Cita:
mik.300 ha scritto:
quindi se ho capito bene
al senato c vanno quelli delegati
dai consiglieri regionali,
o essi stessi, giusto?
mi può stare anche bene,
ma di cosa si occuperebbe
esattamente??
sarebbe una specie di cnel
su argomentazioni locali..
eè il quid che non mi è chiaro però..
scusa se cito wikipedia, ma è solo per brevità e rapidità di inserimento.
Sul parlamento tedesco, lasciando perdere il loro sistema elettorale però. Sistema elettorale che può essere causa della nascita di una große koalitionen. Una cosa simile potrà funzionare in Germania, ma da noi sarebbe il solito governo di larghe intese papocchio e ingovernabile. La nuova legge elettorale da noi dovrà garantire un vincitore certo alla camera (sempre nell'ottica della fine del bicameralismo perfetto). Lasciando a mio avviso perdere anche la nomina del cancelliere. Propendo più per un premierato forte , eletto direttamente dai cittadini, con revoca dei ministri, facoltà di scioglimento della camera (sul senato non avrebbe legislazione, sempre nell'ottica di un senato delle regioni) , sfiducia costruttiva e via dicendo.
Sul parlamento tedesco quindi:
Camera bassa = Bundestag: di cosa si occupa:
Cita:
Il Bundestag è composto da 622 deputati..
Il Bundestag ha quattro funzioni principali:
È l'organo decisivo per la formazione del governo: qui viene eletto il cancelliere.
È il fulcro del procedimento legislativo: nel Bundestag il testo definitivo di ogni singola legge viene approvata dopo varie discussioni.
È l'organo di controllo del governo e della politica governativa: può chiedere e sollecitare il governo a rendere conto del proprio operato.
È l'organo di rappresentanza di tutto il popolo: il Bundestag ha il compito di occuparsi dei problemi di tutti i gruppi sociali discutendoli pubblicamente.
Camera alta, o senato federale = Bundesrat
Cita:
Il Bundesrat è un organo federale, intendendo con ciò un organo facente parte della struttura federale dello stato tedesco.
Le sue funzioni si esplicano esclusivamente in ambito federale, pertanto i suoi provvedimenti producono la loro efficacia all'interno dell'ordinamento federale e non direttamente negli ordinamenti dei vari Länder.
Il Bundesrat non si occupa dunque di questioni che appartengono alla competenza dei singoli Länder e non svolge neppure un ruolo di coordinamento, qualora questioni appartenenti alla competenza di più Länder richiedano soluzioni comuni. Una tale funzione di coordinamento spetta infatti ad apposite conferenze a cui partecipano i ministri competenti dei vari Länder e non al Bundesrat, che esercita le proprie prerogative solo sul piano federale e non statale.
All'interno del sistema federale tedesco il Bundesrat esercita un ruolo chiave nella ripartizione della sovranità tra lo stato centrale (in tedesco Bund) e gli stati membri (Länder) poiché è attraverso quest'organo che i Länder possono tutelare i propri interessi e contribuire al processo legislativo e all'amministrazione a livello federale mediante le proprie esperienze politiche ed amministrative. Il Bundesrat condivide dunque con gli altri organi costituzionali federali la responsabilità della politica generale dell'intera federazione.
Nell'ordinamento costituzionale tedesco il Bundesrat non può essere propriamente considerato il secondo ramo del parlamento accanto al Bundestag. La provenienza dei suoi membri, non eletti a suffragio universale ma esponenti dei governi dei vari Länder, impedisce che il Bundesrat rivesta il ruolo di seconda camera di un sistema tipicamente bicamerale. I membri del Bundesrat sono inoltre vincolati al mandato ricevuto dai governi dei Länder di cui sono parte, in violazione del generale principio del divieto di mandato imperativo per i parlamentari.
La particolare posizione del Bundesrat è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale federale che in una sentenza del 1974 ha affermato che:
Secondo il dettato costituzionale il Bundesrat non è la seconda camera di un organo legislativo unitario, che prende parte in modo paritetico con la "prima camera" al procedimento legislativo. (BVerfGE 37, 363)
Il Bundesrat non è dunque un organo dotato di un potere legislativo pieno in quanto la sua funzione legislativa è limitata a determinati settori, individuati dalla Legge fondamentale....
Il Bundesrat è composto dai delegati dei governi dei vari Länder. Secondo quanto previsto dall'art. 51 della Legge Fondamentale siedono nel Bundesrat i membri dei governi di ogni singolo Land. Ogni Land è rappresentato nel Bundesrat da un numero di delegati determinato sulla base del numero dei suoi abitanti. Ogni Land può avere da un minimo di 3 ad un massimo di 6 delegati per un totale di 69 delegati che compongono il Bundesrat..
