Cita:
Angeldark ha scritto: Cita:
Leandro ha scritto:
La particella si comporta COME se sapesse di essere osservata, ma naturalmente non sa di esserlo o meno.
Qui sta tutto il fascino della fisica quantistica, che è una fisica "indeterminata", ovvero - e semplifico - una fisica in cui le cose non si manifestano secondo una logica binaria ("c'è o non c'è", "va o non va", "bianco o nero", "acceso o spento"), ma come uno "spettro di possibilità", in cui quindi una "cosa" non espressa tramite UN valore determinato, ma da una percentuale di probabilità di assumere un valore all'interno di un determinato range.
La "cosa" assume quindi tanti valori contemporaneamente, come se vibrasse, come se anzichè una "cosa singola" fosse una "nuvola di cose" ciascuna con un valore diverso.
Quindi mentre si sa che un proiettile si comporta come un proiettile, non è possibile a priori dire se un fotone si sta comportando come un'onda o come una particella. Per determinarne la natura bisogna "osservarlo". L'osservazione (e la misurazione) nella fisica quantistica è un atto che determina attivamente il valore della cosa osservata. Così, se la cosa in questione sta vibrando forsennatamente e assumendo contemporaneamente più valori, nel momento in cui l'osservatore la guarda, è come se la bloccasse nel punto in cui in quel momento sta oscillando Come se si mettesse la mano per fermare la roulette costringendo la pallina ad assumere un singolo valore tra quelli compresi nel piatto girevole.. Questo "blocco" rende il valore univoco e misurabile.
E' il discorso del famoso "gatto nella scatola". Finchè la scatola è chiusa il gatto può essere vivo o essere morto (spettro di valori possibile), e, questo è intuitivo. Ma ai fini della fisica quantistica, finchè è chiuso in scatola, il gatto è in ENTRAMBI gli stati: vivo E morto (non vivo O morto). Quando l'osservatore solleva il coperchio, il gatto "smette di vibrare" tra la vita e la morte ed assume uno stato univoco: vivo o morto.
Vibra forsennatamente, assumendo più valori contemporaneamente, ma, assume un valore univoco e determinabile, solo nel momento dell'interazione con l'osservatore.
Potremmo affermare allora, che la particella esiste SOLAMENTE nel momento che una coscienza la osserva e la rileva?
O addirittura, che la coscienza stessa, la renda esistente all'interno del suo campo di realtà, facendogli assumere il valore che si aspetta?
Bisogna stare attenti a non cedere alla tentazione di scivolare nella metafisica...
Secondo la fisica quantistica, la particella esiste
sempre, indipendemente dall'osservazione. Esiste, ma
non è interamente determinata. Ovvero il suo stato non può essere conosciuto nella sua interezza.
Il "principio di indeterminazione" per esempio stabilisce che non puoi conoscere contemporaneamente due variabili, collegate tra loro, che definiscono la stessa particella. Se ne conosci una, non puoi conoscere l'altra, anche se queste due variabili sarebbero, appunto, collegate (per cui conoscendo l'una dovresti poter conoscere l'altra).
Se per esempio conosci la velocità a cui si sposta un fotone, non puoi sapere dove il fotone si trovi in quel momento. Se sai dove si trova il fotone, non puoi sapere a che velocità si sta spostando. Tutti questi fatti sono legati alla natura "duale" di tutte le particelle subatomiche, che, appunto, pur essendo particelle, sono definite da una forma d'onda che quindi assume continuamente valori diversi. Per cui tu puoi o misurare con precisione uno dei due valori (mettendoci un dito sopra e fermando la roulette), ma così facendo non puoi determinare l'altro. Oppure puoi lasciare che il fotone si agiti come un'onda e misurare probabilisticamente sia la sua posizione che la sua velocità: ovvero "è probabile che sia qui e che vada più o meno intorno a questa velocità", ma i due valori permangono indeterminati.
La particella, però, c'è indipendentemente dalla tua osservazione e dalla tua misurazione dei suoi valori. I suoi valori, il suo stato, entrano invece in gioco solo quando si manifestano come tali, ovvero quando vengono osservati: prima esistono solo "in potenza", come possibilità, per cui non possono generare effetti a loro legati.
La pallina della roulette esiste sempre mentre la roulette gira, ma in quel momento tu non conosci il suo valore, perchè li riassume ancora tutti e 90 in sé stessa: li assume tutti contemporaneamenete, sono tutti "super-imposti" l'un all'altro. La roulette che gira è come un'onda che sale e che scende, man mano che la pallina si avvicina ora a un numero, ora a un altro. Quando tu metti il dito e blocchi la roulette, la pallina assume il valore di un singolo numero: cessa di essere un'onda e si comporta come una particella. Come nell'esperimento della fenditura, se tu metti una fotoelettrica che guarda subito dopo la fenditura, la fotoelettrica vede che quello che sta passando è un fotone-particella, perchè guardando...mette il dito sulla roulette. E il risultato è infatti che si manifesta la natura particellare del fotone (e non quella d'onda) che va quindi a colpire la parete lasciando un segno univoco, come quello del proiettile. Se tu spegni la fotocellula, è come se dessi una nuova spinta alla roulette che riprende a girare: il fotone è ora un'onda e come tale si proietterà contro la parete come un'interferenza... Ma il fotone esiste comunque, che la fotoelettrica lo veda, o meno.
