“Movimento Arturo”: le truppe cammellate di George Soros in rete
Davide 15 settembre 2017 , 4:00 Attualità, Notizie dall'Italia, Opinione 41 Commenti 7,848 Viste
DI FEDERICO DEZZANI
federicodezzani.altervista.org
La crisi diplomatica tra Italia ed Egitto, vero obiettivo dell’omicidio di Giulio Regeni, è stata perseguita ricorrendo ad ogni strumento: politica, ong, mondo delle associazioni e media. Se nell’ambito dei media tradizionali il Gruppo l’Espresso ha giocato la parte del leone, in rete si è distinto per attivismo il “Movimento Arturo”, esperimento informatico-politico del conduttore televisivo Diego Bianchi, in arte “Zoro”. Il movimento, nato lo scorso febbraio e già assurto a “quarto partito italiano su Twitter”, si concentra, oltre che sul caso Regeni, su tematiche pro-immigrazione e pro-LGTB. È sufficiente scavare un poco per scoprire come dietro il Movimento Arturo si nasconda la fondazione Open Society di George Soros, con cui collabora anche un altro personaggio chiave dell’omicidio Regeni: la docente di Cambridge, Maha Abdelrahman.
“Il quarto partito italiano su Twitter”, frutto della Open Society
In un panorama internazionale sempre più polarizzato, spaccato tra il blocco-euro-atlantico e quello euro-asiatico, la propaganda sommerge i mezzi d’informazione: la verità si può soltanto ricavare unendo i puntini all’interno delle notizie, oppure invertendo tout court il messaggio dei media. Si prenda, ad esempio, il fantomatico “inquinamento russo” dell’informazione: Mosca, insinuandosi nelle rete sociali, condurrebbe una costante attività eversiva mirata a manipolare “le democrazie liberali e occidentali”. “The Fake Americans Russia Created to Influence the Election1” scriveva il New York Times ad inizio settembre, prontamente ripreso da La Stampa: “Facebook ammette: la Russia ha fatto operazioni di avvelenamento sui nostri social”. Tralasciando il fatto che quasi la totalità delle reti sociali è basata negli Stati Uniti, è naturale chiedersi se l’establishment atlantico non attui quelle stesse operazioni che rinfaccia ai russi: Washington e Londra, già padrone indiscusse dei media tradizionali, manipolano anche le nuove piattaforme di comunicazione? E come?
Per rispondere al quesito, studiamo da vicino il caso Regeni, un’operazione in grande stile con cui i servizi inglesi e l’amministrazione Obama hanno sabotato le relazioni italo-egiziane, sacrificando il giovane ricercatore friulano le cui uniche colpe erano quelle di possedere il passaporto della Repubblica italiana e di essere entrato nei radar dei servizi angloamericani.
Per quanto riguarda i media tradizionali, il Gruppo l’Espresso di Carlo De Benedetti ha svolto la funzione d’ariete (Il Manifesto è troppo piccolo per incidere): da La Repubblica è partita la violentissima campagna (spesso in aperta violazione delle regole base del giornalismo, come testimonia il ricorso a fonti anonime e non verificate) culminata col richiamo del nostro ambasciatore. Sempre dal quotidiano di Mario Calabresi, sono sferrati oggi gli ultimi colpi di coda contro il governo, reo di aver ristabilito normali relazioni diplomatiche sull’onda del dinamismo franco-egiziano in Libia.
E per quanto riguarda le rete sociali, quali strumenti hanno usato gli angloamericani per “sensibilizzare” l’opinione pubblica sul caso Regeni e indirizzarla verso la direzione auspicata? Chi avesse seguito da vicino l’evoluzione dell’affare Regeni, avrebbe sicuramente notato sulla piattaforma Twitter l’attivismo di un gruppo di pressione dal nome singolare, “Movimento Arturo”. Migliaia di utenti, rigorosamente anonimi ma accomunati da una fantasiosa declinazione del nome “Arturo”, che hanno cavalcato il caso Regeni, cinguettando ed ancora cinguettando, contro l’Egitto di Al-Sisi, contro la “realpolitik” del governo italiano, contro il ripristino di normali rapporti diplomatici.