Ma se lo sappiamo noi quale sarebbe una buona soluzione per il paese, vuoi che non lo sappiano politici e costituzionalisti. Lo sanno eccome. Ma si vede che nessuno, ha interesse nel farlo. In 20 anni quante bicamerali, bicameraline, sono state messe in piedi, ma non si è mai arrivato a nulla di concreto.
Poi ci si mette in mezzo anche certa stampa da strapazzo come quelli del fatto quotidiano con la loro campagna di demonizzazione contro le modifiche della carta costituzionale.
In realtà ci aveva già provato la lega con il referendum del 2006, non era la soluzione ottimale ma era un ottimo inizio, ma gli itaGliani lo hanno bocciato fregandosene altamente
la devolution comprendeva:
Cita:
Devoluzione alle regioni della potestà legislativa esclusiva in alcune materie come organizzazione scolastica, polizia amministrativa regionale e locale, assistenza e organizzazione sanitaria (le norme generali sulla tutela della salute tornano di competenza esclusiva dello Stato); secondo i sostenitori del SI al referendum, questo avrebbe portato a maggiore responsabilizzazione delle autonomie regionali, allocando contemporaneamente poteri decisori e poteri di spesa alle Regioni, riducendo le spese sanitarie che altrimenti avrebbero toccato punte elevate, comportando un aumento dell'addizionale Irpef in diverse Regioni; secondo i sostenitori del NO, la devoluzione avrebbe comportato un aumento del fabbisogno economico superiore ai possibili trasferimenti di risorse dallo Stato e, quindi, l'introduzione di nuove imposte nelle regioni meno "virtuose";
Alcuni ambiti (come la sicurezza del lavoro, le norme generali sulla tutela della salute, le grandi reti strategiche di trasporto, l'ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuali ordinamento sportivo nazionale, produzione strategica dell'energia) che, a seguito della riforma del 2001 erano regolati con leggi di principio statali e leggi di dettaglio regionali, sarebbero tornati di esclusiva competenza della legislazione statale. Secondo i sostenitori del SI, ciò avrebbe corretto talune storture della riforma del titolo V approvata dal centrosinistra nel 2001 che per alcune materie aveva già prodotto molti ricorsi alla corte costituzionale, e per molte altre ne avrebbe causato a venire: a titolo di esempio, se l'ordinamento sportivo fosse rimasto competenza regionale, si sarebbe rischiata, per il futuro, l'illegittimità costituzionale dei campionati nazionali di calcio; secondo i sostenitori del NO, la Corte costituzionale aveva già interpretato il testo del titolo V in modo conforme alle esigenze prospettate da questa parte della revisione, rendendola non necessaria;
[color=blue]Fine del bicameralismo perfetto, con suddivisione del potere legislativo tra Camera dei deputati e Senato Federale. La Camera avrebbe discusso, in linea di principio, leggi di ambito nazionale (bilancio, energia, opere pubbliche, valori fondamentali, trattati internazionali, etc), il Senato leggi che interessano materie a competenza regionale esclusiva o concorrente con lo Stato; secondo i sostenitori del SI, ciò avrebbe comportato maggiore velocità e incisività nell'approvazione delle leggi, poiché, senza la riforma una legge deve essere approvata da quasi 1000 parlamentari e con il medesimo testo sia dalla Camera che Senato, facendo, a volte, rallentare l'iter legislativo; secondo i sostenitori del NO, la ripartizione di competenze non è chiara e avrebbe provocato numerosi conflitti di competenza dinanzi alla Corte costituzionale tra Camera e Senato. Taluni sostenitori del SI hanno ribattuto che la parte della riforma relativa all'iter legislativo si sarebbe applicata solo a partire dalla prima legislatura successiva all'entrata in vigore della legge costituzionale (quindi, salvo elezioni anticipate, nel 2011) ed eventuali lacune si sarebbero potute nel frattempo essere risolte dal Parlamento. Per i critici, inoltre, l'approvazione delle leggi da parte di una sola Camera avrebbe portato ad una minore ponderazione nell'elaborazione dei testi legislativi.
Riduzione del numero di deputati (da 630 a 518) e senatori (da 315 a 252), con decorrenza tra due legislature. I senatori sarebbero stati nominati su base regionale contestualmente all'elezione dei consigli regionali; i senatori a vita sarebbero diventati "deputati a vita", sarebbe diminuita l'età minima per essere eletti alla Camera (da 25 a 21 anni) e al Senato (da 40 a 25 anni). La riduzione sarebbe stata in vigore dalla XVI Legislatura e quindi non necessariamente nel 2016 come spesso riportato, ma certamente non sarebbe stata immediata.
