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Ilva: chiusa inchiesta, indagato Vendola
Avrebbe tentato di 'far fuori' il dg di Arpa Puglia
30 ottobre, 12:58
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Ilva: chiusa inchiesta, indagato Vendola
C'è anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, tra gli indagati dell'inchiesta per disastro ambientale a carico dell'Ilva. Secondo quanto indicato negli atti dell'accusa nei mesi scorsi Vendola avrebbe tentato di ''far fuori'' il dg di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, figura 'sgradita' all'azienda.

I militari della Guardia di Finanza di Taranto hanno iniziato a notificare in Puglia e in altre zone d'Italia l'avviso di chiusura delle indagini preliminari ad oltre 50 indagati dell'inchiesta per disastro ambientale a carico dell'Ilva.

Il provvedimento, che riguarda dirigenti, funzionari e politici, è stato firmato dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano. Quest'ultimo è titolare di due fascicoli d'inchiesta relativi ad incidenti mortali verificatisi all'Ilva di Taranto, fascicoli che sono stati inglobati nell'inchiesta-madre oggi chiusa. I reati contestati agli indagati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale all'avvelenamento di sostanze alimentari, all'emissione di sostanze inquinanti con violazione delle normative a tutela dell'ambiente.

In questo, che è "il momento di più grande turbamento, continuo a dare una straordinaria importanza all'inchiesta sull'Ilva" commenta Vendola. "La mia amministrazione ha provato a scoperchiare le pentole e a vedere dove nessuno aveva visto prima".

Intanto oggi quindici operai dell'Ilva questa mattina sono stati portati in infermeria dopo aver avvertito sintomi di intossicazione per aver inalato fumi che si sono sprigionati dalla Siviera di emergenza della Colata a caldo dell'Acciaieria 1, probabilmente a causa di un incendio. Lo rende noto il coordinatore provinciale di Taranto dell'Usb (Unione sindacale di base) Francesco Rizzo.

Il rappresentante dell'Usb ha giudicato ''grave l'atteggiamento di alcuni responsabili di reparto che hanno chiesto ai lavoratori di continuare a lavorare nonostante l'accaduto e senza aver effettuato le opportune verifiche''. In questo momento, ha precisato Rizzo, gli operai si trovano nell'infermeria dello stabilimento Ilva ''e siamo in attesa di conoscere le condizioni e lo stato di salute dei compagni di lavoro. Come Usb abbiamo richiesto l'intervento urgente degli ispettori dello Spesal e della Asl di Taranto al fine di accertare le reali cause dell'incidente ed eventuali responsabilità''.

Fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 42928.html


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MessaggioInviato: 18/11/2013, 20:00 
ILVA, LA TELEFONATA IGNOBILE DI VENDOLA: RISATE PER LE DOMANDE SUI TUMORI

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[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=eAMgpUudYs4[/BBvideo]

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=ILVA

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=VENDOLA

Nel luglio del 2010 il padrone di Sel viene intercettato dalla Guardia di Finanza mentre conversa con Girolamo Archinà, l'addetto stampa della famiglia Riva. "Dica che non mi sono defilato". E dà della 'faccia da provocatore' a chi chiedeva spiegazioni sui morti.

E’ il 19 novembre 2009. La conferenza stampa di presentazione del “Rapporto ambiente e sicurezza” dell’Ilva è appena terminata. Luigi Abbate, giornalista dell’emittente tarantina Blustar Tv, si avvicina a Emilio Riva, ex patron dell’acciaio e gli chiede: “La realtà non è così rosea visti i tanti morti per tumore…”. Riva bofonchia: “Ve li siete inventati”, mentre il suo addetto alle relazioni istituzionali Girolamo Archinà, che strappa letteralmente il microfono dalle mani del giornalista. Nel luglio del 2010 anche Nichi Vendola vede il filmato. In quei giorni l’azienda era tornata sulle pagine dei giornali a causa della diffusione dei dati dell’Arpa sui livelli allarmanti di benzo(a)pirene a Taranto. Il video della conferenza stampa sarà al centro di una telefonata tra il governatore della Puglia e Archinà, considerato dai magistrati la “longa manus” dei Riva.

Nell’intercettazione, il governatore di Puglia ride di gusto dicendo ad Archinà di aver apprezzato “lo scatto felino”. Confessa di essersi divertito insieme al suo capo di gabinetto. Definisce una “scena fantastica” l’immagine di Archinà che impedisce al giornalista di intervistare Emilio Riva. Il leader di Sel, ridendo, rivolge anche i suoi “complimenti” ad Archinà. Non solo. Riferendosi al giornalista lo definisce una “faccia di provocatore”. Vendola, che afferma di aver fatto davvero le battaglie a difesa della vita e della salute, suggerisce di “stringere i denti” di fronte a questi improvvisatori “senza arte né parte”. E aggiunge: “Dite a Riva che il presidente non si è defilato”.

Attualmente Nichi Vendola è tra i 53 indagati dell’inchiesta “Ambiente svenduto”. Per la procura di Taranto, che ha coordinato l’attività investigativa della Guardia di finanza, presidente della Puglia ha fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché ammorbidisse il suo atteggiamento nei confronti dell’Ilva. Concussione. Girolamo Archinà, invece, è finito in carcere il 27 novembre 2012. Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Sono le ipotesi di reato da cui dovrà difendersi l’ex pr dell’Ilva insieme a Emilio, Fabio e Nicola Riva, all’ex direttore della fabbrica Luigi Capogrosso. Ma non è tutto. Archinà, infatti, è accusato anche di corruzione in atti giudiziari per aver versato una tangente di diecimila euro a Lorenzo Liberti, ex consulente della procura, incaricato di svolgere una perizia sulle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico. Nel corso dell’inchiesta è anche emerso come molti cronisti locali e alcune testate fossero di fatto a libro paga di Archinà. Soldi per nascondere lo scandalo inquinamento e, soprattutto, per non fare domande.

