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20/12/2013, 11:49

Atlanticus81 ha scritto:

E quindi mi chiedo... cosa differenzia un belga da un italiano?!

Perchè loro sì e noi (che forse stiamo addirittura peggio dei belgi) no?!

[8]


perchè gli italiani sono degli imbecilli.
tutto quello che ci capita (come "massa", popolo...) ce lo meritiamo.

tutti i giorni vado a lavoro in bici, nei 5km circa di tragitto il 95% dei comportamenti delle persone che incontro manifestano totale ignoranza e mancanza di rispetto nei confronti di ambiente, persone, animali, istituzioni, regole, buonsenso...

vi sembrerà un esempio stupido ma non lo è: tutto il tragitto sui viali è caratterizzato da una pista ciclabile che corre accanto ad un largo marciapiede (circa 2 metri di larghezza). tutte le persone a piedi dove camminano secondo voi?

in mezzo alla pista ciclabile, ovvio, e quando ti vedono arrivare molti manco si scansano, sono anzi infastiditi.

i più giovani in gruppo per farli scansare li devi addirittura spostare fisicamente; ti fermi e li spingi di lato, perchè anche dopo averti visto stanno li, fermi, stupiti del fatto che qualcuno si permetta di calpestare lo stesso luogo in cui si trovano loro.

agli italiani frega solo di se stessi, chi protesta è solo chi sta davvero male in prima persona, o non ha di meglio da fare o semplicemente segue la massa.

qui a Firenze la manifestazione del 9 dicembre è stata a malapena una macchietta folcloristica: blocchi il traffico (con conseguente incaxxatura degli automobilisti) ma non cerchi il loro appoggio spiegando la situazione, distribuendo volantini chiari ed esplicativi, rendendoli magari partecipi.

no, una volta rotti i cosiddetti se non sai per cosa è la manifestazione peggio per te, dovevi informarti meglio.

gli italiani sono così.

io sono convinto che le persone non cambino mai; l'italiano medio nel cervello c'ha 22 cogli-oni strapagati che rincorrono un pallone, o il nuovo i-qualcosa.
finchè verrà considerato normale questo cosa volete cambiare?
Ultima modifica di Massimo Falciani il 20/12/2013, 11:50, modificato 1 volta in totale.

20/12/2013, 11:54

Atlanticus81 ha scritto:

E quindi mi chiedo... cosa differenzia un belga da un italiano?!

Perchè loro sì e noi (che forse stiamo addirittura peggio dei belgi) no?!

[8]

lo spirito nazionale,nonostante le diversita' fiammnga e vallone............ [:(!]
l'italiano in pratica bada sostanzialmente al proprio orticello,o come dice massimo falciani sono solo interessati al calcio e pure al pettegolezzo................non guardando l'interesse della collettivita' [:(!]
Ultima modifica di ubatuba il 20/12/2013, 11:59, modificato 1 volta in totale.

20/12/2013, 12:22

ubatuba ha scritto:

Atlanticus81 ha scritto:

E quindi mi chiedo... cosa differenzia un belga da un italiano?!

Perchè loro sì e noi (che forse stiamo addirittura peggio dei belgi) no?!

[8]

lo spirito nazionale,nonostante le diversita' fiammnga e vallone............ [:(!]
l'italiano in pratica bada sostanzialmente al proprio orticello,o come dice massimo falciani sono solo interessati al calcio e pure al pettegolezzo................non guardando l'interesse della collettivita' [:(!]


Troppo individualismo, poco senso di appartenenza a una nazione che forse esiste solo sulla carta.

L'errore di fondo è osservare il disgraziato, il vecchio senza pensione, il giovane che non trova lavoro, il negoziante che chiude pensando che sia ALTRO da noi.

Senza pensare che ciò che oggi è toccato a lui, DOMANI POTREBBE TOCCARE A NOI!

Per questo è miope chi, citando l'esempio di ufologo sui negozi che rimangono aperti a Natale per racimolare quegli euro che gli serviranno soltanto a prolungare la strada verso la chiusura, decidono di ignorare la protesta.

