meno la grandezza di Giove ma si trovano in orbite molto eccentriche, con periodi di rivoluzione di meno di 10 giorni. I nuovi risultati aiuteranno gli scienziati a capire le orbite di questi pianeti che si trovano così tanto in prossimità delle proprie stelle, che vengono chiamati "Gioviani Caldi".

Attualmente conosciamo con certezza oltre 850 esopianeti, ma visti dalla Terra, solo alcuni sono orientati in modo che noi possiamo vederli mentre passano davanti alla loro stella, oscurando parte della luce. Con la tecnica del transito, Kepler ha identificato oltre 2000 stelle che sembrano ospitare pianeti intorno. Tuttavia, la maggior parte di loro hanno bisogno di osservazioni complementari da Terra per assicurarsi che la loro natura è planetaria e non sono falsi positivi. Inoltre, con altre tecniche come il calcolo della velocità radiale è possibile calcolare la loro massa, permettendo così una migliore caratterizzazione.

Il team ha partecipato alle osservazioni sin dal 2010, usando SOPHIE come spettrografo di base per la caratterizzazione di ben 15 pianeti di Kepler. Le loro osservazioni si sono allargate poi con l'uso del HARPS-N.

KOI-200b è leggermente più grande di Giove ma leggermente meno massiccio. Con una densità più bassa, questo gigante gassoso orbita la propria stella in circa una settimana. Il pianeta KOI-889b è invece più o meno della stessa dimensione di Giove, ma ben 10 volte più massiccio. Questo è un pianeta estremamente massiccio e orbita la propria stella in meno di 9 giorni.
I due hanno orbite molto eccentriche, cioè in certi momenti sono molto vicini alla propria stella, ed in altri molto più lontani. Questo produce una variazione altissima nell'equilibrio delle temperature, che può variare anche di centinaia di gradi in pochi giorni.

KOI-889b è tra i pianeti più massicci mai scoperto, ed è anche tra i più eccentrici pianeti transienti. Potrebbe essersi formato con meccanismi molto differenti dagli altri pianeti meno massicci. Santerne ha aggiunto a riguardo : "Anche se sono pianeti giganti e gassosi come centinaia di altri che abbiamo trovato, questi sono particolarmente speciali perché in orbite molto eccentriche e corte. Preferisco pensare a questi pianeti come due diversi mattoni nella costruzione della nostra conoscenza sull'evoluzione dei sistemi planetari."

http://phys.org/news/2013-04-exoplanets ... rps-n.html


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Immagine diretta dei pianeti nel sistema HR 8799, visti grazie allo spettrografo creato dal Project 1640. Credit: NASA/Project 1640

Lontani sono i giorni in cui i pianeti che conoscevamo erano così pochi da ricordarli persino a memoria. Oggi abbiamo oltre 800 pianeti confermati e oltre 2700 candidati da verificare. Ma sebbene il catalogo sia cresciuto incredibilmente, la nuova grande sfida è ora iniziare a conoscerli in dettaglio e analizzare le loro caratteristiche. Di cosa sono fatti questi esotici mondi? come sono costruiti? quanto sono diversi dai nostri pianeti del Sistema Solare? Sfortunatamente non è facile analizzarli da decine, centinaia o migliaia di anni luce, ma il progresso tecnologico insieme alla creazione di nuove avanzatissime tecniche ed algoritmi, sta permettendo agli scienziati di iniziare ad effettuare sempre più spesso analisi delle atmosfere di questi mondi e persino fotografarli spesso direttamente, catturando la luce che riflettono.

Riuscire a fotografare direttamente i pianeti è molto più importante di quanto può sembrare. I telescopi terrestri più potenti hanno iniziato ad avere una potenza tale da riuscire a scattare immagini della luce infrarossa rilasciata dai pianeti stessi, ottenendo anche stupendi ritratti famigliari di interi sistemi planetari visti da sopra. Ma per gli astronomi, quello che è fondamentale, e avere la possibilità di ricevere la luce riflessa dai pianeti. Questo perché esaminandola, si può dedurre molto sul tipo di atmosfera che l'ha composta. Questo si fa con uno spettrografo, che è uno strumento capace di analizzare lo spettro della luce, rivelando la composizione molecolare delle atmosfere che l'hanno riflessa.

A questo proposito la NASA, insieme ad altri istituti di ricerca, osservatori astronomici ed università, hanno dato vita al Project 1640. Recentemente, il progetto è arrivato ad un primo grandioso risultato con l'istallazione di un nuovo avanzatissimo spettrografo sul Palomar Observatory, di San Diego.