Post scriptum




La mia solidarietà al giornalista Luigi Abbate. Vendola si dimetta: è il minimo per non arrecare più danno alla Puglia, anche dopo lo scandalo del suo amico don Verzé e dell'ospedale San Raffaele del Mediterraneo da realizzare con denaro pubblico. Rammenta?



Gianni Lannes

[align=right]Source: Su La Testa!: ILVA, LA TELEFON...SATE PER LE DOMANDE SUI TUMORI [/align]



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Visto che brava persona? Ma i compagnucci non erano quelli che difendevano i lavoratori? [:o)]



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MessaggioInviato: 18/11/2013, 20:03 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Visto che brava persona? Ma i compagnucci non erano quelli che difendevano i lavoratori? [:o)]



...una volta......ora guardano al concreto......cioe'le banke........ [;)]


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MessaggioInviato: 20/11/2013, 00:32 
Patto d'acciaio





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Grazie alla complicità dei poteri forti, ai blandi controlli, alle regole su misura, oggi l'Ilva è una barca alla deriva, con i proprietari, i milanesi Riva, che hanno perso il comando, lasciando le casse vuote.
Report farà vedere dove sono finiti i generosi profitti intascati dai Riva grazie alla produzione d'acciaio a Taranto e che avrebbero dovuto investire nel risanamento.





fonte


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MessaggioInviato: 23/12/2013, 00:19 
mercoledì 18 dicembre 2013


I due campioni dell'Ilva alla sbarra



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Nella stessa pagina di Le Monde due articoli-inchiesta su due epidemiologi italiani.
Si tratta di Paolo Boffetta e Carlo La Vecchia, due vecchie conoscenze dei tarantini: sono gli autorevoli "scienziati" assoldati da Riva e Bondi per smontare le perizie epidemiologiche e scaricare le responsabilità dell'Ilva sulle malattie dei tarantini.
Sono le colonne illustri della celebre boutade del fumo di sigarette come causa ultima dei tumori locali!
Pubblicamente, alla buon ora, anche il mondo scientifico pare che inizi a fare un po' di luce tra i suoi adepti...




Paolo Boffetta La Vecchia Le Monde




Ecco la traduzione:


Epidemiologia: le relazioni pericolose

Etica. Previsto a capo del principale centro di ricerca epidemiologica francese, Paolo Boffetta è contestato da una parte della comunità scientifica per la sua stretta relazione con le industrie inquinanti. Indagine
di Stéphane Foucart


Paolo Boffetta , 55 anni, è un leader; è uno degli epidemiologi più prolifici e influenti della sua generazione. Professore Associato presso la New York University , dopo un lungo passaggio all’ Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ( IARC ) ,
egli è autore di quasi un migliaio di pubblicazioni e ha il profilo ideale per essere il prossimo direttore del Centro di Ricerca in Epidemiologia e Salute della OPpolazione ( CESP , INSERM - Université Paris- Sud) . Il posto e’ da assegnare e Boffetta è per ora l' unico candidato . Le cose non sono pertanto così semplici. Fin dal suo arrivo , previsto per l'inizio del 2015 a capo di CEPA si apre una aspra polemica all'interno della comunità interessata . I suoi sostenitori sottolineano la sua statura scientifica , i suoi critici lo descrivono come un mercenario che , negli ultimi anni , colleziona una serie di incarichi di consulenza per le industrie inquinanti . Nella letteratura scientifica o nei tribunali , lo accusano , Boffetta relativizza o contesta i rischi legati alle loro attività o ai loro prodotti - anche quando questi rischi hanno un ampio consenso .



"Quando Paolo Boffetta era alla IARC , ha approvato le conclusioni circa la nocività di talune sostanze , ma le contesta da quando lavora per l'industria” , ha detto l'epidemiologo Paolo Vineis , docente presso l'Imperial College di Londra (Regno Unito).”E 'molto chiaro nel caso della diossina , ma è anche il caso per altre sostanze . "Per stabilire il livello di cancerogenicità di una sostanza , la IARC ha incontrato decine di scienziati provenienti dal mondo accademico , selezionati in base alla loro autorità e alla loro mancanza di conflitti di interessi . La classificazione della IARC - tra agenti cancerogeni “certi , probabili e possibili" - vanta il più alto livello di consenso . Nel 1997 , la IARC ha classificato TCDD come una sostanza cancerogena. Nel 2011 , su commissione di una fondazione American Chemistry Council , Boffetta ha pubblicato nel Critical Review in Toxicology una sintesi Tossicologia affermando che la “le recenti prove epidemiologiche falliscono nel dimostrare in modo conclusivo un legame tra l'esposizione a TCDD e il cancro negli esseri umani . " Boffetta assicura di non essere in contraddizione , nella misura in cui il personale IARC , al quale egli apparteneva nel 1997 , non partecipa direttamente a valutazioni scientifiche
Ci sono altri esempi . Nel 2011 , con un cofinanziamento della Frito -Lay , una controllata di Pepsi , relativizza i rischi posti dall’ acrilamide ( una sottoprodotto della cottura ad alta temperatura ) , cancerogeno secondo la IARC . L'anno seguente , ha firmato un'altra recensione , finanziato dalla Materion Brush , secondo cui " l'evidenza disponibile non supporta un nesso causale tra l'esposizione professionale al berillio e rischio di cancro . " Berillio (a cui molti lavoratori sono esposti ) è , però , anch’esso un agente cancerogeno.
Lo stesso anno , su richiesta del American Chemistry Council , ha pubblicato una sintesi della letteratura non trovando alcun legame tra la leucemia e l’esposizione alla formaldeide, peraltro cancerogeno certo secondo la IARC . A vari livelli , questo schema si ripete per stirene ( composto utilizzato nella composizione di alcune plastiche ) e atrazina ( un erbicida vietato in Europa ) : le sintesi della letteratura finanziate dalle industrie interessate sono co-firmate da Paolo Boffetta in riviste internazionali e concludono in modo favorevole.



