IL MIRACOLO DI SANT'AMBROGIO Ma l'operazione che meglio riassume la raffinatezza finanziaria del cavaliere va in scena il 7 dicembre del 1978, festa di Sant'Ambrogio, quasi in contemporanea con il "Simon Boccanegra" diretto da Claudio Abbado che quell'anno apre la stagione della Scala.
Mentre dal loggione piovono gli applausi per la regia di Strehler, sui conti delle Holding e delle fiduciarie del cavaliere nella filiale di Segrate della Popolare di Abbiategrasso sembrano piovere dal nulla 17,98 miliardi (88 di oggi). Il denaro si attorciglia lungo otto giroconti (vedi illustrazione a pag. 47). Ufficialmente, il valzer parte da Fininvest Srl e finisce nelle casse di Fininvest Roma, una scatola vuota amministrata da Umberto Previti, il padre di Cesare.
Il malloppo corre all'impazzata entrando e uscendo dai conti Saf, dopo un giro contabile tra Silvio e lo zio Luigi Foscale. E già che c'è, passa pure tra le Holding 1-19 all'apparente scopo di finire nella controllata Fininvest Roma srl.
Gli esperti di Bankitalia non sono riusciti a trovare il primo e l'ultimo anello della catena. Nel rapporto, le caselle "primo ordinante" e "ultimo beneficiario" vengono riempite con «XXXXXX soggetto da identificare». Come non bastasse, unico caso tra la documentazione esaminata, parte dei microfilm delle operazioni di dicembre vanno in fumo. Nella relazione si legge a pagina 16: «La banca dichiara di aver disponibili gli estratti conto delle Holding per il dicembre 1978 limitatamente a talune Holding, infatti per 13 di esse la pellicola microfilmata risulta essersi bruciata».
L'intera operazione ha due effetti importanti. Capitalizza le Holding che, con le banche, possono garantire la solidità di Fininvest e chiarire che il vero proprietario è Silvio Berlusconi, sia pure al riparo delle fiduciarie. Ma agli occhi indiscreti, ergono una vera e propria barriera di riservatezza. Il tutto, proprio nel momento in cui l'impegno nel settore televisivo aumenta di peso con l'inizio delle trasmissioni di Telemilano 58, la "mamma" di Canale 5. Anche se quel 1978 era iniziato all'insegna della segretezza, con l'iscrizione del Cavaliere alla Loggia P2 di Licio Gelli.
La Palina impazzita. Per far crescere le tv private servono sempre più capitali, difficili da reperire in un periodo di crisi immobiliare. Negli ultimi due mesi del '79, Silvio Berlusconi sembra però trovare la soluzione.
Il 19 ottobre, tramite dei prestanome, Sua Emittenza fonda una srl di nome Palina. È una società che assomiglia a una siringa monouso: vivrà solo sette mesi, concludendo un'unica operazione. Il 14 dicembre del '79, la Palina fa girare sul proprio conto corrente, aperto nella sede milanese della Popolare di Abbiategrasso, la bellezza di 27,68 miliardi (117 di oggi).
Si comincia con Palina che bonifica la somma alla Saf che, a sua volta, gira i 27 miliardi e rotti alle Holding Italiana 1-5 e 18-23. Scrivono gli esperti di Bankitalia: «L'accredito Palina veniva specificatamente autorizzato dal fiduciante Silvio Berlusconi, probabilmente in considerazione dell'atipicità dell'operazione».
Fatto sta che le Holding a loro volta accreditano immediatamente la somma sui conti della Fininvest, che la storna a Milano 3 srl (altra società del gruppo). Quest'ultima, a sorpresa, restituisce il tutto a Palina. L'operazione viene giudicata «priva di qualsiasi giustificazione contabile e amministrativa». Ci sono dunque 27, 68 miliardi senza un padrone? O forse la mitica Palina quei soldi non li ha mai visti?
Amilcare Ardigò, il commercialista presso la quale era domiciliata la Palina, dichiara alla Dia: «Non ho mai avuto notizia del transito di quei soldi».
E spiega come la Palina non abbia mai avuto un solo documento contabile. Del resto, ad amministrarla era un settantacinquenne colpito da ictus, tale Enrico Porrà, che proprio Ardigò accompagnava in carrozzella alle assemblee. Per questo, ora il professionista si sorprende di fronte a quei 27 miliardi : «Non ho mai accompagnato in banca Porrà, un prestanome di Berlusconi, per il perfezionamento di operazioni relative a quella società».
Passano dieci giorni e tra il 24 e il 31 dicembre dello stesso anno la Fininvest riceve altri 25 miliardi dalle Holding. Anche qui i funzionari di Banca D'Italia tentano di ricostruire l'origine della maxiprovvista, ma trovano traccia solo di un versamento da 4,3 miliardi effettuato da Berlusconi in persona. E gli altri venti? Un regalo natalizio a chiudere un '79 da incorniciare?