In una sola ora, siamo riusciti ad ottenere le informazioni precise riguardo alla composizione chimica dell'atmosfera di quattro pianeti intorno ad una stella incredibilmente luminosa." spiega Gautam Vasisht, del JPL, co-autore del nuovo studio che sarà pubblicato sulla rivista scientifica "Astrophysical Journal". "La stella è centinaia di migliaia di volte più luminosa dei pianeti intorno, così abbiamo sviluppato nuovi modi per togliere la luce della stella ed isolare soltanto la pallida luce che proviene dai pianeti."

Insieme a queste nuove tecniche di fotografia infrarossa con telescopi terrestri, sono in atto anche altre strategie per riuscire ad analizzare i pianeti giganti gassosi. Per esempio, Spitzer e Hubble, stanno lavorando insieme dall'orbita terrestre per monitorare i pianeti durante il loro passaggio davanti alle proprie stelle, e poi mentre spariscono dietro. Questo permette di osservare la luce che penetra attraverso l'atmosfera e arriva a noi. In futuro si potrà usare una simile strategia con il molto più potente James Webb Space Telescope, e studiare in grande dettaglio anche pianeti di poco più grandi della Terra.

In un nuovo studio, i ricercatori hanno esaminato una stella di nome HR 8799, intorno alla quale orbitano 4 pianeti conosciuti, molto rossi. Questi pianeti sono stati tra i primi ad essere mai fotografati direttamente intorno alla loro stella, grazie alle osservazioni fatte, nel 2008, con i telescopi Gemini e Keck, in cima al Mauna Kea, alle Hawaii. Il quarto pianeta, il più vicino alla propria stella ed il più difficile da osservare, è stato rivelato a sua volta in nuove immagini scattate dal telescopio Keck, nel 2010.

Già questa fu un'incredibile impresa, considerando che i pianeti sono sempre scoperti in maniera indiretta di regola, cercando di rilevare la loro presenza dal modo in cui diminuisce la luce della stella mentre passano davanti oppure rilevando come la loro gravità va muovere la stella.

Queste immagini però non erano abbastanza da fare analisi spettroscopiche sulla luce riflessa dai pianeti, tanto da capire che composizione chimica avessero. Ma grazie ai nuovi spettrografi molto più sensibili ed avanzati, è stato possibile farlo, ottenendo anche molta più luce dai pianeti, e bloccando ulteriormente quella della stella.

Il Project 1640 ha compiuto questo grazie ad una collezione di strumenti, che il team ha installato insieme sui telescopi a terra. La suite di strumenti include un coronografo per bloccare parte della luce stellare, un sistema di ottiche adattive avanzatissimo per compensare ai difetti indotti dall'atmosfera terrestre muovendo milioni di volte in pochissimo tempo due grandi specchi deformativi; l'immagine raccolta è fatta di 30 scatti in tutti i colori dell'arcobaleno, ripresi simultaneamente. Un nuovo sensore poi aggiusta gli specchi in modo da compensare per la luce stellar dispersa.

"E' un po' come cercare di scattare una singola immagine dell'Empire State Building da un aereo, per trovare una formica sul pavimento accanto." ha spiegato Ben R. Oppenheimer, autore principale del nuovo studio e curatore associato, oltre che capo del Dipartimento Astrofisico del Museo Americano di Storia Naturale, N.Y.

I loro risultati hanno svelato che tutti e quattro i pianeti, anche se hanno quasi la stessa temperatura media, hanno composizioni chimiche molto differenti. Alcune, inaspettatamente, non hanno metano nelle loro atmosfere, e potrebbero esserci tracce di ammoniaca e altri composti sorprendenti. Servirà ulteriore modellazione teorica per capire come potrebbe essere la chimica di questi mondi.




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Questa serie di immagini mostra come viene creato il ritratto dettagliato di un sistema planetario. (i) il Telescopio viene puntato verso una stella. L'immagine mostra com'è fatta prima che vengano applicate correzioni. La macchia nera al centro è il coronografo che verrà poi applicato per bloccare la luce. (ii) le ottiche adattive compensano per la distorsione dell'atmosfera e l'immagine della stella è ora molto più nitida. L'esposizione è molto corta, di circa 1.5 secondi. (iii) La stella viene piazzata sotto una serie di ottiche di occultazione ed una lunga esposizione per filtrare la sua luce per bene. Esposizione di circa 5 minuti. La maggior parte della luce viene rimossa, ma rimangono ancora molte tracce, dovute ai difetti delle ottiche stesse. (iv) la calibrazione dello spettrografo permette di eliminare parte dei difetti, ed una serie di più lunghe esposizioni da 1.25 ore, permettono di assemblare poi i dati in modo da ottenere l'immagine della luce dei pianeti stessi. Non resta poi che estrarre lo spettro della luce. Credit: Project 1640

Nel frattempo, la sfida sarà quella di ottenere sempre migliori immagini e spettri della luce dei pianeti. Altri riceercatori hanno usato il telescopio Keck ed il telescopio LBT (Large Binocular Telescope), per studiare l'emissione di pianeti individuali nel sistema HR8799. Il prossimo passo sarà scoprire altri pianeti su cui indagare per svelare i loro segreti chimici. Diversi dei più grandi telescopi terrestri si stanno attrezzando per andare a caccia: Keck, Gemini, Palomar e Subaru, sono tra i più all'avanguardia in questo.