" Si precisa spesso che questi lavori sono finanziati da “unrestricted grant” (sovvenzione senza restrizioni) , il che significa che l'autore non è tenuto a sottomettere i risultati al committente , ha detto un epidemiologo francese che , come la stragrande maggioranza dei ricercatori intervistati da Le Monde , ha chiesto l'anonimato . “Ma è un sistema : ogni volta , le conclusioni sono favorevoli al produttore che paga . Quindi, se io sono un grande inquinatore e voglio un documento pubblicato nella letteratura scientifica che sdogana le mie attività , so a chi rivolgermi . "



L'articolo che ha sollevato il maggior risentimento è quello pubblicato online nel giugno 2012 in “Critical Reviews in Toxicology” , sulle emissioni dei fumi dei motori diesel. L’articolo del ricercatore italiano conclude che " il peso della evidenza è inadeguato per confermare l'ipotesi di un legame tra diesel e cancro ai polmoni . " Secondo la sua dichiarazione di interesse, l’ epidemiologo ha lavorato a questo articolo come "consulente per il Mining Awareness Resource Group [ MARG ] . "



MARG è una coalizione di giganti minerari non molto nota per il suo attaccamento alla scienza . Nel febbraio 2012 , The Lancet ha rivelato che gli avvocati MARG avevano inviato a numerose riviste - tra cui The Lancet - una lettera minacciando "conseguenze" se avessero pubblicato i risultati di un ampio studio epidemiologico statunitense (noto come DEMS ) che valuta gli effetti sanitari del diesel sulla salute dei minatori. Questi ultimi, che lavorano in un ambiente confinato accanto a macchine che funzionano a diesel sono tra la mano d’opera più esposta ... e la più suscettibile a rivoltarsi contro il proprio datore di lavoro in caso di malattia .



Secondo The Lancet , il MARG ha cercato di bloccare la pubblicazione di questo lavoro in modo che non potesse essere preso in considerazione dalla IARC , che stava aggiornando il suo parere sul diesel. Nel marzo 2012 , il Journal of National Cancer Institute ( JNCI ) non ha tenuto conto delle minacce di MARG e ha pubblicato i risultati dello studio DEMS . Poche settimane dopo , la rivista ha ricevuto una critica dello studio , firmato da Paolo Boffetta , che agiva, secondo la sua dichiarazione di interessi, come " consulente pagato Navistar " - un autotrasportatore americano i cui dipendenti sono, come i minatori , esposti a emissioni di diesel ...



Metà giugno 2012 , IARC classifica finalmente i fumi diesel come sostanza cancerogena, ma qualche giorno prima, è stata pubblicata la famosa sintesi della letteratura commissionato dal MARG e firmato da Boffetta , che mette in discussione il legame tra diesel e cancro polmone "Questo lavoro sembra essere stato scritto appositamente per influenzare o contestare le conclusioni IARC ", dice Neil Pearce , professore alla London School of Hygiene and Tropical Medicine ( Regno Unito ) ed ex presidente del Interantional Epidemiological Association ( IEA ) . Per Paolo Vineis , l'attività di Boffetta si inquadrava con tutta evidenza in una strategia industriale più ampia per indebolire il parere della IARC . L’interessato risponde che questo non e’ citato, in senso stretto, nel suo articolo , di cui non sapeva quale sarebbe stata la data di pubblicazione .



" Questa è solo la punta dell'iceberg , ha detto Vineis . Tutto questo avviene in un contesto in cui l'industria sta cercando , da piu’ parti , di contestare i solidi risultati e creare confusione , ad esempio sostenendo l'idea che l' epidemiologia è una scienza fallibile in cui non dovremmo avere fiducia ". Dalla fine di novembre , la bozza di un articolo collettivo circola nella comunità epidemiologica per confutare questa idea . Come obiettivo dell’articolo: le numerose recenti pubblicazioni di Boffetta . All'ultimo conteggio, Neil Pearce , uno dei principali autori ha detto che c’erano " circa ottanta firmatari, tra cui eminenti personalità dell’ epidemiologia . "



All’ INSERM, un co-tutelato del CESP , si dicono " molto sorpresi " di questa levata di scudi. " La candidatura di Paolo Boffetta è stata esaminata da un comitato scientifico internazionale , nell’ottica di un invito a presentare candidature internazionali lanciato congiuntamente dalle Università di Parigi-Sud e da noi stessi” , ha detto Jean- Paul Moatti , direttore della Sanità Pubblica dell’ Inserm . “Tutte le equipe che fanno parte del progetto di rinnovamento CEPA si sono impegnate a fianco di Paolo Boffetta . Il procedimento segue il suo corso normale , rispettando le opinioni di scienziati, tra cui il Comitato consultivo del Centro europeo scientifico che include esperti di alto livello . "Tuttavia , altre equipe , ad oggi parte del CEPA lasceranno il centro con l'arrivo di Boffetta , in un contesto di violento disaccordo e di opposizione personale.



