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MessaggioInviato: 24/01/2014, 22:08 
Io ho provato a parlare con tante persone di questi argomenti e del Fiscal Compact, ma son tutti "passivi", tutti con i cervelli spenti, come se non gli fregasse niente di queste cose, che invece sono importantissime.
Molti si sveglieranno, sanje, quando sarà in corso il prelievo dei soldi del Fiscal Compact, si sveglieranno quando avremo già raggiunto il livello della Grecia...
Quando cerchi di far capire le cose importanti ma quasi tutti fanno finta di non sentire o pensano solo alle caxxate, è impossibile cambiare il destino dell'Italia...
Purtroppo mi rendo conto che l'Italia è piena di ignoranti superficiali incapaci di capire cosa sono le cose importanti, è come cercare di far ragionare degli Zombi...


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MessaggioInviato: 24/01/2014, 22:15 
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sanje ha scritto:

Di s.

Mettiamoci in testa che questa situazione colpirà tutti eppure vedo ancora gente che non ha capito molto e vive in maniera distante tutto ciò.




..purtroppo la maggior parte della gente non sa manco di cosa si tratti,e questo e' dovuto alla subdolita' di chi dovrebbe mettere a conoscenza l'argomento,e di proposito tiene tutto all'oscuro,hanno paura di una ribellione del popolo,.........e sarebbe pure ora.....[:(!]


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MessaggioInviato: 25/01/2014, 00:22 
Lo trovo surreale che la tua vita è appesa ad un filo e non ti interessi ai perchè, è proprio una cosa che mi fa pensare che non siamo piu essere umani ma veramente dei consumatori privi di cervello e animo. Non tanto lontani dalla vitalità che può avere un cellulare.



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...the earth is an enclosed plane, centered at the North Pole and bounded along its outward edge by a wall of ice, with the sun, moon, planets, and stars only a few hundred miles above the surface of the earth.
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MessaggioInviato: 25/01/2014, 02:45 
siamo macchine biologiche costruite ad hoc quindi facilmente indirizzabili.



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la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
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MessaggioInviato: 25/01/2014, 09:10 
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sanje ha scritto:

Di storie se ne sentono cosi tante che se le leggi tutte ti va in tilt il cervello.

Il fiscal compact sarà una mazzata finale si, ma una mazzata davvero immensa, non so se ci rendiamo conto cosa sono 50 miliardi in un anno, il gettito mini IMU è 400 milioni di euro.
Banalmente se si divide 50 miliardi per 400 milioni: fa 125.

Dovremmo sborsare ogni anno 125 volte in più rispetto alla mini IMU in termine di pagamenti e perdite di servizi.

A fronte di questo si sta assistendo ad una emigrazione italiana davvero impressionante, qui non si tratta di fuga di cervelli di qualche anno fa, ma una vera propria emigrazione che si svilupperà a breve in una grande emigrazione paragonabile a quelle di fine 800.

Mettiamoci in testa che questa situazione colpirà tutti eppure vedo ancora gente che non ha capito molto e vive in maniera distante tutto ciò.



Quoto.... molta gente non sa nulla di queste cose...... [V]



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 25/01/2014, 14:13 
Controlli capitali e prelievo forzoso: tutto per aumentare tasse

Immagine

http://www.wallstreetitalia.com/article ... tasse.aspx

"La verità è che per i politici di tutto il mondo, tale strada assicura grandi benefici".

NEW YORK (WSI) - Decisioni "idiote" - tra cui la confisca diretta dei conti bancari dei cittadini - adottate dalle autorità mondiali e la convinzione in base alla quale "in tempi disperati c'è bisogno di ricorrere a rimedi altrettanto disperati".

Tra questi, il controllo di capitali, che ha ricevuto il tacito plauso della Bce e del Fondo Monetario Internazionale.

Un editoriale che circola su diversi siti americani spiega la situazione che il mondo sta vivendo, con la complicità anche degli economisti, inclusa quella del Premio Nobel per l'economia Paul Krugman, che ha commentato la posizione dell'Fmi lodando la "sorprendente flessibilità intellettuale" dell'istituto.

L'Fmi è andato poi oltre, propondendo una patrimoniale globale. Parole come confisca e controlli di capitali sono state pronunciate anche da altri due economisti di fama mondiale, Carmen Reinhart e Ken Rogoff, che hanno fatto riferimento alla possibilità che le economie di paesi avanzati ricorrano a tattiche generalmente adottate nei mercati emergenti. E che di fatto venga dato il via a un'era di repressione finanziaria.

Ma l'idea che c'è dietro ai controlli sui capitali è semplice: "creare barriere per limitare il libero flusso di capitali".

La verità è che per i politici, tale strada assicura grandi benefici: "una volta che mettono in trappola i vari fondi all'interno dei confini nazionali, possono facilmente tassarli o confiscarli". E il problema è che questa strategia si sta espandendo a macchia d'olio: è presente in Islanda, a Cipro, in India, in Argentina.



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MessaggioInviato: 25/01/2014, 16:41 
Nigel Farage riassume il problema per l'Italia che presta soldi all'europa già nel 2012

FARAGE: Col salvataggio della Spagna fallisce l'Italia. Pubblicato in data 13/giu/2012



Nigel Farage è intervenuto oggi a Strasburgo, al Parlamento Europeo, per commentare il prestito di 100 miliardi al sistema bancario spagnolo. Il pacchetto prevede che l'Italia contribuisca al 20% e che il prestito venga erogato al 3%. Ma l'Italia, per trovare i soldi da conferire, deve indebitarsi sul mercato al 7%: un vero e proprio colpo di genio, non c'è che dire. Questa la trascrizione dell'intervento di Farage.