Aumento dei poteri del Primo Ministro, con il cosiddetto "Premierato"; questi avrebbe potuto revocare i ministri, dirigere la politica degli stessi non più coordinando l'attività dei ministri ma determinandola; avrebbe potuto sciogliere direttamente la Camera (potere solitamente affidato al Presidente della Repubblica, non esercitabile però incondizionatamente, potendo indire elezioni anticipate - secondo la migliore prassi - solamente ove riscontri l'impossibilità di una qualsiasi maggioranza); secondo i sostenitori del NO, ciò avrebbe aumentato eccessivamente i poteri del Primo Ministro, consentendogli di controllare la Camera, mentre storicamente è stato accettato il concetto secondo il quale dovrebbe essere lui a rendere conto al Parlamento. Inoltre la facoltà di revoca dei ministri, sempre secondo i sostenitori del NO, sarebbe stata puramente teorica in un sistema bipolare multipartitico, in cui l'estromissione di un ministro avrebbe come effetto la fine del sostegno del suo partito alla maggioranza; secondo i sostenitori del SI, la riforma avrebbe reso più incisiva l'azione di governo, dotando di effettivi poteri il premier.
Clausola contro i cambi parlamentari di maggioranza e obbligo di nuove consultazioni popolari in caso di caduta del governo, salvo la sfiducia costruttiva con indicazione di un nuovo Premier e senza cambi di maggioranza; la Camera avrebbe potuto quindi sfiduciare il Primo Ministro, ma, a meno che la stessa maggioranza espressa dalle elezioni ne indichi un altro nel termine di venti giorni, la Camera sarebbe stata automaticamente sciolta con la necessità di andare a nuove elezioni. La Camera sarebbe stata sciolta anche se la mozione di sfiducia fosse stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni (norma cosiddetta Antiribaltone). Secondo i sostenitori del SI, ciò avrebbe reso più stabile il governo ed impedito che il Primo Ministro salvi una maggioranza instabile includendovi nuovi partiti e modificando le preferenze espresse dagli elettori; secondo i sostenitori del NO, ciò avrebbe reso molto più difficile, se non impossibile, la sfiducia al Primo Ministro.
Clausola di Interesse nazionale, espunta dalla riforma del 2001. Nel caso il governo avesse ravvisato in una legge regionale elementi in contrasto con l'interesse nazionale, entro quindici giorni dalla promulgazione avrebbe invitato la regione ad eliminare le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi quindici giorni il Consiglio regionale non rimuovesse la causa del pregiudizio, il Governo, entro ulteriori quindici giorni, avrebbe sottoposto la questione al Parlamento in seduta comune che, entro il termine di quindici giorni, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, avrebbe potuto annullare la legge o sue disposizioni. Secondo i sostenitori del NO, questa clausola era stata già recuperata in via interpretativa dalla Corte Costituzionale; secondo i sostenitori del SI l'esplicita previsione dell'interesse nazionale e soprattutto la previsione di un apposito meccanismo, a tutt'oggi mancante, avrebbe favorito il migliore perseguimento dello stesso.
Clausola di supremazia: lo Stato avrebbe potuto sostituirsi alle Regioni in caso di mancata emanazione di norme essenziali; secondo i sostenitori del NO, questo potere è ricompreso in quello attuale di sostituzione del governo nazionale alle regioni a tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica e dei diritti fondamentali.
Il Presidente della Repubblica sarebbe divenuto garante dell'unità federale della Repubblica. Avrebbe nominato i presidenti delle autorità indipendenti, sentiti i presidenti delle Camere, e fino ad un massimo di 3 deputati a vita. Avrebbe nominato Primo Ministro chi risultasse candidato a tale carica dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la libertà di scelta contemplata dall'art. 92 cost.; avrebbe potuto sciogliere la Camera dei deputati solo su richiesta del Primo Ministro, in caso di morte, impedimento permanente o dimissioni dello stesso, se la Camera dei deputati avesse approvato una mozione di sfiducia al Primo Ministro senza che la maggioranza risultante dalle elezioni ne avesse espresso uno nuovo, oppure se il voto di sfiducia fosse stato respinto col voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. L'età minima per essere eletto alla carica di Presidente sarebbe scesa da 50 a 40 anni.
La Corte Costituzionale avrebbe visto aumentare i giudici di nomina parlamentare da 5 a 7, mentre sarebbero diminuiti i giudici nominati dal Capo dello Stato e eletti dalla Cassazione, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti. Secondo i sostenitori del NO, ciò avrebbe ridotto di molto l'indipendenza della Corte. Secondo i sostenitori del SI la previsione di 4 giudici nominati dal Senato federale espressione delle Regioni avrebbe equilibrato i poteri in seno alla Corte.
Autonomia di Roma: Roma è la capitale della Repubblica e dispone di forme e condizioni particolari di autonomia, anche normativa, nelle materie di competenza regionale, nei limiti e con le modalità stabiliti dallo statuto della Regione Lazio (art. 114 terzo comma). Roma quindi avrebbe avuto forme di autonomia anche normative, nei limiti stabiliti dalla Regione Lazio.
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queste riforme sono riprese in parte dall'attuale governo, vedremo se si arriverà a qualcosa...