Così come è miope chi ha un lavoro e decide di ignorare la protesta senza rendersi conto che, domani, il disoccupato in piazza inca**ato nero, potrebbe essere lui.

[V]

20/12/2013, 12:27

[:264] nulla da aggiungere............................[;)]

20/12/2013, 12:31

L’opinione di Giuseppe Cirillo

Come l’Italia può diventare teatro di una guerra civile

...

Sono tanti i fattori che potrebbero dare inizio a una insurrezione. PD spaccato, Berlusconi a rischio galera con pericolo di scontro tra potere politico e giudiziario. Ondata di manifestazioni, possibilità attentati ed esplosione socio-economica dei paesi vicini.

Vogliamo analizzare la questione partendo da una metafora, quella del classico triangolo del fuoco, che spiega in maniera sintetica come si sviluppa un incendio. Come tutti sanno i tre elementi fondamentali sono il combustibile (il materiale infiammabile), il comburente (ruolo di solito svolto dall’ossigeno) e infine la temperatura d’innesco (la temperatura necessaria che provoca la reazione tra combustibile e comburente) che è la classica scintilla che fa scoppiare l’incendio.

Ecco, una guerra civile essenzialmente è paragonabile ad un incendio dove il combustibile sono le tensioni politiche, sociali,religiose o etniche presenti in un dato stato, il comburente è la situazione economica che può dar fiato a queste tensioni e la scintilla è un grave evento più o meno inaspettato che fa esplodere tutte le tensioni esistenti.

Nel caso dell’Italia, il comburente è la situazione economica, che come tutti sappiamo è molto grave con una disoccupazione in continua crescita, la recessione che non accenna a fermarsi, l’eccessiva pressione fiscale, 140 miliardi di euro di debiti verso le imprese non pagati da parte dello Stato, il debito pubblico che continua ad incrementare.

E tutti questi fattori economici, sopra descritti, sono tutte condizioni che anche nella Storia recente sono state alla base di rivoluzioni, colpi di stato e guerre civili. Un esempio tra quelli più famosi è la Rivoluzione Francese scoppiata a seguito di una fortissima crisi economica e all’aumento delle tasse.

...

http://www.carbonio7.it/Curiosita/come- ... ivile.html

31/12/2013, 00:51

TELEGRAPH: PRESIDENTE ITALIANO TEME UN'INSURREZIONE VIOLENTA NEL 2014.

Ambrose Evans Pritchard dal Telegraph commenta gli allarmi di Napolitano sui "Forconi" e le minacce non tanto velate di Draghi, che non offrono risposte alle tensioni sociali, ma solo imperativi impossibili. Non si può rimanere in recessione e disoccupazione di massa quando le soluzioni esistono e sono a portata di mano: la protesta sta diventando un movimento anti-Euro.

Immagine

In Italia gli eventi stanno volgendo al peggio. Il presidente Giorgio Napolitano ha lanciato l'allarme su possibili "tensioni sociali e disordini diffusi" nel 2014, mentre la lunga recessione si trascina.

Coloro che vivono ai margini vengono coinvolti in "atti di protesta indiscriminata e violenta, verso una forma di opposizione totale".

Il suo ultimo discorso è una vera e propria Geremiade. Migliaia di aziende sono "sull'orlo del collasso". Grandi masse di persone prendono il sussidio di disoccupazione o rischiano di perdere il posto di lavoro. L'altissimo tasso di disoccupazione giovanile (41%) sta portando verso un pericoloso stato di alienazione.

"La recessione sta ancora mordendo duro, e c'è la sensazione diffusa che sarà difficile sfuggirle, e trovare il modo per tornare alla crescita" ha detto.