Il caso divide al di là delle scuole di pensiero . I ricercatori poco sospetti di compiacere direttamente l’industria sostengono l'epidemiologo italiano , ricordando il suo impegno a cessare le collaborazioni private . Altri ritengono , in Francia e all'estero , che i legami stabiliti da Boffetta con i grandi inquinatori sono troppo stretti perche’ l'indipendenza del CEPA non ne sia pregiudicata . "E ' un pasticcio enorme , perché Paolo è un meraviglioso ricercatore” , dice uno dei suoi critici . “Certo, lui ha il diritto di fare quello che fa. E noi abbiamo il diritto di non fidarci di lui "



Amianto : una curiosa esperienza
L'International Prevention Research Institute ( IPRI ) è una società di consulenza con sede a Lione , che ha contratti con l'industria per la produzione di perizie o di articoli scientifici in materia di rischi per la salute . Boffetta è affiliato con l'Istituto , attraverso cui svolge incarichi di consulenza .



La commissione, che ha esaminato l'applicazione di Boffetta capo del Centro per la Ricerca in Epidemiologia e salute della popolazione ( CESP ) , ha ritenuto questa attività incompatibile con la direzione del centro . "Siamo d'accordo sul fatto che ho dovuto lasciare la IPRI , e non ne saro’ più affiliato dal prossimo anno " , ha detto Boffetta . Alla domanda circa lo status giuridico del IPRI , Boffetta garantisce che " non so esattamente . " Per quanto riguarda l’azionariato della società , l'epidemiologo ha risposto che "non e’ tenuto " a rivelarlo. Da Informazioni prese , lui medesimo è uno dei soci fondatori della società , le cui vendite nel 2011 sono pari a circa 2 milioni di euro . Secondo gli ultimi documenti del registro di commercio , lui detiene il 27,5 % del capitale della IPRI .



L' epidemiologo Carlo La Vecchia ( Istituto Mario Negri , Milano) e’ incluso tra gli altri azionisti. Nella primavera del 2011 , quest'ultimo è stato assunto come perito da parte della direzione della fabbrica Montefibre Verbania ( Italia) . E 'stato accusato di negligenze che hanno portato a morte , in particolare il cancro della pleura ( o mesotelioma ) , una decina di lavoratori che sono stati esposti all'amianto .



Esperto per la difesa



" La teoria della difesa è che sono stati coinvolti solo gli esposti nel passato”, dice epidemiologo Dario Mirabelli ( CPO, Università di Torino ) , il perito nominato dal pubblico ministero durante il processo . “Essendo deceduti i dirigenti della fabbrica durante gli anni 1950 e 1960, gli accusati devono essere assolti".



Durante il processo, Paolo Boffetta e’ anche intervenuto in qualità di esperto per la difesa . E mentre era in corso la procedura d’appello , Boffetta e La Vecchia hanno pubblicato su European Journal of Cancer Prevention , una rivista di letteratura " ricalcando molto da vicino la teoria della difesa ", ha detto Mirabelli . Tuttavia, le condizioni di pubblicazione dell’articolo sono molto insolite . L'articolo è stato presentato 28 settembre 2011 e accettato il 2 ott 2011 , di Domenica . Con un tale lasso di tempo , è improbabile che il testo sia stato sottoposto a " revisione " (o peer review ) , un processo che di solito dura diversi mesi. Un fatto può aiutare a fornire una spiegazione : LaVecchia è uno dei due editori della rivista ... Più sorprendentemente , i due autori dichiarano nel poscrictum del loro testo non avere conflitti di interesse.
Il contenuto della review solleva anche un’altra questione . " Sono stati considerati un numero molto limitato di studi [ da MM . La Vecchia e Boffetta ] ed i risultati di questi sono stati riportati in modo selettivo” , ha detto Mirabelli . “Ad esempio , citano il nostro più recente articolo sulla mortalità tra i lavoratori dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato , ma non citano il nostro risultato principale, che è che la mortalità per mesotelioma è direttamente proporzionale alla durata dell'esposizione all'amianto .” "Carlo la Vecchia e Jaak Janssens , i due redattori della rivista , non hanno risposto alle richieste di Le Monde.







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La discarica delle vergogne













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Wolframio ha scritto:

ILVA, LA TELEFONATA IGNOBILE DI VENDOLA: RISATE PER LE DOMANDE SUI TUMORI

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Nel luglio del 2010 il padrone di Sel viene intercettato dalla Guardia di Finanza mentre conversa con Girolamo Archinà, l'addetto stampa della famiglia Riva. "Dica che non mi sono defilato". E dà della 'faccia da provocatore' a chi chiedeva spiegazioni sui morti.

