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MessaggioInviato: 10/02/2014, 19:25 
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jean ha scritto:

E una considerazione che faccio da tanti anni , immagino che se Giovanni nella sua visione dell'apocalisse avesse visto il le lettere WWW che ne' in latino ne in aramaico esistevano probabilmente le ha interpretate come VI VI VI ???
Cita:
“Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei” (Apocalisse 13:16-18)

Quadrerebbe qualcosa con gli impianti sottocutanei.


Osservazione molto interessante, ma secondo te in vhe modo il www potrebbe nella sostanza incarnare l'anticristo?

Ho sempre visto il web come potente strumento di informazione libera contro invece gli obiettivi del sistema che io identidfico come anticristo. ..



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MessaggioInviato: 10/02/2014, 20:21 
Il vero anticristo sarà un uomo sulla trentina; si baserà sulla finta religione "umanitaria" dove tutti gli daranno retta per questo. E lui sarà osannato come un "dio" ...
(Berlusconi ormai è troppo vecchio ...) [:257]


Ultima modifica di Ufologo 555 il 10/02/2014, 20:23, modificato 1 volta in totale.


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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 10/02/2014, 21:03 
Attacco alla libertà di Stampa: nel mirino La Gabbia di Paragone, l'ultimo baluardo del giornalismo serio

Immagine


Se Beppe Grillo, col suo modo di fare mai vellutato, punta l’indice contro i giornalisti, si scatena l’iradiddio. Se invece lo fa Aldo Grasso, è lecito. Perché a comandare l'attacco probabilmente sono stati i suoi "padroni", stufi di essere sbugiardati dai giornalisti de La Gabbia, programma di Gianluigi Paragone su La7.

"È capitato al sottoscritto. Ieri, lo storico osservatore della tv italiana nonché ex indimenticabile direttore di RadioRai in quota Spirito Santo, ha di fatto invitato l’editore di La7 (quindi il mio editore) a sbarazzarsi al più presto di me." Testualmente: «Quando seguo La Gabbia penso a Urbano Cairo. In otto anni di presidenza del Toro (Grasso è tifoso granata. Ma di questo, io che sono un tifosaccio juventino, non ho mai fatto una colpa né a Cairo né a mia moglie, quindi nemmeno all’Aldone, nda) ha capito che per vincere qualcosa bisogna aspirare al meglio: tenersi i giocatori di talento, cercarne altri di classe, crescere giovani coltivando il loro estro». (...) Su Libero di sabato 8 febbraio, Gianluigi Paragone risponde all'attacco del Corriere della Sera, e spiega: "Il Corriere vuole chiudere la mia gabbia populista". Aldo Grasso, infatti, si è rivolto all'editore di La7, Urbano Cairo, invocando la soppressione del programma. Perché? Chi parla di impresa, mette in discussione l'euro e critica il Quirinale dà fastidio...

E quando partono all'attacco, ancora parlano di "populisti, complottisti" e così via.
Ecco allora un video che potrebbe schiarire le idee su cosa significhino veramente questi termini e perchè sono stati creati.


[BBvideo]3_bTPfp_5bk#t=1388[/BBvideo]

[align=right]Source: Press News: Attacco alla liber...baluardo del giornalismo serio [/align]


Ultima modifica di Wolframio il 10/02/2014, 21:05, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 10/02/2014, 22:36 
Cita:
Atlanticus81 Inserito il - Oggi : 19:25:57
jean ha scritto:

E una considerazione che faccio da tanti anni , immagino che se Giovanni nella sua visione dell'apocalisse avesse visto il le lettere WWW che ne' in latino ne in aramaico esistevano probabilmente le ha interpretate come VI VI VI ???

“Inoltre obbligò tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei” (Apocalisse 13:16-18)

Quadrerebbe qualcosa con gli impianti sottocutanei.


Osservazione molto interessante, ma secondo te in vhe modo il www potrebbe nella sostanza incarnare l'anticristo?

Ho sempre visto il web come potente strumento di informazione libera contro invece gli obiettivi del sistema che io identidfico come anticristo. ..


