quei links li conosco bene come pure i "grandi" contenuti di saggezza ivi riposti.
Come dice il vigile in questa pubblicità...
martedì 22 novembre 2011 Complottisti ed anticomplottisti sono una piaga sociale 
I complottisti vedono complotti ovunque, anche nelle catastrofi naturali. Gli anticomplottisti non tengono in nessun conto l’ovvia constatazione che il potere corrompe ed il potere assoluto corrompe assolutamente. I complottisti si rendono ridicoli da soli, ma rendono anche un importante servizio a chi i complotti li ordisce veramente, perché generano confusione e la confusione facilita il compito di chi trama e di chi si propone come soluzione ai problemi che genera. Gli anticomplottisti godono del tacito appoggio della massa, spinta a farlo dai naturali meccanismi di difesa della psiche (nessuno vuole immaginare che ci sia qualcuno che ce l’ha con lui e che sia molto più potente di lui – meglio classificare il tutto come “paranoia”).
Gli anticomplottisti sono, volenti o nolenti, i migliori puntelli dello status quo. Qui mi occupo soprattutto di loro.
La gente che non crede ai complotti è un po’ come il terrestre che crede di essere l’unico essere vivente intelligente nell’universo, a prescindere (questa cosa fa davvero ridere: si può essere più narcisisticamente antropocentrici di così? Che futuro ci può essere per una specie così infantile?). Ecco un altro utile paragone: il complottista è il fedele che crede a-prioristicamente all'esistenza di Dio,
l'anticomplottista è l’ateo che crede aprioristicamente alla non-esistenza di Dio e si ritiene, goffamente, intellettualmente superiore rispetto al credente. Entrambi sbagliano, com'è abbastanza evidente a chi si soffermi un po' a pensare alla questione:
l’unica posizione ragionevole è l’agnosticismo, ossia lo scetticismo, in particolare nei rapporti con il potere, dato che maggiore è il potere, maggiore sarà la corruzione.Il termine "dietrologia" è diventato una coperta di Linus: la realtà non può essere così spaventosa come minaccia di essere. Non potremmo psicologicamente reggere l'impatto di una tale verità. Preferiamo credere che certi scenari siano dietrologie e che certi atti siano quelli di un pazzo o comunque di un fanatico, che sono ormai sinonimi. Lo riteniamo un folle però, bizzarramente e contraddittoriamente, crediamo alla sua versione dei fatti, perché corrisponde esattamente a ciò che vogliamo credere. Tutte le contraddizioni, menzogne ed aporie vengono spazzate sotto il tappeto dell'angelismo (“le autorità non farebbero mai certe cose”, “se non hai fatto nulla di male non hai niente da temere”, “tutto si sistemerà”, “è nell’interesse di tutti che sia ristabilito l’ordine”, “siamo tutti nella stessa barca”, “ciascuno riceve ciò che merita”, ecc.), perché ci irritano, sono un'offesa alla nostra ragione/psiche, o per meglio dire al nostro ego. Ho purtroppo l’impressione di vivere in una società essenzialmente codarda ed illusa, per di più incapace di prenderne coscienza:
"All'immagine di un male banale ma contagioso ed epidemico Rumiz affianca quella di un bene ingenuo e cieco, di un bene imbecille e infermo che ha il pericoloso difetto di non saper fiutare il pericolo. Egli sottolinea, da questo punto di vista, come sia molto rischioso continuare a parlare di integrazione, di convivenza in Europa solamente a livello retorico, “nella beata ignoranza dei meccanismi della disintegrazione”. Nel suo “Maschere per un massacro” Rumiz ha insistito molto su questo aspetto, sottolineando che tutte le mosse preparatorie del conflitto in Bosnia si sono svolte in gran parte alla luce del sole, e che nonostante questo la maggioranza delle persone fino all'ultimo non voleva credere che l'efferatezza potesse scatenarsi tra di loro. "La velocità impressionante della pulizia etnica fu resa possibile non solo dalla sua lunga, meticolosa preparazione, ma anche da questa incredulità delle vittime e della gente in generale. Non esiste prova migliore, forse, che la Bosnia non è stata distrutta dall'odio - come fa comodo a troppi supporre - ma da una diffusa ignoranza dell'odio" (Rumiz, 1996, p. 7). Paradossalmente, racconta Rumiz, a Sarajevo è la "piccola criminalità" a fiutare prima l'arrivo della guerra e organizzare un minimo di difesa perché più consapevole delle possibilità e dei meccanismi del male e della violenza. […]. Riprendendo l'intuizione di Rumiz, l'insegnamento che ci viene dall'esperienza balcanica è che
ciò che ci trasforma in carne da cannone è lo stesso imbonimento, la stessa inerte apatia, la stessa acquiescenza che ci porta a seguire tutti lo stesso programma televisivo, o a comprare lo stesso prodotto reclamizzato, o a votare in massa il primo pagliaccio che scende in campo promettendoci di risolvere tutti i nostri problemi se solo acconsentiamo ad affidargli un po' più di potere" (Marco Deriu, “Dizionario critico delle nuove guerre”, 2005, pp. 66-68).