E’ il 19 novembre 2009. La conferenza stampa di presentazione del “Rapporto ambiente e sicurezza” dell’Ilva è appena terminata. Luigi Abbate, giornalista dell’emittente tarantina Blustar Tv, si avvicina a Emilio Riva, ex patron dell’acciaio e gli chiede: “La realtà non è così rosea visti i tanti morti per tumore…”. Riva bofonchia: “Ve li siete inventati”, mentre il suo addetto alle relazioni istituzionali Girolamo Archinà, che strappa letteralmente il microfono dalle mani del giornalista. Nel luglio del 2010 anche Nichi Vendola vede il filmato. In quei giorni l’azienda era tornata sulle pagine dei giornali a causa della diffusione dei dati dell’Arpa sui livelli allarmanti di benzo(a)pirene a Taranto. Il video della conferenza stampa sarà al centro di una telefonata tra il governatore della Puglia e Archinà, considerato dai magistrati la “longa manus” dei Riva.

Nell’intercettazione, il governatore di Puglia ride di gusto dicendo ad Archinà di aver apprezzato “lo scatto felino”. Confessa di essersi divertito insieme al suo capo di gabinetto. Definisce una “scena fantastica” l’immagine di Archinà che impedisce al giornalista di intervistare Emilio Riva. Il leader di Sel, ridendo, rivolge anche i suoi “complimenti” ad Archinà. Non solo. Riferendosi al giornalista lo definisce una “faccia di provocatore”. Vendola, che afferma di aver fatto davvero le battaglie a difesa della vita e della salute, suggerisce di “stringere i denti” di fronte a questi improvvisatori “senza arte né parte”. E aggiunge: “Dite a Riva che il presidente non si è defilato”.

Attualmente Nichi Vendola è tra i 53 indagati dell’inchiesta “Ambiente svenduto”. Per la procura di Taranto, che ha coordinato l’attività investigativa della Guardia di finanza, presidente della Puglia ha fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché ammorbidisse il suo atteggiamento nei confronti dell’Ilva. Concussione. Girolamo Archinà, invece, è finito in carcere il 27 novembre 2012. Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Sono le ipotesi di reato da cui dovrà difendersi l’ex pr dell’Ilva insieme a Emilio, Fabio e Nicola Riva, all’ex direttore della fabbrica Luigi Capogrosso. Ma non è tutto. Archinà, infatti, è accusato anche di corruzione in atti giudiziari per aver versato una tangente di diecimila euro a Lorenzo Liberti, ex consulente della procura, incaricato di svolgere una perizia sulle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico. Nel corso dell’inchiesta è anche emerso come molti cronisti locali e alcune testate fossero di fatto a libro paga di Archinà. Soldi per nascondere lo scandalo inquinamento e, soprattutto, per non fare domande.

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La mia solidarietà al giornalista Luigi Abbate. Vendola si dimetta: è il minimo per non arrecare più danno alla Puglia, anche dopo lo scandalo del suo amico don Verzé e dell'ospedale San Raffaele del Mediterraneo da realizzare con denaro pubblico. Rammenta?



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sabato 28 dicembre 2013



L’Ilva è alla canna del gas



Tutti i nodi, anche se lentamente, stanno venendo al pettine.
Pur passando tra sequestri, dissequestri, decreti legge, ricorsi, intercettazioni, arresti, sentenze, commissariamenti e quant’altro, il problema dei problemi resta sempre lo stesso.
Che tutti conoscevano da anni, molto prima di quel famoso 26 luglio 2012: ovvero che l’Ilva è una fabbrica irrecuperabile da un punto di vista prettamente impiantistico. Il risanamento ancora oggi sognato, rincorso, annunciato e preannunciato, non ci sarà mai.
Certo, sarebbe potuto essere realizzato qualora fosse stato programmato e messo in atto nel corso degli ultimi 20 anni (ad essere generosi): ma essendo che nessuno lo ha preteso, imporlo oggi attraverso leggi ad hoc ed un’AIA talmente complessa da essere stata scritta e riscritta diverse volte negli ultimi 10 anni, è assolutamente illogico.



Del resto, su queste colonne lo abbiamo scritto per anni: se Riva non ha investito un euro sull’ammodernamento degli impianti, non è stato soltanto per rispondere al credo della logica del profitto che è stata la stella polare di tutto il capitalismo italiano dalla sua nascita ad oggi.
Quella scelta, anche se ancora oggi nessuno ha il coraggio di ammetterlo, è stata anche e soprattutto figlia di una visione dell’economia dell’acciaio premonitrice e a lungo respiro: Riva sapeva perfettamente che nel corso di poco più di un decennio il mercato si sarebbe capovolto, soprattutto a causa della prepotente entrata in scena di competitor mondiali a cui nessuno avrebbe potuto opporre adeguata resistenza (specie con un impianto vecchio e non più competitivo come è oggi l’Ilva).



E a fronte del fatto che nessuno, tra istituzioni nazionali e locali, sindacati e Confindustria, nel corso degli anni ha preteso e imposto il risanamento ambientale della fabbrica (per convenienze e connivenze che l’inchiesta portata avanti dal 2009 dalla Procura di Taranto ha potuto rivelare soltanto in minima parte), Riva ha fatto “l’unica” scelta economicamente razionale: continuare a produrre il più possibile (ed è soltanto grazie a questo se Bondi ha potuto mantenere in piedi l’Ilva Spa nell’ultimo anno proprio grazie al destoccaggio) in barba ad ogni regola in materia di rispetto dell’ambiente e della salute di operai e cittadini. Con i danni che oggi tutti conosciamo.