Biblicamente proprio questo ci puo' fottere
Cita:
Genesi 2:16: "e Dio impose all'uomo anche questo comando: "Di ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all'albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai certamente dovrai morire".
, ma oltre questa boutade , c'è che nel villaggio globale crediamo di essere ascoltati solo dai nostri interlocutori , ma in verità ogni nostra mossa e opinione, oltre ad essere controllata e manipolata, serve ad affinare i sistemi di controllo e persuasione occulta operata da chi gestisce e usa la rete per tali fini, es. le attività della NSA piu' satanici di quelli ....


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MessaggioInviato: 10/02/2014, 23:02 
per me il marchio 666 è perfettamente identificabile con la satruttura del codice a barre. Sarà un caso ma i 3 separatori sono proprio 3 6 ^_^ Potevano usare una sola barra più lunga no? Perchè proprio 2 che simboleggia il sei? Boh sarà una coincidenza.



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MessaggioInviato: 11/02/2014, 12:46 
I media: monarchia assoluta e fabbricazione del consenso

Dalla bufala sulla corruzione che pesa per 60 miliardi alla mistificazione di parole chiave in economia: colpa è dei direttori, non dei giornalisti. Di Oscar Giannino

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http://www.wallstreetitalia.com/article ... senso.aspx

ROMA (WSI) - La riflessione di Gianfilippo Cuneo e quella del professor Ugo Arrigo sull’uso improprio delle parole da parte dei media mi induce per una volta a rispondere come giornalista, in base alla mia esperienza ormai di qualche decennio, e in una pluralità di testate. I due articoli fanno seguito e filotto con quello di Carlo Stagnaro sull’"elogio del dato", a proposito dell’incredibile bufala rappresentata dalla totale inattendibilità statistica dei 60 miliardi di euro a cui assomerebbe in controvalore la corruzione italiana, un dato che puntualmente da anni rimbalza sui media italiani senza che ci sia verso di evitare di ripeterlo (questa volta facendolo rimbalzare anche in documento Ue).

E’ assolutamente e drammaticamente vero, che la mistificazione di moltissime parole-chiave dell’economia, e la diffusa inaccuratezza per dati e fonti, finiscano per compromettere la possibilità di ogni confronto pubblico serio. E che, di conseguenza, ad avvantaggiarsene siano solo decisioni pubbliche – politiche, ma non solo politiche, anche largamente "private" – opache e inefficienti. Eppure no, scusate, ma di tutto ciò la colpa non è del giornalista medio. Nella mia esperienza, vi sono moltissimi giornalisti, in tutte le testate che conosca e per le quali abbia lavorato, perfettamente in grado – ci crediate o meno – di distingere tra una privatizzazione vera di un asset, cioè la perdita del suo controllo e gestione, e invece una quotazione in Borsa, che fa appello a capitali privati ma eternando controllo e gestione pubblica. Lo stesso vale per praticamente tutte le parole elencate da Cuneo, da "salvare" a "banchiere" e via continuando.

Non facciamo gli ingenui. NON è il giornalista a decidere titolo, taglio e tono dei pezzi, cioè tutto ciò che costituisce premessa e contorno necessario per aderire e rilanciare la mistificazione delle parole, rispetto alle cose e ai fatti veri.

I media – quelli tradizionali, non parlo dei social network – sono quanto di più vicino alla monarchia assoluta resti nel consorzio civile moderno. E’ un giornalista particolare cioè il direttore a decidere e a dire, e più spesso a far capire senza dirlo esplicitamente ai suoi giornalisti, che bisogna darsi da fare per dare evidenza alla "privatizzazione" di Poste anche se non lo è, dando ampio ed entusiastico spazio all’ipotizzato regalo di azioni ai lavoratori sindacalizzati, invece che all’irrisolta fittissima trama di conflitti dì’interesse e sussidi diretti, indiretti e incrociati di cui Poste come conglomerato continuerà domani ad avvalersi anche se quotata.

E’ il direttore, a decidere e a dire che l’ingresso di Poste in Alitalia non è un aiuto di Stato e che Etihad "salva" Alitalia, anche se in realtà pone ai soci privati, pessimi suoi gestori, il problema degli eccessi di costo e di debito in modo molto più fermo e duro di quanto abbia fatto lo Stato, mobilitando le sue Poste pubbliche.