Ma ora, quale potrebbe essere la causa di tutto questo? Potrebbe avere qualcosa a che fare con il fatto centrale e prioritario che l'Italia ha una moneta sopravvalutata del 20% o più, all'interno dell'Unione Monetaria Europea: che è intrappolata in un sistema di cambi fissi stile anni '30, gestito da una banca centrale anni '30, che sta lì a guardare (per motivi politici) mentre l'aggregato monetario M3 ristagna, il credito si contrae e la deflazione incombe?

Napolitano non offre alcuna risposta. Ex stalinista, che ha applaudito all'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 (un peccato giovanile), Napolitano da tempo ha manifestato il suo fervore ideologico a favore del progetto UE. Egli è per natura incapace di mettere in discussione le premesse dell'unione monetaria, quindi non aspettatevi nessuno spunto utile dal Quirinale su come uscire da questa impasse.

Egli ammette che la crisi della zona euro "ha messo a dura prova la coesione sociale",ma lascia la questione in sospeso, e la sua argomentazione incompiuta, più sul descrittivo che sull'analitico.

Senza arrivare al punto di lanciare l'allarme sul rischio che corre lo Stato italiano stesso, ha detto che la crescente minaccia delle forze insurrezionali deve essere affrontata. La legge deve essere rigorosamente rispettata. Il paese deve andare avanti con disciplina. "L'Europa ci sta guardando", ha detto.

Napolitano è allarmato, e ha ragione di esserlo. La rivolta dei "Forconi" ha preso una svolta inquietante per le élite dell'Italia. Durante l'ultima manifestazione di massa a Torino la polizia si è tolta i caschi, come manifestazione di simpatia.

Questo sta diventando un movimento anti-UE. Uno dei leader dei Forconi è appena stato arrestato per essere salito agli uffici dell'Unione europea a Roma e aver strappato giù la bandiera blu e oro dell'Europa.

Dove porti tutto questo nessuno lo sa. Secondo Citigroup nel 2014 l'Italia resterà bloccata in depressione con una crescita dello 0.1%, di nuovo a zero nel 2015, e allo 0.2% nel 2016. Se è così, ben otto anni dopo la crisi, la produzione in Italia sarà ancora del 10% sotto l'ultimo picco, una performance di gran lunga peggiore di quella avuta durante la Grande Depressione.

Anche se la zona euro incontrasse una ripresa nel corso dei prossimi tre anni o giù di lì,il meglio che l'Italia possa sperare è la stabilizzazione su livelli di disoccupazione di massa – al 20% se si considera l'altissimo livello di lavoratori Italiani scoraggiati (numero tre volte superiore alla media UE) che sono usciti fuori dalle statistiche. La domanda è quanto tempo la società potrà tollerare tutto questo. Nessuno di noi sa la risposta.

Per ora l'Italia ha evitato un ritorno agli "anni di piombo", il terrorismo tra gli anni '70 e i primi anni '80, quando la stazione ferroviaria di Bologna fu fatta saltare dai fascisti e l'ex premier Aldo Moro fu sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse. Ma questo tipo di violenza non è poi così lontano come la gente pensa. Nel 2011 il capo dell'agenzia fiscale Equitalia è stato quasi accecato da una lettera bomba di matrice anarchica. Da allora ci sono stati ripetuti casi di attacchi dinamitardi.

La mia ipotesi è che ad un certo punto ci sarà un incidente - un po' come lo scontro tra le truppe francesi e i portuali a Brest nel 1935, quando un lavoratore fu colpito a morte con il calcio di un fucile, mettendo in moto degli eventi che infine costrinsero Laval alle dimissioni e fecero uscire la Francia dal Gold Standard.

A coloro che continuano a insistere che l'Italia deve stringere la cinghia e recuperare competitività tagliando i salari, vorrei obiettare che questo è matematicamente impossibile, in un clima di ampia deflazione o quasi deflazione in tutta l'UEM.

La ragione dovrebbe essere evidente a tutti, ormai. Non è possibile permettere allo stock di debito nominale di salire su una base nominale in contrazione. Una politica del genere fa sì che la traiettoria del debito aumenti in maniera esponenziale. Negli ultimi tre anni il debito Italiano è già aumentato dal 119% al 133% del PIL, in gran parte a causa delle politiche di austerità fiscale.

