24/01/2014, 22:08
24/01/2014, 22:15
sanje ha scritto:
Di s.
Mettiamoci in testa che questa situazione colpirà tutti eppure vedo ancora gente che non ha capito molto e vive in maniera distante tutto ciò.
25/01/2014, 00:22
25/01/2014, 02:45
25/01/2014, 09:10
sanje ha scritto:
Di storie se ne sentono cosi tante che se le leggi tutte ti va in tilt il cervello.
Il fiscal compact sarà una mazzata finale si, ma una mazzata davvero immensa, non so se ci rendiamo conto cosa sono 50 miliardi in un anno, il gettito mini IMU è 400 milioni di euro.
Banalmente se si divide 50 miliardi per 400 milioni: fa 125.
Dovremmo sborsare ogni anno 125 volte in più rispetto alla mini IMU in termine di pagamenti e perdite di servizi.
A fronte di questo si sta assistendo ad una emigrazione italiana davvero impressionante, qui non si tratta di fuga di cervelli di qualche anno fa, ma una vera propria emigrazione che si svilupperà a breve in una grande emigrazione paragonabile a quelle di fine 800.
Mettiamoci in testa che questa situazione colpirà tutti eppure vedo ancora gente che non ha capito molto e vive in maniera distante tutto ciò.
25/01/2014, 14:13
25/01/2014, 16:41
28/01/2014, 01:27
L'Argentina torna a far paura, svalutazione shock per il Peso. Tango Bond al 17%
L'Argentina ha deciso ieri una brusca svalutazione del peso, la valuta nazionale, che ha riportato sui mercati i timori di una crisi finanziaria nella seconda economia per importanza in America Latina. Il calo di oltre il 15% accusato dalla valuta argentina nei primi scambi ieri ha costretto la Banca centrale a ritornare sul mercato per vendere dollari, limitando cosi' il ribasso a fine seduta all'8% che rappresenta, comunque la perdita piu' ampia per il peso su base giornaliera dal default da 95 miliardi di dollari e dalla pesante svalutazione del 2002. La valuta argentina ha superato ieri la soglia simbolica di 8 peso per un dollaro dopo aver sfondato il giorno prima quella dei 7 peso, uno choc per gli argentini che negli anni '90 vivevano nella parita' tra peso e dollaro.
La valuta ha toccato un minimo giornaliero di 8,34 peso per un dollaro ieri per poi chiudere a quota 8,01. La svalutazione, nemica di risparmiatori e investitori, accumulata in due giorni e' del 13,9% e quella delle prime tre settimane del 2014 e' pari al 18,6% contro il 24% di tutto il 2013. Il Governo argentino, per tramite del premier, Jorge Capitanich, ha annunciato l'allentamento delle restrizioni in vigore da oltre due anni sugli acquisti di valuta estera, e cioe' di dollari, da parte di cittadini privati, sottolineando come "il prezzo del dollaro abbia raggiunto un livello di convergenza accettabile con gli obiettivi di politica economica" del Paese.
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Effetto tapering, è fuga dai Paesi emergenti: nel 2013 riscatti superiori a 59 miliardi di dollari
Un brusco cambiamento di rotta dopo che dall'ottobre 2011 l'amministrazione della presidente Cristina Kirchner aveva 'razionato' con parsimonia la quantita' di dollari a disposizione di privati e imprese nel tentativo di proteggere le riserve internazionali del Paese. La stessa Kirchner aveva affermato il 6 maggio scorso che il peso non sarebbe stato svalutato ma una mossa in questo senso veniva reclamata da tempo dalle imprese, in particolare da quelle export. Dopo aver speso oltre 4,5 miliardi di dollari nel 2013 per difendere la valuta nazionale, la Banca centrale e' intervenuta per almeno 100 milioni di dollari ieri per limitare il crollo del peso e le valute internazionali del Paese hanno terminato la giornata a un nuovo minimo da oltre sette anni di 29,3 miliardi contro un picco di 52,6 miliardi a inizio 2011. Da quando Kirchner ha deciso un ampio rimpasto, nominando uomini nuovi a capo del ministero dell'Economia e della Banca centrale il 18 novembre scorso, il peso si e' svalutato del 25%, un record a livello mondiale. Intanto, l'inflazione ha raggiunto il 25-30% in Argentina nel 2013, secondo stime private (10,9% secondo il Governo) e viene prevista in ulteriore aumento quest'anno.