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Prendiamo come esempio tre noti complotti: Quello di Hitler per uccidere gli Ebrei; quello di Bush e Blair per invadere l’Iraq (armi di distruzione di massa – legami Hussein/Bin Laden); quello serbo per realizzare un genocidio in Kosovo. I primi due sono veri, il terzo è falso, come spiego qui:
http://fanuessays.blogspot.com/2011/10/un-po-di-chiarezza-sullintervento-in.htmlDunque l’opinione pubblica è più complottista dei presunti complottisti e diversi “complottisti” (scettici) sono più informati e più lucidi di chi li ritiene dei lunatici o dei babbei. Di più, gli anti-complottisti (quelli per partito preso, quelli del “sei un dietrologo, non ha senso prenderti sul serio”) sono convinti che la loro parte sia quella buona e non farebbe mai certe cose e, contemporaneamente, che gli “altri” (i terroristi, i cinesi, i russi, gli iraniani, ecc.) sono pronti a tutto. In questo senso sono iper-complottisti e per di più troppo pigri o non sufficientemente coraggiosi per informarsi adeguatamente. Al contrario, molti “complottisti” (scettici) partono dall’ipotesi, del tutto realistica, che la propaganda, la disinformazione e la manipolazione abbondino ovunque, ad ogni livello.
In genere, gli anti-complottisti pretendono dai “complottisti” un’analisi completa di un evento, non si accontentano di considerare le contraddizioni, omissioni, bizzarrie, ecc. della versione ufficiale, come dovrebbe fare qualunque individuo dotato di senso critico.
Allo stesso tempo, però, gli anti-complottisti sono inclini ad accettare le analisi incomplete fornite dalle autorità, dimostrando una considerevole dose di grullaggine ed una preoccupante tendenza ad imitare le tre scimmiette, chiudendo occhi, orecchi e bocca.
I “complottisti” hanno il coraggio di esporsi ai lazzi e derisioni dei “benpensanti”, mentre gli anti-complottisti hanno le spalle coperte dall’establishment, dalla maggioranza e dall’autocensura del politicamente corretto e della paura di fare brutta figura. Essere anti-complottisti è facile, molto facile.
Il brutto è che gli anti-complottisti, accettando la lettura della realtà divulgata dai potenti diventano complici, volenti o nolenti, di tutto quel che accade in conseguenza della loro tacita o convinta accettazione delle strategie dei potenti.