Sotto le attuali politiche UEM questo rapporto presto sfonderà il 140%, nonostante l'avanzo primario del bilancio Italiano - un livello oltre il punto di non ritorno per un paese senza moneta sovrana o senza una propria banca centrale. Tale è il potere dell'effetto denominatore.

Giusto per essere chiari. Non credo che l'Italia debba lasciare l'euro come prima opzione. Ci sono altre misure che dovrebbero essere prese prima, se non altro per costruire un contesto politico e morale favorevole.

L'Italia può cambiare la sua strategia diplomatica, spingendo per un cartello degli stati debitori del Club Med a leadership francese che prenda il controllo della BCE e della macchina politica dell'UEM. Hanno i voti, e la piena autorità legale basata sui trattati, per forzare una strategia di reflazione che potrebbe cambiato tutto, se solo osassero.

Questo è più o meno il nuovo piano di Romano Prodi, ex premier Italiano e "Mr. Euro", che ora sta sollecitando l'Italia, la Spagna e la Francia a unirsi, piuttosto che illudersi di poter fare da soli, e "sbattere i pugni sul tavolo".

L'economista premio Nobel Joe Stiglitz riprende il tema su Project Syndicate , dicendo: "Se la Germania e gli altri non sono disposti a fare il necessario - se non c'è abbastanza solidarietà per far funzionare la politica - allora l'euro potrebbe dover essere abbandonato per salvare il progetto europeo".

Ieri, al Parlamento europeo, Mario Draghi della BCE ha avvertito che l'uscita dall'UEM porterebbe ad una svalutazione del 40% e a una crisi che metterebbe qualsiasi paese in ginocchio, ancor più brutalmente di quella che si deve affrontare adesso. Questo è sempre lo stesso argomento che viene portato avanti in difesa dei regimi di cambio fissi, sia del Gold Standard nel 1931, che dello SME nel 1992, o dell'ancoraggio argentino al dollaro nel 2001. E' stato dimostrato falso, anche nel caso dell'Italia negli anni '90, quando la svalutazione ha funzionato benissimo.

Draghi si sofferma sul trauma immediato, ma ignora gli effetti molto più corrosivi di una crisi permanente. I paesi possono infatti recuperare molto velocemente se il tasso di cambio si sblocca. Si potrebbe ugualmente sostenere che ci sarebbe una marea di investimenti in Italia nel momento in cui il paese prendesse risolutamente il toro dell'euro per le corna e ristabilisse l'equilibrio valutario.

In ogni caso, la tesi di Draghi presuppone che la BCE lascerebbe accadere una svalutazione del 40%, anche quando le potenze del nord hanno un forte interesse ad assicurare un'uscita ordinata dell'Italia? La BCE potrebbe intervenire sui mercati FX per stabilizzare la lira per un paio di mesi, fino a quando la situazione si calmasse. Questo eviterebbe gli eccessi, eviterebbe delle perdite rovinose per il blocco dei creditori e degli esportatori tedeschi, ed eviterebbe una crisi da deflazione in Germania, Olanda, Finlandia e Francia.

Quello che Draghi sta implicitamente affermando (senza volerlo), è che la BCE si comporterebbe in maniera spericolata, punendo l'Italia per il gusto di farlo, anche se questo potrebbe rendere l'intera prova peggiore per tutti. Sarebbe stato bello se un deputato gli avesse chiesto perché mai la BCE dovrebbe fare una cosa del genere.

Quello che sembra certo è che nessun paese democratico sopporterà uno stato perdurante di semi-recessione e disoccupazione di massa, quando esistono delle alternative plausibili.

Fonte in lingua inglese: blogs.telegraph.co.uk

Fonte in lingua italiana: vocidallestero.blogspot.it


http://www.nexusedizioni.it/apri/Argome ... -NEL-2014/

31/12/2013, 11:20

.....ma non e' troppo tardi????????

