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26/01/2014, 19:02

Wolframio ha scritto:

chissa' x quale motivo le fonti informative non parlano mai di codeste situazioni,vogliono fare passare la libia come una nazione liberata??? e pacificata.....???


Perchè in programma ce ne sono ancora altre di questo genere di "liberazioni"



...di certo dove esiste un qualkosa di cui impossesarsi(con poca spesa),le liberazioni saranno all'ordine del giorno......[;)]

26/01/2014, 20:41

Una cosa certa: la Libia stava ene con Gheddafi (e anche noi, con i trattati fatti ...); l'Egitto stava bene con Mubarack (e anche alleato con l'occidente ...); la Sirya non rompeva più di tanto tutt'al più se la prendeva on il Libano ...)
Praticamente un pisquano come Sarkozy che voleva essere messo in luce e nascondere gl'intrallazzi con Gheddafi ha rovinato tutto il Medio Oriente! (Immigrati compresi ...) [^] [8)]

26/01/2014, 21:06

Ufologo 555 ha scritto:

Una cosa certa: la Libia stava ene con Gheddafi (e anche noi, con i trattati fatti ...); l'Egitto stava bene con Mubarack (e anche alleato con l'occidente ...); la Sirya non rompeva più di tanto tutt'al più se la prendeva on il Libano ...)
Praticamente un pisquano come Sarkozy che voleva essere messo in luce e nascondere gl'intrallazzi con Gheddafi ha rovinato tutto il Medio Oriente! (Immigrati compresi ...) [^] [8)]


Guarda che Sarkozy era solo un fantoccio uguale a tutti gli altri!

Dietro c'è ben altro... e mi sa che è targato 'stelle e strisce'...

[8D]

27/01/2014, 09:14

Invece mi sa che agì per proprio conto! Gheddafi sovvenzionò la sua costosissima campagna ellettorale e quant'altro ... Oltre all'invidia dei patti presi tra Berlusconi e Gheddafi! [;)]
Ma "la grandeur de la France" non è discutibile! [:(!] [:o)]

27/01/2014, 10:43

di certo le compagnie petrolifere franco britanniche erano interessate al petrolio libico,la cosa strana e' il fatto che pure l'italia partecipo'a questa strana "liberazione",ed in testa agli interventisti c'erano proprio quelli che si sono sempe professati pacifisti.....[;)]

27/01/2014, 12:33

... è perché con la scusa che facciamo parte della NATO ...[8D]

02/02/2014, 09:50

Kiev, ecco come si prepara una guerra civile in Europa

Ucraina in rivolta a 20 sotto zero. Fausto Biloslavo racconta le barricate di Piazza Maidan, quartier generale dei ribelli



Ucraina in rivolta a 20 gradi sotto zero. Anche veterani dell’Afghanistan e cosacchi tra i giovani pronti a combattere contro le forze speciali di Yanukovich. Grazie a "Gli occhi della guerra" Fausto Biloslavo racconta le barricate di Piazza Maidan. IL DIARIO DA KIEV

«Ucraina!» grida un giovane incappucciato e vestito di nero in piedi sulle barricate attorno a piazza Maidan, nel centro di Kiev. «Slava nazii (gloria alla nazione)» e «smert vorogam (morte ai nemici)» rispondono in coro i ribelli antigovernativi dietro i sacchetti di sabbia e le carcasse dei mezzi carbonizzati dalle molotov.



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A 20 sotto zero non mollano la barricata di ulica Hrushevsgoko, teatro di furiosi scontri con la polizia antisommossa fino ad una settimana fa. E si preparano al peggio. Anastasia, occhi splendidi, infagottata nel giaccone militare è una giovane pasionaria arruolata in un gruppo di cosacchi ucraini. A 20 anni non ha dubbi: «Non crediamo alle promesse pacifiche del governo. Sono delle trappole. Noi ci stiamo preparando alla guerra. Siamo pronti e pure io, che sono donna, combatterò».

