La Svizzera dice no ai minareti
Ora facciamolo anche noi.
di Maria Giovanna Maglie
No, non è una questione di urbanistica, anche se ci sono luoghi dell’Occidente nei quali il faro, il minareto, stona in modo sinistro al cuore e all’occhio. A capo dell’Unione Europea, sia pur in turno di presidenza che per fortuna finisce, ma pur sempre deputate a parlare per l’Europa, ci sono personaggi come il ministro per l’immigrazione svedese, Tobias Billstroem, e quello per l’Integrazione e le pari opportunità, signora Nyamko Sabuni, che hanno espresso sorpresa e rammarico per il voto svizzero contro la costruzione di nuovi minareti nella Confederazione, dichiarando che in Svezia questo sarebbe solo un problema di “pianificazione urbana”. Ecco spiegato il crescere della paura, ché se simili audaci imbecilli parlano e perfino decidono per i popoli e per le loro giustificate ansie e paure, non resta che rispondere a colpi di referendum, anche quelli che meno ci sono congeniali. Anzi, facciamoli anche in Italia dei referendum come quello svizzero, non è questione di un minareto in più o in meno, almeno non solo di quello, affrontiamolo di petto il tabù dell’identità, forse se partiamo dall’azzeramento a furor di popolo dell’ipocrisia relativista, sarà davvero possibile formulare delle regole che salvino la vita e il futuro nostro, che accolgano e tutelino sul serio i musulmani che non vengono per tramare, sovvertire, strapparci le radici.
Tra le proteste di politici, editorialisti, e prelati, va detto, di rango minore, non c’è una sola dichiarazione che abbia il fegato o il cervello di dire che chi di crocifisso ferisce di minareto può essere colpito. No, che in Europa una Corte abbia accolto il reclamo di una finlandese che vive in Italia, e ci abbia imposto di togliere dalle aule scolastiche un simbolo di tradizione consolidata, è lecito, e se ne può discutere in tutta lievità; che quasi il sessanta per cento degli svizzeri non voglia veder nuovi minareti crescere nel proprio territorio, quattro moschee già ci sono, sia chiaro, e che perfino abbia colto il pretesto di un referendum di importanza simbolica per esprimere il desiderio di porre un argine alla penetrazione dell’islam senza regole e senza leggi, è invece argomento di sdegno supremo. Fioccano gli anatemi, le fosche previsioni per il futuro, pare certo che chi provi a difendersi si consegna alla reazione peggiore. Tradotto in soldoni, meglio, sempre meglio, tacere e subire, lasciarsi invadere, meglio disprezzare la propria storia e le proprie radici, almeno gli integralisti non si arrabbiano di più del dovuto.
Che tristezza. La Chiesa cattolica, nelle sue gerarchie sia chiaro, non è certo questa l’opinione dei credenti, è libera di scegliere anche in questo caso la teoria dell’altra guancia da porgere, è libera di non chiedere, come pure appare logico, una sia pur minima reciprocità nelle aperture alla religione islamica. Potrebbe dire un campanile lì per un minareto qui, raccontare tutta la storia dei cristiani perseguitati nei territori palestinesi, tanto per citare un caso, e non lo fa. È libera, anche se proprio l’attuale pontefice ci ha in numerose occasioni invitato a riflettere sull’odio che l’Occidente nutre per sé stesso. Ma chi fa politica dovrebbe invece avere le orecchie ben aperte al segnale che è arrivato forte e chiaro dalla Svizzera, e nel caso dei politici italiani, dovrebbe fare lo sforzo che al pensiero evoluto compete di figurarsi una situazione analoga qui nel nostro Paese.
Io dico che andrebbe come in Svizzera se un referendum qualunque, magari anche strumentalmente proposto, chiedesse agli italiani di dire basta al velo che copre il viso per le donne, basta alla pratica diffusa della poligamia, basta alla preghiera islamica davanti a luoghi di culto cattolico come il Duomo di Milano, basta a qualunque pretesa di insegnare la religione musulmana nelle scuole pubbliche, basta alla proliferazione di moschee fai da te e di imam fai da te, ovvero di scuole e maestri di fondamentalismo, ovunque e liberamente.
Proviamo anche a immaginare il contrario, gentile e preoccupato presidente Gianfranco Fini, che ieri si è affrettato a informarci che lei avrebbe votato si ai minareti, proviamo a sottoporre a referendum la legge sulla cittadinanza da lei propugnata. Io dico che non passa. Tutti razzisti, integralisti, nemici del diverso? Non sarà che semplicemente l’opinione pubblica si preoccupa di una cosa semplice semplice e fondamentale che si chiama difesa dell’identità, che sente nella pancia oltre che nel cervello che non esiste una libertà di religione assoluta, che dietro alla richiesta di nuove moschee si nasconde un disegno di invasione, e che non si riconosce più nelle sterili palestre delle polemiche politiche? La risposta che è giusto dare alla paura è sempre la stessa da anni: entrino immigrati nel numero possibile e disponibile, restino con regole certe, poche ma inesorabili, le nostre. Se necessario, si faccia a colpi di referendum. Quanto all’Unione Europea, Dio ci scampi dalle sue trovate. (Maria Giovanna Maglie)
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