31/12/2013, 11:31

Meglio tardi che mai... e a onor del vero.. è già tardi adesso visto lo stato in cui è stato gettato il paese.

Se ci si fosse svegliati un po' prima... Ma noi si era soltanto quei pazzi squinternati dei 'complottisti'...

E via tutti dietro invece ai pifferai di Hamelin del "Con l'euro lavoreremo un giorno in meno guadagnando come se lavorassimo un giorno in più" come pecore beote.

[:(!]
Ultima modifica di Atlanticus81 il 31/12/2013, 11:32, modificato 1 volta in totale.

31/12/2013, 16:45

Non è mai troppo tardi per compiere una scelta giusta.

24/01/2014, 18:04

di nuovo.... [8)] [:(]
Egitto, attacco contro polizia e metrò
Sangue sul terzo anniversario di Tahrir


Serie di attentati al Cairo: 10 morti e oltre 70 feriti. Scatta lo stato di allerta.
Il gruppo jihadista Ansar beyt el Makdes ha rivendicato l’attacco su Twitter

http://www.lastampa.it/2014/01/24/ester ... agina.html
Ultima modifica di GIANLUCA1989 il 24/01/2014, 18:05, modificato 1 volta in totale.

24/01/2014, 20:51

Ho inserito un topic direttamente con una discussione a se stante.
Non ritenevo opportuno "relegarlo" (perdonatemi il termine) in questo Thread.

Il topic è questo: http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=15656

Spero sposiate le mie motivazioni nel farne Thread indipendente.[:(]

24/01/2014, 21:49

quoto in tutto il bravo Falciani, Celentano l'aveva scritto in una sua famosissima canzone che l'italiano pensa solo per se'
allego ultima strofa. <<<<ciao [:245] [:246] [:246] [:246] [:246] [:246]

24/01/2014, 21:50

Ma quest'Italia qua se lo vuole sa
che ce la farà
e il sistema c'è
quando pensi a te
pensa... anche un po' per me.

26/01/2014, 18:09

Le battaglie che attualmente infuriano nel sud della Libia non sono semplici scontri tribali. Invece, rappresentano la possibile nascente alleanza tra gruppi etnici neri libici e forze pro-Gheddafi intente a liberare il Paese dal governo neocoloniale installato dalla NATO. Il 18 gennaio, un gruppo di combattenti pesantemente armati ha preso d’assalto una base aerea presso la città di Sabha nella Libia meridionale, espellendo le forze fedeli al “governo” del primo ministro Ali Zaydan e occupando la base. Allo stesso tempo, iniziano a filtrare notizie dal Paese secondo cui la bandiera verde della Gran Giamahiria Araba Libica Socialista Popolare sventola su un certo numero di città nel Paese. Nonostante la scarsità di informazioni verificabili, il governo di Tripoli ha fornito solo dettagli vaghi e non confermati, una cosa è certa: la guerra in Libia continua.



Sul campo
Il primo ministro libico Ali Zaydan ha chiesto una sessione d’emergenza del Congresso generale nazionale per dichiarare lo stato di allerta nel Paese dopo la notizia della caduta della base aerea. Il primo ministro ha annunciato di aver ordinato alle truppe di sedare la ribellione nel sud, dicendo ai giornalisti che “Questo scontro continua, ma tra poche ore sarà risolto.” Un portavoce del ministero della Difesa in seguito ha affermato che il governo centrale aveva recuperato il controllo della base aerea, affermando che “Una forza è stata approntata, quindi dei velivoli sono decollati per attaccare gli obiettivi… La situazione nel sud ha dato una possibilità ad alcuni criminali… fedeli al regime di Gheddafi di sfruttarla attaccando la base aerea di Tamahind… Noi proteggeremo la rivoluzione e il popolo libico“. Oltre all’assalto alla base aerea, vi sono stati altri attacchi contro singoli membri del governo a Tripoli. L’incidente di più alto profilo è stato il recente assassinio del viceministro dell’Industria Hasan al-Drui nella città di Sirte.

