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MessaggioInviato: 04/10/2013, 20:50 
Si certo meno male che c'è la sobria Germania e la cul.. sobria Merkel che pensano solo per sè.

Mentre gli altri paesi nei quali questa europa soffoca l'imprenditoria, crea disoccupati e miseria, i disoccupati che si arrangino, possono crepare e se non vogliono crepare possono rubare e se non vogliono rubare, che lavorino in nero cosi il lavoro in nero non viene tassato, lo stato perde introiti fiscali e le aziende in regola subiscono ulteriori penalizzazioni per concorrenza sleale.

Ottima strategia abbandonare a se stessi gli sfortunati che hanno perso il lavoro grazie all'europa.


Ultima modifica di Wolframio il 04/10/2013, 20:51, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 04/10/2013, 23:33 
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rmnd ha scritto:


Meno male che c'è la Germania, in questa Europa.


Come siamo fortunati!!!

[:o)]



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MessaggioInviato: 05/10/2013, 12:51 
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rmnd ha scritto:


Meno male che c'è la Germania, in questa Europa. Ma come si fa a parlare di sussidio di disoccupazione europeo in un momento di austerità.
Già la Germania ha i suoi problemi con gli immigrati abasso profilo professionale che costano parecchio perchè godono del sussidio di disoccupazione tedesco.

http://www.repubblica.it/economia/2013/10/04/news/la_germania_contro_bruxelles_su_sussidi_ue_a_disoccupazione-67877029/

Cita:
[color=blue]La Germania contro Bruxelles su sussidi Ue a disoccupazione
Berlino boccia la proposta di creare un fondo, dal quale gli Stati membri dell'Unione europea possano attingere per coprire fino alla metà degli assegno di sostegno ai senza lavoro nazionali

BERLINO - Dopo le polemiche sull'unione bancaria, arriva un altro confronto tra il governo federale di Angela Merkel e la Commissione europea. Berlino infatti si oppone duramente ai piani dell'esecutivo guidato dal presidente Barroso di introdurre un fondo assicurativo per rendere possibili in sostanza pagamenti di sussidi di disoccupazione a livello europeo. "Eravamo contrari a questa proposta l'anno scorso e continuiamo a esserlo", dicono ambienti governativi a Berlino, citati stamane dal quotidiano liberalconservatore Die Welt. E aggiungono: una discussione su questo tema è assolutamente prematura.

Sembra ricrearsi ancora una volta lo scontro tra Berlino e Bruxelles su diverse concezioni dell'integrazione europea, con una posizione tedesca che, almeno finché non si andrà a una unione politica, rifiuta la messa in comune di debiti (come sarebbe con gli eurobonds) e di altre responsabilità economiche e sociali. Ma la proposta di un sussidio di disoccupazione europeo è stata comunque rilanciata da un documento della Commissione, dedicato alla "dimensione sociale dell'unione monetaria".

In sostanza la Commissione, o con più precisione il commissario europeo agli affari sociali, l'ungherese Làszlò Andor, ha proposto di creare un fondo, dal quale gli Stati membri dell'Unione europea possano attingere per coprire fino alla metà dei sussidi di disoccupazione nazionali, "a condizione che la percentuale dei senza lavoro abbia raggiunto un certo livello alto e continui a salire". Ovviamente Berlino vede come un incubo la possibilità di mettere in comune - se non i debiti con gli eurobonds contro cui fa muro - anche le spese sociali. Non a caso: la disoccupazione in Germania, al 5,2 per cento, è ai minimi livelli in tutta l'Unione europea, sorpassata solo dal 4,9 dell'Austria.

Nei paesi in crisi dell'Europa meridionale la situazione è ben altra: i senza lavoro registrati (fonte Eurostat) sono ad esempio il 26,2 per cento della popolazione attiva in Spagna, il 12,2 in Italia, il 27,9 per cento in Grecia. E nella stessa Francia, sempre secondo i dati Eurostat, la disoccupazione, con l'11 per cento, è più che doppia di quella tedesca. Ovvio dunque il timore di Berlino di pagare troppo per gli altri, dopo che già oggi i suoi contributi ai bilanci europei sono di gran lunga i maggiori in assoluto.
(04 ottobre 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA[/color]



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MessaggioInviato: 05/10/2013, 14:11 
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greenwarrior ha scritto:

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rmnd ha scritto:


Meno male che c'è la Germania, in questa Europa. Ma come si fa a parlare di sussidio di disoccupazione europeo in un momento di austerità.
Già la Germania ha i suoi problemi con gli immigrati abasso profilo professionale che costano parecchio perchè godono del sussidio di disoccupazione tedesco.

http://www.repubblica.it/economia/2013/10/04/news/la_germania_contro_bruxelles_su_sussidi_ue_a_disoccupazione-67877029/

Cita:
[color=blue]La Germania contro Bruxelles su sussidi Ue a disoccupazione
Berlino boccia la proposta di creare un fondo, dal quale gli Stati membri dell'Unione europea possano attingere per coprire fino alla metà degli assegno di sostegno ai senza lavoro nazionali

BERLINO - Dopo le polemiche sull'unione bancaria, arriva un altro confronto tra il governo federale di Angela Merkel e la Commissione europea. Berlino infatti si oppone duramente ai piani dell'esecutivo guidato dal presidente Barroso di introdurre un fondo assicurativo per rendere possibili in sostanza pagamenti di sussidi di disoccupazione a livello europeo. "Eravamo contrari a questa proposta l'anno scorso e continuiamo a esserlo", dicono ambienti governativi a Berlino, citati stamane dal quotidiano liberalconservatore Die Welt. E aggiungono: una discussione su questo tema è assolutamente prematura.

Sembra ricrearsi ancora una volta lo scontro tra Berlino e Bruxelles su diverse concezioni dell'integrazione europea, con una posizione tedesca che, almeno finché non si andrà a una unione politica, rifiuta la messa in comune di debiti (come sarebbe con gli eurobonds) e di altre responsabilità economiche e sociali. Ma la proposta di un sussidio di disoccupazione europeo è stata comunque rilanciata da un documento della Commissione, dedicato alla "dimensione sociale dell'unione monetaria".

In sostanza la Commissione, o con più precisione il commissario europeo agli affari sociali, l'ungherese Làszlò Andor, ha proposto di creare un fondo, dal quale gli Stati membri dell'Unione europea possano attingere per coprire fino alla metà dei sussidi di disoccupazione nazionali, "a condizione che la percentuale dei senza lavoro abbia raggiunto un certo livello alto e continui a salire". Ovviamente Berlino vede come un incubo la possibilità di mettere in comune - se non i debiti con gli eurobonds contro cui fa muro - anche le spese sociali. Non a caso: la disoccupazione in Germania, al 5,2 per cento, è ai minimi livelli in tutta l'Unione europea, sorpassata solo dal 4,9 dell'Austria.

Nei paesi in crisi dell'Europa meridionale la situazione è ben altra: i senza lavoro registrati (fonte Eurostat) sono ad esempio il 26,2 per cento della popolazione attiva in Spagna, il 12,2 in Italia, il 27,9 per cento in Grecia. E nella stessa Francia, sempre secondo i dati Eurostat, la disoccupazione, con l'11 per cento, è più che doppia di quella tedesca. Ovvio dunque il timore di Berlino di pagare troppo per gli altri, dopo che già oggi i suoi contributi ai bilanci europei sono di gran lunga i maggiori in assoluto.
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la proposta del sussudio di disoccupazione europea mi pare sia del governo ungherese quindi ti lascio immaginare.

Sono d'accordo con la Germania, perchè senza gli stati uniti di Europa, senza regole comuni sul mercato del lavoro , senza armonizzazione fiscale tra gli stati, senza un bilancio federale, senza tante altre cose, non si può pretendere che una Germania con basso tasso di disoccupazione debba pagare per i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi e non certo dalla Germania.


Non è nè più nè meno di quanto per anni la lega ha predicato contro l'assistenzialismo meridionale a discapito delle regioni settentrionali.


Ultima modifica di rmnd il 05/10/2013, 14:13, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 05/10/2013, 15:27 
.....non si può pretendere che una Germania con basso tasso di disoccupazione debba pagare per i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi e non certo dalla Germania......


Addio solidarietà.

Dalle mie parti ogni lavoratore dipendente paga un contributo obbligatorio per la disoccupazione.
Nessuno si puo sottrarre, lo paga anche chi ha il posto sicuro, questa si chiama solidarietà.

In una comunità quale dovrebbe essere quella europea si devono condividere vantaggi e svantaggi, altrimenti chi non è d'accordo che se ne vada.