E ieri, durante l’audizione in commissione Ambiente alla Camera dei commissario Enrico Bondi ed Edo Ronchi, accompagnati dall’assessore regionale alla Qualità dell’Ambiente della Regione Puglia Lorenzo Nicastro, tutta la drammaticità della situazione attuale dell’Ilva è apparsa ancora una volta chiara ed indiscutibile. Del resto, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, la decisione dei giudici della VI sezione penale della Cassazione che venerdì scorso hanno annullato senza rinvio il sequestro preventivo per 8,1 miliardi di euro nei confronti della Riva FIRE (Finanziaria Industriale Riva Emilio) emesso dal gip Todisco lo scorso 24 maggio, oltre ad essere stata una vittoria per i Riva rischia di trasformarsi nella spallata decisiva che metterà al tappeto il più grande impianto siderurgico d’Europa. E Bondi, tutto questo, lo sa molto bene. Non è un caso del resto se ieri, durante l’audizione, ha lasciato intendere che l’unica possibilità realistica per far sì che l’Ilva realizzi tutti i lavori previsti dall’AIA, è un aumento di capitale che inietti quanto prima nella casse dell’azienda risorse liquide ingenti. Operazione che dovrebbe essere garantita dalla proprietà: ovvero dai Riva. “Credo che sarebbe molto conveniente – ha ironizzato con il suo accento toscano irriverente Bondi – ragionare di aumento di capitale”. Lo ha detto sorridendo, avendo accanto Ronchi e guardando i deputati presenti. “Il mio è un suggerimento – ha “precisato” Bondi – ma credo che un test con la proprietà andrebbe fatto perché se ci fosse una risposta positiva alla richiesta di ricapitalizzare, cosa che non so, migliorerebbe anche l’atteggiamento delle banche nei nostri confronti”. Il ragionamento è fin troppo chiaro. La legge 89 del 4 agosto scorso che ha convertito il decreto del 4 giugno imponendo il commissariamento, prevede che quest’ultimo duri tre anni al termine dei quali l’Ilva ritornerà nella gestione dei legittimi proprietari.



A tutt’oggi, almeno nel campo della siderurgia italiana, soltanto il gruppo Riva potrebbe sostenere un’operazione finanziaria del genere. Che come ha lasciato intendere Bondi, sarebbe anche una garanzia in più per le banche. Le quali, come è stato dichiarato anche ieri, dovranno andare a finanziare il futuro piano industriale che “deve ancora vedere la luce”, come dichiarato dallo stesso commissario (i sindacati, lo ricordiamo, sono impegnati in questa caccia al tesoro da oltre un anno). Dunque, il piano di risanamento ambientale dovrà essere finanziato per forza di cose con altre risorse. Ma per quale motivo il gruppo Riva dovrebbe investire per risanare gli impianti di una fabbrica che ha gestito per quasi vent’anni, non avendolo mai fatto prima? Operando in modo tale da potersi arricchire a dismisura ed avendo tutto il tempo per trasportare i capitali guadagnati nei paradisi fiscali offshore e facendoli rientrare soltanto in minima parte attraverso lo scudo fiscale nel 2009, peraltro in maniera illecita come sta tentando di dimostrare la procura di Milano?
Probabilmente Bondi, anche se non è dato sapere con quanta speranza, ha lanciato un messaggio ad eventuali e improbabili investitori esteri. Perché se i Riva continueranno a comportarsi come sempre hanno fatto, l’unica strada per un eventuale aumento di capitale è la cessione di quote azionarie dell’Ilva Spa ad altri investitori interessati a subentrare alla gestione del siderurgico. Ma quello di Bondi, molto più semplicemente, è stato un atto dovuto. Visto che lui stesso ieri si è definito un “amministratore delegato sui generis (dimessosi lo scorso maggio dal ruolo di ad, tutto il Cda Ilva fu azzerato, ma attualmente, per effetto del commissariamento, è più adeguato dire che i ruoli sono tutti congelati): ho bisogno di fare delle cose e chiedo risorse”.



Il discorso, dunque, è molto semplice. Le risorse finanziarie per effettuare i lavori di risanamento sugli impianti dell’area a caldo, al momento non ci sono. Sono stati programmati investimenti per 160 milioni sia a gennaio che a febbraio, e 6-700 milioni per tutto il 2014. Se queste risorse non saranno trovate in tempi celeri, i lavori non si faranno. E c’è da credere che il piano ambientale allungherà ancora di più nel tempo le scadenze di ultimazione dei lavori previste dall’AIA.



Ma non pensiate che l’Ilva Spa navighi in acque buone. Certo, il siderurgico produce e continua a vendere acciaio. L’indebitamente con le banche non è aumentato, a detta di Bondi. Ma il futuro è nero. E non soltanto perché si produce meno che in passato. La richiesta del mercato frena, gli incassi diminuiscono (6 milioni e 230 mila tonnellate prodotte nel 2013 contro gli 8 milioni e 248 mila del 2012, con una differenza nei ricavi di 41 euro a tonnellata), e se il costo delle materie prime diminuisce (25 euro per tonnellata), aumenta il costo dell’energia e soprattutto della manutenzione degli impianti (24 euro a tonnellata): i conti, quindi, non tornano. Bondi ieri è stato infatti chiarissimo: “A gennaio non so se saremo ancora in grado di mantenere questa situazione: c’è bisogno di un provvedimento veloce altrimenti in gennaio faticheremo a fare tutto quello che dobbiamo fare”.