La fotoelettrica (ovvero l'osservatore) fa - il termine tecnico è questo - "collassare la forma d'onda" (o "collassare lo stato quantistico") del fotone in un punto. In corrispondenza di un valore univoco. Ovvero determina lo stato della particella. E la particella genera effetti fisici legati a quel preciso stato (e non a un altro).
Questa cosa fa ovviamente impazzire tutti coloro che vengono dalla fisica classica: è un concetto difficile da afferrare, antitetico con tutto quello che si studia prima di avvicinarsi alla quantistica.
Un concetto che risultò inaccettabile persino ad Einstein che rifiutava appunto l'idea che "Dio giocasse a dadi con l'universo". Ovvero che le cose non fossero tutte precisamente determinate a priori, ma fossero frutto del caso, e quindi studiabili solo con il calcolo probabilistico.
Per tornare alla tua descrizione/domanda metafisica ("
la particella esiste SOLAMENTE nel momento che una coscienza la osserva e la rileva") in realtà, si dovrebbe dire che
l'intero mondo subatomico NON ESISTE in senso deterministico, ma solo come un'insieme di probabilità. E' questa l'interpretazione dominante della fisica quantistica ("interpretazione di Copenaghen").
Ma non è l'unica interpretazione. L'Everett citato da Nuvolo, per esempio, ne propone un'altra, quella del "multiverso", ovvero dell"interpretazione a molti mondi". Secondo questa interpretazione (semplifico moltissimo) non ci sarebbe un unico universo in cui le "cose" hanno una probabilità di accadere (ovvero in cui le particelle hanno la probabilità di assumere un valore), ma
ad ogni probabilità di accadimento corrisponderebbe un universo differente, generato ad hoc.
Per cui, tornando alla metafora della roulette, tu devi immaginarti 90 osservatori, ciascuno dei quali mette il suo dito per fermare la roulette, e la fa fermare su un numero diverso, in modo da farli uscire tutti e 90.
Ma ognuno di questi osservatori fa parte di un "universo" diverso, distinto da quello a cui appartengono tutti gli altri suoi colleghi: nel momento in cui egli mette il dito, l'universo si lacera e si ramifica rispetto a quello originario, che comunque permane. Ogni osservatore vede quindi una cosa differente: e la forma d'onda della medesima particella viene quindi fatta collassare da ogni osservatore in OGNI suo punto, facendo assumere alla particella (la pallina) OGNUNO dei valori che potrebbe assumere. Ma ogni valore viene assunto... in un universo DIVERSO!
In effetti sembra l'uovo di Colombo: semplicissimo. Da qui l' "eleganza" dell'interpretazione che Nuvolo riconosceva a Everett.
Purtroppo rimane l'abnormità delle conseguenze di una simile interpretazione, che per risolvere la dualità della particella, e l'indeterminatezza della fisica quantistica, moltiplica all'infinito gli universi! Motivo per cui non è mai stata ritenuta degna di nota dalla comunità scientifica, al di là del piacere della teorizzazione in sé e per sé (attività che i fisici adorano).
Il "vantaggio" della teoria del multiverso è che, a differenza dell'interpretazione di Copenaghen, rende la fisica quantistica, in un certo qual senso, "deterministica". Nel senso che, se ci si immagina un superosservatore che guarda ciò che accade in tutti gli universi, costui saprebbe tutto di ogni particella in ogni momento. Non vedrebbe onde vibranti, ma un infinità di SINGOLE particelle che assumono TUTTI i valori che potrebbero assumere. Ma derubricherei il fatto alla sezione seghe mentali... Anche perchè ci sarebbe da spiegare il piccolissimo dettaglio di come avvenga la "ramificazione degli universi"...
L'importante è non trascinare questi concetti al di fuori del subnucleare per trarne postulati filosofico-morali, concezioni della vita, guide spirituali che sarebbero del tutto arbitrari. Appena sento la "teoria del multiverso" mi scende un brivido lungo la schiena, perchè me la vedo utilizzata per parabole tipo quelle di Sliding Doors (probabilmente qualcuno avrà visto su You Tube, purtroppo, il filmato devastante "
Fisica Quantistica. Le implicazioni nella vita reale.") oppure il paradigma dell'Universo Intelligente, o la versione new age del fatto che l'universo esiste in funzione di chi lo osserva...
E' un mio trauma infantile