Molti ribelli indossano la mimetica e altri portano giubbotti antiproiettile, veri o improvvisati. Tutti hanno un casco in testa, dall'elmetto militare in stile sovietico a quello da muratore e una spranga, un bastone, un manganello o una catena in mano. Da un edificio sfregiato dalla battaglia sulla prima linea delle barricate ogni tanto escono dei miliziani in tenuta paramilitare con tanto di giberne porta munizioni, per ora vuote.

A poche decine di metri i poliziotti anti sommossa non muovono un passo, allineati dietro gli scudi. Al momento è in atto una fragile tregua, ma l'ala dura degli oppositori di Maidan si prepara alla battaglia. Su un muro hanno dipinto con lo spray rosso un bersaglio. Da lontano lanciano bottiglie piene di neve per centrarlo. Un allenamento per tirare le molotov.

Pravi Sektor (Ala destra) e Spilna Prava (Causa comune), che non rispecchiano proprio l'Europa unita dei burocrati, vogliono prima di tutto buttar giù l'odiato presidente Viktor Yanukovich. I militanti ultranazionalisti sfilano in ranghi serrati. Al posto dei fucili tengono in spalla dei bastoni e marciano urlando «gloria agli eroi». Non solo le vittime ribelli negli scontri di piazza Maidan, ma pure gli indipendentisti dell'Esercito di liberazione ucraino di Stepan Bandera, che durante la seconda guerra mondiale hanno combattuto contro i sovietici. Non a caso sulle barricate di Hrushevsgoko sventola solo una sfilacciata bandiera europea con le stelline, in mezzo a tanti vessilli rossi e neri degli ultranazionalisti, che si ispirano all'eroe Bandera.

Un déjà vu negli anni Novanta alla vigilia della mattanza che fece a pezzi la Jugoslavia. In Ucraina il detonatore è la profonda spaccatura fra l'Est filo russo e l'Ovest, che non vuole saperne di Mosca.

Nel centro di Kiev i ribelli hanno occupato marmorei edifici pubblici, come Casa Ucraina, per piazzare i loro comandi. All'ingresso, protetto da sacchetti di sabbia, sentinelle in mimetica, elmetto e passamontagna calato sugli occhi controllano il via vai. L'edificio è sfruttato non solo come dormitorio. Nel sotterraneo medici volontari hanno messo in piedi un pronto soccorso e c'è la mensa per i militanti che serve pasti di continuo. In molti vengono da fuori, dalla zona ovest da sempre anti russa.

Nicola, biondino e tarchiato, è una sentinella delle barricate appena rientrato a riposarsi con casco e spranga in mano, che ha lavorato a Bologna come giardiniere. Natalj, laureata, parla italiano, ha due figli, ma presta servizio come volontaria a Casa Ucraina «per la rivoluzione».

Il secondo piano è proibito ai giornalisti. Il sospetto è che da qualche parte siano nascoste le armi.

I ribelli possono contare sull'esperienza di inaspettati veterani. Alexander è orgoglioso di farsi fotografare con la bandiera degli ex combattenti ucraini nell'invasione sovietica dell'Afghanistan. Si chiamano afghanzi ed in molti avrebbero aderito alle proteste. Nel 1979 Alexander, capelli corti e barbetta incolta, era un giovane Spetsnaz, i corpi speciali sovietici. A Kabul ha aperto la strada all'invasione dell'Armata rossa. «In Afghanistan mi sono beccato un proiettile - racconta il veterano -. Adesso non ho neppure una pensione da ex combattente. Mi hanno dato l'equivalente di 54 euro per la Festa della vittoria della seconda guerra mondiale. Una vergogna». Forse esagera, ma sostiene che gli afghanzi di Maidan sono 400. «Non abbiamo spazi per un addestramento vero e proprio - spiega l'ex Spetsnaz - ma diamo consigli ai giovani sulle barricate e nella difesa degli edifici in base alla nostra esperienza di guerra».

Ad un chilometro in linea d'aria, i filo governativi hanno messo in piedi l'«Anti Maidan», una tendopoli protetta dalla polizia di fronte al Parlamento. «Ho paura solo di nostro Signore. Siamo qui contro gli estremisti che occupano gli edifici pubblici e vogliono imbracciare il fucile per scatenare un bagno di sangue» sostiene Alexander Zinchenko, comandante del campo. L'omaccione vestito di nero con la radio portatile si appella alla pacificazione, ma ammette i contatti con i Berkut, i reparti speciali della polizia.