E come segnaliamo da tempo, a breve bisognerà fare i conti con un problema ancora maggiore. Che ieri è stato pronunciato da Bondi quasi come fosse una condanna per tutti i presenti: “Ricordo che nel 2014 dovremo rinegoziare la cassa integrazione e la solidarietà per diversi stabilimenti, non solo per Taranto”: a Genova si tratta di 700 lavoratori, ma a Taranto parliamo di 2.400 persone in solidarietà; con Bondi che ieri ha chiesto ulteriori ammortizzatori per “altri interventi minori”.



Volete fare due calcoli insieme a noi? Bene. Da sempre all’Ilva il rapporto tonnellate di acciaio/lavoratori è di 1/1000 (un milione di tonnellate per 1000 dipendenti): l’azienda ha prodotto 2 milioni di tonnellate in meno, dunque siamo nell’arco di almeno 2mila lavoratori in esubero, esattamente quanti quelli di cui si dovrà discutere a marzo, come confermato anche ieri dallo stesso Bondi. Lo scriviamo da tempo: l’Ilva va incontro ad un notevole ridimensionamento di produzione ed occupazione, i cui risvolti sociali saranno pesantissimi. E mai più recuperabili. Il problema, come sempre in questo Paese, è che siamo governati da inetti a tutte le latitudini, oltre che “difesi” da sindacati inesistenti e “rappresentati” da una società civile che lascia sempre più a desiderare. Un esempio sui politici di cui sopra? Ieri, al termine dell’audizione, Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, ha testé dichiarato: “Ci vogliono garanzie sui tempi e certezza sulle risorse per il risanamento ambientale dell’Ilva: fondi, questi ultimi, che non possono che venire dai beni della famiglia Riva”. Serve altro?


Gianmario Leone (TarantoOggi, 28.12.2013)






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22 gennaio 2014


Ilva, nuova richiesta d’arresto per Fabio Riva – Bonifiche Pioltello, arresto per Pelaggi



MILANO – Mentre si attende il verdetto da Londra sull’estradizione, atteso per fine febbraio, è stata emessa una nuova ordinanza di custodia cautelare a carico di Fabio Riva, uno dei figli di Emilio Riva, ex patron dell’Ilva, nell’ambito dell’inchiesta milanese coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Mauro Clerici e Stefano Civardi. A Fabio Riva viene contestata una truffa ai danni dello Stato per circa un centinaio di milioni di euro. Coinvolte altre due persone arrestate, un professionista residente in Svizzera e un dirigente della Riva Fire.



IN ARRESTO LUIGI PELAGGI

Poco fa è giunta anche un’altra notizia che riguarda l’ennesima vicenda spinosa italiana. Sei arresti per corruzione e traffico illecito di rifiuti sono scattati nell’ambito delle attivita’ di bonifica dell’ex area Sisas di Pioltello-Rodano. E’ questo il bilancio dell’operazione dei carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Milano e dei Comandi Provinciali di Milano, Roma e Napoli scattata all’alba. In manette è finito anche Luigi Pelaggi, funzionario del ministero dell’Ambiente e all’epoca dei fatti contestati capo della segreteria tecnica del ministro Prestigiacomo, vecchia conoscenza, in quanto indagato, nell’ambito dell’inchiesta Ambiente Svenduto condotta dalla Procura di Taranto sui vertici Ilva.


FABIO RIVA ACCUSATO ANCHE DI TRUFFA AGGRAVATA
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Fabio Riva, in concorso con altri, avrebbe realizzato un sistema per ricevere indebitamente erogazioni pubbliche utilizzando la legge Ossola che prevede contributi alle società italiane che esportano e che si trovano a far fronte a forti dilazioni di pagamento da parte dei clienti esteri. I contributi, viene spiegato in ambienti giudiziari, sono erogati dalla Simest di Roma, società partecipata dalla Cassa depositi e prestiti. Secondo gli inquirenti l’Ilva di Taranto non avrebbe avuto i requisiti idonei per accedere a questo tipo di contributi poichè tratta principalmente con Stati esteri o grandi aziende che saldano o alla consegna o, al massimo, con scadenze di 30-60-90 giorni. Per riuscire ad ottenere i contributi, è la contestazione dell’accusa, sarebbe stata costituita in Svizzera l’Ilva Sa, società che sarebbe stata interposta tra l’Ilva di Taranto e i committenti esteri così da far figurare che i pagamenti alla società italiana venivano fatti da quella svizzera la quale dilazionava i pagamenti nei tempi previsti per riuscire ad accedere ai contributi statali. Nell’inchiesta risulta indagata in base alla legge 231 anche la Riva Fire. (Adnk)






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giovedì 23 gennaio 2014




Buonanotte sloppante!





Tanto rumore per nulla?
Assolutamente si!
Ora si muore a norma di legge (ad hoc)





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Comunicato Stampa
Con questo nuovo video scioccante si può valutare bene la differenza tra le nubi formate dai vapori e quelle che si formano a causa delle emissioni di polveri e dei fumi che provengono dall'Ilva di Taranto. Le emissioni, come si vede, fuoriescono incontrollate dalle aree basse (non dai camini!), soprattutto durante la notte, anche con ripetuti fenomeni di "slopping".
Il Fondo Antidiossina consegnerà il video alla Procura di Taranto e alla Commissione Europea, a testimonianza che nulla è cambiato e che la situazione sanitaria ed ambientale di Taranto e della intera Provincia permane molto critica.