Ultima modifica di Wolframio il 05/10/2013, 15:28, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 06/10/2013, 11:17 
La Stalingrado di Fule

http://etleboro.blogspot.it/

Roma – Si è consumata ieri a Bruxelles la Stalingrado di Stefan Fule. Lo staff della Commissione per l’Allargamento hanno potuto toccare con mano la complessa realtà balcanica, che continua ad essere perfettamente descritta dalla frase di Ivo Andric: “Dove finisce la logica, lì inizia la Bosnia“. Il confronto tra i leader politici della Bosnia e i tecnocrati europei sulla riforma costituzionale della Bosnia, e la sua armonizzazione alla sentenza della Corte Europea, è stato molto acceso, con attimi di confusione e panico, tanto che si temeva il ripetersi dello scenario di Butmir. Allora, la conferenza organizzata sotto l’egida degli Stati Uniti, avrebbe dovuto concludersi con la ratifica della ‘nuova Costituzione’ della Bosnia, ossia una serie di documenti che i rispettivi leader politici avevano ricevuto per conoscenza solo pochi giorni prima. Messi dinanzi a fatto compiuto, i rappresentanti bosniaci si sono rifiutati di apporre una firma ‘in bianco’, e a nulla sono valse le minacce di isolamento e di taglio dei fondi. I funzionari della Comunità internazionale hanno perso la calma, e l’ambasciatore americano non ha retto all’urto: è svenuto ed è stato trasferito d’urgenza in barella.

Fule ha avuto una sorte diversa, non è svenuto, ma si è dovuto scontrare con la dura realtà del fallimento diplomatico, perdendo così l’occasione di passare alla storia come l’uomo che ha messo d’accordo i bosniaci, il “Tito europeo”. Ha cercato di esercitare delle pressioni, utilizzando la leva del taglio dei fondi IPA e di ogni altra agevolazione finanziaria, ottenendo di contro un secco rifiuto, vista l’inconciliabile incompatibilità di ciascuno dei leader sulla riforma Sejdic-Finci. Dopo la pausa pranzo, i toni sono rientrati nella normalità, congelando per il momento le sanzioni e pattuendo un accordo di “principio” ma non sulla carta, da discutere in colloqui separati i prossimi dieci giorni. In teoria una ‘soluzione geniale’, nella pratica un ‘nulla di fatto’, che rinvia ormai per inerzia un processo di riforma che non può avvenire, senza mettere in discussione gli stessi principi del Dayton. Un rebus da cui non si può uscire con i tecnicismi, bensì solo con un compromesso politico storico. E’ evidente che l’adesione all’Europa non è tra quelle prospettive che riescono a motivare questo Paese, al punto tale da rinunciare alle rispettive revanche. Forse l’Unione stessa non viene vista come istituzione autorevole, in grado di risolvere gli annosi problemi di uno Stato in crisi perenne.

La parentesi bosniaca, tuttavia, è solo una parte della cronaca della disfatta. Nel pomeriggio si fa sempre più pressante il ‘caso Albania’ che ha portato alla luce, tra le altre cose, anche la grave superficialità dei consulenti tecnici europei. Infatti, se prima hanno assecondato gli intenti ‘pre-elettoriali’ del Partito socialista, che chiedeva di rinviare l’approvazione di una legge che bloccava le “regalie dello scambio di voti”, dopo chiude un occhio sulla sua entrata in vigore. Questo dovrebbe saperlo anche l’ambasciatore Sequi, che ha investito così tanto nella ‘sensibilizzazione europeista’ degli albanesi, partecipando persino allo show del Grande Fratello di Albania, in occasione della ‘Settimana europea’. Tanti sforzi, tuttavia, non hanno avuto i risultati sperati, perché la nuova maggioranza sforna un decreto che entra in vigore il 1° ottobre (accontentando le richieste UE) ma diviene applicabile dopo sei mesi (accontentando i militanti di partito). Un dettaglio che, a questo punto, non è sfuggito agli osservatori più attenti, che hanno richiamato i funzionari europei a mantenere imparzialità e rigidità nel rispetto delle regole di armonizzazione. L’imbarazzo è stato così bruciante, che il portavoce Peter Stano, in evidente difficoltà, ha rilasciato una dichiarazione ridicola e insensata, nella quale afferma che sosterrà l’elaborazione dei regolamenti di attuazione, di un atto che – a dire degli esperti – presenta evidenti limiti di incostituzionalità, rinviando poi alla pubblicazione del rapporto di progresso ogni ulteriore dettaglio.