E’ il direttore a freddare con lo sguardo – in questo caso neanche deve dir nulla – un eventuale capo servizio finanza che proponesse di occuparsi di quel che sta accadendo in Mittel, finanziaria di partecipazioni custode da anni di molti interna corporis del sistema-Bazoli, e in cui inusitatamente un intero cda si dimette per far saltare un amministratore delegato poco ligio dalla difesa del passato.

E’ il direttore a sorridere in faccia al redattore, che avesse eventualmente proposto di approfondire se davvero il modello di rivalutazione e trading delle
quote Bankitalia non rappresentasse – come invece è – un unicum discutibilissimo e senza precedenti in tutto il mondo, e che tipo di considerazioni avessero indotto via Nazionale e l’ABI a concertarlo proprio in quel modo, in contraltare dell’innalzamento pazzesco dell’IRES e degli anticipi d’imposta a carico degli intermediari finanziari, per rimpinguare le esauste casse statali.

L’informazione economico-finanziaria che ho imparato a conoscere nei decenni non è sprovvista di nozioni basilari e di dedizione ai fatti (anche se da noi la tradizione dei media-generalisti è purtroppo più forte che altrove, e questo scaccia per definizione da pagine e palinsesti pezzi e approfondimenti "tecnici", come di solito si dice accostandoli a qualcosa che respinge lettori e ascoltatori). E’, invece, e mi spiace dirlo, molto più carente che altrove perché sono le proprietà a dipendere – quasi tutte, quasi sempre – dal debito bancario, figlio non solo della crisi ma di una gestione dei media a fini di potere invece che per solido risultati di business, e dall’intreccio finanziar-politico (quello per cui alcune testate conoscono solo il mantra dei torbidi affari di Berlusconi, e altre di quelli di De Benedetti).

La mistificazione delle parole e l’accondiscendenza alle tesi "velinare" non riguarda solo lo Stato, che spaccia per virtù suoi comportamenti che sono invece vizi in nuova veste. In quel caso, cadremmo sì in un problema culturale che pure esiste, di sentimento comune diffusamente statalista prevalente anche tra i giornalisti, come del resto in tanta parte della società italiana. Anche se, nell’avanzare della crisi, ormai proprietà e direttori devono stare attenti a non contraddire grandi gruppi pubblici sol perché, ormai, sono rimasti gli unici grandi inserzionisti… Ma il punto è che analoga accondiscendenza riguarda banche e grandi gruppi privati. O, per fare un altro esempio, bisogna considerarlo un caso, che se Poltrona Frau viene ceduta ad americani – e a me va benissimo, viva il mercato e largo alla contendibilità proprietaria in nome della maggior efficienza – i media parlano di "made in Italy che conquista gli Usa", mentre invece per ogni altra azienda o marchio storico acquisito da stranieri ecco che scatta il titolone sulla "resa dell’Italia in svendita"? Temo che a far la differenza nei toni di presentazione sia nome e peso del venditore nel sistema proprietario e debitorio dei media, non il merito comparato delle operazioni.

Sono stato direttore di un giornale economico-finanziario, per qualche tempo. Conoscendomi, e scegliendo giornalisti per la redazione disposti a rischiare anche problemi, a patto che fossero discendenti da numeri e fatti alla mano, chiesi anticipatamente alla proprietà vera autonomia. Ripeto: innanzi a fatti, carte e numeri che si traducessero anche in interrogativi e critiche pesanti. Assolutamente sì, fu la risposta. Quando a un certo punto uno dei miei redattori, competente sul serio in bilanci e criteri patrimoniali bancari, ebbe un dubbio rilevante sul venir meno in una trimestrale di un certo accantonamento a riserva, tempestammo come è doveroso e necessario la banca, per avere risposte. Non ne giunsero. Nel frattempo, feci controllare e asseverare le nostre stime da tecnici bancari di primaria autorevolezza, che ci davano ragione. Per due giorni a quel punto ci apriì il giornale, esponendo le nostre osservazioni. Gli altri media: silenzio. Al terzo mi venne detto che la banca – una grande banca – aveva comunicato intenzione di rivalersi solo su me personalmente e sul giornalista, per l’andamento in Borsa negativo del titolo. Sulla proprietà no, perché ovviamente la proprietà era cliente della banca e questa, benignamente, non mischiava la "mancanza di rispetto" di un paio di velleitari giornalistelli con i rapporti di serena e proficua collaborazione intercorrenti con la proprietà. Pochi mesi dopo, guarda caso, mi beccai un licenziamento disciplinare. Tanto fondato che in Tribunale la proprietà rinunciò alle sue pretese ragioni, per pagare tutto il giusto risarcimento.