Anche se non è ancora chiaro se sia stato ucciso dalle forze islamiste o da combattenti della resistenza verde, il fatto inequivocabile è che il governo centrale è sotto attacco e non è in grado di esercitare una vera autorità o fornire sicurezza al Paese. Molti hanno cominciato a speculare sulla sua uccisione, secondo cui piuttosto che essere un caso isolato, è un assassinio mirato nell’ambito della resistenza in crescita in cui i combattenti verdi pro-Gheddafi sono in prima fila.
L’avanzata delle forze della resistenza verde a Sabha e altrove è solo parte di un grande e complesso piano politico e militare nel Sud, dove un certo numero di tribù e vari gruppi etnici si sono uniti contro ciò che correttamente percepiscono come loro emarginazione sociale, politica ed economica. Gruppi come le minoranze etniche Tawargha e Tubu, gruppi africani neri, hanno subito attacchi feroci dalle milizie arabe e alcun sostegno dal governo centrale. Non solo questi e altri gruppi sono vittime della pulizia etnica, ma sono sistematicamente esclusi dalla partecipazione alla vita politica ed economica della Libia. Le tensioni sono venute al pettine all’inizio del mese, quando il capo ribelle di una tribù araba, Sulayman Awlad, è stato ucciso. Invece di un’indagine ufficiale o un processo legale, le tribù Awlad hanno attaccato i loro vicini neri Tubu, accusandoli dell’omicidio. Gli scontri risultati da allora hanno ucciso decine di persone, dimostrando ancora una volta che i gruppi arabi dominanti vedono ancora i loro vicini neri come qualcosa di diverso da dei connazionali. Indubbiamente, ciò ha portato alla riorganizzazione delle alleanze nella regione, con Tubu, Tuareg ed altri gruppi minoritari neri che abitano tra sud della Libia, nord del Ciad e del Niger, ad avvicinarsi alle forze pro-Gheddafi. Se queste alleanze sono formali o meno, non è ancora chiaro, tuttavia è evidente che molti gruppi in Libia sono consapevoli che il governo della NATO non mantiene le promesse, e che qualcosa deve essere fatto.



La corsa politica in Libia
Nonostante la raffinata retorica degli interventisti occidentali su “democrazia” e “libertà” in Libia, la realtà ne è lontana, soprattutto per i libici africani che vedono il loro status socio-economico e politico ridotto con la fine della Jamahiriya di Muammar Gheddafi. Mentre questi popoli godevano di un’ampia uguaglianza politica e protezione legale nella Libia di Gheddafi, l’era post-Gheddafi li ha visti spogliati di tutti i loro diritti. Invece di essere integrati in un nuovo Stato democratico, i gruppi libici neri ne sono stati sistematicamente esclusi. Infatti, anche Human Rights Watch, un’organizzazione che ha molto contribuito a giustificare la guerra della NATO sostenendo falsamente che le forze di Gheddafi usassero lo stupro come arma e si stessero preparando a un “genocidio imminente”, ha riferito che “Il crimine contro l’umanità della pulizia etnica continua, mentre le milizie provenienti soprattutto da Misurata hanno impedito a 40000 persone della città di Tawergha di ritornare nelle loro case, da cui erano stati espulsi nel 2011.” Questo fatto, assieme a storie terribili e immagini di linciaggi, stupri e altri crimini contro l’umanità, dipinge un quadro molto cupo della vita in Libia per questi gruppi.
Nel suo rapporto 2011, Amnesty International ha documentato una serie di flagranti crimini di guerra commessi dai cosiddetti “combattenti per la libertà” in Libia che, pur essendo salutati dai media occidentali come “liberatori”, hanno colto l’occasione della guerra per massacrare libici neri così come clan e gruppi etnici rivali. Questo è naturalmente in netto contrasto con il trattamento dei libici neri sotto il governo della Jamahiriya di Gheddafi, elogiato dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel suo rapporto del 2011, dove osservava che Gheddafi aveva fatto di tutto per garantire lo sviluppo economico e sociale, oltre a fornire specificamente opportunità economiche e protezioni politiche ai libici neri e ai lavoratori migranti provenienti dai Paesi africani confinanti. Con ciò in mente, non c’è da meravigliarsi che nel settembre 2011 al-Jazeera abbia citato un combattente pro-Gheddafi Tuareg dire, “combattere per Gheddafi è come un figlio che combatte per il padre … [saremo] pronti a combattere per lui fino all’ultima goccia di sangue“. Mentre i Tubu e gli altri gruppi etnici neri si scontrano con le milizie arabe, la loro lotta dev’essere intesa nel contesto di una lotta continua per la pace e l’uguaglianza. Inoltre, il fatto che devono impegnarsi in questa forma di lotta armata, illustra ancora una volta un punto che molti osservatori internazionali hanno indicato fin dall’inizio della guerra: l’aggressione della NATO non aveva nulla a che fare con la protezione dei civili e dei diritti umani, ma piuttosto era un cambio di regime per interessi economici e geopolitici. Che la maggioranza della popolazione, comprese le minoranze etniche nere, stia peggio oggi che quando era sotto Gheddafi è un fatto che viene nascosto attivamente.