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Ilva, il 19 giugno Vendola in aula con altri 52 imputati


TARANTO – E' stato fissato per il 19 giugno prossimo l’inizio dell’udienza preliminare legata all’inchiesta sull'Ilva chiamata 'Ambiente svendutò, a carico di 50 imputati e tre società: Ilva, Riva Fire (la capogruppo) e Riva Forni Elettrici.
Tra i destinatari delle richieste di rinvio a giudizio ci sono gli ex vertici dell’Ilva, Emilio Riva e i figli Fabio e Nicola, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (che dovrà rispondere di concussione), il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, l’attuale assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, l’ex assessore regionale e deputato di Sel, Nicola Fratoianni.


L'indagine, avviata nel 2009, è culminata il 26 luglio del 2012 nei primi arresti e nel sequestro senza facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo del Siderurgico. A 11 indagati la procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e contro la pubblica amministrazione, nonchè l’avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tra le imputazioni, c'è anche quella di omicidio colposo per due morti bianche avvenute nello stabilimento tarantino.


L’udienza preliminare dovrebbe svolgersi nella palestra della caserma dei vigili del fuoco.







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Politica itaGliana: tutta brava gente...

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...tutta brava gente anche chi ha continuato a votare certi personaggi. Immagine Immagine








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Mi ha quasi preso un colpo (in mezzo agl'occhi [:D]) dopo aver letto il titolo di questo articolo.
Mi sono chiesto se quelcuno sia mai in grado di leggere il mio pensiero.



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5 aprile 2014 12:32

Dalla diossina alla canapa, oggi la semina. Fornaro: “E’ un giorno di festa”


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TARANTO – “Per noi è una giornata di festa, finalmente si ricomincia”. Vincenzo Fornaro non nasconde il suo entusiasmo mentre è in corso un evento dal grande valore simbolico: la semina della canapa su tre ettari di terreno. Protagonista di questa storia di riscatto è la masseria Carmine, reduce da anni dolorosi a causa dell’abbattimento di circa 600 capi di bestiame contaminati da pcb e diossine provenienti dall’Ilva.


La semina è avvenuta sotto un cielo nuvoloso, che ha offerto anche qualche goccia di pioggia (noi vogliamo interpretarla come una benedizione), davanti agli occhi di un folto gruppo di cittadini sensibili alle tematiche ambientali e felici di poter condividere con la famiglia Fornaro l’inizio di questa nuova sfida.


Si punta sulla canapa, una pianta che ha proprietà disinquinanti e molteplici utilizzi: dalla bioedilizia al tessile, senza dimenticare l’uso alimentare e farmaceutico. Il primo raccolto è previsto a settembre. Poi, in base ai risultati delle analisi che si faranno sul prodotto ottenuto, si deciderà su cosa orientarsi. Ma quello di oggi non è stato solo il primo passo di un nuovo cammino. Ha rappresentato anche un’inedita occasione per ritrovare il sorriso. Ed è soprattutto di occasioni come queste che i tarantini hanno bisogno.





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mercoledì 16 aprile 2014



Metonimia di una città. Ilva=Taranto

Ilva, Bruxelles incalza Italia:Taranto fuorilegge


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La Commissione Ue incalza l'Italia sullo stabilimento siderurgico di Taranto. Nel quadro della procedura di infrazione già aperta sull'Ilva, Bruxelles si appresta a inviare a Roma una nuova lettera di messa in mora 'complementarè per la violazione di alcuni articoli delle direttive sulle Emissioni industriali (che dal gennaio 2014 sostituisce la normativa Ue sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento Ippc) e Seveso. Secondo quanto si apprende, la nuova iniziativa della Commissione nasce dall'analisi dettagliata della risposta inviata a Bruxelles dall'Italia a dicembre 2013 in seguito alla prima lettera di messa in mora, risalente al settembre 2013.


I contenuti del documento atterrato sulle scrivanie dei tecnici della dg Ambiente, invece di fornire rassicurazioni, dimostrerebbero al contrario che l'Ilva di Taranto non sta attuando molte delle condizioni previste dall'autorizzazione integrata ambientale, e che lo stabilimento provoca ancora «inquinamento significativo». Inoltre, nonostante vi sia prova che la violazione delle condizioni previste dall'autorizzazione pongono questioni di pericolo immediato per la salute umana e importanti effetti negativi per l'ambiente, l'Italia non ha sospeso l'attività dello stabilimento. Ma lo stesso permesso Ippc «è inadeguato», secondo Bruxelles, poichè non prevede tutti i requisiti necessari in merito alle discariche nel sito dell'Ilva, alla gestione dei sottoprodotti e dei rifiuti, al trattamento delle acque reflue, alla protezione e al monitoraggio del suolo e delle acque sotterranee. Come se tutto questo non bastasse, l'Italia viene accusata anche di violazione della direttiva Seveso, poichè risulta che l'aggiornamento della relazione sulla sicurezza dello stabilimento, iniziata nel 2008, non è stata ancora conclusa, mentre secondo la normativa, il report deve essere rivisto, e dove essere necessariamente aggiornato, ogni cinque anni.


Nel settembre scorso, in occasione dell'apertura della procedura di infrazione, il commissario Ue all'Ambiente Janez Potocnik aveva evidenziato come il caso Ilva sia «un chiaro esempio del fallimento nell'adozione di misure adeguate per proteggere la salute umana e l'ambiente». Da allora ad oggi sono trascorsi più di sei mesi, ma vista da Bruxelles la situazione non sembra essere molto cambiata. A quanto si è appreso, la decisione sulla messa in mora complementare dell'Italia per il caso Ilva è stata presa oggi dall'esecutivo europeo e potrebbe essere ufficializzata domani.







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