Carissimi Cuneo, Arrigo e Stagnaro: le vostre osservazioni sono da rivolgere a direttori e proprietari dei media. Le carriere, nell’informazione economica, si fanno quasi sempre – tranne rarissime eccezioni – compiacendo le storture del nostro capitalismo asfittico, quello dei "piani alti" che dallo Stato ottengono un Total Tax Rate di 20-30 punti più basso, e dalle banche un costo e una disponibilità del denaro che sono integralmente negati, alle centinaiaia di migliaia di piccole imprese, aliene ed estranee agli untuosi intrecci banco-industriali.

Un’Italia di mercato come noi la sognamo non avrebbe privati e banche collusi allo Stato e ai suoi vizi, replicati. Per questo dobbiamo batterci. In quell’Italia, ci sarebbero più FAZ e meno gazzette ufficiali contraffatte. E il dibattito pubblico sarebbe meno adulterato.


Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Istituto Bruno Leoni - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.


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MessaggioInviato: 12/02/2014, 15:53 
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Cala la credibilità dei Telegiornali, dei programmi d’informazione e di infotainment, cresce quella della rete

I dati della settima indagine di “Demos Coop” su come vedono l’informazione televisiva gli Italiani.

Com’è vista la credibilità dei Telegiornali, dei programmi d’informazione e di infotainment della nostra televisione? A rispondere a questa domanda è l’indagine, la settima, di Demos Coop “Gli italiani e l’informazione” dello scorso mese di Novembre 2013. Vediamola insieme partendo dalla frequenza con cui si utilizzano i vari mezzi d’informazione, iniziando dalla televisione. Secondo questo sondaggio l’80% degli intervistati utilizza quotidianamente la televisione per informarsi. Per l’11,4% qualche volta la settimana, 2,5% qualche volta al mese, mentre per il 6,1% mai o meno di una volta al mese.

Facendo un paragone con l’indagine effettuata nel 2007, vediamo che l’87% degli intervistati diceva allora di tenersi informato con la TV, 80% attuale. 24,8% con internet, 47% attuale. 41,1% con la radio, 39,5% attuale ed il 30,2% con i quotidiani, dato questo ora sceso al 25,4%. Alla domanda dove l’informazione è più libera, gli intervistati hanno risposto: 39,3% internet, 21,9% Tv, 13,8% giornali quotidiani, 10,7% radio e 2,3% nei settimanali.

Veniamo ora alla domanda su quanta fiducia hanno gli italiani rispetto ai vari telegiornali. In testa c’è il Tg3 con il 56,7%, in calo del 6,7% rispetto al 2007. Segue il Tg1 con il 52,4%, in calo del 16,6% rispetto al 2007. Il Tg2 è al 49,7% (-12,9% rispetto al 2007). Tg La7 49,4%, in crescita del 15,1% rispetto al 2007, ma in calo dell’1,4% rispetto al 2012. Seguono Rai News con il 42,3% (+26,8), Tg5 42,3% (-17%), Sky Tg 24 35,5% (+14,2). Segue Radio Rai con 32,6% (-11,2%), Studio Aperto 30,8% (-9%), Tg4 22,4% (-4,5%).