La verità, che ci piaccia o meno, è che la storia è costellata di piccole e grandi cospirazioni. C’è chi ritiene che i complotti servano a consolare quelli che trovano la realtà troppo noiosa e complicata se non è condita con qualche trama occulta. C’è chi preferisce pensare che, in una società secolarizzata, i complottismi servano a soddisfare il disperato bisogno di fare chiarezza nel caos. La cosa interessante è che questa stessa analisi è applicabile agli anti-complottisti. È piacevole e consolante credere che il nostro destino è determinato dall’incompetenza e dagli errori e che le cose sono più o meno come sono. Ci si sente meglio nel pensare che non siamo così fessi da farci fregare dalle epopee dei rettiliani, degli Illuminati e altre sciocchezze. Siamo razionalisti, persone che non hanno tempo da perdere con il pensiero magico, persone che ci tengono alla loro igiene mentale, persone che scelgono di non prendere in considerazione la documentazione della storiografia ufficiale che prova il coinvolgimento della CIA nel sovvertimento di regimi stranieri non collaborativi, da Allende a Jacobo Árbenz nel Guatemala (1954). Se la CIA dice che non l’ha fatto allora non l’ha fatto. Se uno preferisce credere di non potersi perdere nell’intrico di petrolio, narcotraffico, denaro, crimine organizzato, imperialismo, istituzioni, religione e società civile che circonda l’11 settembre ha tutto il diritto di farlo, ma ciò presuppone una conoscenza di come funziona il mondo che nessuno possiede.
Forse l’11 settembre è davvero la perfetta esecuzione di un piano incredibilmente complicato portato a termine in circostanze fenomenalmente avverse e che non è stato rovinato da incompetenze ed errori; o forse no. Ma il risibile tentativo di collegare Saddam Hussein e Al-Qaeda per giustificare l’invasione dell’Iraq era un complotto governativo reale (non particolarmente ben riuscito): uno scenario paranoide prodotto dalle migliori menti al servizio del presidente degli Stati Uniti per ingannare l’opinione pubblica americana ed internazionale. Una vera cospirazione mirata a promuovere una falsa cospirazione nell’intento di invadere illegalmente una nazione (e distruggere le vite di centinaia di migliaia di persone). È probabile che queste stesse persone stiano dandosi da fare per convincerci che l’Iran costituisca una minaccia per le altre nazioni pacifiche del mondo."L'esito finale di questa deriva sarà probabilmente un conflitto con l'Iran e con gran parte del mondo islamico. Uno scenario plausibile di uno scontro militare con l'Iran presuppone il fallimento [del governo] iracheno nell’adempiere ai requisiti [stabiliti dall’amministrazione statunitense], con il seguito di accuse all’Iran di essere responsabile del fallimento, e poi, una qualche provocazione in Iraq o un atto terroristico negli Stati Uniti che sarà attribuito all’Iran, [il tutto] culminante in un’azione militare “difensiva” degli Stati Uniti contro l’Iran" [Zbigniew Brzezinski, uno dei massimi esperti di politica internazionale (1 febbraio 2007):
http://foreign.senate.gov/imo/media/doc/BrzezinskiTestimony070201.pdf"
Al Pentagono, nel novembre del 2001, feci una chiacchierata con uno degli ufficiali superiori. Sì, stavamo ancora progettando la guerra contro l’Iraq, ma c’era anche altro. Quel progetto faceva parte di un piano quinquennale di campagne militari che comprendeva sette nazioni: a partire dall’Iraq, per continuare con la Siria, il Libano, la Libia, l’Iran, la Somalia e il Sudan. Il tono era indignato e quasi incredulo […] Cambiai discorso, non erano cose che volevo sentire" [Wesley Clark, ex comandante generale dell'US European Command, che comprende tutte le attività militari americane in Europa, Africa e Medio Oriente – “Winning Modern Wars”, p. 130:
http://www.amazon.com/Winning-Modern-Wars-Terrorism-American/dp/1586482181]
Dunque non è per nulla sorprendente che una maggioranza di abitanti di questo pianeta non creda alla versione ufficiale dei fatti dell’11 settembre:
http://en.wikipedia.org/wiki/September_11_attacks_opinion_pollsSembra quasi che i governi facciano apposta a seminare dubbi in seno ad un’opinione pubblica che poi bollano come “irrazionale”, con una notevole faccia di bronzo. Ma forse è a causa della loro incompetenza. Ci vuole professionismo anche quando si architettano trame occulte.
[align=right]Source:
Stefano Fait - Note Sparse: Co...ottisti sono una piaga sociale [/align]