La CE cade quindi nei tecnicismi, pur di non prendere alcuna posizione in una vicenda di cui è pienamente responsabile. Lo stesso Stano si rifiuta di rispondere alle domande rivolte dall’Osservatorio Italiano, e quindi di dire chiaramente se questa legge, così come scritta, rispetta o meno i termini per la candidatura dell’Albania, e se l’annullamento dei decreti dell’uscente Governo Berisha mette in discussione la certezza del diritto e gli investimenti esteri. Non rispondere a queste domande è ipocrisia, anche perché i cittadini europei devono essere informati sulla sostenibilità di una macchina burocratica che crea tanti sprechi. Sono milioni e non ben stimati i costi per redigere studi di fattibilità, consulenze e analisi tecnico-giuridiche delle Commissioni Europee: le regole di trasparenza obbligherebbero la pubblicazione dei bilanci e dei rendiconti delle spese, perché questi funzionari restano pur sempre dei ‘dipendenti pubblici’.


In nome dei principi civili su cui si fonda l’UE, dovrebbero essere pubblicate le liste dei consulenti e dei professionisti che prestano la loro opera di assistenza per la preparazione di leggi e interventi, ma anche che partecipano alla preparazione dei progetti per i fondi IPA. Potremmo eventualmente scoprire che i tanto acclamati fondi di integrazione, solo in minima parte giungono al reale beneficiario, perché una quota importante serve a finanziare i contratti di consulenza. Non è questa l’Europa che gli Stati-nazione volevano creare, perché hanno rinunciato alla propria sovranità monetaria nella convinzione che le strutture sovranazionali sarebbero riuscite a superare i clientelismi, le correnti e le inefficienze. Ma a quanto pare l’UE si sta trasformando in qualcosa di peggiore, incapace ed incompetente, persino nel gestire un banale caso di ‘aggiramento delle leggi’, ignorando poi il rischio derivante dalla cancellazione massiva dei provvedimenti con il cambio del Governo.


I Balcani, nella loro complessità, stanno quindi mettendo in risalto anche i limiti di questo meccanismo tecnocratico, che dopo aver fatto degli errori con Romania e Bulgaria, ha creato distorsioni anche in Croazia: il Governo croato ha approvato negli ultimi mesi, prima dell’adesione ufficiale, più di 1200 decreti, con innumerevoli errori di traduzione e lacune legislative, che ne impediscono nei fatti l’applicazione. Segnali di malessere politico sono emersi anche in Serbia, dove una campagna elettorale demagogica è stata seguita da una epurazione spietata di amministrazione e cancellerie, nonché arresti e allontanamenti, tutto con il benestare, e talvolta su pressione, degli organi di Bruxelles. D’altro canto, l’accordo con il Kosovo è solo un’immagine di marketing diplomatico, per confermare che l’Europa ha portato a termine un processo di pace; resta ora da vedere quante delle promesse fatte saranno portate a termine, visti gli attriti alle prime difficoltà incontrate. Meno riconoscimenti sono stati dati all’Albania, nonostante il sincero impegno profuso, perché in questo caso Bruxelles ha scelto di partecipare alla retorica politica, invece di fare il proprio lavoro, ossia garantire il rispetto delle regole, qualunque sia il partito al potere. Si è quindi prestata ad un vile gioco, al punto da minare la credibilità stessa dell’Europa. E’ diventata immagine di demagogia, propaganda, prepotenza e arroganza. Questa è la Stalingrado della UE.Seguici su Twitter

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Wolframio ha scritto:

.....non si può pretendere che una Germania con basso tasso di disoccupazione debba pagare per i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi e non certo dalla Germania......


Addio solidarietà.

Dalle mie parti ogni lavoratore dipendente paga un contributo obbligatorio per la disoccupazione.
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wolf ma quale solidarieta'questa e' una mera unione finanziaria.....e basta.....quindi la solidarieta'e' pura utopia....................[;)]


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Wolframio ha scritto:

.....non si può pretendere che una Germania con basso tasso di disoccupazione debba pagare per i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi e non certo dalla Germania......


Addio solidarietà.

Dalle mie parti ogni lavoratore dipendente paga un contributo obbligatorio per la disoccupazione.
Nessuno si puo sottrarre, lo paga anche chi ha il posto sicuro, questa si chiama solidarietà.