Neri, Verdi e la lotta per la Libia
Sarebbe presuntuoso pensare che le vittorie militari della resistenza verde pro-Gheddafi di questi ultimi giorni siano durevoli o che rappresentino un cambio irreversibile nel panorama politico e militare del Paese. Anche se decisamente instabile, il governo fantoccio neocoloniale di Tripoli è sostenuto economicamente e militarmente da alcuni degli interessi più potenti del mondo, rendendo difficile rovesciarlo semplicemente con vittorie secondarie. Tuttavia, questi sviluppi indicano un interessante cambio sul terreno. Indubbiamente vi è una confluenza tra minoranze etniche nere e combattenti verdi, come riconoscono i loro nemici delle milizie tribali che parteciparono al rovesciamento di Gheddafi, così come il governo centrale di Tripoli. Se un’alleanza formale ne emergerà, resta da vedere. Se una tale alleanza si sviluppasse però, sarebbe la svolta nella continua guerra per la Libia. Come i combattenti della resistenza verde hanno dimostrato a Sabha, possono organizzarsi nel sud del Paese dove godono di un ampio sostegno popolare. Si potrebbe immaginare un’alleanza nel sud che potrebbe controllare il territorio e possibilmente consolidare il potere in tutta la parte meridionale della Libia, creando uno Stato indipendente de facto. Naturalmente, il grido della NATO e dei suoi apologeti sarebbe che sarebbe antidemocratico e controrivoluzionario. Ciò sarebbe comprensibile in quanto il loro obiettivo di una Libia unificata asservita al capitale e il cui petrolio finanzi gli interessi internazionali diverrebbe irraggiungibile.
Bisogna stare attenti a non fare troppe ipotesi sulla situazione in Libia oggi, i dati affidabili sono difficili da trovare. Più precisamente, i media occidentali tentano di sopprimere completamente il fatto che la resistenza verde esiste, per non dire attiva e vittoriosa. Tutto ciò dimostra semplicemente, inoltre, che la guerra di Libia infuria, che il mondo l’ammetta o meno.1609820Eric Draitser è fondatore di StopImperialism.com. È un analista geopolitico indipendent

http://www.stampalibera.com/?p=70703

chissa' x quale motivo le fonti informative non parlano mai di codeste situazioni,vogliono fare passare la libia come una nazione liberata??? e pacificata.....???
Ultima modifica di ubatuba il 26/01/2014, 18:09, modificato 1 volta in totale.

26/01/2014, 18:17

chissa' x quale motivo le fonti informative non parlano mai di codeste situazioni,vogliono fare passare la libia come una nazione liberata??? e pacificata.....???


Perchè in programma ce ne sono ancora altre di questo genere di "liberazioni"
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