Idealmente, i ricercatori sperano di arrivare a trovare pianeti abbastanza giovani da avere ancora il calore della loro formazione e quindi essere molto più brillanti negli infrarossi, e più visibili per gli spettrografi. Vogliono anche riuscire a trovare pianeti che sono lontani dalle loro stelle e quindi fuori dalla luce inondante. Il telescopio WISE, della ANSA, ed il GALEX, della NASA e Caltech, hanno aiutato gli astronomi a trovare i migliori candidati in questo senso e ora può partire la ricerca.

"Stiamo cercando pianeti super-Gioviani che si trovano lontano dalla propria stella", spiega Vasisht. "Man mano che la nostra tecnica migliorerà, speriamo di riuscire ad acquisire anche dettagli nuovi sulla composizione molecolare delle atmosfere anche di pianeti gassosi anche un po' più vecchi"

Il James Webb Space Telescope cambierà molto le carte in tavola, riuscendo anche ad osservare pianeti più piccoli come Saturno, molto più in dettaglio. "Attualmente, dal punto di vista tecnologico, i pianeti rocciosi della grandezza della Terra, sono troppo piccoli e vicini alla propria stella per essere osservati, e lo saranno anche per il James Webb Space Telescope, Per arrivare a quei livelli, serviranno una futura missione simili alla proposta del "TPF" Terrestrial Planet Finder" ha spiegato Charles Beichman, co-autore della pubblicazione dei risultati del progetto P1640.

Anche se si tratta di pianeti gassosi giganti non ospitali per la vita, gli attuali studi stanno dando agli astronomi l'occasione di capire qualcosa di nuovo sulla formazione dei sistemi planetari, e quindi anche dei pianeti terrestri come il nostro. Inoltre permette loro di fare pratica e migliorare le tecnologie e gli algoritmi a disposizione, in vista del futuro impiego di queste tecniche per la scoperta e l'esame di pianeti più piccoli.

"I pianeti giganti esterni segnano radicalmente il destino dei pianeti rocciosi interni come la Terra. I giganti possono migrare nella loro storia, avvicinandosi molto alle proprie stelle, ed in questo processo possono lanciare pianeti terrestri fuori dal sistema o distruggerli interamente. Quelli che esaminiamo sono pianeti gioviani caldi, prima che inizino la loro migrazione, sperando di capire come e perché lo fanno e quindi determinando qualcosa in più sul destino dei pianeti interni." ha spiegato Vasisht.

http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2013-157

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Questa immagine del VLT (Very Large Telescope) dell'ESO mostra il pianeta HD95086 b recentemente scoperto, vicino alla sua stella madre. Le osservazioni sono state effettuate da NACO, lo strumento per ottica adattiva per il VLT in luce infrarossa, usando una tecnica chiamata imaging differenziale che migliora il contrasto tra il pianeta e l'abbagliante stella ospite. La stella è stata rimossa artificialmente durante il processo di elaborazione dell'immagine per migliorare la visibilità del debole esopianeta e la sua posizione è indicata. L'esopianeta si trova in basso a sinistra. Il cerchio blu indica la dimensione dell'orbita di Nettuno nel Sistema Solare. Crediti: ESO/J. Rameau


Un'equipe di astronomi ha fotografato con il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO un oggetto debole in movimento vicino a una stella brillante. Con una massa stimata di circa quattro o cinque volte quella di Giove, sarebbe il pianeta più leggero osservato direttamente al di fuori del Sistema Solare. La scoperta è un contributo importante alla nostra comprensione della formazione ed evoluzione dei sistemi planetari.

Anche se sono già stati individuati indirettamente quasi mille esopianeti - la maggior parte di questi con metodi come la velocità radiale o il transito - e molti altri candidati attendono una conferma, solo una dozzina di esopianeti sono stati fotografati direttamente. Nove anni dopo che il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO ha catturato la prima immagine di un esopianeta, il compagno planetario della nana bruna 2M1207, la stessa squadra ha ritratto quello che è probabilmente il più leggero di questi oggetti finora trovato.

"Ottenere direttamente l'immagine di un pianeta è una tecnica molto impegnativa che richiede gli strumenti più avanzati, sia da terra che dallo spazio," spiega Julien Rameau (Institut de Planetologie et d'Astrophysique de Grenoble, Francia), primo autore dell'articolo che annuncia la scoperta. "Solo pochi pianeti sono stati osservati direttamente finora, rendendo ogni singola scoperta una tappa fondamentale sulla strada della comprensione dei pianeti giganti e della loro formazione". ( Fomalhaut b potrebbe avere una massa più bassa, ma la sua luminosità sembra contaminata dalla luce riflessa dalla povere circostante, rendondo incerta la determinazione della massa.)