Nel campo non sono in molti. Sotto una tenda bivaccano i militanti giunti da Sebastopoli, roccaforte filo russa. «Non vogliamo la guerra civile, ma dimostrare al mondo che non esiste solo Maidan. Quelli ci porteranno i missili della Nato in Ucraina» tuona Nina Prudnikova, rappresentante del partito del presidente in Crimea.
Su una tenda sventola una bandiera con il gladio, lo scudo e la stella al centro. Manca solo la falce e martello e sarebbe identico al simbolo del vecchio Kgb, il servizio segreto sovietico. Gli ospiti della tenda non ci lasciano entrare, ma fanno capire che fanno parte di un'associazione di ex combattenti.

Non è un caso che ieri da Monaco, l'ex pugile Vitaly Klitschko, uno dei leader dell'opposizione politica, abbia lanciato l'allarme: «L'Ucraina è sull'orlo della guerra civile».

http://www.gliocchidellaguerra.it

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/988212.html



[:107]

02/02/2014, 10:11

Un piatto gustoso per i missionari della pace (NATO)

02/02/2014, 10:20

Diciamo ... per tutti! [8D]

02/02/2014, 13:21

Sempre più vicina la frantumazione della Libia
di Maria Carla C. - 30 gennaio 2014



Tra le insurrezioni arabe, quella libica fu la meno “rivoluzionaria”. La rivolta di Bengasi chiedeva libertà tacendone il vero movente: strappare a Tripoli il controllo del petrolio di cui abbonda la Cirenaica. Una pioggia di finanziamenti e forniture di armi arrivata dall’estero mirava a fare piazza pulita del pan-africanismo di Gheddafi.
A due anni di distanza dal rovesciamento del regime il Financial Time, massima pubblicazione economico-finanziaria, apertamente cita il gruppo svizzero Vitol, leader nel settore energetico, come patron della ribellione bengasina, nel quadro di un’intesa segreta fra Francia e Gran Bretagna. Gli eventi seguenti tuttavia non sono stati del tutto conformi alle aspettative internazionali.

I pozzi petroliferi e i terminali per l’esportazione non sono interamente controllati dal traballante governo di Ali Zeidan, ormai in dirittura per le dimissioni. Secondo gli ultimi dati, riportati il 21 gennaio dal quotidiano El Watan, le esportazioni di greggio in questo primo mese dell’anno accusano una perdita del 20%, che equivale a circa 10 miliardi di dollari, sulle previsioni formulate pochi mesi fa. Il Financial Time ha rotto gli indugi e lanciato una provocazione, o un’imbeccata?, chiedendo: è tempo di riconoscere in campo internazionale l’autoproclamato governo della Cirenaica?

Regioni Libia 300x241 Sempre più vicina la frantumazione della LibiaIl quadro che si verrebbe a creare qualora Bengasi sostituisse Tripoli come interlocutore internazionale è visibile nella mappa del territorio libico.

La Cirenaica è la regione potenzialmente ricca grazie al petrolio e al gas. Possiede un forte senso identitario cementato dalla ribellione contro il colonialismo italiano. E’ da anni territorio di reclutamento di combattenti islamisti. Derna ha fornito milizie a Iraq, Afghanistan e Siria.

La Tripolitania non ha risorse minerarie, presenta una forte componente di origine berbera che rivendica la propria specificità, ha la maggior concentrazione di popolazione libica in Tripoli , occupata soprattutto nel commercio e nel terziario. Senza un legame almeno federativo con la Cirenaica non potrebbe assicurare agli abitanti un livello di vita simile a quello di cui avevano goduto sotto il regime.

