Fuori dalla ZONA DI COMFORTSiamo letteralmente alla vigilia di un momento che, volenti o nolenti, ci vedrà coinvolti tutti quanti.
Ciò significa che se fin’ora abbiamo potuto “lasciar fare ad altri” gli atti concreti che conseguono al dissenso che abbiamo nel cuore rispetto alla direzione che sta prendendo il mondo, perché ”tanto la mia vita in qualche modo continua”,”alla fine del mese per ora ci arrivo e non è il caso che vada a cercarmi rogne”, “della protesta si occupi chi ha l’età per farlo” ed altri concetti da
dabbenuomo legittimi, ci mancherebbe, ma del tutto ininfluenti sulla realtà, presto l’urgenza di scegliere da che parte stare, tra i dormienti o i ridestati, verrà a cercarci sin nelle nostre case, nei nostri salotti, sulle nostre poltrone dove, con i telecomandi, scegliamo ogni sera di quale fittizia rappresentazione della realtà intasare i nostri circuiti cerebrali ed emotivi.
E potremo anche scegliere di non scendere in piazza, “perché non è il caso”.
Ma stare semplicemente a vedere quel che succede, senza partecipare nemmeno con il proprio cuore, senza almeno SENTIRSI PARTE DEL CAMBIAMENTO, formulando dei pensieri positivi e costruttivi in tal senso, e rigettando una volta per tutte l’indegno “Tanto lo so che non cambia niente, cosa vuoi che succeda? Qui in Italia poi?”.
Ognuno di noi, per lo meno fra quelli che non si rinchiudono nella ZONA DI COMFORT che il sistema ha accuratamente costruito per addomesticarci, o meglio
impecorirci, è e fa PARTE DEL CAMBIAMENTO.
Rivolgiamo almeno ad esso la nostra ATTENZIONE.
Da Svegli.
Jervé
9 DICEMBRE – NON PARTECIPARE E’ STUPIDO E VILE, PRIMA CHE SUICIDADi Claudio MarconiCon chiunque si parli si sente dire che “ così non si va più avanti”, e tutti aggiungono, preoccupatissimi, che ormai si “sente“ che il morso della tarantola è più vicino che mai.
Ma perché scriviamo di questo? Lo ricordiamo, e ne scriviamo, per dire qualcosa alla quale, forse, non molti stanno facendo caso; e per arrivare ad alcune, sintetiche ma necessarie, conclusioni.
Lo scriviamo per far notare che mentre l’emergenza ci incalza e ci assedia; mentre il barometro politico-economico non si mette certo al bello, abbiamo intorno a noi un singolare e sconcertante atteggiamento che definiremmo “ normalistico “.
Molti vivono, si comportano, ragionano come se stessimo attraversando una fase “ normale “ della vita politica ed economica, e le emergenze di questa lotta, qualsiasi forma assumano, sono “ rigettate “, quasi psichicamente, per i loro contenuti di eccezionalità, credendo con ciò solo di averle ricacciate indietro ed eliminate.
Le cose non stanno così, cari lettori. Le cose si stanno mettendo in modo tale che la “ normalità” sarà sempre meno la regola e l’eccezione, l’emergenza, tenderanno a diventare sempre più abituali.
Dobbiamo “ attrezzarci “, anzitutto psicologicamente ed interiormente, a tutto ciò, però, vi rifiutate, come si usa dire, di prenderne coscienza.
Per dirla tutta e chiaramente, vediamo intorno a noi, una quantità infinita di persone che continua pazientemente, tenacemente, a vivere in termini di normalità e di abitudinarietà. Ma non è pazienza e tenacia: è incomprensione, è ottusità, è rifiuto di prendere atto della realtà che ci circonda, è, in buona sostanza, un modo sottile di alzare bandiera bianca.
Quello che intendiamo dire è che occorre uscire da questo clima, in cui, una parte consistente del popolo, continua ad attendere alle sue normali occupazioni e preoccupazioni minori, mentre solo un’altra parte, altrettanto consistente, “ tira la carretta “, rischia e paga in prima persona, si dà da fare, si arrabatta in mille modi, si impegna sino allo spasimo.
I teorici del “ tanto non cambia niente”, “ a cosa serve?” se ne fregano, ecco il punto.