Questo accordo non migliora le cose: le peggiora. Cento miliardi di euro sono stati accordati al sistema bancario spagnolo, e il 20% di quei soldi deve venire dall'Italia. L'accordo prevede che gli italiani debbano prestare soldi alle banche spagnole al 3 per cento, ma per trovare quei soldi, devono indebitarsi sui mercati al 7 per cento. E' veramente geniale, non trovate? Veramente brillante!

Insomma, quello che stiamo facendo con questo accordo è che stiamo accompagnando paesi come l'Italia all'esigenza di salvarsi da soli. In aggiunta, ricarichiamo con un ulteriore 10 per cento il debito pubblico spagnolo e vi dico una cosa, che ogni analista bancario vi direbbe: cento miliardi non risolvono il problema bancario della Spagna: dovrebbero essere oltre quattrocento! E con la Grecia che barcolla in bilico sull'orlo dell'uscita dall'Euro, il vero elefante nella stanza è che quando la Grecia se ne va, la BCE, la Banca Centrale Europea, falisce. Andata!

Ha 444 miliardi di euro di esposizione verso i paese salvati e per sistemare la situazione dovreste chiedere immediata liquidità all'Irlanda, alla Spagna, al Portogallo, alla Grecia e all'Italia. Non ce la potete fare, no! E' un fallimento totale ed assoluto. Questa nave, l'Euro Titanic, ha impattato contro l'iceberg ed è triste ma, semplicemente, non ci sono abbastanza scialuppe di salvataggio.


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MessaggioInviato: 28/01/2014, 01:27 
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L'Argentina torna a far paura, svalutazione shock per il Peso. Tango Bond al 17%

L'Argentina ha deciso ieri una brusca svalutazione del peso, la valuta nazionale, che ha riportato sui mercati i timori di una crisi finanziaria nella seconda economia per importanza in America Latina. Il calo di oltre il 15% accusato dalla valuta argentina nei primi scambi ieri ha costretto la Banca centrale a ritornare sul mercato per vendere dollari, limitando cosi' il ribasso a fine seduta all'8% che rappresenta, comunque la perdita piu' ampia per il peso su base giornaliera dal default da 95 miliardi di dollari e dalla pesante svalutazione del 2002. La valuta argentina ha superato ieri la soglia simbolica di 8 peso per un dollaro dopo aver sfondato il giorno prima quella dei 7 peso, uno choc per gli argentini che negli anni '90 vivevano nella parita' tra peso e dollaro.

La valuta ha toccato un minimo giornaliero di 8,34 peso per un dollaro ieri per poi chiudere a quota 8,01. La svalutazione, nemica di risparmiatori e investitori, accumulata in due giorni e' del 13,9% e quella delle prime tre settimane del 2014 e' pari al 18,6% contro il 24% di tutto il 2013. Il Governo argentino, per tramite del premier, Jorge Capitanich, ha annunciato l'allentamento delle restrizioni in vigore da oltre due anni sugli acquisti di valuta estera, e cioe' di dollari, da parte di cittadini privati, sottolineando come "il prezzo del dollaro abbia raggiunto un livello di convergenza accettabile con gli obiettivi di politica economica" del Paese.
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Argentina verso l'accordo con i creditori sovrani a 13 anni dal default
Effetto tapering, è fuga dai Paesi emergenti: nel 2013 riscatti superiori a 59 miliardi di dollari

Un brusco cambiamento di rotta dopo che dall'ottobre 2011 l'amministrazione della presidente Cristina Kirchner aveva 'razionato' con parsimonia la quantita' di dollari a disposizione di privati e imprese nel tentativo di proteggere le riserve internazionali del Paese. La stessa Kirchner aveva affermato il 6 maggio scorso che il peso non sarebbe stato svalutato ma una mossa in questo senso veniva reclamata da tempo dalle imprese, in particolare da quelle export. Dopo aver speso oltre 4,5 miliardi di dollari nel 2013 per difendere la valuta nazionale, la Banca centrale e' intervenuta per almeno 100 milioni di dollari ieri per limitare il crollo del peso e le valute internazionali del Paese hanno terminato la giornata a un nuovo minimo da oltre sette anni di 29,3 miliardi contro un picco di 52,6 miliardi a inizio 2011. Da quando Kirchner ha deciso un ampio rimpasto, nominando uomini nuovi a capo del ministero dell'Economia e della Banca centrale il 18 novembre scorso, il peso si e' svalutato del 25%, un record a livello mondiale. Intanto, l'inflazione ha raggiunto il 25-30% in Argentina nel 2013, secondo stime private (10,9% secondo il Governo) e viene prevista in ulteriore aumento quest'anno.
Nel solo mese di dicembre, sempre secondo stime private, potrebbe toccare il 5%.

Il ministro argentino dell'Economia, Axel Kicillof, nel corso di una intervista a Radio Continental, ha dichiarato: «C'é stato un attacco speculativo molto forte. C'è stata una domanda di acquisto di 3,5 milioni di dollari a 8,40 peso da parte della Shell, che avrebbe potuto comprare a 7,20 peso».

Fmi: «Saremmo felici di aiutare l'Argentina»
Il Fondo monetario internazionale sarebbe «felice» di aiutare l'Argentina, che si trova ad affrontare una forte svalutazione della sua moneta. In ogni caso, non si sono relazioni ufficiali tra Fmi e le autorità di Buenos Aires. Lo ha dichiarato Zhu Min, direttore aggiunto del Fondo, parlando al Forum di Davos. Il Fmi sarebbe «più che felice di aiutare» l'Argentina, «ma come voi sapete non abbiamo relazioni ufficiali dal 2004», ha detto Zhu Min, aggiungendo che il Fondo «sorveglia molto attentamente» la situazione.