Per quel che riguarda il colore politico i telespettatori di centro sinistra dimostrano più fiducia nel Tg3 (76,1%) e Tg La7 (65,5). Per quel che riguarda il centro abbiamo al comando il Tg1 con l’86,7%, segue Rai News 24 con il 69,7%. I telespettatori di centro-destra hanno più fiducia nel Tg5 (76,4%), seguito dal Tg1 con il 59,1%. Quindi i telespettatori che si riconoscono nel Movimento 5 stelle dimostrano di avere più fiducia nel Tg La7 per il 60,6%, segue Rai News 24 con il 51,7%.

Passando dai Tg ai programmi d’informazione, la trasmissione che ottiene la percentuale più alta di credibilità in questo sondaggio risulta essere Report con il 49,2%, in crescita di 3 punti rispetto al 2012. Segue Ballarò con il 49,2%, in calo però di 5 punti rispetto all’anno precedente. Calo anche per Servizio pubblico che passa dal 41,6% del 2012 all’attuale 36,7%. Calo di 5 punti anche per Otto e mezzo e di 4 per Porta a porta. Cresce Piazza pulita che passa dal 23,9% del 2012, al 29,4% di questo sondaggio.

Passando ai programmi di infotainment, registriamo un calo di fiducia sia per Striscia la notizia, che passa dal 61,8% del 2012 all’attuale 53,9%, che per Che tempo che fa, dal 54,8% del 2012 al 52,5% dell’indagine in oggetto. Sostanzialmente stabile il dato delle Iene, che passa dal 50,9% del 2012, al 51,3% del 2013. In tutto questo, cresce la fiducia degli intervistati sul web, con i dati che risultano essere in netta crescita, passando dal 31,7% del 2005, al 42,8% del 2010, fino ad arrivare all’attuale 47,9%. Il trend appare quindi piuttosto consolidato, con un calo generalizzato della fiducia della gente rispetto ai programmi televisivi, sia Telegiornali che approfondimento, mentre appare in crescita la credibilità dell’informazione della rete.



http://www.tvblog.it/post/509999/cala-l ... della-rete


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A dimostrazione che non ci si può fidare di nessuno, neanche dei libri di scuola (figuriamoci di giornali e televisioni)

Cita:
Alunni smentiscono il libro di storia: - errori sulle condizioni del Meridione
Il testo: Sud arretrato e povero prima dell'Unità d'Italia - I ragazzi hanno provato con documenti che non è vero

SALERNO - Il Sud «arretrato», praticamente barbaro e subalterno al Nord. Le risorse economiche quasi nulle in un territorio praticamente sottosviluppato prima dell'Unità d'Italia. E' questo il quadro che il libro «Chiedi alla Storia» - autori Amerini e Roveda, edito da Bruno Mondadori - adottato dalla terza classe della sezione C della scuola media «Alfonso Gatto» di Battipaglia, traccia del Mezzogiorno prima dell'arrivo di Garibaldi. Un falso storico per gli alunni. Che hanno deciso di approfondire gli studi, iniziare una serie di ricerche storiografiche per smontare questa tesi e denunciare il fatto. E così è stato.
LA MOLLA - Tutto è iniziato, come racconta il Mattino, quando i ragazzi hanno studiato il 13 capitolo del libro. Dove il Sud è rappresentato, all'epoca dei Borbone, con un quadro a tinte fosche. Tant'è che secondo gli autori il Regno d'Italia fu costretto a sobbarcarsi il deficit del Regno delle due Sicilie.

LA RISPOSTA - Gli alunni hanno recuperato gli atti della Conferenza internazionale di Parigi del 1856, che assegnava al regno dei Borbone un premio per lo sviluppo industriale, e hanno fatto riferimento alla quotazione della Borsa parigina che prima del 1860 premiava la rendita dello stato napoletano. Ed ancora, tra i tanti documenti, i ragazzi hanno fatto riferimento a una lettera del 1899 dello storico Giustino Fortunato che rilevava le «floridissime condizioni» del Meridione prima dell'unificazione.