Nel solo mese di dicembre, sempre secondo stime private, potrebbe toccare il 5%.
Il ministro argentino dell'Economia, Axel Kicillof, nel corso di una intervista a Radio Continental, ha dichiarato: «C'é stato un attacco speculativo molto forte. C'è stata una domanda di acquisto di 3,5 milioni di dollari a 8,40 peso da parte della Shell, che avrebbe potuto comprare a 7,20 peso».
Fmi: «Saremmo felici di aiutare l'Argentina»
Il Fondo monetario internazionale sarebbe «felice» di aiutare l'Argentina, che si trova ad affrontare una forte svalutazione della sua moneta. In ogni caso, non si sono relazioni ufficiali tra Fmi e le autorità di Buenos Aires. Lo ha dichiarato Zhu Min, direttore aggiunto del Fondo, parlando al Forum di Davos. Il Fmi sarebbe «più che felice di aiutare» l'Argentina, «ma come voi sapete non abbiamo relazioni ufficiali dal 2004», ha detto Zhu Min, aggiungendo che il Fondo «sorveglia molto attentamente» la situazione.
Crollano i Tango Bond del 4,7%
La tempesta valutaria del peso si è riflessa ovviamente anche sui titoli del paese sudamericano. I tango bond con scadenza 2017 hanno perso oggi il 4,7%, con un calo a 79,5 da 83,5 cents, facendo impennare i rendimenti al 17%. «There's nothing to scoff at», «Non c'è più niente da ridere» dice un operatore, facendo riferimento al cambio di scenario in corso: l'anno scorso i titoli di Stato argentini si erano rivalutati del 19%. E c'è chi ora considera di acquistare a questi prezzi: Ezekiel Bidau di ACP Securities dice che sta lentamente aumentando l'esposizione del suo portafoglio di titoli argentini a scadenza 2015; scesi anch'essi a 92.5 cents dai 97c di ieri.
28/01/2014, 01:31
I risultati di uno studio internazionale
Con l'aumento dei consumi elettrici aumentano anche i rischi di black-out
Avvisi di pericolo circa una crisi possibile nelle forniture ci sono già stati
Roma, 27 gen. (Adnkronos) - L'aumento dei consumi elettrici sta aumentando i rischi di black-out per il pianeta. A sostenerlo è uno studio di un gruppo di ricercatori della Lincoln University del Regno Unito e della Auckland University della Nuova Zelanda secondo i quali l'aumento della popolazione mondiale, con il conseguente aumento dei consumi elettrici, mette in pericolo la condizione di fruizione di energia elettrica senza interruzioni dei Paesi Occidentali.
Gli scienziati fanno notare che avvisi di pericolo circa una crisi possibile nelle forniture ci sono già stati; negli Stati Uniti l'American Society of Civil Engineers ha elaborato uno studio secondo il quale le centrali elettriche statunitense potrebbero essere sottoposte ad uno sforzo insostenibile entro il 2020 se non verranno fatti investimenti in infrastrutture, reti e centrali per almeno 100 miliardi di dollari, un analogo rischio è stato paventato in Gran Bretagna dove il picco delle richieste di fornitura si dovrebbe già raggiungere nel 2015.
Altri Paesi a rischio sono la Cina e l'India dove è più che raddoppiato il numero dei condizionatori d'aria con conseguente maggiore richiesta di energia. Scenari come il black-out del 14 agosto 2003 che lasciò al buio 50 milioni di americani e quello del 10 novembre del 2009 IN Brasile e Paraguay potrebbero diventare probabilità di cui dover tenere sempre maggior conto.
Secondo i ricercatori poi, le energie rinnovabili non servirebbero a risolvere il problema, lo dimostrerebbero i black-out in Kenya, Venezuela e Tanzania dove le centrali idroelettriche sono state indicate come le responsabili dell'impoverimento idrico dei Paesi.