Crollano i Tango Bond del 4,7%
La tempesta valutaria del peso si è riflessa ovviamente anche sui titoli del paese sudamericano. I tango bond con scadenza 2017 hanno perso oggi il 4,7%, con un calo a 79,5 da 83,5 cents, facendo impennare i rendimenti al 17%. «There's nothing to scoff at», «Non c'è più niente da ridere» dice un operatore, facendo riferimento al cambio di scenario in corso: l'anno scorso i titoli di Stato argentini si erano rivalutati del 19%. E c'è chi ora considera di acquistare a questi prezzi: Ezekiel Bidau di ACP Securities dice che sta lentamente aumentando l'esposizione del suo portafoglio di titoli argentini a scadenza 2015; scesi anch'essi a 92.5 cents dai 97c di ieri.



http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... id=ABbf90r


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MessaggioInviato: 28/01/2014, 01:31 
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I risultati di uno studio internazionale
Con l'aumento dei consumi elettrici aumentano anche i rischi di black-out

Avvisi di pericolo circa una crisi possibile nelle forniture ci sono già stati


Roma, 27 gen. (Adnkronos) - L'aumento dei consumi elettrici sta aumentando i rischi di black-out per il pianeta. A sostenerlo è uno studio di un gruppo di ricercatori della Lincoln University del Regno Unito e della Auckland University della Nuova Zelanda secondo i quali l'aumento della popolazione mondiale, con il conseguente aumento dei consumi elettrici, mette in pericolo la condizione di fruizione di energia elettrica senza interruzioni dei Paesi Occidentali.

Gli scienziati fanno notare che avvisi di pericolo circa una crisi possibile nelle forniture ci sono già stati; negli Stati Uniti l'American Society of Civil Engineers ha elaborato uno studio secondo il quale le centrali elettriche statunitense potrebbero essere sottoposte ad uno sforzo insostenibile entro il 2020 se non verranno fatti investimenti in infrastrutture, reti e centrali per almeno 100 miliardi di dollari, un analogo rischio è stato paventato in Gran Bretagna dove il picco delle richieste di fornitura si dovrebbe già raggiungere nel 2015.

Altri Paesi a rischio sono la Cina e l'India dove è più che raddoppiato il numero dei condizionatori d'aria con conseguente maggiore richiesta di energia. Scenari come il black-out del 14 agosto 2003 che lasciò al buio 50 milioni di americani e quello del 10 novembre del 2009 IN Brasile e Paraguay potrebbero diventare probabilità di cui dover tenere sempre maggior conto.

Secondo i ricercatori poi, le energie rinnovabili non servirebbero a risolvere il problema, lo dimostrerebbero i black-out in Kenya, Venezuela e Tanzania dove le centrali idroelettriche sono state indicate come le responsabili dell'impoverimento idrico dei Paesi.

Gli scienziati nel loro studio prendono anche in esame il black-out che si verificò in Italia nel 2003 quando due alberi caddero sulla linea di alta tensione tra Francia ed Italia lasciando il paese al buio. L'episodio viene citato come esempio di fragilità delle infrastrutture di trasferimento dell'energia .



http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibil ... 44203.html


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MessaggioInviato: 28/01/2014, 18:52 
20 SEGNALI CI STANNO AVVERTENDO DELL’APPROSSIMARSI DELLA CRISI ECONOMICA GLOBALE

Postato il Domenica, 26 gennaio @ 23:10:00 GMT di davide

DI MICHAEL SNYDER
The Economic Collapse

Avete prestato attenzione a ciò che sta accadendo in Argentina, Venezuela, Brasile, Ucraina, Turchia e Cina? Se avete fatto come la maggior parte degli americani, certamente no. Gli statunitensi non sembrano prendersi troppo cura di ciò che sta accadendo nel resto del mondo, ma invece dovrebbero.

Nelle più grandi città di tutto il mondo ci sono in questo momento saccheggi e violenza, scarseggiano le forniture di base ed è in atto una corsa agli sportelli bancari. Non siamo ancora nella fase di "crisi globale", ma le cose stanno peggiorando ogni giorno di più.

Sento che il 2014 potrebbe diventare un importante "punto di svolta" per l'economia globale e, per quanto si riesca a vedere, questa percezione sta pienamente avverandosi. Venti segni premonitori ci avvertono che stiamo rapidamente avvicinandoci a una crisi economica globale ...



#1 # Il saccheggio, la violenza ed il caos economico che in questo momento stanno imperversando in Argentina, costituiscono un esempio perfetto di cosa succede quando si stampano troppi soldi...

Per Dominga Kanaza, non è solo l'impennata dell'inflazione, oppure i soli black-outs [durati peraltro un’intera settimana], o anche i soli saccheggi a sfilacciare i nervi degli argentini. Si tratta di tutte queste cose messe insieme.

Ad un certo punto del mese scorso, un negoziante trentasettenne si è rifiutato di aprire per più di pochi centimetri le serrande metalliche poste a protezione della sua drogheria nel centro di Buenos Aires – il minimo indispensabile per vendere della soda ai passanti, in un soffocante giorno d'estate.

#2 Il valore del peso argentino sta palesemente crollando... [è stato svalutato lo scorso 23 Gennaio, ndt].

#3 La diffusa scarsità [dei prodotti di base], i saccheggi e l'inflazione stanno causando enormi problemi anche in Venezuela...

La cattiva gestione economica, in Venezuela, ha raggiunto un livello tale da indurre la popolazione ad una reazione violenta. Questo paese sta subendo la riduzione dei proventi delle esportazioni [petrolio], l’accelerazione dell'inflazione e la diffusa carenza dei beni di consumo di base. Allo stesso tempo, l'amministrazione Maduro ha precluso ai venezuelani qualsiasi opzione pacifica per un cambiamento nelle sue politiche attuali.