In queste nuove osservazioni il probabile pianeta si mostra come un puntino debole ma ben definito vicino alla stella HD 95086. Un'osservazione successiva mostra anche che si muove lentamente con la stella in cielo. Questo suggerisce che l'oggetto, che è stato designato HD 95086 b, sia in orbita intorno alla stella. La sua luminosità indica anche la massa prevista sia all'incirca solo quattro o cinque volte quella di Giove.

L'equipe ha usato NACO, lo strumento di ottica adattiva montato su un UT (Unit Telescope) da 8,2 metri del VLT (Very Large Telescope) dell'ESO. Questo strumento permette agli astronomi di rimuovere la maggior parte degli effetti di distorsione dell'atmosfera e ottenere immagini molto nitide. Le osservazioni sono state effettuate in luce infrarossa con una un tecnica, chiamata imaging differenziale, che migliora il contrasto tra il pianeta e l'abbagliante stella madre.

Il pianeta appena scoperto è in orbita intorno alla giovane stella HD 95086 a una distanza di circa 56 volte la distanza dalla Terra al Sole, il doppio della distanza tra il Sole e Nettuno. La stella stessa è poco più massiccia del Sole ed è circondata da un disco di detriti. Queste proprietà hanno permesso agli astronomi di identificarla come un candidato ideale per ospitare giovani pianeti massicci. Il sistema si trova a circa 300 anni luce da noi.

La giovinezza della stella, tra 10 e 17 milioni di anni appena, ha portato gli astronomi a pensare che questo nuovo pianeta si sia probabilmente formato all'interno del disco di gas e polveri che circonda la stella. "La sua posizione attuale solleva domande sul suo processo di formazione: potrebbe essere cresciuto accumulando le rocce che formano il nucleo solido e a mano a mano accumulando il gas dall'ambiente per formare un'atmosfera pesante, oppure è iniziato da un grumo di gas nato da un'instabilità gravitazionale nel disco." spiega Anne-Marie Lagrange, un'altra persona dell'equipe. "Anche le interazioni tra il pianeta e il disco stesso o con altri pianeti potrebbero aver spostato il pianeta da dove si è formato".

Un altro membro dell'equipe, Gaël Chauvin, conclude, "La luminosità della stella indica che la temperatura superficiale di HD 95086 b dovrebbe essere di circa 700 gradi C, abbastanza freddo perchè il vapor acqueo e forse il metano possano esistere nell'atmosfera. Sarà molto interessante studiare questo oggetto con il prossimo strumento SPHERE che verrà installato sul VLT. Si potrebbe forse anche scoprire pianeti interni nel sistema - se esistono."

http://www.eso.org/

http://www.link2universe.net/2013-06-24 ... tografato/


Ultima modifica di ubatuba il 24/06/2013, 18:48, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 30/06/2013, 18:41 
ammassi

Ancora una volta grazie al satellite Kepler, trovati due pianeti che orbitano attorno a stelle a loro volta parte di un ammasso aperto


Hanno la pelle dura, quei due pianeti scovati da Soren Maiborn dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e daii suoi colleghi usando il telescopio spaziale Kepler. Orbitano attorno a una stella che fa parte dell'ammasso aperto NGC 6811, e sono i primi pianeti scoperti con il metodo del transito (lo studio delle minieclissi causate dal passaggio del pianeta davanti alla sua stella) attorno a stelle che facciano parte di ammassi di questo tipo.
Un ammasso stellare è un ambiente decisamente turbolento e sulla carta poco adatto alla formazione di pianeti. Ogni volta che le stelle al suo interno passano una vicina all'altra, la loro gravità può mandare in pezzi i dischi protoplanetari da cui si formano i pianeti, e l'intensa luce ultravioletta proveniente dalle giovani stelle può spazzare via la nuvola di gas e polvere che è alla base dei sistemi planetari. Più è denso l'ammasso, più sono forti questi effetti.
Per questo si dubitava che la presenza di pianeti negli ammassi (dove risiede la grande maggioranza delle stelle) potesse essere più che un'eccezione. Finora, su 850 esopianeti conosciuti, solo 4 si trovavano all'interno di ammassi.
Ma Maiborn, sfruttando la grande precisione dei dati di Kepler, ha trovato questi due pianeti su un campione di appena 377 stelle. Segno che la reale abbondanza di pianeti negli ammassi potrebbe essere molto più grande. Lo studio è pubblicato su Nature.
L'ammasso NGC 6811 è oggi piuttosto piccolo, ma deve aver contenute molte più stelle in passato (la sua età stimata è di un miliardo di anni circa). Allora le condizioni dovevano essere molto più ostili, con molti incontri ravvicinati fra stelle e molta evaporazione delle nuvole in cui si formavano le stelle stesse. Probabilmente si sono verificate anche diverse esplosioni di supernovae, durante la formazione di questi due pianeti, che hanno dimensioni pari a 2,8 e 2,9 volte il raggio terrestre. Il fatto che i due pianeti siano sopravvissuti nonostante tutto ci dice che il processo di formazione planetaria è molto robusto, e che le probabilità per un pianeta di svilupparsi all'interno di un ammasso stellare non sono significativamente più basse rispetto a quanto avviene al di fuori. La maggior parte delle stelle, peraltro, si formano in ammassi più piccoli e più tranquilli di come era NGC 6811 all'inizio della sua storia. Quindi non ci sarebbe più motivo di pensare che gli ammassi stellari non siano un buon posto dove cercare esopianeti.