Gli scienziati nel loro studio prendono anche in esame il black-out che si verificò in Italia nel 2003 quando due alberi caddero sulla linea di alta tensione tra Francia ed Italia lasciando il paese al buio. L'episodio viene citato come esempio di fragilità delle infrastrutture di trasferimento dell'energia .
28/01/2014, 18:52
03/02/2014, 16:00
India, ancora passi indietro: crescita 2013 più debole del previsto, minima da dieci anni
Il periodo no dell'India sembra essere destinato a continuare, dopo che il governo ha abbassato le stime di crescita per l'anno conclusosi il 31 marzo scorso. L'India sarebbe quindi cresciuta soltanto del 4,5 per cento e non del 5 per cento: si tratta della crescita più debole degli ultimi dieci anni, lontanissima ad esempio dal quasi 10 per cento raggiunto nel 2007.
Secondo il governo di Nuova Delhi questa revisione è dovuta ad una crescita economica più forte nel 2012 rispetto al 2013, tanto che il tasso relativo all'anno fiscale concluso a marzo 2012 è stato alzato dal 6,2 per cento al 6,7 per cento. Il governo non ha comunque fornito ulteriori spiegazioni circa il motivo che ha portato al taglio della crescita relativa al 2013.
Il governo indiano revisiona tre volte l'anno le stime di crescita relative ai tre anni precedenti man mano che dall'economia arrivano nuovi dati a giustificare un tale aggiustamento: per questo motivo anche il tasso di crescita relativo al 2011 è stato modificato, questa volta al ribasso, dal precedente 9,3 per cento all'8,9 per cento attuale.
Mentre il governo preferisce dare la colpa dei problemi economici al rallentamento globale, gli economisti preferiscono focalizzare l'attenzione sul congelamento del settore privato: investimenti e manifattura continuano a manifestare debolezza mentre il denaro fatica a circolare poiché le persone tendono a cercare rifugio in asset come l'oro.
Intanto il paese si avvia ad elezioni alla fine del prossimo maggio con un tasso di inflazione in rialzo, fatto che insieme al rallentamento economico sta facendo buon gioco per le opposizioni, in particolare i nazionalisti, che secondo i sondaggi sono in vantaggio rispetto al Partito del Congresso che guida la coalizione di governo. Gli operatori tuttavia sono scettici riguardo questo cambio di leadership poiché la ricetta delle opposizioni sembra andare nella direzione opposta a quanto servirebbe al paese.
Sia come sia, stanno emergendo le crepe della costruzione economica indiana che, come altri paesi emergenti e quasi emergenti, non ha approfittato della liquidità facile fornita dalla Federal Reserve statunitense (fra le altre banche centrali) per porre in essere necessarie riforme strutturali, preferendo invece sussidiare in modo inefficiente l'economia. Ora, mentre la bonanza monetaria si avvia alla fine, Nuova Delhi sta sperimentando scossoni che forse si sarebbero potuti evitare con una politica economica più accorta, in particolare per quanto riguarda la lotta alla corruzione e all'eccessiva burocrazia e soprattutto all'arretratezza infrastrutturale.
Proprio nel tentativo di stimolare le riforme strutturali (oltre che per combattere l'inflazione) la scorsa settimana la Reserve Bank of India guidata da Raghuram Rajan ha deciso di alzare nuovamente i tassi di interesse per la terza volta in cinque mesi, sorprendendo così gli analisti. La mossa spingerà ovviamente al rialzo il costo del credito e quindi contribuirà a raffreddare ulteriormente l'economia, ma era forse necessaria per tentare di mantenere ferma la barra in un mercato valutario che ha cominciato a sperimentare i primi scossoni collegati al tapering. A tal riguardo Rajan non ha lesinato critiche alla Federal Reserve, colpevole di non tener conto degli effetti delle proprie politiche sugli altri paesi. Non c'è dubbio però che gran parte del male dell'India è autoinflitto.
03/02/2014, 18:18
06/02/2014, 15:47
07/02/2014, 18:15
12/02/2014, 10:20