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Non hai capito che non esiste ancora l'unione politica europea. Non si può pretendere di far pagare ai paesi virtuosi gli errori degli altri fino a quando non si fissano regole chiare. Si parte sempre dal tetto e mai dal soffitto.


Prova a fare un referendum nella tua Svizzera, ipoteticamente annessa all'unione europea pur continuando a godere di una sua discrezionalità legislativa interna.
10 a 1 che che tutti i cantoni voterebbero contro l'ipotesi del sussidio di disoccupazione europeo espresso in tali termini.



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rmnd ha scritto:

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greenwarrior ha scritto:

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rmnd ha scritto:


Meno male che c'è la Germania, in questa Europa. Ma come si fa a parlare di sussidio di disoccupazione europeo in un momento di austerità.
Già la Germania ha i suoi problemi con gli immigrati abasso profilo professionale che costano parecchio perchè godono del sussidio di disoccupazione tedesco.

http://www.repubblica.it/economia/2013/10/04/news/la_germania_contro_bruxelles_su_sussidi_ue_a_disoccupazione-67877029/

[quote][color=blue]La Germania contro Bruxelles su sussidi Ue a disoccupazione
Berlino boccia la proposta di creare un fondo, dal quale gli Stati membri dell'Unione europea possano attingere per coprire fino alla metà degli assegno di sostegno ai senza lavoro nazionali

BERLINO - Dopo le polemiche sull'unione bancaria, arriva un altro confronto tra il governo federale di Angela Merkel e la Commissione europea. Berlino infatti si oppone duramente ai piani dell'esecutivo guidato dal presidente Barroso di introdurre un fondo assicurativo per rendere possibili in sostanza pagamenti di sussidi di disoccupazione a livello europeo. "Eravamo contrari a questa proposta l'anno scorso e continuiamo a esserlo", dicono ambienti governativi a Berlino, citati stamane dal quotidiano liberalconservatore Die Welt. E aggiungono: una discussione su questo tema è assolutamente prematura.

Sembra ricrearsi ancora una volta lo scontro tra Berlino e Bruxelles su diverse concezioni dell'integrazione europea, con una posizione tedesca che, almeno finché non si andrà a una unione politica, rifiuta la messa in comune di debiti (come sarebbe con gli eurobonds) e di altre responsabilità economiche e sociali. Ma la proposta di un sussidio di disoccupazione europeo è stata comunque rilanciata da un documento della Commissione, dedicato alla "dimensione sociale dell'unione monetaria".

In sostanza la Commissione, o con più precisione il commissario europeo agli affari sociali, l'ungherese Làszlò Andor, ha proposto di creare un fondo, dal quale gli Stati membri dell'Unione europea possano attingere per coprire fino alla metà dei sussidi di disoccupazione nazionali, "a condizione che la percentuale dei senza lavoro abbia raggiunto un certo livello alto e continui a salire". Ovviamente Berlino vede come un incubo la possibilità di mettere in comune - se non i debiti con gli eurobonds contro cui fa muro - anche le spese sociali. Non a caso: la disoccupazione in Germania, al 5,2 per cento, è ai minimi livelli in tutta l'Unione europea, sorpassata solo dal 4,9 dell'Austria.

Nei paesi in crisi dell'Europa meridionale la situazione è ben altra: i senza lavoro registrati (fonte Eurostat) sono ad esempio il 26,2 per cento della popolazione attiva in Spagna, il 12,2 in Italia, il 27,9 per cento in Grecia. E nella stessa Francia, sempre secondo i dati Eurostat, la disoccupazione, con l'11 per cento, è più che doppia di quella tedesca. Ovvio dunque il timore di Berlino di pagare troppo per gli altri, dopo che già oggi i suoi contributi ai bilanci europei sono di gran lunga i maggiori in assoluto.
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la proposta del sussudio di disoccupazione europea mi pare sia del governo ungherese quindi ti lascio immaginare.

Sono d'accordo con la Germania, perchè senza gli stati uniti di Europa, senza regole comuni sul mercato del lavoro , senza armonizzazione fiscale tra gli stati, senza un bilancio federale, senza tante altre cose, non si può pretendere che una Germania con basso tasso di disoccupazione debba pagare per i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi e non certo dalla Germania.