Il presidente Maduro, salito al potere lo scorso Aprile attraverso delle contestatissime elezioni, ha reagito alla crisi economica con un interventismo sempre più autoritario. Le sue recenti disposizioni, volte a tagliare i prezzi dei beni venduti dalle imprese private, hanno portato ad episodi di saccheggio, che suggeriscono l’esistenza di un certo potenziale di violenza, seppur ancora allo stato latente [palese il riferimento alla scarsità di beni, indotta – a parere dell’autore – dal ribasso imposto ai prezzi, ndt]. Egli ha dovuto far uscire le forze armate dalle caserme per far valere i suoi decreti economici, esponendole in questo modo al malcontento popolare.

#4 Sorprendentemente, il governo venezuelano ha appena annunciato la svalutazione del bolivar di oltre il 40%.


#5 La Borsa brasiliana ha subito un drastico ribasso, Giovedì scorso. Fortissima è la preoccupazione che la crisi economica argentina possa sconfinare in Brasile...

#6 L'Ucraina sta rapidamente andando in pezzi...

Arrivati al quinto giorno di violenza, a Kiev è stato annunciato il “cessate il fuoco”, con i manifestanti più radicali e la polizia antisommossa a “tenere” le loro rispettive posizioni. I leaders dell'opposizione stanno negoziando con il governo, ma permangono forti dubbi sulla possibilità che essi possano fermare i rivoltosi.


#7 Sembra che in Cina sia cominciata la cosiddetta “corsa agli sportelli” ...


La CNR, in un suo report sulla Cina, ha sostenuto che molte persone, facenti parte della più grande cooperativa agricola della città di Yancheng, non hanno potuto ritirare, nelle ultime settimane, "centinaia di milioni" [di Yuan] che erano stati depositati presso dei fondi comuni [banche]. "Tutti vogliono prendere dei soldi in prestito, e nessuno vuol più risparmiare – ha sostenuto uno sportellista – mentre i soldi prestati sono difficili da recuperare". Non ci sono più soldi, e le porte d’ingresso sono state bloccate.

#8 Art Cashin, della UBS, avverte che il mercato del credito, in Cina, "potrebbe andare in frantumi". Per saperne di più, su quest’argomento, consiglierei il mio recente articolo intitolato "The $23 Trillion Credit Bubble In China Is Starting To Collapse – Global Financial Crisis Next?" [La bolla finanziaria cinese, pari a 23.000 miliardi di dollari, sta cominciando a collassare – Subito dopo la crisi finanziaria globale?].

#9 I mercati finanziari, Giovedì scorso, sono stati scossi da alcune brutte notizie relative al settore manifatturiero cinese, che sembra stia contraendosi ...


Wall Street è stata scossa dai dati della produzione manifatturiera cinese che, a Gennaio, è scesa sotto il livello-chiave di “50” sullo “HSBC Flash Manufacturing PMI”. Secondo i calcoli della HSBC, valori inferiori a “50” suggeriscono che sia in atto una contrazione economica.

#10 Giovedì scorso, i titoli giapponesi hanno sperimentato il più grande calo degli ultimi 7 mesi.

#11 Il valore della lira turca sta crollando.

#12 Il tasso di disoccupazione francese cresce da 9 trimestri consecutivi e, recentemente, è salito è salito al massimo degli ultimi 16 anni-

#13 In Italia, il tasso di disoccupazione è salito allo storico livello del 12.7%.

#14 Il tasso di disoccupazione, in Spagna, è salito al record storico del 26.7%.

#15 Quest'anno, nel corso delle due settimane successive al periodo delle festività di fine anno, il “Baltic Dry Index” ha ha subito un calo senze precedenti [un indice che esprime l'andamento dei costi del trasporto marittimo, per navi che trasportano materiali “secchi” – ovvero non liquidi, come ad esempio il petrolio – e “sfusi”].

#16 La Intel, società leader nella produzione di chips, ha recentemente annunciato l’eliminazione di 5,000 posti di lavoro, per il prossimo anno.

#17 La CNBC ha annunciato che i dettaglianti statunitensi hanno appena vissuto "le peggiori festività di fine anno [ai fini commerciali] dal 2008".

#18 In un recente articolo, la CNBC ha dichiarato che i consumatori americani devono aspettarsi un’ondata di chiusure, nel settore del commercio al dettaglio ... "


Preparatevi ad una nuova “era” nel settore delle vendite al dettaglio, caratterizzata da un numero molto minore di negozi, di dimensioni più piccole.

Martedì scorso, la Sears [una delle più antiche catene statunitensi nel settore della grande distribuzione, ndt] ha dichiarato che ad Aprile chiuderà il suo flagship-store [il negozio di maggior prestigio, ndt] nel centro di Chicago. E' l'ultima delle circa 300 chiusure che la Sears ha fatto negli Stati Uniti, a partire dal 2010. Questo comunicato ha fatto seguito a quelli precedenti, diffusi all'inizio di questo mese dalla J.C. Penney e dalla Macy's [grandi catene nel settore della grande distribuzione, ndt], relativi alle numerose chiusure di grandi magazzini.

Ulteriori segnali di chiusura sono pervenuti Mercoledì scorso, quando la Target Corporation [altra catena della grande distribuzione, ndt] ha comunicato che eliminerà 475 posti di lavoro in tutto il mondo – anche presso la sede centrale in Minnesota – e che non assumerà personale per le 700 posizioni lavorative che attualmente non sono occupate.

#19 Il Congresso degli Stati Uniti dovrà alzare di nuovo il “tetto del debito”, nel prossimo mese di Febbraio [palese il riferimento al drammatico scontro democratici/repubblicani, in occasione dell’ultimo rialzo, ndt].

#20 L’indice Dow Jones è sceso di oltre 170 punti, Giovedì scorso. È sempre più probabile che "il picco del mercato" si trovi ora nel retrovisore.