Non conoscete il “Movimento Arturo”? Bé, non siete aggiornati sui fermenti della sinistra italiana.
Risale al 2 marzo 2017 l’articolo dell’Huffington Post, “Movimento Arturo è la quarta forza politica del Paese (sui social): il partito di Gazebo fa boom in rete e sul territorio”2, articolo dove si racconta la genesi dell’esperimento informatico-politico. All’interno dell’articolo si legge:
“Le primarie del Movimento Arturo si svolgeranno il 29 aprile (il giorno prima di quelle del Pd) e saranno gratis. “Ci saranno sui social e sul territorio, ma non accettiamo altri candidati oltre a noi”. Perché l’assemblea, se non ve ne fosti accorti, c’è già stata: è durata 4 secondi e tanto basta. Voce unica, tre anime diverse: la “cosa” di sinistra nata, per scherzo, a Gazebo dalla matita di Marco Makkox D’Ambrosio prende forma ogni puntata che passa. (…). Arturo ha pochi giorni di vita ma è già diffuso nel Paese. Su Facebook e Twitter è una delle forze politiche più seguite. L’obiettivo principale era superare i seguaci di Articolo 1 – Democratici e Progressisti, l’ala scissionista uscita dal Pd. Obiettivo stracciato in poco più di mezz’ora: su Facebook i fan hanno superato soglia 14mila. “Oggi puntiamo alla Lega”, che su Twitter conta 21mila follower mentre Arturo incalza con 20mila. Questione di ore, Forza Italia, 5 Stelle e Pd sono avvisati”.
Il “Movimento Arturo” nasce nel marzo 2017 dalla trasmissione Gazebo, in onda su RAI3: il padre nobile è il conduttore stesso della trasmissione, Diego Bianchi, in arte “Zoro”. Si tratta, secondo gli ideatori, di semplice “cazzeggio”, di “un partito di sinistra fake”, senza alcuna pretesa di trasformarsi in una vera forza politica. Eppure, in pochi giorni, il “Movimento Arturo” cresce esponenzialmente sulle rete sociali, tanto da affermarsi come “la quarta forza politica del Paese su Twitter, alle spalle di Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Forza Italia3”. Quali sono i cavalli di battaglia del Movimento Arturo, oltre il sullodato caso Regeni? Invettive contro la destra e le restrizioni all’immigrazione, lodi alle frontiere aperte e campagne pro-LGTB. Rigorosamente proibita qualsiasi forma di “populismo” o “sovranismo”.
Sul tavolo si stanno ammucchiando tante tessere di un puzzle: un movimento di sinistra che fiorisce sulle reti sociali grazie ad utenti anonimi e spesso seriali, il caso Regeni, le frontiere aperte, la campagna transgender. C’è la sensazione che, ricomponendo correttamente le tessere, esca un esperimento informatico-mediatico identico al Movimento 5 Stelle, collocato però a sinistra dello schieramento politico anziché essere indistintamente “al centro” come i grillini. Il nostro sesto senso non si dimostrerebbe fallace se trovassimo un filo conduttore che unisse le diverse tessere: questo filo esiste ed ha il nome di un personaggio piuttosto conosciuto. George Soros.
Abbiamo detto come il Movimento Arturo sia nato dalla “voglia di cazzeggio” del conduttore televisivo Diego Bianchi, “Zoro”. Scavando un minimo in rete, è possibile collegare direttamente Bianchi alla galassia Soros e, passaggio successivo, ricondurre il Movimento Arturo alle politiche pro-immigrazione, pro-LGTB, anti-Al-Sisi, che contraddistinguono il famoso speculatore d’origine ungherese (la sinistra e alta finanza sono storicamente accomunate dall’odio verso qualsiasi forma di nazionalismo e populismo).
