Il figlio di Alemanno picchiato da una gang
Sono di origine straniera: "Ci siamo sbagliati"
di GIOVANNA VITALE
Il figlio di Alemanno picchiato da una gang Sono di origine straniera: "Ci siamo sbagliati"
ROMA - Una spedizione punitiva nel cuore dei Parioli, il quartiere della Roma bene abitato da famiglie ad altissimo reddito e tendenza conservatrice. A farne le spese Manfredi Alemanno, il figlio quindicenne di Gianni, sindaco della capitale. Vittima, insieme a un coetaneo, dell'aggressione organizzata da una banda "venuta da fuori" - ricostruisce la Digos che ha subito preso in mano le indagini - formata da sette giovani di origine straniera, tre dei quali minorenni. Tuttavia il movente politico o razzista è stato escluso pressoché all'istante: la polizia pare infatti orientata a classificare l'episodio come lite di strada. Conclusa con diverse contusioni al volto, in testa, alla schiena. E tanta paura.
Alle sette di sera era già buio quando Manfredi, in compagnia di Tommaso, si accomoda sugli scalini della chiesa Sacro Cuore di Maria che domina piazza Euclide. È allora che, a bordo di due diverse utilitarie, scendono i sette aggressori: tutti studenti - alcuni di scuola superiore, altri universitari - nati in Italia ma di origine capoverdina e filippina. "Siete voi che avete menato l'amico nostro?", chiedono ai due ragazzini seduti sul sagrato. "No, ma chi vi conosce", è la risposta stizzita. La frase neppure finisce che inizia il pestaggio: Tommaso si becca un cavolotto in faccia e qualche calcio, Manfredi viene spintonato con forza contro la campana di metallo per la raccolta dei rifiuti. Il raid dura qualche secondo, poi le due vittime riescono a divincolarsi, uno si rifugia nel bar Tomas, l'altro corre verso il vicino commissariato. Nel locale c'è una coppia di poliziotti in borghese: vedendo il volto gonfio di botte, si precipita fuori per acciuffare gli aggressori. Li prenderanno, alla fine: tutti accompagnati in questura per l'interrogatorio.
In piazza Euclide arrivano rinforzi: diverse auto della polizia e un paio di collaboratori del sindaco subito avvertiti dell'accaduto. Ma la storia non è chiusa: c'è da andare a rendere testimonianza. La moglie del sindaco, Isabella Rauti, accorre alla questura di San Vitale. Abbraccia il figlio. Lo rincuora nonostante lui - frangettone calato sulla fronte, noto come "Manfro dj" per la sua abilità alla consolle - esibisca un atteggiamento da duro. La mamma si fa raccontare cos'è successo. La stessa versione che poi il quindicenne fornirà agli inquirenti. Determinati a sapere, attraverso precise domande, se durante il raid fosse stata pronunciata qualche frase su suo padre, il suo ruolo da sindaco, la sua storia politica. Niente di tutto questo.
Intanto, nelle stanza accanto, la banda di teppisti si scusa, ammette di aver fatto un errore: la loro intenzione, poi degenerata, era solo quella di riparare a un torto subìto, vendicarsi di un amico aggredito qualche giorno prima, ma di aver sbagliato obbiettivo. Tre di loro hanno la stessa età di Manfredi e Tommaso, potrebbero essere compagni di scuola: le mamme decidono di non sporgere denuncia "per non rovinare quei ragazzi", dirà più tardi la Rauti. Una decisione presa insieme al marito: "Mio figlio è stato aggredito ma non si è fatto nulla, non fatemi dire di più, ha appena quindici anni", taglia corto Alemanno padre. "Una brutta storia finita bene", si sfoga nella notte mamma Isabella. "Se solo uno di loro avesse avuto un coltello in tasca, come capita sempre più spesso, avrebbe potuto essere una tragedia".
(ha collaborato flaminia savelli)
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/0 ... o-2683835/____________
Tutto questo sembra con evidenza il frutto della cultura dell'amore.
ItaGliani ... ma ci faccia il piacere, ci faccia
![Compiaciuto [8)]](./images/smilies/UF/icon_smile_shy.gif)