E non ho nemmeno menzionato la grande siccità che ha colpito una parte degli Stati Uniti – causando gravi problemi al settore dell’allevamento di bestiame, caduto ai minimi degli ultimi 61 anni – e le acque radioattive che, provenienti da Fukushima, che stanno bagnando la costa occidentale statunitense.

Alla luce di quanto ho esposto, c'è ancora qualcuno, là fuori, che ha ancora voglia di sostenere che "sta andando tutto bene", nell'economia globale?

Purtroppo, la maggior parte degli americani non ha finanche la minima conoscenza di tutte queste cose.

In tutto il paese, oggi, la maggior parte dei “titoli di testa” è relativa a Justin Bieber.

I media mainstream sono letteralmente ossessionati dagli scandali delle celebrità, e con essi gran parte della popolazione degli Stati Uniti.

Una grande tempesta economica si sta rapidamente avvicinando, e la maggior parte delle persone non sembra nemmeno essersi accorta delle nubi che si stanno addensando sull'orizzonte.

Alla fine, forse, avremo quello che ci siamo meritati.

Michael Snyder

Fonte: http://theeconomiccollapseblog.com

Link: http://theeconomiccollapseblog.com/arch ... c-meltdown

23.01.2014

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCO




Speriamo che questo articolo si sbagli, perchè se è tutto come si prevede, la crisi economica che ne deriverebbe sarebbe devastante, molto più di quella del 2007-2008...
Siamo in mano a dei matti che spostano numeri nei computer bancari.
...e se fosse una "crisi devastante pianificata" per costringerci a usare una moneta virtuale unica mondiale?
Le banche internazionali sanno cosa stanno facendo... non credo più alla "casualità" degli eventi...


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India, ancora passi indietro: crescita 2013 più debole del previsto, minima da dieci anni

Il periodo no dell'India sembra essere destinato a continuare, dopo che il governo ha abbassato le stime di crescita per l'anno conclusosi il 31 marzo scorso. L'India sarebbe quindi cresciuta soltanto del 4,5 per cento e non del 5 per cento: si tratta della crescita più debole degli ultimi dieci anni, lontanissima ad esempio dal quasi 10 per cento raggiunto nel 2007.


Secondo il governo di Nuova Delhi questa revisione è dovuta ad una crescita economica più forte nel 2012 rispetto al 2013, tanto che il tasso relativo all'anno fiscale concluso a marzo 2012 è stato alzato dal 6,2 per cento al 6,7 per cento. Il governo non ha comunque fornito ulteriori spiegazioni circa il motivo che ha portato al taglio della crescita relativa al 2013.

Il governo indiano revisiona tre volte l'anno le stime di crescita relative ai tre anni precedenti man mano che dall'economia arrivano nuovi dati a giustificare un tale aggiustamento: per questo motivo anche il tasso di crescita relativo al 2011 è stato modificato, questa volta al ribasso, dal precedente 9,3 per cento all'8,9 per cento attuale.

Mentre il governo preferisce dare la colpa dei problemi economici al rallentamento globale, gli economisti preferiscono focalizzare l'attenzione sul congelamento del settore privato: investimenti e manifattura continuano a manifestare debolezza mentre il denaro fatica a circolare poiché le persone tendono a cercare rifugio in asset come l'oro.

Intanto il paese si avvia ad elezioni alla fine del prossimo maggio con un tasso di inflazione in rialzo, fatto che insieme al rallentamento economico sta facendo buon gioco per le opposizioni, in particolare i nazionalisti, che secondo i sondaggi sono in vantaggio rispetto al Partito del Congresso che guida la coalizione di governo. Gli operatori tuttavia sono scettici riguardo questo cambio di leadership poiché la ricetta delle opposizioni sembra andare nella direzione opposta a quanto servirebbe al paese.

Sia come sia, stanno emergendo le crepe della costruzione economica indiana che, come altri paesi emergenti e quasi emergenti, non ha approfittato della liquidità facile fornita dalla Federal Reserve statunitense (fra le altre banche centrali) per porre in essere necessarie riforme strutturali, preferendo invece sussidiare in modo inefficiente l'economia. Ora, mentre la bonanza monetaria si avvia alla fine, Nuova Delhi sta sperimentando scossoni che forse si sarebbero potuti evitare con una politica economica più accorta, in particolare per quanto riguarda la lotta alla corruzione e all'eccessiva burocrazia e soprattutto all'arretratezza infrastrutturale.

Proprio nel tentativo di stimolare le riforme strutturali (oltre che per combattere l'inflazione) la scorsa settimana la Reserve Bank of India guidata da Raghuram Rajan ha deciso di alzare nuovamente i tassi di interesse per la terza volta in cinque mesi, sorprendendo così gli analisti. La mossa spingerà ovviamente al rialzo il costo del credito e quindi contribuirà a raffreddare ulteriormente l'economia, ma era forse necessaria per tentare di mantenere ferma la barra in un mercato valutario che ha cominciato a sperimentare i primi scossoni collegati al tapering. A tal riguardo Rajan non ha lesinato critiche alla Federal Reserve, colpevole di non tener conto degli effetti delle proprie politiche sugli altri paesi. Non c'è dubbio però che gran parte del male dell'India è autoinflitto.



http://it.ibtimes.com/articles/62092/20 ... pering.htm


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Rivalutazione quote Bankitalia: denunce a 130 Procure
di: WSI Pubblicato il 02 febbraio 2014| Ora 13:46

Reati ipotizzati: peculato, danno erariale, aiuti di stato mascherati alle banche per 7,5 miliardi. Rischio su oro e riserve.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ocure.aspx


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http://www.wallstreetitalia.com/article ... ncari.aspx

Argentina: misterioso incendio in un magazzino di documenti bancari

Pubblicato il 06 febbraio 2014| Ora 13:37

Tragedia nel magazzino di Iron Mountain. Sette soccorritori morti sul colpo.