Il Fezzan dispone di riserve petrolifere e minerarie, ma il territorio si estende nel Sahara, la popolazione è un ventaglio di etnie fra le quali scoppiano incessantemente conflitti. Limitrofo al nord del Niger e al sud dell’Algeria, senza possibilità di presidiare i confini, è esposto alla penetrazione dei gruppi jiadisti. L’Aqmi, AlQaeda nel Magreb, dopo la caduta di Gheddafi e la destabilizzazione del Mali , è accorso in forze. Gli scontri di questi ultimi giorni nella zona della capitale Sebha, da molti attribuiti alla “resistenza verde” dei gheddafiani, sono il probabile avviso di una tattica di infiltrazione jiadista. Il governo non ha forze armate da inviare sul territorio, l’effetto di contrasto è stato affidato agli aerei da guerra che hanno causato vittime civili.

Collante delle tre regioni erano la mano forte del regime e le provvidenze economiche che, sebbene non equamente distribuite, consentivano lo sviluppo dell’iniziativa individuale nel commercio e nel turismo. Venendo mancare questa forma di coesione, la recente unità del paese – creato ne 1951 – è messa fortemente a rischio dalla pressione degli squilibri interni, dalle intromissioni dei potentati economici stranieri e dall’Aqmi che, in accordo con le narcomafie, si sta assicurando il corridoio di transito della droga che arriva dal Sud America per proseguire verso l’Europa. Insieme a quelli del traffico d’armi, questi proventi finanziano l’arruolamento e la formazione di nuovi gruppi jiadisti nei paesi del nord Africa e del Medio Oriente. Un governo democratico stabile è interesse dei libici, ma altrettanto lo è per tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo.

http://www.corrieredellanotizia.it/semp ... NOTIZIA%29

questi sarebbero i benefici portati da''intervento in libia.......hanno portato alla poverta'uno dei popoli che di certo non salivano sui barconi x l'italia,e praticamente smembrato una nazione x puro interesse economico.....e noi ci siamo pure accodati [:(!]

02/02/2014, 17:29

ubatuba ha scritto:


Sempre più vicina la frantumazione della Libia
di Maria Carla C. - 30 gennaio 2014



Tra le insurrezioni arabe, quella libica fu la meno “rivoluzionaria”. La rivolta di Bengasi chiedeva libertà tacendone il vero movente: strappare a Tripoli il controllo del petrolio di cui abbonda la Cirenaica. Una pioggia di finanziamenti e forniture di armi arrivata dall’estero mirava a fare piazza pulita del pan-africanismo di Gheddafi.
A due anni di distanza dal rovesciamento del regime il Financial Time, massima pubblicazione economico-finanziaria, apertamente cita il gruppo svizzero Vitol, leader nel settore energetico, come patron della ribellione bengasina, nel quadro di un’intesa segreta fra Francia e Gran Bretagna. Gli eventi seguenti tuttavia non sono stati del tutto conformi alle aspettative internazionali.

I pozzi petroliferi e i terminali per l’esportazione non sono interamente controllati dal traballante governo di Ali Zeidan, ormai in dirittura per le dimissioni. Secondo gli ultimi dati, riportati il 21 gennaio dal quotidiano El Watan, le esportazioni di greggio in questo primo mese dell’anno accusano una perdita del 20%, che equivale a circa 10 miliardi di dollari, sulle previsioni formulate pochi mesi fa. Il Financial Time ha rotto gli indugi e lanciato una provocazione, o un’imbeccata?, chiedendo: è tempo di riconoscere in campo internazionale l’autoproclamato governo della Cirenaica?

Regioni Libia 300x241 Sempre più vicina la frantumazione della LibiaIl quadro che si verrebbe a creare qualora Bengasi sostituisse Tripoli come interlocutore internazionale è visibile nella mappa del territorio libico.

La Cirenaica è la regione potenzialmente ricca grazie al petrolio e al gas. Possiede un forte senso identitario cementato dalla ribellione contro il colonialismo italiano. E’ da anni territorio di reclutamento di combattenti islamisti. Derna ha fornito milizie a Iraq, Afghanistan e Siria.

