Polvere (Il Grande Processo Dell’Amianto) – Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller [2011]3 GIUGNO 2011
http://www.cinemaitaliano.info/polverei ... ellamianto« Hai mai sentito la parola “amianto”? »
« No. »
« E allora cosa trasporti? »
« Cemento. »
Inizia così Polvere, il documentario più atteso a questa 14a edizione del Cinemambiente Environmental Film Festival.
Diretto dal torinese Niccolò Bruna e da Andrea Prandstraller il documentario segue le vicende umane e processuali legate al tragico caso dell’Eternit, azienda produttrice dell’omonimo prodotto edile.
In particolare l’attenzione è focalizzata sui supersiti e sulle famiglie di chi è deceduto per colpa dell’amianto contenuto nel prodotto Eternit, nello stabilimento di Casale Monferrato in provincia di Alessandria. Quasi 3000 sono state le vittime nel corso degli anni, eppure sono soltanto pochi i mesi da che il pubblico ministero Raffaele Guariniello ha aperto un’indagine per fare chiarezza sul caso.
La fabbrica, aperta nel 1907 e chiusa nel 1986, ha prodotto per tutta la sua triste attività l’Eternit, un materiale estremamente resistente nonché ignifugo e dotato di una buona elasticità, composto da cemento e amianto. Per i primi 60 anni di attività dell’azienda tutta la produzione avveniva a mani nude senza alcun tipo di protezione e la polvere dell’amianto, cioè la parte cancerogena in quanto inalabile, ricopriva totalmente gli operai nelle ore di lavoro.
Migliaia e migliaia di tetti e pareti e pavimenti e chissà quante altre strutture in tutto il mondo, ancora oggi sono fatte in Eternit. Questo materiale ha una buona resistenza, ma a forza di sottostare alla furia degli agenti atmosferici si sfalda e rilascia nell’aria le microparticelle che una volta inalate provocano asbestosi e mesotelioma pleurico, malattie incurabili che portano al decesso.
Non è difficile capire come tutta la popolazione sia a rischio e che nei luoghi dove sono presenti, seppure dismesse [o meglio, abbandonate], le fabbriche dell’Eternit tutta la popolazione sia rimasta direttamente colpita da questi mali.
Si stima che ancora oggi muoiano ogni anno 5000 persone nel mondo per colpa dell’amianto. Cifre esorbitanti che sembrano addirittura destinate a salire con il passare del tempo in quanto malgrado 53 paesi ne abbiano vietato produzione e uso, il restante 75% della popolazione mondiale utilizza ignara Eternit.
Brasile, India e Canada, ecco i principali colpevoli di questo inconcepibile trend negativo. Il Brasile vanta la più grande cava di amianto del mondo nonché la più importante industria di lavorazione di questo minerale. Il Canada è un altro grandissimo produttore ed esportatore che conta di aprire nei prossimi mesi la seconda miniera più grande al mondo per l’estrazione di amianto. L’India, la Tailandia e altri paesi del sud-est asiatico fanno la domanda. I governi di questi stati [ai quali bisogna aggiungere almeno la Russia], come denuncia la commissaria brasiliana per i diritti dei lavoratori, hanno creato una fortissima lobby che riconosce nei paesi in via di sviluppo un florido mercato per la vendita dell’Eternit. Molte nuove costruzioni avranno bisogno di materiale resistente a basso costo. Ecco l’Eternit. Accontenta il fraudolento venditore e l’ignaro compratore.
L’inchiesta di Torino che avrà una sentenza entro fino 2011, assume quindi un’importanza vitale per l’ambiente e le persone che lo popolano, essendo la prima a livello mondiale su questo tema. Francia, Belgio, Svizzera, Germania e tutti gli altri stati direttamente coinvolti in questa causa potranno basarsi sull’esito di ciò che verrà deciso a Torino. D’altronde come rileva il pm Guariniello, è davvero incongruo che 53 paesi vietino tassativamente un materiale mentre tutti gli altri lo incentivano. O gli uni o gli altri si trovano in una posizione di paradossale errore.
Ciò che sorprende maggiormente lo apprendiamo direttamente dalla bocca di ex dirigenti dell’azienda incriminata i quali sostengono senza mezze misure che già dalla seconda metà degli anni ’70 tutti i manager aziendali erano a conoscenza della pericolosità dell’amianto e dei prodotti che lo inglobavano, e come se non bastasse un dottore esperto in minerali afferma che già dal 1950 a livello medico era risaputo che l’amianto fosse cancerogeno, mentre dal ’62 si era a conoscenza delle conseguenze del mesotelioma.
Perché quindi nessuno intervenne?
Nelle parole e negli occhi dei testimoni diretti di questa immane sciagura ambientale c’è un’incolmabile dolore associato a una sete di giustizia che non viene placata da troppi anni ormai.
Molti di loro sono malati terminali mentre altri hanno perso tutta la famiglia per causa dell’amianto. A fine proiezione si apprende che persino alcuni dei protagonisti intervistati, nel corso dei cinque anni di riprese sono deceduti, rafforzando ancora di più nello spettatore il dolore per questa faccenda.
Tutto questo è il documento, che ha l’impagabile merito di non far cadere nell’oblio un caso come questo e di sensibilizzare migliaia di persone.
Ma il documentario?
Beh, a dir la verità la parte registica è molto vaga, l’attenzione è tutta rivolta alla sostanza e non alla forma e malgrado fosse proprio la denuncia del fatto a conquistare la maggior parte della nostra attenzione, siamo pur sempre in una sala cinematografica e non disprezzeremmo un impianto visivo maggiormente efficace.
Un altro appunto che potremmo fare riguarda il modo in cui è stato trattato il tema: siamo molto vicini alle persone che cercano giustizia per quanto accaduto e i molti minuti dedicati alle testimonianze nell’aula di tribunale sono di certo interesse, però ci sorgono molte domande sull’amianto che non trovano risposta nel film. Ci chiediamo ad esempio quanto possano durare le microparticelle nell’aria e ancora di più che effetti possano avere quando investono i campi coltivati, oppure che impatto hanno direttamente sulle piante, etc etc. Insomma, raccontare le storie degli sfortunati protagonisti va bene, ma forse avremmo gradito maggiormente un’ampiezza di vedute più estesa. E ancora di più credo la richieda un pubblico internazionale, sinceramente più interessato agli effetti della “polvere” piuttosto che alla faccia di Guariniello in tribunale.
Ma questo ha poca importanza di fronte al dramma di chi vive tutt’oggi quotidianamente sulla propria pelle le conseguenze di quella politica gestionale di un’azienda assolutamente menefreghista nei confronti delle vite dei propri operai.
E quando la proiezione termina il convinto applauso del pubblico in sala non cessa con i titoli di coda ma accresce enormemente nel momento in cui dal centro della platea si alzano in piedi i commossi superstiti che fino a pochi minuti prima abbiamo visto sullo schermo.
Polvere non è una magistrale opera dell’arte cinematografica ma un fondamentale documento storico.