NEW YORK (WSI) - In Argentina, ieri, nove pompieri sono rimasti uccisi, di cui sette sono morti sul colpo, e altri sette sono rimasti feriti mentre intervenivano in un incendio che ha distrutto un archivio di documenti bancari.

L’incendio si è verificato nel magazzino di Iron Mountain a Buenos Aires e ci sono volute ore per spegnerlo.

Un’altra giornata nera per il Paese della presidenta Cristina Kirchner, che sta affrontando una dura crisi della bilancia dei pagamenti.

Ad ogni modo ancora non sono chiare le cause dell’incendio ma non si esclude l’ipotesi di incendio doloso. La magistratura argentina, infatti, ha annunciato l’apertura di un’inchiesta, per far luce sulla vicenda.

Il magazzino conteneva documenti di importanti entità bancarie internazionali presenti in Argentina, nonché di altre compagnie di servizi, come assicurazioni o fondi pensione. Sembra che i soccorritori siano morti quando un muro dell’edificio è crollato sopra di loro


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Mercati verso una tempesta perfetta?
di: WSI Pubblicato il 03 febbraio 2014| Ora 15:26

Europa e Cina: due grandi fattori di rischio. Banche asiatiche potrebbero creare crisi globale.
Mercati globali verso una tempesta perfetta? Europa e Cina i due principali fattori di rischio, secondo Société Générale.
.
NEW YORK (WSI) - Due sono i principali rischi, oltre al sell off che ha investito l'azionario e le valute dei paesi emergenti, che potrebbero mettere ko i mercati: la minaccia della deflazione in Europa e un hard landing in Cina. Questi due elementi potrebbero, secondo Société Génerale, dare il via a una "tempesta perfetta".

"Il rischio di un hard landing (atterraggio duro) dell'economia cinese non può essere ignorato - ha scritto la banca d'affari - il principale elemento che potrebbe scatenarlo è il piano di deleveraging messo in atto da Pechino, che rischia di andare fuori controllo, e di provocare fallimenti bancari, contrazione di liquidità e crisi finanziaria".

E' chiaro, secondo SocGen, che "il rallentamento economico si è di nuovo ripresentato", come dimostra il dato ufficiale relativo al Pmi cinese, che a gennaio è sceso al minimo in sei mesi.

La banca prevede una crescita del Pil, nel 2014, +6,9%, ben al di sotto del consensus, complice il continuo calo della crescita del credito. Altro problema, è l'Europa. "Nonostante i continui segnali di un recupero in Europa, temiamo che l'assenza di riforme che stimolino la crescita possa essere confermata di nuovo da una performance deludente (del Pil) su base nominale".

Questo, in un contesto in cui l'inflazione europea viaggia attorno allo 0,7%. Certo, la Bce potrebbe decidere di agire presto al fine di evitare lo spettro della deflazione. Ma "una domanda chiave è ancora rappresentata da cosa farebbe la Bce nel caso di deflazione reale (prezzi che scendono ulteriormente alimentando la recessione)", visto che l'Eurotower ha più volte reiterato di avere le mani legate nell'acquistare bond governativi.

"Gli ultimi dati ed eventi dei mercati emergenti e dei paesi avanzati mettono in evidenza la natura ying-yang dei mercati e dell'economia globale -, ha commentato Joachim Fells, economista presso Morgan Stanley - Quello che va bene per una regione potrebbe essere negativo per un'altra".

Secondo un ex analista di Fitch, ora a capo della divisione di ricerche di Autonomus Research in Asia, i problemi crescenti nel sistema bancario cinse potrebbero diffondersi a macchia d'olio sui mercati, creando una crisi finanziaria di portata globale. Charlene Cru è uno degli analisti più rispettati del sistema finanziario cinese.

http://www.wallstreetitalia.com/article ... fetta.aspx


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MessaggioInviato: 12/02/2014, 10:20 
Democrazia superflua, nel regime dei signori del Ttip