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MessaggioInviato: 02/07/2013, 17:29 
Nane rosse e pianeti abitabili

I pianeti in orbita attorno a nane rosse hanno più probabilità di essere abitabili di quanto si credesse in passato. La presenza di nuvole può infatti rendere più mite il loro clima, ed estendere la fascia abitabile attorno a queste stelle


Cercare pianeti abitabili al di fuori della Terra e del Sistema Solare è ormai da qualche anno uno dei passatempi preferiti degli astronomi. E' di qualche giorno fa la notizia della recente scoperta di ben tre esopianeti potenzialmente rocciosi attorno a una piccola stella.
Un nuovo studio di alcuni ricercatori statunitensi è riuscito ora a calcolare l'influenza delle nuvole sul clima degli esopianeti, e quindi la possibilità che su di essi si trovino condizioni potenzialmente adatte alla vita. La ricerca riguarda in particolare le nane rosse, stelle piccole e relativamente fredde che sono le più diffuse nell'Universo. I risultati ottenuti dimostrano che nella Via Lattea ci potrebbero essere 60 miliardi di pianeti nella zona abitabile delle stelle nane.
I pianeti situati nella zona abitabile sono di interesse fondamentale per i ricercatori. Per zona abitabile circumstellare si intende quella regione attorno a una stella dove un pianeta può mantenere l'acqua allo stato liquido sulla superficie, come accade sulla Terra. I ricercatori dell'Università di Chicago e dell'Università Northwestern hanno dimostrato che il comportamento delle nuvole può influenzare l'estensione della zona abitabile delle nane rosse. Finora i dati provenienti dal telescopio Kepler della NASA dicevano che per ogni nana rossa esiste un pianeta roccioso (simile alla Terra quindi) orbitante nella sua zona abitabile. Ora il nuovo studio tende a raddoppiare quel numero, come ha detto Nicolas Cowan, uno degli autori dello studio pubblicato su The Astrophysical Journal.
La formula per calcolare la quantità di pianeti attorno a una stella è per decenni rimasta invariata. Cowan e colleghi hanno però notato che questo calcolo trascurava le nuvole, che esercitano una grande influenza sul clima del pianeta. Dorian Abbot, un altro autore dello studio, ha ricordato d'altronde che "le nuvole causano i cambiamenti di temperatura sulla Terra, riflettono e schermano la luce solare, assorbono le radiazioni a infrarossi". Insomma la temperatura mite della Terra è influenzata dal comportamento delle nuvole.
Pianeti orbitanti attorno a stelle come il Sole dovrebbero compiere un'orbita completa una volta l'anno (come la Terra) per essere abbastanza lontani da mantenere l'acqua allo stato liquido sulla superficie. Se invece il pianeta orbita attorno a una stella più piccola, proprio come una nana rossa, le distanze devono accorciarsi per poter ricevere la stessa quantità di calore: più o meno un pianeta dovrebbe compiere un'orbita completa ogni uno o due mesi. Pianeti così vicini alla propria stella avrebbero sempre una sola faccia rivolta verso la stella, proprio come accade alla Luna, che orbita in maniera sincrona attorno alla Terra.
Grazie a delle simulazioni 3D gli esperti hanno potuto studiare gli effetti delle nuvole nel bordo interno della zona abitabile. I calcoli prendono a esempio quelli utilizzati sulla Terra per le previsioni meteorologiche. In precedenza tutte le altre simulazioni erano unidimensionali e ignoravano l'effetto delle nuvole, perché prendevano in considerazione, invece, l'abbassamento delle temperature in base al variare dell'altitudine.
Grazie a 216 computer i ricercatori hanno sviluppato un modello 3D che riproduce i movimenti dell'aria e l'accumulo di umidità nell'atmosfera. Dai calcoli risulta che se ci sono superfici liquide sul pianeta allora ci sono anche le nubi, che schermano il calore proveniente dalla stella e consentono all'acqua di rimanere allo stato liquido anche se il pianeta si trova molto vicino alla stella madre.
Il trio di autori spera di verificare le conclusioni con il James Webb Space Telescope, il cui lancio è previsto per il 2018. Gli astronomi misureranno la temperatura dei pianeti in diversi punti della loro orbita: registreranno la temperatura più alta quando la faccia rivolta verso la stella, priva di nuvole, è rivolta anche verso il telescopio. Al contrario temperature più basse si registreranno sulla faccia buia del pianeta. Se invece le nuvole altamente riflettenti dominano la faccia rivolta verso lo stella, il telescopio registrerà temperature più basse di giorno e più alte di notte.
Se il James Webb Telescope rileva il segnale di un esopianeta, ha osservato Abbot, "è quasi sicuramente proveniente da nubi, e si tratta di una conferma che si ha acqua allo stato liquido sulla superficie".