Sul sito Vita.it, società specializzata nel terzo settore, si può leggere4 infatti come Diego Bianchi faccia parte di quel variegato mondo delle ong che ruotano attorno a George Soros: Amnesty international, finanziata dalla Open Society, l’Associazione Antigone del senatore Luigi Manconi, collegata alla Open Society5, la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, largamente sovvenzionata dalla Open Society6. Chiarito il nesso tra Diego Bianchi e l’universo di George Soros, si possono finalmente risolvere molti dubbi: come abbia fatto il Movimento Arturo ad affermarsi in così poco tempo in rete, grazie a utenti anonimi o seriali, perché il Movimento Arturo insista sulle frontiere aperte e sui diritti LGTB, perché il Movimento Arturo prenda spesso di mira “i populismi”. Si può infine, e torniamo al punto di partenza, capire perché il Movimento Arturo sia impiegato per manipolare le rete sociali e promuovere la campagna “Verità per Giulio Regeni”, contro l’Egitto di Al-Sisi e le relazioni italo-egiziane.
Il Movimento Arturo è un semplice esperimento informatico-politico della galassia Soros.
Ma, un attimo! Non collaborava con la Open Society anche un altro personaggio chiave dell’omicidio Regeni?
Omicidio Regeni, esempio di commistione tra servizi segreti e finanza internazionale
Nelle nostre analisi abbiamo sempre evidenziato come i mandanti dell’omicidio Regeni fossero da cercare tra le fila dei servizi segreti atlantici, quelli inglesi in particolare: scopo di quest’operazione sporca era gettare un cadavere tra Italia ed Egitto, proprio quando l’affiatamento tra i due Paesi era massimo (scoperta del giacimento Zohr da parte dell’ENI e sintonia sul dossier libico). Chi però conosca i meccanismi dei servizi segreti angloamericani, sa che questi non sono compartimenti stagni, bensì lavorino a stretto gomito con i potentati economici ed il mondo della finanza in particolare: lo scambio di personale tra servizi e imprese è costante e, molto spesso, sono proprio gli interessi privati a dettare gli obbiettivi agli apparati di sicurezza dello Stato. Il caso Regeni non fa eccezione, perché i mandanti dell’omicidio hanno un piede nei servizi inglesi ed un altro nella rete di George Soros.
Uno dei personaggi chiave del caso Regeni è senza dubbio Maha Abdelrahman: docente presso l’ateneo di Cambridge, storicamente legato a doppio filo con i servizi segreti di Sua Maestà, questa studiosa specializzata in movimenti d’opposizione, diritti civili ed ong, invia nel settembre 2015 Giulio Regeni al Cairo, con l’obiettivo di scrivere una tesi sui sindacati egiziani, avvalendosi del “metodo PAR” (Participatory action research) che prevede il coinvolgimento diretto negli avvenimenti studiati7. L’Abdelrahman, tra l’altro, è una delle figure intoccabili nell’inchiesta condotta dalla magistratura italiana, perché quando i nostri pm chiederanno approfondimenti sulle attività di Regeni in Egitto, l’ateneo di Cambridge le etichetterà come “confidenziali” e quindi inaccessibili anche tramite rogatoria internazionale8. Ebbene, Maha Abdelrahman è anch’essa collaboratrice della Open Democracy9 di George Soros.
Ricapitoliamo: dal tutor di Regeni a Cambridge, fino al Movimento Arturo, passando per il senatore Luigi Manconi ed Amnesty International, tutti sono riconducibili, in un modo o nell’altro, alla rete di Soros. Si esce quindi dal semplice mondo dei servizi segreti britannici, per entrare in quel coacervo di finanza-politica-apparati di sicurezza, da noi spesso definito come “establishment liberal”: è l’oligarchia che ha fomentato le Primavere Arabe, che ha sprigionato la Fratellanza Mussulmana, che odia “la dittatura” di Al-Sisi, che sogna la destabilizzazione del Nord Africa e del Medio Oriente, così da invadere l’Europa con migrazioni “epocali ed ineluttabili”.
A costoro non interessa ovviamente chi siano i veri responsabili dell’omicidio Regeni, anche perché significherebbe cercare tra le proprie fila. Per costoro, il feticcio di Giulio Regeni è soltanto un’arma da brandire per i propri scopi politici: infangare il presidente Al-Sisi, danneggiare le relazioni italo-egiziane, azzoppare la politica mediterranea dell’Italia. In pubblico difendono i diritti umanitari, ma in privato sono i più convinti assertori della massima machiavelliana, “il fine giustifica i mezzi”.
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