La Tripolitania non ha risorse minerarie, presenta una forte componente di origine berbera che rivendica la propria specificità, ha la maggior concentrazione di popolazione libica in Tripoli , occupata soprattutto nel commercio e nel terziario. Senza un legame almeno federativo con la Cirenaica non potrebbe assicurare agli abitanti un livello di vita simile a quello di cui avevano goduto sotto il regime.

Il Fezzan dispone di riserve petrolifere e minerarie, ma il territorio si estende nel Sahara, la popolazione è un ventaglio di etnie fra le quali scoppiano incessantemente conflitti. Limitrofo al nord del Niger e al sud dell’Algeria, senza possibilità di presidiare i confini, è esposto alla penetrazione dei gruppi jiadisti. L’Aqmi, AlQaeda nel Magreb, dopo la caduta di Gheddafi e la destabilizzazione del Mali , è accorso in forze. Gli scontri di questi ultimi giorni nella zona della capitale Sebha, da molti attribuiti alla “resistenza verde” dei gheddafiani, sono il probabile avviso di una tattica di infiltrazione jiadista. Il governo non ha forze armate da inviare sul territorio, l’effetto di contrasto è stato affidato agli aerei da guerra che hanno causato vittime civili.

Collante delle tre regioni erano la mano forte del regime e le provvidenze economiche che, sebbene non equamente distribuite, consentivano lo sviluppo dell’iniziativa individuale nel commercio e nel turismo. Venendo mancare questa forma di coesione, la recente unità del paese – creato ne 1951 – è messa fortemente a rischio dalla pressione degli squilibri interni, dalle intromissioni dei potentati economici stranieri e dall’Aqmi che, in accordo con le narcomafie, si sta assicurando il corridoio di transito della droga che arriva dal Sud America per proseguire verso l’Europa. Insieme a quelli del traffico d’armi, questi proventi finanziano l’arruolamento e la formazione di nuovi gruppi jiadisti nei paesi del nord Africa e del Medio Oriente. Un governo democratico stabile è interesse dei libici, ma altrettanto lo è per tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo.

http://www.corrieredellanotizia.it/semp ... NOTIZIA%29

questi sarebbero i benefici portati da''intervento in libia.......hanno portato alla poverta'uno dei popoli che di certo non salivano sui barconi x l'italia,e praticamente smembrato una nazione x puro interesse economico.....e noi ci siamo pure accodati [:(!]

Scordiamoci che la Libia ritornerà come prima,le rogne che verranno saranno vissute in prima linea da noi Italiani e....saranno tante!,ma non avete capito che i jjaidisti vogliono unire tutti i popoli di lingua Araba (che sono qualche miliardo) sotto il loro vessillo contro l'Europa Occidentale e contro ogni forma di Social-Comunismo presente nel continente Asiatico?
Saranno in futuro (se non lo è adesso),il braccio armato degli Emirati Arabi, degli USA e degli Israeliani.

02/02/2014, 20:09

Ma dai! Gli Usa con i Paesi islamici ..... Io direi l'islam contro l'occidente, quello sì! E' da secoli che ci provano ...

02/02/2014, 23:21

Ufologo 555 ha scritto:

Ma dai! Gli Usa con i Paesi islamici ..... Io direi l'islam contro l'occidente, quello sì! E' da secoli che ci provano ...

Gli USA sono stati sempre contro i Paesi islamici e noi Europei ci proviamo da centinaia di anni a volerli convertire e sottometterli con la forza al nostro Cattolicesimo.
Poi ricordati la prima invasione che è stata quella dei Popoli del Mare,poi la distruzione di Cartagine da parte dei Romani che a causa di questo,seguì la sottomissione di tutti i popoli del Nord Africa e del Medio oriente.
Secondo il mio punto di vista la caduta di Cartagine è stato il punto di svolta,se no questi popoli non avrebbero sposato la religione Islamica.
Ultima modifica di bleffort il 02/02/2014, 23:27, modificato 1 volta in totale.

03/02/2014, 13:02

[:107]

03/02/2014, 14:00

In riferimento a Kiev

Molto interessante il video mandato in onda da lucignolo ieri sera, vi consiglio di guardarlo

http://www.video.mediaset.it/video/luci ... berta.html
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