SOSTEGNO - Dai professori e dal preside è arrivato un plauso all'attività dei ragazzi della III C. Non solo per lo studio. «Purtroppo - ha detto Fortunato Ricco, dirigente della Gatto - molti manuali di storia inquadrano le tappe preunitarie in ottica di sudditanza del Sud. bene hanno fatto gli studenti a evidenziare queste ombre

http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 7554.shtml



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MessaggioInviato: 16/02/2014, 12:56 
Questo filmato sia anche da lezione alla stampa italiana, completamentre
prostrata ai piedi della politica, di confindustria e dei banchieri, imparino da
questo filmato come si fa il giornalismo di inchiesta:
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=319634



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MessaggioInviato: 16/02/2014, 13:29 
MA è stato cancellato il mio intervento o questo articolo è stato postato anche in altri topic? O_o



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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

A dimostrazione che non ci si può fidare di nessuno, neanche dei libri di scuola (figuriamoci di giornali e televisioni)

Cita:
Alunni smentiscono il libro di storia: - errori sulle condizioni del Meridione
Il testo: Sud arretrato e povero prima dell'Unità d'Italia - I ragazzi hanno provato con documenti che non è vero

SALERNO - Il Sud «arretrato», praticamente barbaro e subalterno al Nord. Le risorse economiche quasi nulle in un territorio praticamente sottosviluppato prima dell'Unità d'Italia. E' questo il quadro che il libro «Chiedi alla Storia» - autori Amerini e Roveda, edito da Bruno Mondadori - adottato dalla terza classe della sezione C della scuola media «Alfonso Gatto» di Battipaglia, traccia del Mezzogiorno prima dell'arrivo di Garibaldi. Un falso storico per gli alunni. Che hanno deciso di approfondire gli studi, iniziare una serie di ricerche storiografiche per smontare questa tesi e denunciare il fatto. E così è stato.
LA MOLLA - Tutto è iniziato, come racconta il Mattino, quando i ragazzi hanno studiato il 13 capitolo del libro. Dove il Sud è rappresentato, all'epoca dei Borbone, con un quadro a tinte fosche. Tant'è che secondo gli autori il Regno d'Italia fu costretto a sobbarcarsi il deficit del Regno delle due Sicilie.

LA RISPOSTA - Gli alunni hanno recuperato gli atti della Conferenza internazionale di Parigi del 1856, che assegnava al regno dei Borbone un premio per lo sviluppo industriale, e hanno fatto riferimento alla quotazione della Borsa parigina che prima del 1860 premiava la rendita dello stato napoletano. Ed ancora, tra i tanti documenti, i ragazzi hanno fatto riferimento a una lettera del 1899 dello storico Giustino Fortunato che rilevava le «floridissime condizioni» del Meridione prima dell'unificazione.

SOSTEGNO - Dai professori e dal preside è arrivato un plauso all'attività dei ragazzi della III C. Non solo per lo studio. «Purtroppo - ha detto Fortunato Ricco, dirigente della Gatto - molti manuali di storia inquadrano le tappe preunitarie in ottica di sudditanza del Sud. bene hanno fatto gli studenti a evidenziare queste ombre

http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 7554.shtml



http://www.ilportaledelsud.org/economiaR2S.htm

Anche qui lo zampino dei Rothschild [8]