Un trattato-capestro, da imporre a un’Europa disperata perché devastata dalla crisi. E’ questa la premessa su cui sia gli Usa che l’Unione Europea sperano di concludere entro due anni i negoziati segreti per il Trattato Transatlantico. Obiettivo: assoggettare i governi, per legge, ai diktat delle multinazionali, con un liberismo ancora più sfrenato di quello del Wto. Vantaggi smisurati, però, solo per le grandi multinazionali: i rari studi dedicati alle conseguenze del Ttip non dicono nulla sulle sue reali ricadute sociali ed economiche. Si narra che il trattato darà alla popolazione del mercato transatlantico un aumento di ricchezza di 3 centesimi pro-capite al giorno «a partire dal 2029», mentre si valuta di appena lo 0,06% l’aumento del Pil in Europa e negli Usa con l’entrata in vigore del Ttip. Un risultato ridicolo, per chi ripete il libero scambio «dinamizza» la crescita economica. Teoria regolarmente confutata dai fatti: la quinta versione dell’iPhone di Apple ha generato negli Stati Uniti una crescita del Pil otto volte più importante.
Il boccone grosso del Trattato, infatti, è un altro: costringere gli Stati a farsi da parte, lasciando che a dettar legge – ufficialmente – siano i colossi dell’economia mondiale, a cominciare da quelli della finanza. Appena cinque anni dopo l’esplosione della crisi dei subprime, americani ed europei sono d’accordo sul fatto che le velleità di regolamentazione dell’industria finanziaria hanno fatto il loro tempo: il quadro che vogliono delineare, attraverso il nuovo Trattato Transatlantico, il devastante dispositivo legale destinato a sconvolgere lo scenario europeo e la residua libertà dei nostri Stati, prevede di eliminare tutti gli ostacoli in materia di investimenti a rischio. Vogliono impedire ai governi di controllare il volume, la natura e l’origine dei prodotti finanziari messi sul mercato, cancellando ogni tipo di regolamentazione. Secondo Lori Wallach, che dirige il Public Citizen’s Global Trade Watch di Washington, questo «stravagante ritorno alle vecchie idee thatcheriane» risponde ai desideri dell’associazione delle banche tedesche, inquieta per la timida riforma di Wall Street adottata dopo il 2008.
La Deutsche Bank ora vuole «farla finita con la regolamentazione Volcker», chiave di volta della riforma di Wall street, che a suo avviso sovraccarica un «peso troppo grave sulle banche non statunitensi». Quello della Deutsche Bank, scrive Lori Wallach su “Le Monde Diplomatique”, è il volto feroce della finanza europea, quella dell’euro-regime, pienamente allinenata con quella statunitense. Fa eco Insurance Europe, punta di lancia delle società assicurative europee: la compagnia auspica che il Ttip, il Trattato Transatlantico che si sta chiudendo lontano dai riflettori, «sopprima» le garanzie collaterali che dissuadono il settore dall’avventurarsi negli investimenti ad alto rischio. Quanto al Forum dei Servizi Europei, l’organizzazione padronale di cui fa parte la Deutsche Bank, si agita dietro le quinte affinché le autorità di controllo statunitensi cessino di ficcare il naso negli affari delle grandi banche straniere operanti sul loro territorio.
«Da parte degli Usa – aggiunge la Wallach – si spera soprattutto che il Ttip affossi davvero il progetto europeo di tassare le transazioni finanziarie». La Commissione Europea, ovviamente, darà il via libera: infatti si è già affrettata a giudicare «non conforme alle regole del Wto» la tassa sulle rendite finanziarie. E dato che lo stesso Fmi si oppone a qualunque forma di controllo sui movimenti di capitali, ormai negli Stati Uniti la debole “Tobin tax” non preoccupa più nessuno. Ma le sirene della deregolamentazione non si fanno ascoltare solo nell’industria finanziaria. Il Ttip intende aprire alla concorrenza tutti i settori «invisibili» e di interesse generale. Gli Stati firmatari si vedranno costretti non soltanto a sottomettere i loro servizi pubblici alla logica del mercato, ma anche a rinunciare a qualunque intervento sui fornitori stranieri di servizi che ambiscono ai loro mercati. I margini politici di manovra in materia di sanità, energia, educazione, acqua e trasporti si ridurrebbero progressivamente. La febbre commerciale non risparmia nemmeno l’immigrazione, poiché gli istigatori del Ttip si arrogano il potere di stabilire una politica comune alle frontiere – senza dubbio per facilitare l’ingresso di un bene o un servizio da vendere, a svantaggio degli altri.
A Washington, si crede che i dirigenti europei siano «pronti a qualunque cosa, pur di ravvivare una crescita economica moribonda, anche a costo di rinnegare il loro patto sociale». L’argomento dei promotori del Ttip, secondo cui il libero scambio deregolamentato faciliterebbe i commerci e sarebbe dunque creatore di impieghi, apparentemente ha maggior peso del timore di uno scisma sociale. Le barriere doganali che sussistono ancora tra l’Europa e gli Stati Uniti sono tuttavia già «abbastanza basse», come riconosce il rappresentante statunitense al commercio. I fautori del Ttip ammettono che il loro principale obiettivo non è quello di alleggerire i vincoli doganali, comunque insignificanti, ma di imporre «l’eliminazione, la riduzione e la prevenzione di politiche nazionali superflue», dal momento che viene considerato “superfluo” «tutto ciò che rallenta la circolazione delle merci, come la regolazione della finanza, la lotta contro il riscaldamento climatico o l’esercizio della democrazia».
Pressoché tutti gli studi sul Ttip sono stati finanziati da istituzioni favorevoli al libero scambio o da organizzazioni imprenditoriali: per questo, osserva ancora Lori Wallach, «i costi sociali del trattato non appaiono mai, così come le sue vittime dirette, che potrebbero tuttavia ammontare a centinaia di milioni». Ma i giochi non sono ancora conclusi. E, come hanno mostrato le disavventure di analoghi trattati e alcuni cicli negoziali del Wto, «l’utilizzo del “commercio” come cavallo di Troia per smantellare le protezioni sociali e instaurare una giunta di incaricati d’affari, in passato ha fallito a più riprese». Nulla ci dice che non possa succedere anche stavolta, a patto però che – a partire dalle elezioni europee del prossimo maggio – la politica si svegli. Nel frattempo, anche in Italia, nessun leader di partito, in nessun telegiornale o talkshow, ha mai menzionato neppure per sbaglio il problema, cioè il nodo strategico su cui si gioca il nostro futuro.

Un trattato-capestro, da imporre a un’Europa disperata perché devastata dalla crisi. E’ questa la premessa su cui sia gli Usa che l’Unione Europea sperano di concludere entro due anni i negoziati segreti per il Trattato Transatlantico. Obiettivo: assoggettare i governi, per legge, ai diktat delle multinazionali, con un liberismo ancora più sfrenato di quello del Wto. Vantaggi smisurati, però, solo per le grandi multinazionali: i rari studi dedicati alle conseguenze del Ttip non dicono nulla sulle sue reali ricadute sociali ed economiche. Si narra che il trattato darà alla popolazione del mercato transatlantico un aumento di ricchezza di 3 centesimi pro-capite al giorno «a partire dal 2029», mentre si valuta di appena lo 0,06% l’aumento del Pil in Europa e negli Usa con l’entrata in vigore del Ttip. Un risultato ridicolo, per chi ripete il libero scambio «dinamizza» la crescita economica. Teoria regolarmente confutata dai fatti: la quinta versione dell’iPhone di Apple ha generato negli Stati Uniti una crescita del Pil otto volte più importante.