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MessaggioInviato: 06/07/2013, 10:16 
Da un nuovo studio sui pianeti extrasolari emergono dati sulla composizione dell'atmosfera di pianeti gioviani caldi


L'anno scorso, un team guidato dall'Universit� di Exeter ha lavorato per quasi 200 ore sul telescopio spaziale Hubble della NASA /ESA per esaminare l'atmosfera di otto esopianeti del tipo "Hot Jupiter", tramite lo spettro della luce che filtra dall'atmosfera del pianeta quando questo passa davanti alla stella madre.
I primi risultati dello studio, la pi� grande indagine di questo tipo sui pianeti extrasolari, sono stati appena presentati al National Astronomy Meeting a St. Andrews (UK). Le analisi rivelano che nuvole e vento giocano un importante ruolo nel determinare le caratteristiche dell'atmosfera di questi pianeti. Di recente, d'altronde, era stato pubblicato lo studio di alcuni ricercatori statunitensi che avevano simulato al computer l'influenza delle nuvole sul clima degli esopianeti, e quindi la possibilit� che su di essi si trovino condizioni potenzialmente adatte alla vita.
La nuova ricerca dell'Universit� di Exeter, con a capo Catherine Huitson, ha preso in considerazione 8 pianeti gioviani caldi, pianeti extrasolari la cui massa � simile o addirittura superiore a quella di Giove, ma che orbitano molto vicino alla propria stella madre, a differenza dello stesso Giove. Per questo motivo su questi pianeti si registrano temperature altissime, tra i 1000 e i 3000 gradi Celsius.
Gli astronomi possono rilevare quali gas sono presenti nell'atmosfera analizzando proprio lo spettro di luce che viene filtrata al momento del passaggio davanti alla stella. Sono pianeti che presentano una diversa composizione e conformazione rispetto a quelli del Sistema Solare, come Giove, dove le temperature fra le nuvole raggiungono i -150� C.
Il primo pianeta esaminato dal team � uno dei pi� caldi: si arriva a quasi 2000 gradi. I ricercatori hanno notato, per�, un'anomalia: l'inaspettata assenza di ossido di titanio. Recenti modelli computerizzati in 3D di questi pianeti evidenziano che dovrebbero esserci tracce di ossido di titanio nel vento, che dovrebbe trasportare le molecole di questo elemento e portarle verso la parte alta nell'atmosfera. Il fatto che non ne sono state trovate tracce implica che i venti su questo pianeta non sono cos� forti come si pensava o, in alternativa, le molecole sono talmente grandi da non poter essere trasportate dal vento.
Huitson ha spiegato che "l'ossido di titanio � importante perch� potrebbe intrappolare il calore atmosferico in alto formando la stratosfera - lo stesso ruolo che l'ozono svolge sulla Terra. Tuttavia, i nostri risultati dimostrano che questa molecola non � presente nell'atmosfera superiore".
Il team non si � fermato all'ossido di titanio, ma ha anche analizzato la presenza di vapore acqueo nelle atmosfere di due degli esopianeti e quantit� importanti di acqua sono state trovate, proprio come previsto dai modelli matematici sulle nuvole e sull'influenza del clima.


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MessaggioInviato: 12/07/2013, 09:59 
Gli astronomi utilizzando il telescopio spaziale Hubble della NASA / ESA hanno per la prima volta determinato il colore con cui ci apparirebbe un pianeta in orbita intorno ad un'altra stella.