Certo borbottano e mugugnano nei salotti; alzano mani e parole accusatrici per chiedere: “ ma che diavolo fate ! “ o “ perché non fate questo o quell’altro”; ma poi, finita la sfuriata e passata l’occasione, tornano alle loro attività, al loro tran-tran borghese, alla casa-ufficio-ufficio-casa, ai guadagni e traffici e commerci, al “ particolare” assorbente delle professioni e degli uffici.
La lotta come dopolavoro; ecco il punto debole dei benpensanti, il loro tallone d’Achille; ecco il terreno sul quale i parassiti ed i nemici del popolo e della nostra nazione ci hanno fregato e ci stanno battendo; ecco l’antica tara di un certo modo di condurre la lotta.La lotta come “ ritaglio “ di tempo, strappato – e spesso sventolato esibizionisticamente – alle usuali attività; una lotta che, altrettanto spesso, è solo parlottio serale, concesso, gettato lì come sfogo liberatorio e alibistico.
Conosciamo questo tipo zoologico “ da tastiera”, che ogni giorno si abbandona all’estremismo verbale e verboso. Conosciamo tutti gente che potrebbe muovere una mano, non per azionare la tastiera, ma, senza esagerare, per distribuire volantini. Ma quella mano non la muovono; e mentre si agitano tanto con la lingua, e la tastiera, a censurare, a criticare, a sputar sentenze, quella mano se la farebbero piuttosto tagliare.
Ma non la sentite l’aria che tira ? Per noi, per tutti e per tutti gli italiani è aria da miseria e schiavitù, da persecuzione finanziaria, è aria che sa di persecuzione massiccia e indiscriminata, di prigione, di “ giustizia sommaria “.
Non ci credete ? Con Equitalia ci condannano senza processo, e ci rovinano, e, qualche volta, ci “ ammazzano”. E’ notizia di oggi che ad una vedova, il cui marito si è suicidato, hanno chiesto 60.000 euro. Se non è persecuzione e “ giustizia sommaria” questa, ditemi voi cosa è ?
I ritagli di tempo non bastano più; gli impegni “ part-time “ sono superati; irremediabilmente. Entro pochi mesi il loro ordine extra nazionale sarà totalmente realizzato, la dittatura economica sarà stabilizzata. Inciderà di brutto, duramente ed in profondità, dolorosamente per il popolo.Nessuno è obbligato a partecipare alla mobilitazione del 9 dicembre, sia chiaro. Ma si vorrebbe che chi ci sta, chi ha deciso di aderire, si renda conto che non di un semplice versante di lotta si tratta ma di una vera e propria barricata ideale, lungo la quale tutti dobbiamo essere egualmente schierati, offrendo ognuno alla lotta comune quel che può ciascuno dare a secondo della sua collocazione e delle sue possibilità.
C’è ancora margine, c’è ancora spazio e tempo per reagire, per contrattaccare, per uscire in positivo da questo sistema contro l’uomo.
Ma occorre che tutti si diano da fare, si impegnino e si mobilitino come già molti, invece, stanno in realtà e in concreto facendo quotidianamente.
E chiedo a tutti voi. Se lo sforzo di questi “ eroi” fa sì che, nonostante tutto, si “regga”, quale sarebbe il risultato possibile se diventassimo una moltitudine ? E se in molti ci si impegnasse su tutto il vasto versante delle iniziative in corso o che potrebbero essere realizzate ?
Pensateci, cari amici , questa è una lotta per la vita, che adesso, i “ benpensanti “ senza rendersene conto ( o facendo finta di non rendersene conto ) vegetano nell’inconcludente angolino piccolo-borghese della loro quotidianità.
Agire così non ha più senso, comportarsi così, vivere così, non ha più senso.
Se volete la vostra salvezza, se volete dare un futuro ai vostri figli, se vi volete liberare dalle fauci dei burocrati di Bruxelles, non siate timorosi, il 9 dicembre scendete in piazza con il popolo.Non partecipare il 9 dicembre, è stupido e vile, prima ancora che suicida.http://frontediliberazionedaibanchieri.it/2013/12/9-dicembre-non-partecipare-e-stupido-e-vile-prima-che-suicida.html
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