Il boccone grosso del Trattato, infatti, è un altro: costringere gli Stati a farsi da parte, lasciando che a dettar legge – ufficialmente – siano i colossi Lori Wallachdell’economia mondiale, a cominciare da quelli della finanza. Appena cinque anni dopo l’esplosione della crisi dei subprime, americani ed europei sono d’accordo sul fatto che le velleità di regolamentazione dell’industria finanziaria hanno fatto il loro tempo: il quadro che vogliono delineare, attraverso il nuovo Trattato Transatlantico, il devastante dispositivo legale destinato a sconvolgere lo scenario europeo e la residua libertà dei nostri Stati, prevede di eliminare tutti gli ostacoli in materia di investimenti a rischio. Vogliono impedire ai governi di controllare il volume, la natura e l’origine dei prodotti finanziari messi sul mercato, cancellando ogni tipo di regolamentazione. Secondo Lori Wallach, che dirige il Public Citizen’s Global Trade Watch di Washington, questo «stravagante ritorno alle vecchie idee thatcheriane» risponde ai desideri dell’associazione delle banche tedesche, inquieta per la timida riforma di Wall Street adottata dopo il 2008.

La Deutsche Bank ora vuole «farla finita con la regolamentazione Volcker», chiave di volta della riforma di Wall street, che a suo avviso sovraccarica un «peso troppo grave sulle banche non statunitensi». Quello della Deutsche Bank, scrive Lori Wallach su “Le Monde Diplomatique”, è il volto feroce della finanza europea, quella dell’euro-regime, pienamente allinenata con quella statunitense. Fa eco Insurance Europe, punta di lancia delle società assicurative europee: la compagnia auspica che il Ttip, il Trattato Transatlantico che si sta chiudendo lontano dai riflettori, «sopprima» le garanzie collaterali che dissuadono il settore dall’avventurarsi negli investimenti ad alto rischio. Quanto al Forum dei Servizi Europei, l’organizzazione padronale di cui fa parte la Deutsche Bank, si agita dietro le Deutsche Bankquinte affinché le autorità di controllo statunitensi cessino di ficcare il naso negli affari delle grandi banche straniere operanti sul loro territorio.

«Da parte degli Usa – aggiunge la Wallach – si spera soprattutto che il Ttip affossi davvero il progetto europeo di tassare le transazioni finanziarie». La Commissione Europea, ovviamente, darà il via libera: infatti si è già affrettata a giudicare «non conforme alle regole del Wto» la tassa sulle rendite finanziarie. E dato che lo stesso Fmi si oppone a qualunque forma di controllo sui movimenti di capitali, ormai negli Stati Uniti la debole “Tobin tax” non preoccupa più nessuno. Ma le sirene della deregolamentazione non si fanno ascoltare solo nell’industria finanziaria. Il Ttip intende aprire alla concorrenza tutti i settori «invisibili» e di interesse generale. Gli Stati firmatari si vedranno costretti non soltanto a sottomettere i loro servizi pubblici alla logica del mercato, ma anche a rinunciare a qualunque intervento sui fornitori stranieri di servizi che ambiscono ai loro mercati. I margini politici di manovra in materia di sanità, energia, educazione, acqua e trasporti si ridurrebbero progressivamente. La febbre commerciale non risparmia nemmeno l’immigrazione, poiché gli istigatori del Ttip si arrogano il potere di stabilire una politica comune alle frontiere – senza dubbio per facilitare l’ingresso di un bene o un servizio da vendere, a svantaggio degli altri.

A Washington, si crede che i dirigenti europei siano «pronti a qualunque cosa, pur di ravvivare una crescita economica moribonda, anche a costo di rinnegare il loro patto sociale». L’argomento dei promotori del Ttip, secondo cui il libero scambio deregolamentato faciliterebbe i commerci e sarebbe dunque creatore di impieghi, apparentemente ha maggior peso del timore di uno scisma sociale. Le barriere doganali che sussistono ancora tra l’Europa e gli Stati Uniti sono tuttavia già «abbastanza basse», come riconosce il rappresentante statunitense al commercio. I fautori del Ttip ammettono che il loro principale obiettivo non è quello di alleggerire i vincoli doganali, comunque insignificanti, ma di imporre «l’eliminazione, la riduzione e la prevenzione di politiche nazionali superflue», dal momento che viene considerato “superfluo” «tutto ciò che rallenta la circolazione delle merci, come la regolazione della finanza, la lotta contro il riscaldamento climatico o l’esercizio della democrazia».

Pressoché tutti gli studi sul Ttip sono stati finanziati da istituzioni favorevoli al libero scambio o da organizzazioni imprenditoriali: per questo, osserva ancora Lori Wallach, «i costi sociali del trattato non appaiono mai, così come le sue vittime dirette, che potrebbero tuttavia ammontare a centinaia di milioni». Ma i giochi non sono ancora conclusi. E, come hanno mostrato le disavventure di analoghi trattati e alcuni cicli negoziali del Wto, «l’utilizzo del “commercio” come cavallo di Troia per smantellare le protezioni sociali e instaurare una giunta di incaricati d’affari, in passato ha fallito a più riprese». Nulla ci dice che non possa succedere anche stavolta, a patto però che – a partire dalle elezioni europee del prossimo maggio – la politica si svegli. Nel frattempo, anche in Italia, nessun leader di partito, in nessun telegiornale o talkshow, ha mai menzionato neppure per sbaglio il problema, cioè il nodo strategico su cui si gioca il nostro futuro.

http://www.libreidee.org/2014/02/democr ... -del-ttip/


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