Alcuni stralci dell'articolo:
"Dopo la caduta di Napoleone ad esempio, l’Inghilterra, che aveva fatto della Sicilia una sua base militare, la smilitarizzò ma mantenne con essa un rapporto economico privilegiato con la stipula, nel 1816 [5], di un apposito trattato di commercio rinegoziato nel 1845.
Più che i trattati, contavano però gli effettivi legami siculo-inglesi rappresentati dalla cospicua presenza di commercianti e imprenditori inglesi che godevano di un doppio status: quello di cittadini inglesi e quello di cittadini siciliani beneficiati dal governo locale di particolari agevolazioni fiscali e doganali. Si era venuto a creare una sorta di Stato nello Stato. Famiglie come gli Ingham, i Woodhouse, i Whitaker si stabilirono definitivamente in Sicilia, divennero siculo-inglesi e con le loro immense fortune realizzarono nei fatti la supremazia britannica nell’economia siciliana [6]. Questa situazione si ripercuoteva anche all’interno del Regno stesso.
Tutto questo però fu praticamente ad esclusivo beneficio degli Ingham che non reinvestirono mai i loro guadagni nell’isola ma in Inghilterra e in America. In questo consisteva la sudditanza economica dalla quale evidentemente era difficile sfuggire.
Alla base del mancato decollo dell’economia isolana, come bene scriveva Lucchesi Palli (Effemeridi scientifiche e letterarie, 1834), c’era soprattutto la mancata crescita del mercato finanziario “La Sicilia non sarà mai né perfetta agricola, né commerciale, né manifatturiera, se pria un’immissione di nuovi capitali circolanti non ne vivifichi il suo stato.” Non si reinvestivano i capitali nell’isola, come abbiamo già avuto modo di osservare, e non solo per gli interessi della finanza internazionale (in prima fila i R0THSCHILD) ma soprattutto per la mancanza di una cultura in tal senso degli operatori siciliani. Pochi furono quelli che si scostarono da questo andazzo: Vincenzo Florio e Camillo Camposanto ad esempio si adoprarono per la nascita di stabilimenti per la lavorazione ed il commercio dei tabacchi. I Florio in particolare, diedero inizio alla loro spettacolare ascesa, intervenendo a 360° nell’economia isolana, nell’industria del vino, nell’estrazione e commercializzazione degli zolfi , nella produzione chimica , nella navigazione e nella cantieristica navale, nelle tonnare, ecc. Erano la dimostrazione che in Sicilia si poteva crescere. Bastava semplicemente investire capitali e formare mano d’opera qualificata impedendo il mero sfruttamento del territorio e della nostra forza lavoro da parte di operatori stranieri".



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La verità sull'intervista de Le Iene a Rocco Casalino

"13 anni fa frequentavo il "Centro Teatro Attivo" di Milano. In un corso di recitazione si sviluppò lo studio dei personaggi e a me fu affidata l'interpretazione di un personaggio snob, classista, xenofobo e omofobo. Per questa interpretazione, dovevo usare un linguaggio paradossale ed estremista. Per sbeffeggiare l'ipocrisia di molti personaggi pubblici, interpretai questo ruolo politicamente scorretto in una intervista alle "Iene", utilizzando lo studio fatto nel corso di recitazione. Quindi riprendo dei luoghi comuni sul presunto odore della pelle di persone indigenti e di rumeni. Cosa ancora più grottesca e assurda visto che all' intervista era presente la mia compagna e convivente di allora, originaria di un Paese dell'Est Europa. Qualche giorno dopo, raccontai in un'intervista rilasciata a Maurizio Costanzo, con miei amici e parenti presenti a testimoniare la mia assoluta lontananza da idee razziste, classiste o xenofobe e mettendo quindi nel giusto contesto di recitazione le parole assurde e paradossali di quella intervista. Le posizioni razziste e xenofobe sono quanto di più lontanto dalla mia persona. Ora è successo che, improvvisamente, i 30 secondi di quell'intervista alle "Iene" sono stati riesumati e mi chiedo: che senso ha per il TG3 pagare i diritti Mediaset per estrapolare 30 secondi di una mia intervista di 13 anni fa? Che vantaggi ne hanno tratto? Dopo la lettera in cui esprimevo la mia opinione sulla scorrettezza del comportamento di Daria Bignardi nei confronti di Alessandro Di Battista, ero consapevole che una certa parte politica avrebbe subito utilizzato la macchina del fango. Forse la risposta alle mie domande è che l'obiettivo è cercare di infangare me, per colpire indirettamente il M5S?" Rocco Casalino

http://www.beppegrillo.it/2014/02/la_ve ... alino.html



Non ho modo di verificare se le dichiarazioni di Casalino rispondono al vero, ma se così fosse qui siamo al limite della diffamazione più bieca da parte del TG3



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MessaggioInviato: 17/02/2014, 20:24 
"Forse la risposta alle mie domande è che l'obiettivo è cercare di infangare me, per colpire indirettamente il M5S?"

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Cita:
shighella ha scritto:


"Forse la risposta alle mie domande è che l'obiettivo è cercare di infangare me, per colpire indirettamente il M5S?"

Ci sono per caso dubbi? [xx(]
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