Non è nè più nè meno di quanto per anni la lega ha predicato contro l'assistenzialismo meridionale a discapito delle regioni settentrionali.
[/quote]

La Lega desiderava un Europa dei popoli e questa non mi sembra tale. La Lega criticava la centralità dello stato ed è esattamente quello che è diventato il vecchio continente.



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rmnd ha scritto:


Non hai capito che non esiste ancora l'unione politica europea. Non si può pretendere di far pagare ai paesi virtuosi gli errori degli altri fino a quando non si fissano regole chiare. Si parte sempre dal tetto e mai dal soffitto.


Prova a fare un referendum nella tua Svizzera, ipoteticamente annessa all'unione europea pur continuando a godere di una sua discrezionalità legislativa interna.
10 a 1 che che tutti i cantoni voterebbero contro l'ipotesi del sussidio di disoccupazione europeo espresso in tali termini.




dalle fondamenta..



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Italia vicina al collasso voluto dall’Ue, e la casta obbedisce

Scritto il 07/10/13 • nella Categoria: segnalazioni






Svalutazione interna del 10%, vale a dire: l’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste invocate da Mario Monti e ora sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano. E’ la drammatica “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale per tramite del famigerato Fmi, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika disegna l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. Il rapporto rivela che il saldo della nostra bilancia dei pagamenti è migliorato solo “per disgrazia ricevuta”: spendiamo meno per le importazioni perché stanno franando i consumi sotto la scure dell’austerità, mentre le aziende chiudono e il 25% dei giovanissimi vive in famiglie che non sanno più come arrivare alla fine del mese.

I tecnici del Fondo Monetario, una delle istituzioni che hanno pilotato la crisi dell’Eurozona nella quale stiamo sprofondando, dal momento in cui gli Stati non hanno più alcuna sovranità finanziaria, avverte che senza una “svalutazione interna” di almeno il 10% il nostro paese non tornerà competitivo. A pezzi anche il nostro sistema bancario: sta ancora in piedi solo grazie ai finanziamenti della Bce di Draghi, che però non dureranno all’infinito. Sempre il Fmi spiega che i bilanci delle banche stanno diventando insostenibili per via del crollo del valore degli immobili detenuti come garanzia, mentre i crediti non esigibili da aziende e privati sono arrivati a 140 miliardi di euro, cifra che rappresenta il 10% del Pil. Un buco che si allargherà (nessuno sa di quanto) almeno fino al 2015. Il Fmi paventa il rischio di ulteriore declassamento dell’Italia, a cura delle solite agenzie di rating, e parla apertamente della necessità di ricorrere a «sostegni europei per evitare il collasso». E’ l’obiettivo finale di chi ha progettato l’euro-crisi: denaro vincolato, con cui Bruxelles imporrebbe in modo definitivo, come in Grecia, le sue condizioni-capestro.

A recitare una parte importante nella commedia provvedono le agenzie di rating, istituzioni screditate perché in realtà complici del sistema speculativo: il nostro rating – e di conseguenza l’interesse che paghiamo sui titoli di Stato – è a rischio se non si approverà la “legge di stabilità”, cioè la finanziaria da approntare sotto dettatura europea, non importa se scritta a Roma per salvare l’apparenza o vergata direttamente a Bruxelles. Secondo “Fitch”, se l’Italia non eseguirà gli ordini «il paracadute del sostegno europeo di Draghi potrebbe non aprirsi». E senza quel paracadute, osserva il blog di Grillo, nessuno all’estero scommetterebbe un euro sui nostri Btp. «Prova ne è che gli investitori, dopo il nostro collasso politico, mentre compravano i Btp si coprivano dal rischio-default dell’Italia facendo schizzare del 15% in un solo giorno i Credit Default Swap (Cds), l’assicurazione sulla insolvenza dei titoli». Risultato: i Cds per l’Italia sono arrivati a 310 contro 270 per quelli spagnoli. «Significa che gli operatori sono disposti a pagare 310.000 euro pur di assicurarsi sul rischio-fallimento di 10 milioni di euro di Btp, dieci volte quello che si paga per la stessa assicurazione sui titoli americani».