Il suo colore blu cobalto ha un'aria familiare, ricorda quasi il colore della Terra vista dallo spazio. Ma questo "punto blu" è in realtà un gigante gassoso chiamato HD 189733b, che orbita molto vicino alla sua stella madre.
Ad una distanza di 63 anni luce da noi, è uno degli esopianeti più vicini alla Terra osservabili con il metodo del transito. E' stato molto studiato da Hubble e altri telescopi, e la sua atmosfera è risultata essere drammaticamente mutevole ed esotica, con nebbie e bagliori violenti. Il pianeta è oggetto di un importante primato: la prima misurazione del colore visibile di un pianeta extrasolare.
"Questo pianeta è stato studiato bene in passato, sia da noi stessi che da altri", spiega Frédéric Pont, dell'Università di Exeter, nel Regno Unito, leader del programma di osservazione di Hubble e uno degli autori della scoperta. "Misurare il suo colore è un vero e proprio primato, è come se fossimo in grado in grado di osservarlo direttamente".
Per capire come questo pianeta apparirebbe ai nostri occhi, gli astronomi hanno misurato la quantità di luce riflessa dalla superficie di HD 189733b, o tecnicamente il suo albedo.
HD 189733b è poco visibile ed è vicino alla sua stella. Per isolare la luce del pianeta dalla luce della stella, il team ha utilizzato lo Hubble Space Telescope Imaging Spectrograph (STI) per scrutare il sistema prima, durante e dopo il passaggio del pianeta dietro la sua stella ospite. Quando è scivolato dietro la sua stella, la luce riflessa dal pianeta è stata temporaneamente bloccata alla nostra vista, e la quantità di luce osservata dal sistema è diminuita. Ma questa tecnica mostra anche come la luce cambia, per esempio il suo colore.
"Abbiamo visto che la luminosità di tutto il sistema diminuisce nella parte blu dello spettro quando il pianeta passa dietro la sua stella", spiega Tom Evans dell'Università di Oxford, Regno Unito. "Da questo, possiamo dedurre che il pianeta è blu, perché il segnale è rimasto costante rispetto a gli altri colori che abbiamo rilevato."
Il colore blu del pianeta non viene dal riflesso di un oceano, ma è dovuto ad un'atmosfera turbolenta che si presume sia formata da particelle di silicato. Precedenti osservazioni con metodi diversi hanno riportato evidenti dispersioni della luce blu sul pianeta, ma le più recenti osservazioni di Hubble danno solide prove a conferma di ciò. L'atmosfera del pianeta è cocente con una temperatura che va oltre i 1000 gradi Celsius, e con un vento che spira a circa 7000 km orari.
HD 189733b si presenta come un caso favorevole per questo tipo di misurazioni in quanto appartiene a una classe di pianeti conosciuti come "Gioviani caldi". Questi pianeti massicci sono di dimensioni simili ai giganti gassosi del Sistema Solare, ma invece si trovano molto vicino alla loro stella madre, questa dimensione e la vicinanza alle loro stella li rendono soggetti perfetti per la caccia agli esopianeti. Sappiamo che i "Giove caldi" sono numerosi in tutto l'Universo. Noi non ne abbiamo uno vicino nel nostro Sistema Solare, e quindi lo studio di pianeti come HD 189733b sono importanti per aiutarci a capire questi spettacolari oggetti.
"E 'difficile sapere esattamente che cosa causa il colore dell'atmosfera di un pianeta, anche per i pianeti del Sistema Solare", dice Pont. "Ma queste nuove osservazioni aggiungono un altro pezzo al puzzle sulla natura e l'atmosfera di HD 189733b. Stiamo lentamente dipingendo un quadro più completo di questo esopianeta."

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..che sia un primo passo verso la notizia tanto attesa.... [?] [?]


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MessaggioInviato: 20/07/2013, 18:21 
Un gruppo di astronomi è riuscito ad ottenere, grazie all'uso del telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimiter Array), la primissima immagine mai scattata della linea nevosa che si forma all'interno di un giovane sistema planetario, ancora nelle fasce. Questa zona ghiacciata gioca un ruolo essenziale per la formazione dei pianeti, asteroidi e comete e ha una grande influenza sulla futura composizione chimica di questi corpi. Sulla Terra, simili "linee di neve" si formano ad altitudini molto alte, dove le temperature in caduta portano l'umidità presente nell'aria a diventare neve. Allo stesso modo, le linee che vediamo intorno a queste giovani stelle, potrebbero formare anelli di neve sporca di materiale minerale, dando nascita ai primi planetesimi. La composizione chimica di questi può variare molto e la neve stessa può avere caratteristiche molto esotiche, variando così anche la sua distanza dalla stella, in base alla temperatura a cui vari composti chimici ghiacciano o diventano neve.

L'acqua è la prima a ghiacciare, e a seguire ci sono gli altri gas come l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), ed il monossido di carbonio (CO). Questi composti formano piccoli granelli che iniziano lentamente a mischiarsi entrando in collisione.
ALMA è riuscito ad osservare una linea di neve di CO, mai osservata prima, intorno ad una giovane stella chiamata TW Hydrae, distante 175 anni luce dalla Terra. Gli astronomi ritengono che questo sistema solare nascente ha molte delle caratteristiche che aveva anche il nostro Sistema Solare nella sua infanzia, all'età di pochi milioni di anni. I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica "Science Express".