Nell'aprile di quell'anno, Berlusconi inizia a costruire Milano 3, e a settembre eccolo che crea con 4 miliardi la Cofint, compagnia finanziaria televisiva. Il 3 ottobre nasce una delle sue figliole predilette, la concessionaria Publitalia 80, con una dote di 3 miliardi. Passano pochi giorni e il mitico Mike Bongiorno presenta "I sogni nel cassetto" dagli studi di Canale 5.
LE BANCHE AI PIEDI DI RE SILVIO La girandola dei miliardi "franco valuta" continua nei primi anni Ottanta, anche se il più è fatto. Tra il marzo del 1981 e il maggio del 1984, le varie Holding ricevono oltre 12 miliardi, tutti rigorosamente di provenienza ignota. È vero però che il boom televisivo di Berlusconi è sotto gli occhi di tutti, tanto che a luglio del 1980 il cavaliere dichiara di aver investito già 40 miliardi nel nuovo
business mediatico.
Sono gli anni ruggenti dell'amico Bettino Craxi, che dall'agosto del 1983 diventa primo ministro e guida la nazione con piglio deciso. Come d'incanto, le pricipali banche italiane fanno la fila per prestare soldi all'amico di Bettino. Dalla Centrale Rischi di Banca d'Italia, si vede che fino al 1984 il gruppo Fininvest lavorava con la Popolare di Novara, la Bnl e il Monte dei Paschi di Siena.
Ma dal 1985 al 1987, Berlusconi ottiene decine di miliardi anche da Cariplo, Comit, Banca di Roma e Credito Italiano. Nulla di sorprendente: la Fininvest è ormai un colosso. Quello che stupisce è invece il duro giudizio espresso da alcuni uffici fidi. Sintomatico il caso di Efibanca, la banca d'affari del gruppo Bnl, che tra il 1982 e il 1993 presta alle società di Berlusconi ben 295 miliardi. Nel rapporto dei funzionari di Banca d'Italia, si assegna grande rilevanza al primo finanziamento da 10 miliardi concesso nel 1982 alla Cofint.
Il giudizio iniziale dell'ufficio fidi di Efibanca parla «di situazione consolidata alquanto provata», che al 31 dicembre 1980 «evidenzia mezzi propri per circa 16 miliardi, contro debiti per 31». Ma a giugno, i 10 miliardi vengono puntualmente concessi. Tre anni dopo, in una relazione preparata in occasione della modifica delle garanzie offerte al primo finanziamento Cofint, i responsabili dell'ufficio fidi di Efibanca parlano di «struttura patrimoniale indebolita» e notano come a fronte di debiti certificati da Arthur Andersen nel 1983 pari a 840 miliardi, vi siano «solo notizie di stampa secondo cui il fatturato del gruppo oscillerebbe tra i 1.000 e 1.200 miliardi, senza nessun riferimento al risultato reddituale conseguito».
Con una relazione di questo tono, la bocciatura dei nuovi finanziamenti sembra scontata. E invece, in margine al documento, la Dia troverà «un appunto con sigla non appurata: "relazione non esatta nella sua impostazione"».
MA QUANTI PREVITI A Efibanca, insomma, Berlusconi ha più di un santo in paradiso. Tra i consulenti dell'istituto figurano pure l'avvocato Cesare Previti e la società Sirea (Società italiana revisione aziendale) amministrata, tra gli altri, dall'ingegner Giuseppe Previti.
Cesare e Giuseppe sono figli del commercialista Umberto, amministratore unico della Fininvest sin dalla fondazione. Ma non basta. Efibanca rinuncia ben presto a chiedere ipoteche per i finanziamenti al gruppo Fininvest.
Scelte sulle quali il collegio sindacale dell'istituto avrebbe potuto anche sollevare qualche dubbio. E invece va tutto bene. Del resto, anche tra i sindaci non mancavano i doppi incarichi. Antonio Berton, sindaco dal 1984 al 1994 di Bnl holding, nello stesso periodo era anche titolare della Fiduciaria Padana, un altro schermo societario utilizzato dal cavaliere per i suoi misteriosi aumenti di capitale.
Sempre Berton viene nominato liquidatore della berlusconiana Cofint. Nello scorso autunno, pure la generosa Efibanca viene rilevata dalla solita Popolare di Lodi. Una storia a lieto fine. In attesa che un errore dei computer trasformi anche loro, i grigi ragionieri dell'ufficio fidi, in abili coiffeur.
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barionu il 02/08/2013, 23:06, modificato 1 volta in totale.