Gli stranieri, avverte Grillo, hanno iniziato a mettere le mani avanti da settimane. La Lch di Londra, la stanza di compensazione che fornisce liquidità a breve alle banche in cambio di garanzie, ha detto che non coprirà più il 100% del valore dei Btp dati in garanzia dalle banche italiane come ha fatto finora: non si fida. Jens Weidmann, il governatore della Bundesbank, ha lanciato un messaggio di allarme all’Italia dal “Financial Times” invitando le nostre banche a ridurre i titoli pubblici nei bilanci e a coprirsi dal loro rischio con nuovi capitali, oggi pari a zero. «Draghi dovrà tranquillizzare il mercato su un terzo round di liquidità in arrivo alle banche in cambio di titoli di debito pubblico dati in garanzia (il famoso Ltro) senza il quale le nostre banche non avrebbero più ossigeno». Dopo tanti segnali di allarme, scrive il blog 5 Stelle, «ci si aspetterebbe che il nostro paese alzasse finalmente la testa». Invece, si defenestra Paolo Cucchiani – capo della prima banca italiana, Intesa SanPaolo – «perché si è opposto all’acquisto-fusione del Monte dei Paschi». In un paese normale «dovrebbe essere lo Stato a salvare le banche, nazionalizzandole», mentre «nel nostro si prova a metterne insieme due che hanno un totale di 150 miliardi di euro di Btp in pancia per salvare lo Stato».

L’unica via d’uscita da questo tunnel è contenuta in due parole semplicissime: sovranità monetaria. E’ indispensabile, per consentire allo Stato di disporre del denaro necessario a far fronte alla spesa pubblica, senza la quale crolla – come si vede – anche l’economia privata. Il dramma? Dagli anni ’80, con lo storico divorzio dal Tesoro organizzato da Ciampi e Andreatta, Bankitalia ha cessato di essere il “bancomat” del governo: da quel momento, per finanziarsi, lo Stato ha dovuto ricorrere alla finanza speculativa con la vendita dei propri titoli, da rimborsare poi con gli interessi. Retromarcia impossibile, poi, dopo il Trattato di Maastricht: oggi la Banca d’Italia non potrebbe emettere euro neppure se lo volesse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: lo Stato è costretto a elemosinare denaro, la Bce può rifornire solo le banche private, le tasse sono diventate – per la prima volta nella storia – una fonte finanziaria per far funzionare i servizi, fino a ieri coperti invece dal ricorso strategico al deficit, cioè lo strumento naturale con cui lo Stato sovrano costruisce scuole, ospedali e infrastrutture, “anticipando” denaro.

La crisi europea – un conto alla rovescia sempre più drammatico, data l’insostenibilità del sistema – è ormai al centro delle attenzioni degli economisti indipendenti di tutto il mondo, ma non c’è pericolo che il tema venga affrontato in modo serio dai nostri media. Non ne parla nessuno: né Confindustria, né i sindacati. Buio pesto dalla politica: Letta e Alfano, Cicchitto e Quagliariello, Epifani e Renzi. Nessuno di loro ha mai osato neppure porre ufficialmente il problema, cristallizzato in forma di totem dal dogma su cui vigila Napolitano: agli ordini di Bruxelles e Francoforte si deve semplicemente obbedire, così come a quelli di Washington se si tratta di fare la guerra in Afghanistan e acquistare gli F-35. In cambio, la piccola casta italiana si consola con appaltucci alla sua portata, come l’inutile Tav Torino-Lione. Intavolare un vero dibattito su come salvare il paese? Impossibile. «In un momento come questo è impensabile provare a riformare la politica europea», ha detto a “La7” Nichi Vendola, uno che in teoria dovrebbe fare il politico, non il turista televisivo dello studio di Lilli Gruber


http://www.libreidee.org/2013/10/italia ... obbedisce/

..un po si sano nazionalismo e amor proprio di certo non guasterebbe [:(!]


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[8)] [8)] [8)]



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rmnd ha scritto:

i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi

Questo secondo me è giusto sottolinearlo.


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Ronin77 ha scritto:

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rmnd ha scritto:

i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi

Questo secondo me è giusto sottolinearlo.



e quale nobile intento si celerebbe dietro a questo incomprensibile intervento? Abbi la compiacenza di spiegarlo perchè non si è capito



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rmnd ha scritto:

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Ronin77 ha scritto:

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rmnd ha scritto:

i disoccupati spagnoli , italiani, etc.. disoccupati causati dalle cattive politiche di questi paesi

Questo secondo me è giusto sottolinearlo.



e quale nobile intento si celerebbe dietro a questo incomprensibile intervento? Abbi la compiacenza di spiegarlo perchè non si è capito





Nulla,semplicemente hai detto la verità [|)]


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