"ALMA ci ha permesso di ottenere un'immagine reale della linea di neve intorno ad una giovane stella. Questo è estremamente eccitante perché ci dice molto sui primi tempi del nostro sistema solare" ha spiegato Chunhua Qi, ricercatore del Centro per l'Astrofisica della Harvard-Smithsonian, che ha guidato un team internazionale insieme a Karin Oberg, ricercatrice della Harvard University e dell'Università di Virginia.

"Adesso siamo in grado per la prima volta di vedere i dettagli nascosti riguardi alle regioni ghiacciati di altri sistemi planetari, e questo in particolare ha anche molto in comune con il nostro quando aveva meno di 10 milioni di anni." ha spiegato Qi.

Le linee di neve sono fino ad ora state rilevate soltanto per le loro impronte spettrali nell'esaminare la luce delle stelle, ma mai erano state viste direttamente, quindi era impossibile determinare quanto sono estese e dove si trovano intorno alle stelle.

Questo perché le linee di neve si formano esclusivamente nella regione relativamente stretta al centro del disco protoplanetario. Sopra e sotto questa regione, la radiazione stellare mantiene i gas troppo caldi, non permettendo la formazione di ghiacci. Solo grazie all'effetto di insolazione della polvere ed il gas che si accumulano qui al centro, le temperature possono scendere abbastanza da formare ghiaccio di CO.

Normalmente, questo involucro esterno di gas caldo impedirebbe agli astronomi di guardare all'interno del disco dove il gas è riuscito ad arrivare allo stato ghiacciato. "Sarebbe come cercare di trovare una piccola regione soleggiata durante una giornata molto nebbiosa." ha spiegato Oberg.



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Questa immagine, presa dall'osservatorio ALMA in Cile, mostra la zona (in verde) in cui si è formata neve di monossido di carbonio intorno alla stella TW Hydrae (indicata al centro). Il cerchio blu rappresenta il punto in cui si troverebbe l'orbita di Nettuno per confronto con la dimensione del Sistema Solare. Il passaggio al ghiaccio di monossido di carbonio potrebbe anche indicare il confine interno della regione in cui si possono formare i corpi minori ghiacciati come le comete e i pianeti nani come Plutone e Eris. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)

Questa equipe di astronomi è riuscita a sbirciare nel disco, dove la neve si era formata, sfruttando un abile trucco: invece di cercare la neve - che non può essere osservata direttamente - hanno cercato una molecola nota come diazenilio (N2H+), che emette radiazione nella banda millimetrica dello spettro ed è perciò un bersaglio perfetto per ALMA. La fragile molecola viene distrutta facilmente in presenza di monossido di carbonio gassoso e perciò appare in quantità misurabili solo nelle zone in cui il monossido di carbonio è ghiacciato e non può più aggredirla. In sostanza, la chiave per trovare il limite della neve di monossido di carbonio sta nel trovare il diazenilio.

La sensibilità e la risoluzione uniche di ALMA hanno permesso agli astronomi di tracciare la presenza e la distribuzione del diazenilio e di trovare un confine ben delineato a circa 30 unità astronomiche dalla stella (30 volta la distanza tra la Terra e il Sole). Questo dà, in effetti, un'immagine in negativo della neve di monossido di carbonio nel disco che circonda TW Hydrae, immagine che può essere usata per vedere il limite della neve di monossido di carbonio esattamente dove la prevede la teoria - all'interno dell'anello di diazenilio.

"Per queste osservazioni abbiamo usato solo 26 antenne delle 66 finali di ALMA. Indicazioni della presenza del limite della neve si vedevano già con ALMA intorno ad altre stelle e siamo convinti che future ossservazioni con la schiera completa di antenne troveranno molti altri casi e provvederanno emozionanti approfondimenti sulla formazione ed evoluzione dei pianeti. Aspettate e vedrete," conclude Michiel Hogerheijde del Leiden Observatory, Paesi Bassi.

http://www.nrao.edu/pr/2013/snowline/#caption_1

http://www.link2universe.net/2013-07-19 ... lanetario/

notizia che fino a qualke tempo fa sembrava pura fantasia,oramai le novita'sono all'ordine del giorno,e magari nuove piu' importanti informazioni riguardo la possibilita'di vita nell'universo sono prossime all'annuncio......[;)]


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Stai facendo un lavoro inestimabile. Continua ad aggiornarci, ti prego! [:)]



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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Cita:
Aztlan ha scritto:

Stai facendo un lavoro inestimabile. Continua ad aggiornarci, ti prego! [:)]


ciao aztlan,faccio quello che posso,nel mio piccolo,avendo oltretutto un casino di hobby,mi occorrerebbe una giornata di 48 h............. [;)]


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