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http://www.dhyan.it/berlusconi.asp#comesoldiAumenti di capitale in contanti. Miliardi senza padrone. Partite di giro. Tra il 1977 e il 1985. Gli esperti di Bankitalia scavano per la prima volta alle radici della Fininvest. E scoprono addirittura che, per le banche, le holding del cavaliere erano semplici negozi da parrucchiere. Viaggio nei segreti dell'uomo più ricco d'Italia. Tra prestanome con ictus e microfilm bruciati di Francesco Bonazzi e Peter Gomez.
Eccola, la vera storia della nascita dell'impero Fininvest. riassunta in un rapporto di 120 pagine firmato dai tecnici della Banca d'Italia. Un documento per molti versi esplosivo, intitolato "Prima nota informativa sui flussi finanziari delle società denominate Holding Italiana dalla prima alla ventiduesima", arrivato nelle mani dei magistrati di Palermo nell'aprile del 1999.
Ma che solo nella seconda metà del luglio di quest'anno è stato depositato agli atti del processo per concorso esterno in associazione mafiosa contro Marcello Dell'Utri. È la storia di un uomo riuscito, in quattro anni, a creare un moloch multimediale: Silvio Berlusconi. Facendo lo slalom tra prestanome, fiduciarie e tanti soldi in contanti. Con l'aggiunta di un tocco di genio della Popolare di Lodi, che nel 1991 scheda le Holding del Cavaliere, ovvero le società che controllano la Fininvest, alla voce «servizi di parrucchieri ed istituti di bellezza».
La relazione commissionata dai pm di Palermo nell'ambito di un'inchiesta per riciclaggio, poi archiviata all'inizio di quest'anno, chiarisce molti interrogativi sull'origine delle fortune del Cavaliere, ma lascia spazio ancora a tante domande. Misteri che Silvio Berlusconi, lanciato verso la riconquista di Palazzo Chigi, avrà comunque modo di sciogliere definitivamente in autunno. Perché già all'inizio del processo contro Dell'Utri sia la difesa che l'accusa avevano chiesto la sua testimonianza.
NON APRITE QUELLA PORTAL'inchiesta inizia con un colpo di scena nel giugno del 1998, quando uomini della Direzione Investigativa Antimafia bussano alle porte della Lodi per tentare di ricostruire i movimenti sui conti delle Holding. La Popolare di Lodi è l'istituto che nel 1991 ha incorporato la Banca Rasini.
Il crocevia dal quale sono passati buona parte dei primi soldi del Cavaliere e dove suo padre Luigi è stato per vent'anni l'uomo di fiducia della proprietà. Eppure, negli uffici della Lodi, quando gli ispettori chiedono notizie delle Holding, si sentono rispondere: «Quelle società non figurano tra i nostri clienti».
Ma non è vero. Le Holding Italiana ci sono eccome. Solo che una mano burlona le ha censite come saloni di bellezza. I dipendenti in pensione della Rasini svelano agli investigatori che al quarto piano dell'agenzia milanese di Piazza dei Mercanti c'è un archivio dimenticato: i microfilm dei conti delle Holding stanno lì. A settembre del '98, gli investigatori si lamentano con l'ufficio legale della Lodi.
E la banca fa marcia indietro: «Scusate, c'è stato un errore, abbiamo cambiato i computer e fatto qualche confusione nel censimento». I magistrati segnalano il comportamento della Popolare alla Banca d'Italia.
UN SUPERQUIZ DA 500 MILIARDI Tra le pagine del rapporto si rincorrono miliardi a palate. Denaro che cade a pioggia, a volte in contanti a volte con assegni circolari, per pompare liquidità nelle casse del Biscione: almeno 200 miliardi transitati sui conti delle 22 Holding tra il 1977 e il 1985, seguendo giri tortuosi. Talmente tortuosi che di ben 114 miliardi (502 di oggi), i tecnici di Bankitalia non riescono a ricostruire l'esatta provenienza.
La maggioranza delle operazioni viene eseguita formalmente da due fiduciarie della Bnl, la Saf e la Servizio Italia, che operano "franco valuta". Ovvero, lasciano che i vari aumenti di capitale che la Fininvest nel corso degli anni ha eseguito attraverso le Holding vengano portati a termine dai fiducianti (Berlusconi e famiglia), senza pretendere copie dei bonifici e degli assegni.
Una pratica che lascia «perplessi» anche gli ispettori Bnl inviati nel 1994 a spulciare i conti delle fiduciarie.
Formidabili quegli anni. Ma anche se mancano molte pezze contabili, un fatto è certo. Dal punto di vista finanziario, lo spartiacque tra il Berlusconi palazzinaro e il Berlusconi tycoon televisivo cade il 6 aprile del 1977. Quel giorno, la Fininvest srl aumenta il capitale da 2,5 a 10,5 miliardi.
L'operazione, secondo gli esperti di Bankitalia, ha almeno due aspetti misteriosi: gli otto miliardi dell'aumento (44 miliardi al valore odierno) vengono versati in contanti e «al momento non si conosce la provenienza della somma». Il 2 dicembre, nelle casse della Fininvest srl arrivano altri 16,4 miliardi (90,8 di oggi) come «finanziamento soci». E pure in questo caso la documentazione bancaria acquisita non registra la provenienza dei fondi. Erano in contanti? E se invece erano assegni, da dove arrivava la provvista?
Questo enorme sforzo finanziario accompagna l'esplosione pubblica di Berlusconi. Proprio nel 1977, Silvio viene nominato cavaliere, compra un primo 12 per cento del "Giornale" di Montanelli e comincia a credere davvero nelle tv. Il capitale di Telemilano, che per quattro anni si era limitata a trasmettere via cavo a Milano 2, sale a mezzo miliardo. E a fine anno, Silvio arriva settimo nella classifica dei contribuenti milanesi, con 304 milioni di reddito.
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